Mille, mille grazie per il vostro interesse e i vostri recensioni! Sono sconvolta di gioia!
3.
La speranza dei disperati
Heaven
can wait, we’re only watching the skies,
hoping for the best,
but expecting the worst.
(Alphaville, Forever
Young)
Ad un certo punto Don doveva essersi addormentato,
perché quando si svegliò la mattina dopo si
trovava in una
posizione tra il seduto e lo sdraiato sul suo divano. In una
posizione che, dopo alcune ore, era diventata molto scomoda, come
dovette constatare.
Deglutì duramente quando si rese conto della
situazione. Charlie non aveva telefonato. Non si era confuso circa il
giorno: Charlie avrebbe dovuto chiamarlo mercoledì; ora era
venerdì.
Non sentiva Charlie da quattro giorni – va bene, da tre e
mezzo. Da
quando suo fratello era impegnato con quell'incarico, nessun attesa
era durata tanto quanto questa, almeno non senza avviso. Charlie
aveva parlato con almeno uno di loro, anche se solo per qualche
minuto al giorno. E siccome anche suo padre, Amita e Larry non lo
avevano sentito...
Don non poté fare a meno di rabbrividire. Ma
che diavolo stava succedendo? Che c'era? Perché Charlie non
chiamava?
Sapeva che doveva esserci una spiegazione razionale. La
questione riguardava solo quanto questa spiegazione gli sarebbe
piaciuta.
Dai, non perdere di nuovo i nervi, si
ammonì
seriamente. Doveva affrontare quella faccenda nel modo più
logico e
scoprire dove si trovasse Charlie e perché non aveva ancora
chiamato.
Il problema era che c'aveva già provato. E senza alcun
risultato. Nessuno poteva aiutarlo. Nessuno gli diceva niente.
Nessuno sembrava saper qualcosa del suo fratellino. Charlie era
sparito. Da qualche parte. E non chiamava.
Era disperso.
Un
altro brivido assalì Don quando capì che cosa
stavano provando a
dirgli i suoi pensieri. Charlie era disperso. Introvabile. Come se
fosse stato vittima di un crimine.
Il cuore di Don per poco non si
arrestò. Forse era stato vittima di un crimine? Forse era
questa la
causa, forse l'aveva rapito, forse anche... qualcosa di più
brutto.
No, si ripeté in mente Don, no,
certamente no.
Ottusamente sentiva il tremolio del suo corpo. No. No, non
Charlie. C'è una spiegazione logica per tutto.
Spaventato,
Don si guardò attorno, ma naturalmente non c'era nessuno.
“C'è
una spiegazione logica per tutto” – quella frase
era talmente da
Charlie che Don era stato quasi sicuro che suo fratello
l’avesse
bisbigliata nel suo orecchio.
Però c'era solo il vuoto attorno a
lui.
Anche nel corso della giornata Charlie non chiamò e il
panico prese possesso di Don. Non poteva continuare a far finta di
nulla; lo sapeva: più era tempo che Charlie rimaneva
disperso,
maggiore era la possibilità che tutto fosse più
pericoloso di
quello che Don provava a credere.
Era perennemente teso e chiunque
tentasse di avere una conversazione ragionevole con lui, in breve
capiva quanto fosse disperato il proprio tentativo. Perché
non
importava dove si trovasse o cosa stesse facendo – nella
testa di
Don c'era sempre la stessa domanda, quella che non gli avrebbe dato
tregua finché non avesse avuto una risposta: cosa era
successo a
Charlie?
Tuttavia, col passare del tempo, Don cominciò a dubitare
che ci sarebbe mai stata una risposta. Il panico dentro di lui
aumentò. Charlie era semplicemente scomparso e non vedeva
nessuna
possibilità di ritrovarlo.
Almeno non da solo. In fin dei conti
aveva migliori possibilità, se avesse fatto diventare il
caso di
Charlie ufficiale. E voleva farlo. Più o meno.
Perché nonostante
volesse sapere dove si trovava suo fratello, aveva un brutto
presentimento riguardo all’intervento dell'FBI. Facendo
così,
infatti, non avrebbe solo dato alla faccenda il termine famigliare e
verbalizzato talmente tante volte senza rifletterci di
“caso”, ma
avrebbe anche definitivamente fatto di Charlie una persona dispersa.
Eppure, pensandoci
ragionevolmente, non c'era alcuna ragione per esitare.
Don fu
felice che l'A.D. avesse trovato tempo per lui tanto velocemente. Si
sentiva un po' spostato; di solito andava lì
perché chiamato, non
volontariamente. Forse per questo era un po' di più nervoso
del
solito. O forse il nervosismo derivava dalla paura che Jonathan D.
Stevens, il vice-direttore, avrebbe potuto rifiutare la sua
richiesta.
Don provò a capire dal viso del suo superiore quanto
la persona che gli era di fronte sapesse già, ma la faccia
di
Stevens era di pietra e senza espressione.
«Non so se lo sa…»
cominciò, allora, dopo il saluto e si odiò per la
sua insicurezza.
A quello avrebbe dovuto rimediare. «Comunque mio
–» Don si fermò
e si costrinse finalmente a comportarsi in un modo più
professionale. «Comunque un consulente dell'FBI risulta
disperso».
Don non era sicuro, ma per un attimo credette di
vedere gli angoli della bocca di Stevens tremare. «Mi
risulta»
rispose e sembrò un po' più umano del solito
quando aggiunse: «E
lei può smettere di girarci intorno, Eppes. So che lei non
si
interessa per il nostro consulente, ma per suo
fratello».
Don
temette che lo avrebbe messo di fronte a motivi personali, ma era
preparato a quell’evenienza. «Signore, in ogni caso
–»
Stevens
lo interruppe. «In ogni caso è uno dei nostri
consulenti e
probabilmente si trova attualmente fuori dello stato della
California, forse addirittura fuori dagli Stati Uniti. Siccome so
anche che era stato chiamato da un'altra agenzia, non sono a
conoscenza del modo in cui questa si sta occupando della faccenda, ma
generalmente il caso è di nostra competenza. Sbaglio, forse,
a
credere che lei sia venuto qui per chiedermi di sostituirci all'LAPD
e investigare sul caso?»
Don non poté far a meno di essere grato
per la comprensione del suo superiore. Quando poche ore prima, dopo
un discorso di poche parole con suo padre, Amita e Larry, aveva
dichiarato Charlie disperso, naturalmente era già
intenzionato a
conquistare il caso. Tuttavia non aveva voluto sprecare tempo o
correre il rischio che la sua richiesta di prendere il caso fosse
rifiutata da Stevens. Comunque era felice che il vicedirettore gli
avesse fatto intendere che si sarebbero occupati immediatamente del
caso, nonostante il periodo critico di 48 ore non sarebbe terminato
prima di quella sera, due giorni dopo la chiamata non fatta.
Adesso
Don taceva, guardando il suo superiore, e osava sperare. Stevens si
accorse di quello sguardo e non ebbe problemi a interpretarlo.
«Vedrò che cosa posso
fare. Fino a nuovo ordine lei e il suo team potete investigare il
caso». Sorrise leggermente. «Deve comunque
ritrovare il nostro
consulente».
Don si alzò quasi di scatto; si sentiva come se le
sue spalle fosse state alleggerite di un enorme peso. Finalmente
poteva fare qualcosa!
Si congedò dal vice-direttore e uscì
dall'ufficio con uno strano misto di sentimenti. Si era alleggerito
di un peso, ma un altro si era aggiunto. Adesso avrebbe informato il
suo team e avrebbero lavorato ufficialmente al caso della scomparsa
di Charlie.
Stevens lo seguì con lo sguardo. Gemette bassamente.
Non aveva voluto ammetterlo di fronte al suo agente di solito
abbastanza forte, ma non aveva alcun buon presentimento su questa
faccenda. Un consulente di numerose e in parte segrete istituzioni,
improvvisamente scomparso nel nulla? Non doveva essere nulla di
buono.
-
- -
Amita
rabbrividì dal
freddo. Si era accorta di soffrire il freddo già da qualche
giorno
come se il suo subconscio avesse voluto dirle qualcosa. E non aveva
difficoltà a indovinare cosa. Le chiamate giornaliere di
Charlie si
erano interrotte una settimana fa e d’allora nessuno aveva
saputo
più nulla. Nel frattempo era dato per disperso e le ricerche
continuavano; ma il polso di Amita da allora era permanentemente sui
180.
Non le sfuggiva neanche che Larry accanto a lei era nervoso
allo stesso modo. Nessuno dei due sapeva perché il direttore
della
CalSci aveva ordinato loro di andare nel suo ufficio, ma non avevano
un buon presentimento.
«Grazie per esser venuti qua» li salutò
il Dott. Marsh; i due rinunciarono a dirgli che non avevano avuto
scelta «Da quel che so, siete voi quelli più
vicini a Charles, non
è vero?»
I due annuirono.
Il direttore continuò. «Allora
forse potrete aiutarmi. Sapevamo che Charles avrebbe ripreso
l’insegnamento da lunedì, cioè da ieri;
tuttavia non si è fatto
vedere, né ci ha avvisato. Potreste spiegarmelo?»
Invece di
rispondere Amita pose una nuova domanda. «Allora lei non sa
niente?
Nessuno gliel'ha spiegato?»
Aveva tanto sperato che
l’importante dipartimento per cui Charlie stava lavorando
avesse
chiarito la faccenda in segreto e che almeno la direzione della
CalSci sapesse qualcosa, pur mantenendo il riserbo con gli altri;
aveva sperato che i contatti tra Charlie e
l’università non si
fosse ancora completamente interrotti...
«No, a noi non risulta
niente: ecco perché lo chiedo a voi».
Amita dovette respirare
profondamente per ritrovare la calma e così fu Larry a
rispondere.
«Purtroppo nemmeno noi sappiamo nulla. Charles è
scomparso. Nessuno
sa dove sta in questo momento».
- - -
Al
primo sguardo,
potrebbe essere scambiata per una stoffa nera con alcuni punti
chiari. Eppure, era più di quello, tanto più
complesso. Era tutto e
niente. Il cielo notturno era la porta tra questo mondo e gli altri,
il luogo di tutte le risposte e tutte le domande.
Tuttavia, Larry
poteva guardare il cielo quanto voleva, senza trovare la risposta.
Sapeva che Charlie in quel momento doveva trovarsi sotto il suo
stesso cielo…
Larry interruppe il suo flusso di pensieri.
Pensandoci non era certo neanche di quello. Charlie poteva benissimo
aver realizzato il suo desiderio ed esser volato nello spazio.
In un attimo smentì
quell’assurda ipotesi: era impossibile. Eppure non riusciva a
non
pensare che la sua tesi dello spazio avrebbe per lo meno spiegato
perché Charlie sembrava svanito nel nulla.
Larry confidava ancora
in una spiegazione razionale per tutta quella storia, ma gradualmente
le spiegazioni che avrebbe voluto sentire si stavano esaurendo.
Quello che era certo era che Charlie fosse introvabile. E
quand'anche, per esempio, fosse stato portato in una casa sicura per
proteggerlo, chi di dovere avrebbe informato almeno la sua famiglia,
se non del posto, almeno del perché. Ma questo non era
successo.
E
se pure avessero dovuto fingere la morte di Charlie – Larry
rabbrividì al pensiero – se ne avrebbe data la
notizia, non il
semplice silenzio.
No, più tempo passava, tanto più in Larry
maturava il sospetto che la scomparsa di Charlie potesse essere
definitiva.
- - -
E sempre non sappiamo niente su Charlie, ma ho una strana sensazione che questo potrebbe cambiare nel corso del prossimo capitolo. Se dovreste preoccuparvi per lui? Non lo so. Vedremo. Ma vi prego, abbiate pazienza. E' una storia veramente lunga.