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Autore: y3llowsoul    03/07/2011    4 recensioni
Le quattro mura grigie, il vuoto della stanza, l'umidità, il freddo – tutto gli faceva, in modo inquietante, pensare a un carcere. Il fatto che non sapesse che cosa intendevano di fare di lui non migliorava il suo stato e non sapeva neanche che cosa dovesse pensare del fatto che per quanto sembrasse non lo sapevano neanche loro. Sembrava che l'avessero semplicemente spostato lì finché il problema non si fosse risolto da solo. Per esempio tramite Charlie se si fosse deciso a lavorare di nuovo per loro. Oppure se avessero concluso i loro affari. Oppure se Charlie si fosse suicidato.
Charlie collabora a una missione segreta. Don cerca di venire a sapere qualcosa della faccenda, ma quando finalmente ci riesce, non è una ragione per rallegrarsene, e per la famiglia Eppes cominciano periodi brutti.
Genere: Malinconico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Mille, mille grazie per il vostro interesse e i vostri recensioni! Sono sconvolta di gioia!


3. La speranza dei disperati

Heaven can wait, we’re only watching the skies,
hoping for the best, but expecting the worst.
(Alphaville, Forever Young)

Ad un certo punto Don doveva essersi addormentato, perché quando si svegliò la mattina dopo si trovava in una posizione tra il seduto e lo sdraiato sul suo divano. In una posizione che, dopo alcune ore, era diventata molto scomoda, come dovette constatare.
Deglutì duramente quando si rese conto della situazione. Charlie non aveva telefonato. Non si era confuso circa il giorno: Charlie avrebbe dovuto chiamarlo mercoledì; ora era venerdì. Non sentiva Charlie da quattro giorni – va bene, da tre e mezzo. Da quando suo fratello era impegnato con quell'incarico, nessun attesa era durata tanto quanto questa, almeno non senza avviso. Charlie aveva parlato con almeno uno di loro, anche se solo per qualche minuto al giorno. E siccome anche suo padre, Amita e Larry non lo avevano sentito...
Don non poté fare a meno di rabbrividire. Ma che diavolo stava succedendo? Che c'era? Perché Charlie non chiamava?
Sapeva che doveva esserci una spiegazione razionale. La questione riguardava solo quanto questa spiegazione gli sarebbe piaciuta.
Dai, non perdere di nuovo i nervi, si ammonì seriamente. Doveva affrontare quella faccenda nel modo più logico e scoprire dove si trovasse Charlie e perché non aveva ancora chiamato.
Il problema era che c'aveva già provato. E senza alcun risultato. Nessuno poteva aiutarlo. Nessuno gli diceva niente. Nessuno sembrava saper qualcosa del suo fratellino. Charlie era sparito. Da qualche parte. E non chiamava.
Era disperso.
Un altro brivido assalì Don quando capì che cosa stavano provando a dirgli i suoi pensieri. Charlie era disperso. Introvabile. Come se fosse stato vittima di un crimine.
Il cuore di Don per poco non si arrestò. Forse era stato vittima di un crimine? Forse era questa la causa, forse l'aveva rapito, forse anche... qualcosa di più brutto.
No, si ripeté in mente Don, no, certamente no. Ottusamente sentiva il tremolio del suo corpo. No. No, non Charlie. C'è una spiegazione logica per tutto.
Spaventato, Don si guardò attorno, ma naturalmente non c'era nessuno. “C'è una spiegazione logica per tutto” – quella frase era talmente da Charlie che Don era stato quasi sicuro che suo fratello l’avesse bisbigliata nel suo orecchio.
Però c'era solo il vuoto attorno a lui.

Anche nel corso della giornata Charlie non chiamò e il panico prese possesso di Don. Non poteva continuare a far finta di nulla; lo sapeva: più era tempo che Charlie rimaneva disperso, maggiore era la possibilità che tutto fosse più pericoloso di quello che Don provava a credere.
Era perennemente teso e chiunque tentasse di avere una conversazione ragionevole con lui, in breve capiva quanto fosse disperato il proprio tentativo. Perché non importava dove si trovasse o cosa stesse facendo – nella testa di Don c'era sempre la stessa domanda, quella che non gli avrebbe dato tregua finché non avesse avuto una risposta: cosa era successo a Charlie?
Tuttavia, col passare del tempo, Don cominciò a dubitare che ci sarebbe mai stata una risposta. Il panico dentro di lui aumentò. Charlie era semplicemente scomparso e non vedeva nessuna possibilità di ritrovarlo.
Almeno non da solo. In fin dei conti aveva migliori possibilità, se avesse fatto diventare il caso di Charlie ufficiale. E voleva farlo. Più o meno. Perché nonostante volesse sapere dove si trovava suo fratello, aveva un brutto presentimento riguardo all’intervento dell'FBI. Facendo così, infatti, non avrebbe solo dato alla faccenda il termine famigliare e verbalizzato talmente tante volte senza rifletterci di “caso”, ma avrebbe anche definitivamente fatto di Charlie una persona dispersa.
Eppure, pensandoci ragionevolmente, non c'era alcuna ragione per esitare.

Don fu felice che l'A.D. avesse trovato tempo per lui tanto velocemente. Si sentiva un po' spostato; di solito andava lì perché chiamato, non volontariamente. Forse per questo era un po' di più nervoso del solito. O forse il nervosismo derivava dalla paura che Jonathan D. Stevens, il vice-direttore, avrebbe potuto rifiutare la sua richiesta.
Don provò a capire dal viso del suo superiore quanto la persona che gli era di fronte sapesse già, ma la faccia di Stevens era di pietra e senza espressione.
«Non so se lo sa…» cominciò, allora, dopo il saluto e si odiò per la sua insicurezza. A quello avrebbe dovuto rimediare. «Comunque mio –» Don si fermò e si costrinse finalmente a comportarsi in un modo più professionale. «Comunque un consulente dell'FBI risulta disperso».
Don non era sicuro, ma per un attimo credette di vedere gli angoli della bocca di Stevens tremare. «Mi risulta» rispose e sembrò un po' più umano del solito quando aggiunse: «E lei può smettere di girarci intorno, Eppes. So che lei non si interessa per il nostro consulente, ma per suo fratello».
Don temette che lo avrebbe messo di fronte a motivi personali, ma era preparato a quell’evenienza. «Signore, in ogni caso –»
Stevens lo interruppe. «In ogni caso è uno dei nostri consulenti e probabilmente si trova attualmente fuori dello stato della California, forse addirittura fuori dagli Stati Uniti. Siccome so anche che era stato chiamato da un'altra agenzia, non sono a conoscenza del modo in cui questa si sta occupando della faccenda, ma generalmente il caso è di nostra competenza. Sbaglio, forse, a credere che lei sia venuto qui per chiedermi di sostituirci all'LAPD e investigare sul caso?»
Don non poté far a meno di essere grato per la comprensione del suo superiore. Quando poche ore prima, dopo un discorso di poche parole con suo padre, Amita e Larry, aveva dichiarato Charlie disperso, naturalmente era già intenzionato a conquistare il caso. Tuttavia non aveva voluto sprecare tempo o correre il rischio che la sua richiesta di prendere il caso fosse rifiutata da Stevens. Comunque era felice che il vicedirettore gli avesse fatto intendere che si sarebbero occupati immediatamente del caso, nonostante il periodo critico di 48 ore non sarebbe terminato prima di quella sera, due giorni dopo la chiamata non fatta.
Adesso Don taceva, guardando il suo superiore, e osava sperare. Stevens si accorse di quello sguardo e non ebbe problemi a interpretarlo.
«Vedrò che cosa posso fare. Fino a nuovo ordine lei e il suo team potete investigare il caso». Sorrise leggermente. «Deve comunque ritrovare il nostro consulente».
Don si alzò quasi di scatto; si sentiva come se le sue spalle fosse state alleggerite di un enorme peso. Finalmente poteva fare qualcosa!
Si congedò dal vice-direttore e uscì dall'ufficio con uno strano misto di sentimenti. Si era alleggerito di un peso, ma un altro si era aggiunto. Adesso avrebbe informato il suo team e avrebbero lavorato ufficialmente al caso della scomparsa di Charlie.
Stevens lo seguì con lo sguardo. Gemette bassamente. Non aveva voluto ammetterlo di fronte al suo agente di solito abbastanza forte, ma non aveva alcun buon presentimento su questa faccenda. Un consulente di numerose e in parte segrete istituzioni, improvvisamente scomparso nel nulla? Non doveva essere nulla di buono.

- - -

Amita rabbrividì dal freddo. Si era accorta di soffrire il freddo già da qualche giorno come se il suo subconscio avesse voluto dirle qualcosa. E non aveva difficoltà a indovinare cosa. Le chiamate giornaliere di Charlie si erano interrotte una settimana fa e d’allora nessuno aveva saputo più nulla. Nel frattempo era dato per disperso e le ricerche continuavano; ma il polso di Amita da allora era permanentemente sui 180.
Non le sfuggiva neanche che Larry accanto a lei era nervoso allo stesso modo. Nessuno dei due sapeva perché il direttore della CalSci aveva ordinato loro di andare nel suo ufficio, ma non avevano un buon presentimento.
«Grazie per esser venuti qua» li salutò il Dott. Marsh; i due rinunciarono a dirgli che non avevano avuto scelta «Da quel che so, siete voi quelli più vicini a Charles, non è vero?»
I due annuirono.
Il direttore continuò. «Allora forse potrete aiutarmi. Sapevamo che Charles avrebbe ripreso l’insegnamento da lunedì, cioè da ieri; tuttavia non si è fatto vedere, né ci ha avvisato. Potreste spiegarmelo?»
Invece di rispondere Amita pose una nuova domanda. «Allora lei non sa niente? Nessuno gliel'ha spiegato?»
Aveva tanto sperato che l’importante dipartimento per cui Charlie stava lavorando avesse chiarito la faccenda in segreto e che almeno la direzione della CalSci sapesse qualcosa, pur mantenendo il riserbo con gli altri; aveva sperato che i contatti tra Charlie e l’università non si fosse ancora completamente interrotti...
«No, a noi non risulta niente: ecco perché lo chiedo a voi».
Amita dovette respirare profondamente per ritrovare la calma e così fu Larry a rispondere. «Purtroppo nemmeno noi sappiamo nulla. Charles è scomparso. Nessuno sa dove sta in questo momento».

- - -

Al primo sguardo, potrebbe essere scambiata per una stoffa nera con alcuni punti chiari. Eppure, era più di quello, tanto più complesso. Era tutto e niente. Il cielo notturno era la porta tra questo mondo e gli altri, il luogo di tutte le risposte e tutte le domande.
Tuttavia, Larry poteva guardare il cielo quanto voleva, senza trovare la risposta. Sapeva che Charlie in quel momento doveva trovarsi sotto il suo stesso cielo…
Larry interruppe il suo flusso di pensieri. Pensandoci non era certo neanche di quello. Charlie poteva benissimo aver realizzato il suo desiderio ed esser volato nello spazio.
In un attimo smentì quell’assurda ipotesi: era impossibile. Eppure non riusciva a non pensare che la sua tesi dello spazio avrebbe per lo meno spiegato perché Charlie sembrava svanito nel nulla.
Larry confidava ancora in una spiegazione razionale per tutta quella storia, ma gradualmente le spiegazioni che avrebbe voluto sentire si stavano esaurendo. Quello che era certo era che Charlie fosse introvabile. E quand'anche, per esempio, fosse stato portato in una casa sicura per proteggerlo, chi di dovere avrebbe informato almeno la sua famiglia, se non del posto, almeno del perché. Ma questo non era successo.
E se pure avessero dovuto fingere la morte di Charlie – Larry rabbrividì al pensiero – se ne avrebbe data la notizia, non il semplice silenzio.
No, più tempo passava, tanto più in Larry maturava il sospetto che la scomparsa di Charlie potesse essere definitiva.


- - -

E sempre non sappiamo niente su Charlie, ma ho una strana sensazione che questo potrebbe cambiare nel corso del prossimo capitolo. Se dovreste preoccuparvi per lui? Non lo so. Vedremo. Ma vi prego, abbiate pazienza. E' una storia veramente lunga.


  
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