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Autore: Nadine_Rose    04/07/2011    1 recensioni
Questa è la storia di un amore nato tra la peggiore delle violenze e maturato per il desiderio inconscio d’amare, un amore capace d’intenerire il duro cuore di un soldato e di confondere l’animo di una prigioniera.
“Guardandomi attorno, mi resi conto che ero l’unica senza compagnia e di nuovo m’invase la tristezza. Mi avevano detto che per ogni persona sulla faccia della terra c’era un’anima gemella e la mia in quale parte del mondo si nascondeva? Mi domandavo chi fosse e cosa stesse provando in quel momento l’uomo che dall’alto mi era stato designato” [Rosa De Santis; tratto dal capitolo 5, False speranze].
“Mi voglio arruolare, voglio portare la Germania, la nostra Germania alla vittoria. Fra qualche mese tutta l’Europa saprà chi sono gli Von Hennen” [Karl Von Hennen; tratto dal capitolo 6, Orgoglio patriottico].
Storia scritta insieme a un mio amico.
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Guerre mondiali
Capitoli:
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Premessa

 

Il capitolo che segue è stato scritto interamente da UgoCINQUE.

 

**********

 

Capitolo 1

 

Karl Von Hennen

 

Gennaio 1943

 

Un giorno normale

La pioggia battente fece svegliare di soprassalto, un giovane con i capelli biondi. Aprì gli occhi, si mise a sedere e si calmò. Un attimo dopo, qualcuno bussò alla porta.
“Avanti” disse il giovane.
“Tesoro, ti ho sentito urlare, qualche problema?”.
“No, niente di che, ho fatto uno strano sogno, tutto qui, stai tranquilla, mamma” rispose il ragazzo.
La madre entrò e si avvicinò alla finestra che dava su un viale alberato. Nella poca luce che trapelava, nonostante i segni dell’età sul suo volto era sempre splendida, pensò. Era alta e slanciata, il suo volto un tempo aggraziato era ora pieno di rughe. I suoi occhi verdi erano come smeraldi. 
“Ho preparato la colazione, ti aspetto giù” disse la mamma baciando il figlio sulla fronte, ed uscì.
Il ragazzo stette ancora un po’ seduto nel letto. Quella era la parte del giorno che preferiva. Stare un po’ così, da solo, prima di iniziare la giornata. 
Si alzò e si avvicinò allo specchio. Si guardò … da tanto tempo non riusciva più a guardarsi. I capelli biondi erano spettinati e i suoi zigomi sembravano scolpiti nella roccia. Gli occhi azzurri erano la parte che gli piaceva di più. Si lavò la faccia, per riprendersi completamente dall’incubo. Sulla sedia c’era il solito pantalone grigio e la camicia bianca che aveva indossato la sera prima. Si vestì e scese al piano di sotto. 
Si fermò come ogni mattina nel salotto a vedere il magnifico quadro che rappresentava una battaglia navale. Gli piaceva moltissimo il mare. Entrò in salotto e, al tavolo c’era il padre, un uomo possente e dal viso squadrato che leggeva i giornali.
“Buongiorno padre” disse educatamente il giovane, ma di tutta risposta il padre non lo degnò neanche di uno sguardo. Si limitò solo a fare un grugnito.
Karl lanciò uno sguardo torvo all’uomo. Ormai c’era abituato. Non si ricordava da quanto tempo lui e suo padre non avevano una discussione. Era sempre preso dai sui affari, ed ora, da quando la Germania stava ritornando una potenza dopo la crisi i suoi impegni si erano moltiplicati. Non c’era mai a casa e quelle poche volte che c’era i loro discorsi si limitavano ad alcuni convenevoli. Il ragazzo prese qualche fetta di pane e salutando la madre uscì. 
La brezza leggera e fresca della mattina gli punse il viso.
Hey Karl!!”. Un ragazzo dai lineamenti paffuti chiamò a gran voce il giovane dall’altra parte del viale agitando le mani per farsi vedere. 
Hey Ludwig!” gli rispose il giovane di rimando avvicinandosi verso di lui.
Mentre stava attraversando la strada un cavallo nero con sopra una SS gli tagliò la strada. Karl si fermò bruscamente e lo stesso fece il cavaliere. I due si scambiarono un’occhiataccia. Poi il militare disse con voce superba:
“Stai attento a dove vai pivellino, ti puoi far male” e senza che Karl potesse ribattere girò e se ne andò.
“Brutta gente, meglio starci alla larga, non so chi siano più pericolosi loro o gli ebrei” Disse Ludwig strattonandolo per la camicia.
“Questa me la paghi” pensò fra se il ragazzo. Ora nei suoi occhi si poteva leggere rabbia e voglia di vendetta. Non era abituato a simili umiliazioni.
Ehy, ci sei? Pronto?” insisté l’amico.
“Si scusami, dicevamo?”
“ Andiamo a fare un giro nel parco, ho visto che ci sono tante ragazze carine” propose Ludwing ammiccando al giovane.
“Hai ragione, ci vuole proprio” e così dicendo i due amici si avviarono al parco.

Il parco era quasi deserto. Le uniche anime che c’erano erano un vecchio e un paio di cani randagi. Karl e Ludwing si sedettero alla solita panchina. Era il loro campo base. Quando non sapevano dove andare erano capaci di passarci anche tutta la serata, per poi andare al solito pub a bere. 
“Quante ragazze eh?” disse ironicamente Karl.
“E che vuoi, abbi fede, arriveranno” si scusò l’altro.
Erano proprio una bella coppia. Si conoscevano da quando avevano dodici anni. Karl conobbe Ludwig quando si trasferì a Dortumund da Monaco. Il padre aveva un ristorante e la madre era segretaria per il dottor Kubert, uno dei medici più in luce della Germania. 
“Vedi che ti dicevo, ecco le prime” fece ad un tratto Ludwing, tutto eccitato.
Karl, con aria distratta guardò nella direzione indicatagli dal ragazzo. Lungo un vialetto stavano venendo due ragazze sulla ventina. Erano entrambe molto carine. Avevano una gonna e portavano una camicetta turchese che sbucava dalla mantellina. Una aveva i capelli neri lunghi e occhi da cerbiatto, mentre l’altra era bionda.
“Io mi prendo la bionda” riprese a dire Ludwig.
“Ma dove vai, è troppo per te” rispose Karl.
“Senti, se riesci ad organizzare un’uscita stasera con quelle tipe, farò tutto quello che vuoi promesso” controbatté l’amico assumendo un’aria da cane bastonato.
“E va bene, vedrò cosa posso fare, seguimi, e soprattutto, assecondami, e smettila di sbavare come un cane” disse spazientito il giovane aggiustandosi la camicia.
I due si incamminarono in direzione delle ragazze. Karl urtò di proposito la ragazza dai capelli biondi.
“Oh scusa non ti avevo visto, tutto bene?” fece il ragazzo fingendosi dispiaciuto.
“Stavo meglio prima sinceramente” rispose la giovane alquanto disturbata.
“Mi dispiace, sono davvero mortificato, se c’è qualcosa che posso fare?” ribattè Karl sfoggiando il suo sorriso più accattivante.
“Comunque io sono Ludwig, molto piacere” intervenne all’improvviso il compare.
“Piacere Madlen, e questa è mia cugina Annah
“Che bel nome, lui è Karl” riprese il paffutello.
“Ma io mi vorrei sdebitare, stasera che fate?” Karl comprese che c’era qualche possibilità di conquista.
Questa volta fu Annah ha prendere la parola, dicendo che andavano ad una festa da ballo al Grand Hotel Mirage. Il ragazzo colse la palla al balzo e propose:
“Sicuramente vi serviranno dei cavalieri? Facciamo venti e trenta piazza Hansaplatz?”
Le ragazze assunsero un’aria dubbiosa, però poi acconsentirono.. Salutati i ragazzi le due si allontanarono parlottando fra di loro.
“Sei un genio. Ti amo” disse euforico Ludwig, saltandogli letteralmente addosso.
“Stai zitto altrimenti ti sentiranno. Comunque è stato più facile del previsto. Dopotutto chi mi resiste a me?” sogghignò l’altro.
Ludwig assunse un’aria cupa. L’amico capito il problema gli rivolse un sorriso e disse:
“Non ti preoccupare, il vestito te lo do io. Ti andrà un po’ stretto ma accontentati” e gli diede qualche buffetto sul gilet a righe.
“Grazie Karl, lo sai che non me lo posso permettere.” 
Dopo aver passato un’altra oretta a vagabondare per il parco, i due amici si salutarono e si divisero.

 

   
 
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