XII Capitolo
Diavolo! Quell’uomo mi manderà in fumo il
cervello!
Ero affamata.
Probabilmente Margaret aveva dimenticato le brioches. Avrei fatto altro per non
pensare al buco che avevo nello stomaco.
Mi lavai e
mi vestì in fretta. Jeans chiari strappati abbinati ad una maglia vecchia e
larga. Avrei disegnato e lo avrei fatto fuori. Era una bella giornata e non mi
andava di rimanere dentro con quell’impiastro di Gerard.
Un bell’impiastro …
un impiastro affascinante …
un impiastro molto sexy e … basta!
Mi imposi
di tenere a bada gli ormoni e preso tutto l’occorrente scesi le scale e uscii.
Una veloce occhiata mi permise di tirare un sospiro. Lui non si vedeva, probabilmente
era in salotto e continuava a leggere. Prima lo avevo interrotto. Non avrei mai
pensato fosse uno che legge o che gli piacesse farlo.
Ed io che pensavo che i
tipi Hollywoodiani come lui passassero tutto il proprio tempo davanti uno
specchio a farsi belli o a congratularsi con madre natura per quanto fossero
affascinanti!
Adesso stai esagerando mi
ammonì una vocina interna.
Forse in
questo modo potevo tenerlo a distanza di sicurezza.
Erano
passati tre giorni da quando eravamo arrivate in Scozia e il posto mi aveva
piacevolmente colpito. Quella terra era spettacolare, i colori così accesi e
gli odori così autentici. Bianche nuvole spumose decoravano il cielo limpido.
Odore di erba e fiori di campo si levava nell’aria. Ieri avevo fatto un giro
all’esterno dell’enorme proprietà dei Butler ed ero rimasta incantata dal
giardino. Era ricco di colori, di minuscoli insetti e vivacissime farfalle.
Mi
accomodai su una delle panche da giardino con l’album da disegno sulle
ginocchia. Ogni volta che disegnavo o dipingevo svuotavo la mente da tutto e mi
rilassavo. Mi concentrai sui fiori, sul paesaggio che mi circondava, sui suoni
che sentivo. Sorridendo mi lasciai andare e cominciai a far vagare la mano sul
foglio.
Ero alla
finestra ad osservarla. Era seduta in giardino, tra fiori e farfalle e aveva in
mano un quaderno su cui era chinata.
Si, avevo visto giusto.
Era un artista. Ne aveva l’animo. Delicata ma tenace.
Il
cellulare nella mia tasca prese a vibrare distogliendomi da lei. Era Bob, il
mio manager.
“Hey, Bob”
“Ciao Gerard.
Tutto ok?” mi domandò
“Si, tutto
bene. Sono in Scozia da mia madre ora”
In realtà
non penso gliene importasse molto.
Bob era un uomo simpatico
ed intelligente ma, come tutti i manager, pensava prima agli affari e poi al
resto, persone comprese.
“Si, ok.
Ascolta ho due proposte molto interessanti, due sceneggiature. Entrambi i
registi non vedono l’ora di lavorare con te” aveva un tono spiccio
Bob oltre
ad avere fiuto per gli affari, era un grande appassionato e conoscitore di
film, quindi diverso tempo fa, in accordo, decidemmo che si sarebbe occupato
anche delle mie scelte professionali.
Chiaramente l’ultima parola spettava a me, ma lui
mi aiutava a “cestinare” le proposte scadenti. Perciò mi fidavo del suo parere.
“Si. Però
vorrei valutarle attentamente prima di firmare il contratto” chiarì.
“Ma certo Gerard,
come sempre. Abbiamo appuntamento per la prossima settimana a Londra. Parleremo
con entrambi e valuteremo le loro proposte”
“Merda,
Bob! Sono in vacanza. Non te lo ha detto Susy?!” mi lamentai a gran voce.
“Deve
avermelo accennato, si, ma Gerard sono proposte importanti. Devi esserci!”
continuò implacabile
Lo sapevo, l’ho sempre
saputo. Per fare il mio lavoro si è costretti a fare delle scelte. Si arriva ad
un punto in cui anche le cose importanti, come la famiglia, la propria privacy
o la propria vita, vengono messe in secondo piano. Ora però mia madre aveva
bisogno di me ed io sinceramente avevo bisogno di prendermi una pausa. Fino ad
un paio di giorni fa ero convinto del contrario ma Susy mi aveva fatto
ragionare.
“Bob,
dobbiamo rinviare l’incontro” affermai deciso
“Impossibile
Gerard! Hanno a disposizione poco tempo, anzi addirittura volevano vederti
questa settimana” chiarì lui “Sono riuscito a organizzare il tutto per
settimana prossima a fatica” spiegò quasi gongolando
In effetti
Bob, era capace di intortarne parecchi. Anche per questo l’avevo scelto.
Imprecai ad
alta voce, furioso con Bob.
“Lo so, lo
so Gerard! Ma credimi se fossi riuscito a fare diversamente lo avrei fatto ben
volentieri”
“E va bene,
va bene. Mi devi due mesi di ferie, Bob!” ringhiai contrariato
“Benissimo!
Chiamo subito Susy in modo che organizzi tutto. Ci risentiamo a fine settimana.
Ciao Gerard”
“Ciao Bob”
Bella rottura di palle!
Sarei partito
di nuovo fra tre giorni. Ed io che avevo intenzione di rilassarmi in po’.
Tornai alla finestra e notai che Sophie era ancora lì, intenta e concentrata.
Era al sole ma il suo viso rimaneva in ombra perché leggermente piegato verso
il basso.
Ero curioso
di sapere cosa stesse disegnando. Riposi il libro al suo posto e a grandi passi
uscì di casa per raggiungerla in giardino.
“Mi copri la luce” si lamentò infastidita
In effetti volevo farlo. Era divertente
farla arrabbiare o semplicemente farla innervosire.
“Oh, scusami” Non ero dispiaciuto per nulla
“Allora?
Cosa fai? Ti sposti oppure rimani lì tutto il giorno?”
“Se non stai attenta potresti darmi
l’impressione di non essere interessata alla mia compagnia” replicai fintamente
offeso
“Ed io che credevo che non fossi intelligente
… beh mi sbagliavo!”
Il suo sorriso era così luminoso che ci
misi un po’ a capire che mi aveva appena insultato
“Comunque, credo che rimarrò qui”
ribattei ghignando
Se pensava di allontanarmi … beh, si sbagliava di
grosso!
Lei sbuffò spazientita “Cosa vuoi Gerard? Non hai nessun’altro da
infastidire?”
“No, in realtà no“ ammisi candidamente
“Ma come?! Nessuna modella o attrice
dietro cui sbavare? Vai ad infastidire loro e lasciami in pace!”
“Ouch… che acidità! Era sarcasmo?“ continuai
malefico “Sicuramente sei curiosa … come tutte le fan, vorrai sicuramente
sapere delle mie innumerevoli conquiste amorose!”
“Guarda non me ne può fregare di meno,
delle tue conquiste! E poi non sono una tua fan” ribattè lei risoluta
“Non dire bugie Soph … altrimenti lo dico
alla tua mamma!” la stavo prendendo in giro
“Gerard, levati dai piedi! Mi copri la
luce e non riesco a lavorare” chiarì decisa
Continuai a rimanere lì fermo sfidandola
con lo sguardo.
Lei sbuffò di nuovo alzando gli occhi al
cielo. “Sei una piaga Gerard Butler!” ammise spostandosi poco lontano.
“Cosa disegni?” domandai curioso
avvicinandomi e abbassandomi per sbirciare
“Niente di chè … Mr. Ficcanaso!”
Ora i nostri volti erano vicinissimi.
Aveva un odore buonissimo, fresco e dolce. I nostri sguardi rimasero incatenati
e dopo pochi secondi lei, arrossendo, si allontanò.
Ancora ghignando le sedetti accanto.
“Cosa diavolo vuoi Gerard?”
Non le risposi subito così tornò a
disegnare. Guardavo la sua mano che decisa si muoveva sul foglio. Era brava,
molto brava.
“Ho voglia di fare una passeggiata”
“E come mai sei ancora qui?”
La guardai accigliato “Sei troppo
scortese e scorbutica per essere così carina!”
“Indovina un po’ di chi è la colpa?”
replicò acida
Continuavo a guardarla. Era bella. Anche
quando era arrabbiata. E farla innervosire era maledettamente divertente.
“Cos’è … hai bisogno del permesso per
uscire dal cancello?”
Io non le avevo ancora detto nulla e
continuavo a fissarla.
“Va bene. Fai il bravo e ascolta le maestre.
Non litigare e non fare a botte con gli alti bambini” aggiunse sempre più sarcastica
Mi stava deridendo e nemmeno tanto velatamente!
“No, non hai capito. Ho voglia di fare
una passeggiata e voglio che tu venga con me”
Lei alzò lo sguardo “Voglio che tu venga
con me!” ripeté scimmiottandomi “Cos’è?
Un ordine?”
“Non è un ordine. E’ solo un invito”
“Beh, ora sto disegnando, quindi ho
altro da fare. Grazie ma no!”
Aveva un sorrisino furbo sulla faccia.
Era stata gentile al contrario di me e forse credeva che le avrei usato la
stessa cortesia.
Quanto si sbaglia!!!!
“Sophie, voglio che tu venga con me. In
caso contrario continuerò a stare qui e a tormentarti finché non sbaglierai
qualcosa. Non vorrai mica rovinare quel bel disegno, vero?”
Mi stavo comportando come uno stronzo e
lo sapevo, ma la telefonata di Bob mi aveva fatto infuriare parecchio. Lei mi
avrebbe aiutato a pensare ad altro e poi, in verità, volevo la sua compagnia.
Volevo conoscerla meglio.
“E’ una minaccia, per caso?” ringhiò a
denti stretti
Aveva appoggiato l’album al suo fianco e
si era alzata per sovrastarmi. Ora mi guardava dall’alto verso il basso con i
pugni sui fianchi. Gli occhi ridotti a due fessure.
Con un sorriso mi alzai anche io “E’ un consiglio” replicai con finta dolcezza
Adesso la sovrastavo di una decina di
centimetri. Avevo ribaltato la posizione e lei sembrò notare la cosa perché
indietreggiò di un passo ma senza abbassare lo sguardo.
Adoro le donne decise!!!
“A me non pare proprio, Hollywood!” replicò
infervorata
“Allora? Cosa hai deciso?”
“Non c’è molto da decidere. Mi stai
ricattando per obbligarmi ad accompagnarti a fare questa dannatissima passeggiata!”
rispose sbuffando come un toro.
Guardò il suo album e poi nuovamente me
annuendo, infine, con la testa.
Sorrisi per la vittoria ottenuta.
“Togliti quel sorriso idiota dalla
faccia, Hollywood! Non lo faccio per te, sia chiaro. Lo faccio solo per non
vederti rovinare il mio lavoro!” ribatté infuriata
“Sapevo che avresti fatto la scelta
giusta” ammisi ridendo.
Lei sbuffò ancora. Si diresse verso casa
a grandi passi ignorandomi completamente.
“Vado a cambiarmi” annunciò ad alta voce
quando ormai era rientrata.
L’avevo seguita ancora sogghignando.
“Bene. Ti aspetto qui ma non metterci
molto. Sono impaziente e non sopporto i ritardatari!”
Lei sbuffò di nuovo borbottando qualcosa
in un’altra lingua. In italiano, sicuramente. Mi piaceva l’inflessione e il
suono delle loro parole.
Forse dovrei farmi insegnare qualche parola … così
avrei capito quando mi insultava.
Dieci minuti dopo era di nuovo in cima
alle scale. Indossava un paio di jeans scuri, molto stretti, stivali al
ginocchio ed una camicetta a maniche corte, scura anche quella. Nonostante
l’abbigliamento non fosse né appariscente né sexy, il suo corpo mi sembrò
comunque molto provocante. Forse dipendeva dal modo in cui camminava o forse
erano quei jeans che le fasciavano le cosce e il sedere. Appena giunta alla
fine delle scale, notai che la camicetta le tirava un poco in corrispondenza
del seno.
No, non mi ero sbagliato. Era decisamente abbondante.
Avrei tanto voluto spogliarla tutta per guardare e magari accarezzare il suo corpo.
Lei mi guardava accigliata. Se avesse
saputo cosa mi passava per la mente mi avrebbe di sicuro schiaffeggiato.
Sorrisi al pensiero, scossi la testa e aprì la porta in modo da permetterle di
uscire.
Mi affiancai a lei e, percorrendo il
vialetto davanti casa, uscimmo dal cancello.
“Allora? Dove siamo diretti?” domandò
ancora seccata.
“Non lontano, non preoccuparti. Fortuna che hai indossato scarpe basse perché
il terreno non è molto regolare.”
“Lo immaginavo. Per quanto io adori i
tacchi non li avrei mai messi per una passeggiata in campagna. Sono
estremamente goffa e avrei rischiato di inciampare e cadere più volte” ammise
“Ti avrei sorretto io”
“Magari l’ho fatto proprio per questo.
Per non dover dipendere da te, Hollywood!” ammise con un sorriso beffardo “E comunque mi piace essere autonoma ed
indipendente”
“Chissà perché lo immaginavo” risposi con un sorriso indulgente
Si era fermata e mi guardava seria con le
mani sui fianchi.
“Comunque, ora non preoccupartene. Piuttosto
parlami un po’ di te”
“Perché?”
“Che domanda sciocca … perché mi
interessa ragazzina!”
“Cosa vuoi sapere?” mi domandò sbuffando
e distogliendo lo sguardo in modo da poter riprendere a camminare
“Qualsiasi cosa. Dove vivi? Studi o
lavori? Cosa ti piace fare nel tempo libero?” le ero di nuovo di fianco e di
tanto in tanto distoglievo lo sguardo dal sentiero per guardarla
“La mia vita è molto semplice e per
nulla affascinante come la tua Hollywood”
“Questo lascialo giudicare a me. Forza,
raccontami un po’ di te. Sono curioso”
Non volevo mollare, volevo conoscerla e
ci sarei riuscito.
Lei sbuffò, si girò a guardarmi con il
viso serio. Io la incitai con lo sguardo e finalmente la convinsi.
“Sono nata e cresciuta in Italia. Vivo insieme
a mia madre e John, mio fratello. Ho da poco finito di studiare e mi sono
laureata solo qualche settimana fa. Ora che ho tempo libero mi piacerebbe fare
qualche viaggio e migliorare il mio inglese. Come hai sicuramente notato non è
molto buono” disse tutto velocemente e con tono svogliato
“Beh, te la cavi piuttosto bene mi
sembra. E comunque potrei aiutarti io” proposi
“Oh, ma che gentile … grazie ma
preferisco di no” rispose acidamente
La afferrai per un braccio e mi fermai
trattenendola
“Senti forse abbiamo iniziato con il
piede sbagliato. E magari ho sbagliato a comportarmi in quella maniera…
entrambe le volte e …”
“Forse … magari … dì pure sicuramente! Ascolta,
non m’interessano i tuoi sensi di colpa” m’interruppe “Sinceramente pensavo fossi diverso ma mi sono
sbagliata! Ho conosciuto tua madre e mi sarei aspettata altro da te, ma
suppongo che i soldi diano alla testa alle volte e …”
“Tu non mi conosci quindi evita di giudicarmi!
Ora …” sospirai pesantemente
Era davvero difficile. Lei era
difficile, avere a che fare con lei.
“Vorrei sistemare le cose con te perché
sembri essere una ragazza intelligente e parecchio interessante. Posso solo
dirti che mi dispiace” dichiarai risoluto
Lei rimase a bocca aperta, sicuramente
stupita delle mie parole.
“Ti stai scusando?” domandò colpita
“Si, esatto. Questa è la seconda volta
che lo faccio per te ma non ti ci abituare. Ora, vogliamo metterci una pietra
sopra e ricominciare dall’inizio?”
Lei mi guardò per qualche secondo. Forse
non credeva alle mie parole. Dopo poco annuì e con gesti lenti si liberò dalla
mia presa.
Continuammo a passeggiare per qualche
minuto in silenzio
“Ti potrei aiutare veramente con
l’inglese, se ci tieni. Sono piuttosto bravo con la lingua” le proposi nuovamente
M’interruppi perché mi accorsi del
piccolo lapsus. Il mio tono non voleva essere malizioso ma lei non se ne
accorse. Mi guardò e poi scoppiò a ridere.
“Dimmi un po’… ma fai sempre così?” domandò ridendo
“Così come?”
“Sei sempre così malizioso? Fai battute
con doppi sensi a tutte le ragazze?”
“No, affatto, e non volevo esserlo!
Voglio aiutarti davvero” ammisi.
Lei mi guardò intensamente per diverso
tempo per poi annuire positivamente. Tornando seria cambiò discorso.
“Disegnare e dipingere mi rilassa, per
questo lo faccio spesso. Adoro leggere, uscire con gli amici, ballare e andare
al cinema o guardare film sdraiata sul divano di casa” continuò lei
“Film, eh? Che genere di film ti
piacciono?” domandai curioso e divertito
“Adoro le commedie, i film romantici ma
anche quelli d’azione. Un po’ meno invece i film d’horror o i thriller”
“E quali sono i tuoi attori preferiti? “
domandai ancora
“Mi piace molto Johnny Depp e Matt
Damon. La mia attrice preferita è Sandra Bullock. Mi piace moltissimo anche Katherine
Heigl” affermò
“E il tuo attore preferito?” ora volevo
proprio provocarla
“Boh, non saprei” rispose con tono vago.
Stava tergiversando e guardava ostinatamente a terra.
“E di me cosa ne pensi? Ti piacciono i
miei film?” domandai andando al sodo
“S-si, un po’ ” borbottò senza
guardarmi.
Così le presi un braccio per fermarla.
Volevo che mi guardasse.
“Cosa c’è?”
Io alzai entrambe le sopracciglia senza
dire nulla. Volevo che rispondesse alla mia domanda, ero curioso. Lei sbuffò e
con gentile fermezza si liberò dalla mia presa.
“Si, mi piacciono molto i tuoi film. Sei
uno degli attori che preferisco” ammise riprendendo a camminare. Sorrisi contento
e in poche falcate la affiancai
“Davvero?” domandai con un sorriso
sincero
“Si, davvero Hollywood. Ora però non ti
montare la testa”
Risi apertamente ma proseguì domandando
ancora
“Continua … dimmi qualcos’altro di te.”
Volevo sapere tutto di lei. Sembrava una
ragazza singolare ed intrigante. La curiosità mi divorava.
“Beh, mi piace cucinare e il mio piatto
preferito è la pizza”
“Piace molto anche a me, la pizza” le
confidai allegro
Sophie alzò un sopracciglio come se
fosse stupita. “Dove l’hai mangiata?”
chiese
“A New York” risposi sicuro.
Lei sorrise e scosse il capo “Allora non
è vera pizza. La pizza devi mangiarla in Italia e se proprio sei un
intenditore, a Napoli la fanno super” annunciò solare.
Il suo sorriso era bellissimo. Aperto e
luminoso.
Ora che eravamo fuori, all’aria aperta,
mi soffermai a guardarla con attenzione.
Aveva la pelle chiara e luminosa,
lucenti capelli dorati con riflessi rossi e un sorriso incantevole. I suoi occhi
erano chiari, brillanti e scintillavano ogni volta che sorrideva.
“Molto bene. Allora mi porterai a
mangiare la pizza quando verrò a trovarti in Italia”
“Ok.”
“Il tuo colore preferito?”
“Il nero. In assoluto.” rispose subito “Mi piace moltissimo lo stile dark-gothic. Ah,
dimenticavo … adoro fare shopping!”
“Chissà perché me lo aspettavo”
dichiarai con un sorriso
“Il tuo colore preferito?”
“Il blu, direi. Ma dipende molto dall’occasione,
anche il grigio non mi dispiace”
Eravamo arrivati a destinazione. Mi
fermai e lei, che in quel momento mi guardava, si voltò e rimase a bocca aperta
per lo stupore.
L’avevo portata davanti l’abbazia di
Paisley. Uno dei luoghi più interessanti e affascinanti della città.
“Mio Dio ma … è bellissima” esclamò stupita
“Ti piace?”
Sapevo già quale sarebbe stata la sua
risposta. Glielo si leggeva in faccia.
“Se mi piace … certo! E’ una costruzione
stupefacente. Ti prego raccontami la sua storia.”
La presi per mano e, con finta
disinvoltura, cominciai ad avvicinarmi per farle fare un giro all’esterno. Sophie,
docile, mi guardava con occhi scintillanti di aspettativa.
E in quel momento, appena le strinsi la
mano, una strana sensazione s’impossessò di me. Un calore, un tepore così
piacevole che ne fui deliziato. Si dilatò dalla mano al braccio, fino a
raggiungere il petto e poi più in basso sino alle gambe. Ne fui investito in
pieno.
La condussi verso il sentiero che
segnava il perimetro della costruzione
“Questa è l’abbazia della città ed è la
diocesi della chiesa di Scozia. In precedenza è stata luogo di sepoltura di
parecchi re dal XIII al XV secolo. Come puoi vedere è situata nel centro della
città ed è una dei posti che preferisco, qui” spiegai cercando di ricordare ogni particolare
della sua storia
“Parli troppo veloce. Non ti capisco. Ti
prego, potresti ripetere?”
“Se me lo chiedi così dolcemente” sussurrai
divertito
Lei arrossì subito. Ripetei tutto piano
e usando parole più semplici. Alla fine mi sorrise e m’incitò a continuare.
“Secondo la tradizione il primo a
fondare una comunità in questa zona, fu il monaco irlandese Mirren nel VII secolo. Devi sapere che
Mirren, il monaco, amava suonare un piccolo flauto e si racconta che lo facesse
in maniera davvero meravigliosa. Componeva da se musica e parole. Di notte
molti raccontano che passando da qui si riesca a sentire il suono di quel
flauto. Una musica bellissima e così dolce che incanta chiunque l’ascolti“
“Davvero?”
domandò Sophie.
Gli occhi le
scintillavano di curiosità ed allegria. E per un momento mi persi in quello
sguardo così puro e dolce
“Così dicono”
“Non sai
quanto mi piacerebbe assistere e vederlo di persona” mi confidò guardando
ancora verso l’edificio
“Sei una
patita di fantasmi?”
“No, affatto.
Però sarebbe un’esperienza unica assistere ad eventi del genere”
“Beh, se ti
piacciono le leggende qui ne troverai moltissime. La Scozia è un posto magico e
leggendario“ la guardavo ancora “La stessa aria che respiri è intrisa di storie
e racconti popolari, antiche poesie e vecchi miti”
“Tu ne
conosci qualcuna? Di storie, miti o magari solo poesie? Mi piacerebbe tanto
sentirne qualcuna”
“Si, si può
fare” annuì sorridendo
Lei si avvicinò
a me e m’incitò a continuare.
“Comunque, il monastero fu fondato nel 1163 ed acquisì lo status
di abbazia nel 1245. Una serie di incendi e crolli durante il XV ed il XVI
secolo lasciò l'abbazia in stato di
rovina. In stile neogotico vi sono la porta settentrionale e il campanile,
lassù” ed indicai il punto più alto.
“E poi?”
Sorrisi “Beh, non c’è molto altro da dire. La parte
occidentale dell’edificio è in stile gotico e risale al XII secolo. L'organo è
datato al 1872, fu costruito dal francese Cavaillé-Coll.
L'abbazia è il luogo di sepoltura dei primi Stuart ed ospita oggi anche la Barochan
Cross, una croce celtica
che risalente al X secolo. Basta, non so nient’altro.” conclusi
“Beh, ne sai moltissimo. Sembri quasi una
guida turistica” ridacchiò Sophie
“E’ un complimento, questo?“
“Direi proprio di no … ma ti ho dato
dell’acculturato Hollywood!” rise ancora
“Mmm … mi piace! Ma ti assicuro che non
sono poi così erudito. Il fatto è che crescendo qui non si può fare a meno di
venire a conoscenza di una piccola parte di storia di questi monumenti
così vecchi.”
“Si può entrare? Mi piacerebbe tanto
vederla dentro” domandò con occhi dolci
La guardai e annuì soddisfatto
“Certo. Vieni” e ci accingemmo ad entrare dal portone
centrale.
Lo sapevo. Sapevo che in sua compagnia la rabbia
sarebbe sfumata. Ora ero sereno e averla così vicina mi faceva sentire strano.
Visitammo l’interno in religioso
silenzio. Lei guardava ad occhi sgranati a destra e a sinistra. Aveva lo
sguardo luminoso e curioso dei bambini. Sembrava voler registrare ogni cosa
vedesse. Quando uscimmo era ormai ora di pranzo.
“Ti va di mangiare fuori, oggi?”
domandai guardandola.
La vidi tastarsi le tasche dei jeans e poi
voltarsi voltò verso di me
“Non ho portato soldi con me. Non lo
avevo previsto” sembrava quasi dispiaciuta.
“Oh che peccato! Vorrà dire che dovrai
farti offrire il pranzo dal sottoscritto” ghignai divertito
“Oh, no!!!” esclamò con finto orrore portandosi
una mano davanti alla bocca
“Sarai in debito con me, ragazzina!”
esclamai divertito
“Guarda che mi tocca fare per poter
mangiare! Questi si che sono veri e propri sacrifici” replicò sempre sorridendo
“Dove andiamo?” domandò dopo qualche passo
“Un mio vecchissimo amico gestisce una
piccola taverna, qui vicino. E’ un posto minuscolo ma si mangia bene ed è
riservato. Ti piacerà, vedrai”
“Perfetto” era stranamente
accondiscendente e la cosa non mi dispiaceva affatto
Arrivammo in pochi minuti ed entrammo.
“Gerard? Sei proprio tu?”
“Ciao George. Come stai?” gli tesi la
mano e lui la strinse con forza abbracciandomi subito dopo
“Quanto tempo è passato? E’ tanto che
non ti fai vedere … cos’è, il successo
ti ha dato alla testa?” mi chiese tirandomi un pugno sulla spalla
Soph era rimasta un passo indietro.
“Niente di tutto questo, ti assicuro.
Oggi sono in dolce compagnia”
Posai una mano sulla schiena di Sophie e
la invitai gentilmente ad affiancarmi
“Buongiorno” salutò educata tendendogli
una mano
“Buongiorno a te dolcezza”
George posò lo sguardo su di lei, poi su
di me e poi nuovamente su lei soffermandosi sulla sua figura. Le fece il
baciamano facendola arrossire sino alla radice dei capelli
Aveva lo sguardo da marpione!
“Vacci piano George” lo avvertii
Posai il braccio intorno alla vita di
Sophie, sul suo fianco e alzando un sopracciglio lo guardai con aria di sfida.
Era un gesto di possesso e sperai che lo interpretasse così.
“Ho capito, è proprietà tua. Cazzo,
amico come fai ad avere sempre donne bellissime al tuo fianco?” aveva alzato le
mani in segno di resa e scuoteva la testa
“Sarà per il mio bel faccino!” risposi sorridendo allegro
Sophie guardava prima l’uno e poi
l’altro con un sopracciglio alzato. Forse non aveva capito bene le nostre
battute. In effetti dovevo riconoscere che George aveva un accento molto forte,
a volte incomprensibile persino per me. Tipicamente scozzese.
“Non dire stronzate perché tanto ci
credi solo tu!” ribatté ancora ridendo
“Venite, vi faccio strada” continuò e lo
seguimmo verso un tavolo.
Stavo per sedermi quando mi voltai verso
Sophie. George le scostò la sedia e la fece accomodare come un perfetto
gentiluomo.
E questa novità cos’era?