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Autore: Dragana    14/07/2011    13 recensioni
Presente Leah?
Sì, quella che, una volta chiuso Breaking Dawn, tutti si sono chiesti "Ma... e Leah?".
Ecco, poniamo che dopo quattro libri di sfighe ininterrotte finalmente cominci ad andarle tutto bene. Regaliamole un lieto fine. Se solo smettesse di polemizzare su ogni cosa...
Storia in cui non succede nulla, a parte un lungo lieto fine.
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Leah Clearweater, Nuovo personaggio, Quileute, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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CAPITOLO 6
Ovvero come addomesticare una lupa: prima dalle da mangiare, poi forniscile una tana.

-E così appena è uscito a fumare gli abbiamo scambiato il vino che aveva nel bicchiere con il rosso della casa; quando è tornato dentro l’ha fatto girare, l’ha annusato e l’ha bevuto soddisfatto facendo anche considerazioni argute su bouquet e tannino. Non riuscivamo a guardarci per paura di scoppiare a ridergli in faccia, sta di fatto che da quella volta lo chiamiamo Brunello.-
Risi di gusto bevendo il mio bicchiere di vino rosso; Abraham mi stava raccontando dell’ultima volta che era stato in Italia a trovare gli amici che aveva là, un anno prima. La provvidenziale torta al cioccolato di Emily aveva il pregio di avermi fatto il fondo, così evitai di buttarmi sui ravioli con la voracità di uno sciacallo, e l’abitino alla Audrey con annesse scarpe delle vampire avevano fatto la loro porca figura, a giudicare da come mi stava guardando Lui. Che era bellissimo.
No, davvero. No, non è una questione di imprinting, era bellissimo obbiettivamente, quella sera. Non che di solito non lo sia. Ok, magari di solito è imprinting, ma quella sera no. Giuro.
-Prima o poi mi toccherà andare in Italia davvero!- gli dissi ridendo. Lui mi versò un altro po’di vino.
-Ma certo. Ti ci porto io.-  Poi alzò un sopracciglio. –Da sola correresti il rischio di trovarti in Francia per sbaglio, ed i francesi sono veramente insopportabili.-
-Ah. Ah. Ah. Guarda che adesso non puoi più tirarti indietro. Dovrò salire sulla torre pendente di Bologna.-
Lui scosse la testa. –Mi spiace disilluderti, ma non ci si può salire. E tu non puoi salire neppure sull’altra: dicono che farlo prima della laurea porti sfortuna. Ma se vuoi una torre pendente posso portarti su quella di Pisa che è molto più bella e famosa, e poi in Toscana ci sono un sacco di paesini splendidi: Lucca, Montepulciano, Volterra…-
Volterra. Ecco qual era il nome del paese sconosciuto da cui venivano i Supercattivi. Protestai con veemenza perché non volevo vedere mai più nella mia vita il Bello, Il Brutto E Il Cattivo versione Dracula, né correre il rischio di ritrovarmi nuda, incatenata ad un trono e con al collo un guinzaglio di diamanti facenti parte del tesoro perduto di Giovanni Re Fasullo D’ Inghilterra.
-Niente Toscana. È troppo inflazionata, la Toscana. Voglio davvero vedere Bologna. E Venezia, ecco, vorrei andare su una gondola e comprarmi una di quelle maschere bellissime.-
-Come vuoi-, asserì lui. Poi sorrise. –Stai già progettando le nostre vacanze?-
Oh, cazzarola. Tira il freno a mano, cretina, pensai. È cosa nota che gli esseri di sesso maschile si spaventino a parlare di progetti e tu cosa fai? Ne parli durante la prima uscita (o seconda, o terza, non capivo bene come dovevo considerarla)?  È che io sono proprio una da progetti, a dispetto del mio aspetto da maschiaccio punkabbestia. Col mio ultimo ragazzo progettavamo di sposarci non appena avessi terminato il college, per dire. Poi ci sono stati dei lievissimi incidenti di percorso, ma non è questo il punto.
Così biascicai qualcosa ridendo imbarazzata, bloccai il cameriere per ordinare il secondo e mi tuffai con gioia dal trampolino del cambio d’argomento. Lui mi seguì e la cena proseguì senza intoppi, tra discorsi di libri, musica e vita vissuta. Non dirò una banalità... non è vero, ora la dico: mi sembrava di conoscerlo da sempre. E mi viene da vomitare da sola, ho detto tutto.
La Seconda Parte Della Serata ebbe inizio sul pontile di fronte al ristorante, su cui eravamo andati a fare due passi. Proprio quel pontile dove tutte le coppie si intorcigliano a limonare nelle sere come questa, guardati con un certo disprezzo da persone come me che non sopportano le effusioni in pubblico, e su cui ora stavo pensando “baciami stupido” con un’intensità quasi dolorosa. Perché Lui, dimostrando più decenza, si limitò a tenermi a braccetto e sganciare La Proposta.
-Adesso potremmo andare a bere qualcosa in uno qualunque dei locali che ci sono qui a Port Angeles,- mi disse stringendosi nelle spalle, -Oppure potremmo andare a Forks a casa mia, ti faccio sentire il rhum con il cioccolato fondente e ti presto “Il buio oltre la siepe” così quando ti riaccompagno dovrai darmi immediatamente in cambio un tuo libro. Scegli tu, come preferisci.-
Le parole “a casa mia” mi si erano stampigliate in testa come un marchio a fuoco. Scelsi quella, ovviamente, motivandola con uno stupido “non ho niente da leggere”.

Casa Sua non era né la classica casa da scapolo con calzini sul ventilatore e acari della polvere grossi come levrieri, né l’appartamento impeccabile e minimalista da maniaco della precisione. Era ordinata ma vissuta, la classica casa di uno a cui piace condividerla con gli amici. Pensai istintivamente a una tana calda, ed i lupi nelle tane ci stanno benissimo.
Mi ero accomodata sul divano dai colori vivaci, del genere che io definisco Divano Killer perché sono comodissimi e si finisce per addormentarcisi sopra ogni volta che si guarda il televisore, quando Lui si palesò dalla porta della cucina in cui era entrato. Si era tolto la giacca ed arrotolato le maniche della camicia, in una mano aveva la bottiglia del rhum con due bicchieri e nell’altra un piatto pieno di scaglie di cioccolato fondente. Se dalle altre due porte fossero entrati Johnny Depp vestito da Jack Sparrow e Brad Pitt vestito da Mickey lo zingaro, giuro che non me ne sarei nemmeno accorta. O meglio: me ne sarei accorta, li avrei guardati un pochino e poi avrei maledetto la mia sfiga che me li faceva comparire davanti proprio ora che non ci avrei combinato nulla, perché era inutile: in quel momento Lui li sconfiggeva entrambi.
Fu da quel preciso istante che nel mio mondo interiore l’espressione “voglio il mio avvocato” assunse un significato radicalmente diverso da quello per cui era stata coniata.
Sperando che non mi fosse caduta la lingua di fuori e che la mia natura ferina stesse a cuccia, sorrisi con grazia e con estrema classe attesi di essere servita, poscia libammo ne’ lieti calici degustando alfine il cioccolato. Lui mi guardava ridendo sotto i baffi, fece qualche superficiale osservazione sul rhum, e mi riempì di nuovo il bicchiere quando lo terminai.
-Stai cercando di ubriacarmi?- lo apostrofai.
-Sto cercando di ubriacarla, signorina, onde raggiungere l’ottimale via di mezzo sita tra le fasi “statua di ghiaccio” e “menade impazzita”. Quanto crede che mi manchi?-
Presa alla sprovvista, vuotai il bicchiere in una sola sorsata. Lui scoppiò a ridere, io appoggiai il bicchiere vuoto sul tavolino, mi pulii la bocca col dorso della mano e ghignai.
-Direi che ci siamo appena arrivati-, lo provocai.
E allora, solo allora, mi baciò.
Ma piano, e così, quasi con nonchalance. Quasi come se si fosse chinato e toh, guarda un po’, le mie labbra erano sulla sua traiettoria. E come bacia bene, Abraham. Potrebbe scrivere libri, sull’arte del baciare. Tomi. Enciclopedie. Ha quel modo di accarezzare il collo, leggero, che manda brividi in tutto il corpo e che quella volta contingente me l’ha fatto abbracciare di slancio, affondandogli la mano nei capelli. E siccome io sono un lupo mannaro e lui no, il mio abbraccio irruento l’ha sbilanciato e siamo caduti stesi sul divano, in posizione perfetta e precisa per… ci siamo capiti. Fare quelle cose lì.
E avrebbe potuto farle immediatamente, con foga, come quel pomeriggio nel bosco quando c’era l’urgenza di stare vicini perché quasi non ci credeva nessuno dei due e bisognava concludere prima di scoprire che era solo un sogno o roba del genere; ma questa volta non c’era urgenza, c’erano tempo e una tana calda, e baci al sapore di rhum e cioccolato fondente. E ce li godemmo a lungo, tutti.
Smettemmo di dedicarci alle meritate sconcezze solo quando Lui incrociò casualmente lo sguardo con l’orologio a muro e mi disse: -Scusa, Leah, temo di averti fatto fare parecchio tardi-. Rovesciai controvoglia la testa verso l’orologio e sibilai un’imprecazione, formulando ad alta voce il seguente pensiero: -Mia mamma dovrà farsene una ragione.-
Lui si alzò dal divano, recuperando i vestiti. -Il che significa che posso invitarti fuori altre volte.-
-Mi sembra chiaro.-
-Sempre che Sue Clearwater non ti chiuda a chiave in camera tua. Non credo di essere in grado di declamare versi poetici sotto ai balconi. Può andare bene lo stesso la Costituzione?-
-Non ho il balcone, e Romeo mi è sempre stato sulle palle. Ti rendo noto, comunque, che non ho quindici anni e mia mamma non mi chiuderebbe mai a chiave in camera mia.-
Più che altro perché sa bene che sarebbe completamente inutile, aggiungerei.
-No, queste decisamente non sono scarpe da quindicenne. Sono troppo sensuali.- Mi stava porgendo le scarpe delle vampire, foriere peraltro, devo ammettere, di giochetti erotici niente male. “Capisci che gira male quando ti senti in colpa per essere stato sgarbato coi vampiri”; c’era un periodo che Jacob faceva sempre pensieri di questo genere, ed ora c’ero cascata anch’io. Maledetti Cullen.
Abraham recuperò giacca e chiavi della macchina e poi, dopo averci pensato un attimo, un paio di lettere. Al mio sguardo interrogativo spiegò che il tizio che aveva tamponato mammà pagava danni, risarcimenti e quant’altro, e se avessimo trovato la suddetta con in volto la pittura da guerra e il tomahawk tra le mani avremmo potuto cercare di placarla con quella notizia in anteprima.
-La supremazia delle leggi dell’uomo bianco!- esclamai ridendo.
-Sai a cosa pensavo, Leah?- mi disse dopo un po’, mentre metteva in moto l’auto e partiva. Non chiamandomi (grazie agli dèi) Edward Cullen, feci cenno di no. Era buio e Lui guardava la strada, ma io sono un lupo e vedevo i suoi occhi brillare persino sbirciandoli dallo specchietto retrovisore.
-Che se fossimo non dico fidanzati, ma per lo meno una coppia, sarebbe tutto molto più semplice: non dovresti calarti giù da nessuna finestra appena mi senti declamare sentenze, e potremmo persino progettare le vacanze.-
Grande Spirito, Ephraim Black, Levi Uley e Quil Aetara I, se sto dormendo proteggete quel povero disgraziato che verrà a svegliarmi, a meno che non vogliate ritrovarvelo al più presto tra i verdi pascoli del cielo.
-Quindi… mi stai chiedendo di essere la tua ragazza?-
E con questo il premio della Domanda Più Cretina Del Secolo ce lo siamo portato a casa. Congratulazioni.
-“La mia ragazza”. Sì, mi piace. Sì, te lo sto chiedendo.-
Il cielo si aprì, comparve una grande luce e un coro di cherubini dalle ali rosse si mise a cantare “I’m in Heaven”.
-Accosti, avvocato Custer, che ratifichiamo l’accordo.-
Lo ratificammo alla prima piazzola di sosta, accrescendo ulteriormente il mio ritardo. E chi se ne frega, però.
Davanti a casa Madre non c’era e le luci erano spente. Ma mentre salivo a prendere il libro per Abraham (“American Gods”, perché si abituasse a credere all’impossibile) mi resi conto che il silenzio era irreale, Seth non russava, mammà era immobile. Cretini.
Consegnai il libro, rientrai in casa, attesi che il rumore dell’auto di Abraham si allontanasse.
Allora accesi tutte le luci e annunciai a voce alta:
-Lo so che non state dormendo, quindi ascoltatemi perché lo dirò una volta sola e poi andrò a dormire: ho il ragazzo!-
Secondo voi ci riuscii ad andarmene a letto?
Risposta ovvia: no.







NOTE:L’episodio che apre il capitolo è realmente avvenuto. Sì, ho un amico che chiamiamo Brunello a sua insaputa (il vino che gli è stato scambiato con il Sangiovese della casa era appunto Brunello di Montalcino).
A Bologna si dice che non si possa salire sulla torre degli Asinelli (ossia quella non pendente) prima della laurea perché porta sfortuna.
“Il buio oltre la siepe” è un libro bellissimo, se non l’avete letto fatevi un favore e leggetelo (no, il film non vale). Invece avrei voluto che Leah prestasse ad Abraham “Uomini d’arme” di Terry Pratchett, perché vi compare il personaggio della lupa mannara Angua, ma è il secondo di una serie e quindi non avrebbe avuto molto senso. Ho ripiegato su “American Gods” di Neil Gaiman in cui ci sono indiani d’America e divinità assortite.
Suppongo che tutti voi sappiate chi è Jack Sparrow; per chi invece non conoscesse Mickey lo zingaro, guadratevi “The snatch” di Guy Ritchie, e amatelo. Tu fa scommessa?
Quando Abraham prende le lettere per mammà avrei voluto far dire a Leah “E al dio degli inglesi non credere mai”, ma dubito che a Forks ascoltino de Andrè.
Ho chiacchierato troppo, ci do un taglio: GRAZIE A TUTTI!
Ragazzi, l’estate è lunga, ci sono 48 gradi percepiti (giuro), il lavoro è duro, ma voi siete il mio cocktail e il mio cocomero:mi mettete di buonumore! GRAZIE, davvero! !
   
 
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