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Autore: Minako_86    20/03/2006    3 recensioni
Everwood, Colorado. Ogni cosa è iniziata lì ed ogni cosa finirà lì. Perchè Everwood non è solo una cittadina di qualche migliaio di abitanti... Everwood è l'eterna partenza, Everwood è terra di arrivi, Everwood è una storia che si intreccia e si scioglie infinite volte. Everwood è mille vite, una dentro l'altra. La terza serie, vista da me, con un personaggio nuovo... leggete anche la premessa, per favore! ^^
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo III -

 

- Che cosa ci fa qui? - Lo sguardo severo del dottor Brown non prometteva nulla di buono.

- Ce l'ha mandata suo padre. - Ribattè secco Ephram. - Lei mi ha detto che starà in Europa per un po'. Per lavoro... o giù di lì. Non c'era nessuno che potesse ospitarla, per questo è venuta qui. - 'Ma immagino che tu non ci crederai.' concluse mentalmente.

- E io dovrei fidarmi? - Incrociò le braccia, puntando gli occhi in quelli del figlio.

- Appunto. - Sorrise nervosamente fra sè e sè. - Va bene. Non fidarti. - Aprì il frigorifero e ne estrasse una lattina d'aranciata. - Per me non c'è problema, ma cosa hai intenzione di fare con lei? Vuoi lasciarla in mezzo alla strada? - Sorseggiò la sua bibita, continuando a fissare il padre con quell'aria impertinente.

- Se credi che in questo modo mi convincerai più facilmente, sei fuori strada Ephram!

- Ah... sei davvero incredibile! Non riesci proprio a capire, vero? - Sbottò, trattenendo a stento una risatina isterica. - Ti è così difficile concepire di poter fare qualcosa che sei certo mi potrebbe rendere felice?

- Oh sì, certo. Immagino il tipo di felicità che ti procurerebbe l'avere quella ragazza che ti gira per casa... - Le parole di Andy lasciavano adito a molti spiacevoli sottointesi che Ephram colse al volo.

- Ma... ah... cosa?!? Guarda che Maria... no, ma tu non puoi essere veramente convinto che... oh, perfavore! - Camminò per un po' avanti e indietro, prima di bloccarsi di fronte al padre. - Ti volevo solamente chiedere di ospitare un'amica per un po'.

- Tu sei un adolescente maschio. Lei è una bella ragazza con... beh, con tutte le cose al posto giusto: non credo che i tuoi ormoni la possano considerare un'amica ancora per molto. - Concluse, visibilmente imbarazzato.

- Vi scongiuro, qualcuno mi uccida! - Sospirò amareggiato. - Se la tua preoccupazione è che al tuo prossimo rientro potresti trovarmi che mi rotolo in un letto con lei, beh... sta' tranquillo. Sia io che i miei ormoni non abbiamo la minima intenzione di varcare di nuovo la soglia proibita nè con lei nè, al momento, con nessun'altra ragazza. - Se solo Ephram avesse avuto una vaga idea di quello che suo padre gli stava nascondendo da otto settimane a quella parte, si sarebbe espresso in tutt'altri termini. Il dottor Brown lo fissò poco convinto per qualche secondo, prima di sospirare con aria rassegnata.

- Vuoi dire che non ci saranno baci, abbracci o effusioni di alcun genere?

- Se stai pensando a pomiciamenti e cose così, no. Assolutamente no... che diavolo ti viene in mente. - Si infilò le mani in tasca, con fare visibilmente esasperato.

- D'accordo. Prima di dare il nulla osta definitivo voglio parlare con lei, però. Ora sali in camera tua e dille di raggiungermi qui. - Ephram lo fissò senza dire nulla, prima di uscire dalla cucina voltandogli le spalle. Salì velocemente le scale e percorse l'ampio corridoio fermandosi a metà strada, davanti alla porta della stanza di Delia. Dall'interno si sentivano provenire le risate argentine di Maria e di sua sorella. Si soffermò ad ascoltarle per un attimo, prima di bussare sul legno chiaro.

- Che c'è? - La voce di Delia uscì leggermente soffocata, fra una risata e l'altra. Abbassò la maniglia e si affacciò oltre l'uscio.

- Mi dispiace interrompere la vostra rimpatriata... - Sorrise vedendole letteralmente aggrovigliate l'una all'altra su uno dei due letti, decisamente occupate in una gara di solletico all'ultimo sangue. - ... ma il grande capo richiede la tua presenza, Maria. - Si avvicinò e sollevò di peso la sorella per permetterle di alzarsi.

- D'accordo... e non credere di avermi battuta, Deels! - Sorrise la ragazza sistemandosi i capelli spettinati.

- Questa è solo una fuga per evitare la sconfitta! - Sogghignò di rimando Delia avvinghiandosi al collo di suo fratello per non perdere l'equilibrio.

- Ok, adesso sotterra l'ascia di guerra, Penna Bianca! - Ephram la lasciò cadere sul letto, bloccandola fra le sue braccia.

- Resti tu con me? - Chiese, mettendosi seduta.

- No, devo scendere insieme a Maria. Non mi fido a lasciarla da sola con papà... - Le scompigliò affettuosamente i capelli, prima di raggiungere la ragazza che stava già scendendo le scale.

- Ehi! Aspettami! Non vorrai gettarti da sola nelle fauci del mostro? - Le passò un braccio intorno ai fianchi, conducendola verso la cucina.

- Non ti preoccupare, saprò difendermi! - Sorrise divertita, prima di voltarsi e spingerlo con le spalle al muro, appena fuori dalla porta.

- Beh? Che intenzioni hai? - Lei si avvicinò, soffermandosi a pochi centimetri dal suo viso.

- Voglio soltanto accertarmi che tu te ne stia qui, in silenzio, fino a che non avrò finito con tuo padre... - Si sollevò appena e avvicinò la bocca a quella di Ephram. Si sciolsero in un bacio leggero, a fior di labbra... qualcosa di assolutamente diverso dal canonico bacio fra innamorati. Erano un abitudine che avevano preso così... quasi per caso: il modo più semplice e diretto per esprimere l'amore, la dolcezza e il rispetto che si suscitavano l'un l'altra. Non lo facevano in pubblico, non per vergogna, ma perchè gli altri avrebbero potuto facilmente equivocare... vivendo la scena dall'esterno. Se lo concedevano quando erano soli, erano quei momenti speciali... tutti loro. Mentre Maria si allontanava, dandogli le spalle, Ephram si soffermò a pensare che quelle erano ciò che agli occhi di suo padre sarebbero apparse esattamente come 'effusioni' o 'sbaciucchiamenti', per lo più...

- Dovrai cercare di trattenerti, Brown, se non vuoi che tuo padre sperimenti su di te gli ultimi ritrovamenti della neurochirurgia... - Si disse scherzosamente, incrociando le braccia al petto. Gettò un'occhiata oltre lo stipite della porta: Maria stava già parlando, gesticolando animatamente all'indirizzo del dottor Brown.

- ... per questo abbiamo pensato a lei. - Sorrise, arrotolandosi una ciocca di capelli intorno al dito. - Sia io che mio padre sappiamo che lei... sì, insomma, che è una persona di cui ci si può fidare. E poi Everwood non è certo una metropoli... in realtà penso che sia questo ad aver fatto gioco forza su papà: pensava che qui avrei avuto meno incentivi ad incamminarmi su una cattiva strada.

- Una cattiva strada... - Le fece eco il dottor Brown, grattandosi il mento. Senza aspettarsi una risposta più 'risposta', Maria si sfilò una busta azzurrina dalla tasca e la appoggiò sul tavolo di fronte a lei.

- L'ha scritta mio padre. Voleva assolutamente che lei avesse l'assicurazione di un adulto. Probabilmente ha pensato che, se fosse stato al suo posto, ne avrebbe avuto bisogno...

- Va bene, Maria. - Non volendo impicciarsi di cose che non lo riguardavano, se non da molto lontano, si trattenne dal fare domande sulla madre della ragazza che non era stata nominata neppure una volta durante tutta la conversazione. Prese la lettera e la ripose in un cassetto, con l'intenzione di leggerla in seguito. - Puoi usare il secondo letto che c'è nella stanza di Delia. Sono sicura che sarai un'inquilina modello... un po' quello che Ephram non sarà mai! - Concluse ridendo.

- La ringrazio dottor Brown... davvero... - Si alzò, scostando la sedia. - Penso che andrò a disfare la valigia... chiederò a Delia se c'è un po' di spazio per me nel suo armadio.

- Beh... buona fortuna! - Scherzò Andy. Le rivolse un ultimo sorriso, prima di alzarsi e di uscire dalla porta. Il corridoio era vuoto, ma si sentiva ancora, leggerissimo, l'eco di passi che salivano le scale.

 

  
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