Questa fanfiction è il mio contributo per il FemSlash Day.
Let's do the Time Warp again!
«Sono
tornata.»
Erano bastate quelle due parole, pronunciate alle sue
spalle da quella familiare voce un po' roca.
La luce lunare
filtrava dal soffitto malconcio, infondendo uno spettrale tono
perlaceo ad ogni cosa. Le paillettes della sua giacca ormai logora
scintillavano opache. Il suono dei tacchi a spillo sul pavimento
polveroso si avvicinava.
Sapeva cosa avrebbe visto
voltandosi.
Quella pelle di porcellana coperta di cipria bianca,
quelle labbra cariche di rossetto, quegli occhi cerchiati di
nero.
Sentì il calore della sua mano sulla
spalla.
«Columbia...»
Chiuse gli occhi, mordendosi il
labbro.
Aveva perso ogni speranza. L'aveva vista andarsene quel
giorno. Aveva atteso il suo ritorno invano per anni. E ora era
lì,
dietro di lei.
Le sarebbe bastato voltarsi.
Avevano passato
così tanto tempo insieme che avrebbe potuto riconoscere il
suo
profumo tra la folla. Era stata la sua unica compagna in quel luogo
assurdo e senza regole. Sforzandosi un po', riusciva a ricordare ogni
singolo giorno passato al suo fianco. La dolce, sottile perversione
del loro rapporto, che si ostinava a chiamare amicizia.
«...sono
tornata, Columbia. Per te.»
La mano le afferrò il mento,
costringendola a voltarsi.
Si aspettava di vederla.
Quella
massa di crespi capelli ramati la accecò, mentre l'altra
posava le
labbra sulle sue.
Cercò di resistere.
Voleva punirla per la
sua assenza prolungata, per il male che le aveva fatto la
solitudine.
Ma la felicità di riaverla accanto soffocò tutto
il
resto. Le strinse le braccia al collo e ricambiò quel bacio,
affamata del calore che le era stato negato.
Le labbra si
schiudevano le une sulle altre, le bocche si cercavano quasi con
disperazione.
Dopo alcuni infiniti istanti, si separarono.
I
loro sguardi si incrociarono.
Non potè non sorridere. Lo stesso
fece anche l'altra.
Le accarezzò la chioma cotonata, affondando
le dita tra quei ricci ribelli.
«Magenta...»
Lei rise
sommessamente, sfilandole il cilindro dorato e posandolo sulla
propria testa.
«Ricordi... i passi del Time Warp?»
La guardò
stupita. Poi sorrise, annuendo.
Magenta le prese la mano e
cominciò a correre lungo i corridoi e le sale della villa.
Tutto era
abbandonato e degradato. Non era più lo stravagante,
straniante
palazzo dove l'aliena si fingeva cameriera. Non era più la
casa del
dottore. Solo un rudere.
Ma ora, la sua risata era tornata. Quel
ghigno un po' inquietante su quel volto perfetto si rifletteva
nuovamente sugli specchi impolverati.
Tutto poteva
ricominciare.
Arrivarono trafelate al salone delle feste, dove
ogni anno si era tenuto il Festival Transilvano. Quel ricordo la fece
ridere.
Magenta le prese entrambe le mani e la attirò a
sé. Le
sue dita le accarezzarono i fianchi, insinuandosi sotto la
giacca.
«Un salto a destra...»
«Poi un passo a
sinistra...»
Cominciarono a ballare, ma lentamente. I loro corpi
si sfioravano, le loro mani restavano intrecciate. Non era il Time
Warp. Ma non importava.
«Metti le mani sui fianchi...»
Seguì
le sue indicazioni e posò le proprie mani sulle sue. La
strinse più
forte, sentì le sue labbra sul collo, la punta della sua
lingua
saettare sulla pelle.
Le sfuggì un gemito, mentre si aggrappava a
lei. Magenta le accarezzò i capelli e la prese in braccio
senza
fatica, come se fosse stata una bambina. Adagiò la testa
sulla sua
spalla.
La donna camminò via dalla stanza. Columbia non aveva
idea di dove la stesse portando. Sollevò leggermente il viso
e si
guardò attorno. Magenta la depose dolcemente sul letto.
La loro
stanza.
Quanti momenti avevano condiviso? Quanto amore, gelosia,
rabbia avevano nascosto dentro di loro?
Era il loro nido. E lo
sarebbe stato ancora.
Magenta si sdraiò sopra di lei. I suoi
occhi brillavano di un'eccitazione
palpabile.
«Columbia...»
«Sì?»
«Balliamo il Time
Warp.»
Le sorrise, sfilandosi la giacca.