Capitolo
I
I
tre assi
“Accidenti,
è tardissimo!” mormorò a denti stretti
Kyosuke mentre si dirigeva a passo
veloce verso casa. Come era ormai solito fare, dopo la scuola il
ragazzo aveva
trascorso l’intero pomeriggio all’ABCB, aiutando
dapprima il Master nella
gestione del locale, e in seguito facendosi aiutare da Madoka nello
svolgimento
dell’immane mole di compiti a casa che i professori erano
soliti assegnare
prima della chiusura invernale. Di conseguenza, dopo aver superato una
marea di
problemi di geometria e di brani in inglese da tradurre, il ragazzo si
accorse
solamente all’ultimo istante che doveva correre a casa per
evitare di buscarsi
una sonora sgridata da suo padre – ammesso che
quest’ultimo fosse già tornato,
il che era tutt’altro che sicuro, considerati gli orari
estremamente flessibili
cui era sottoposto per via della sua professione di fotografo.
Rimasto
a corto di fiato dopo aver salito le scale, Kyosuke si fermò
davanti alla porta
d’ingresso di casa sua per riprendere fiato.
“Speriamo che papà non sia già
tornato.” sospirò poco prima di girare il pomello.
Contrariamente a quanto si
aspettava, suo padre non era ancora tornato, ma l’atmosfera
che si respirava in
casa Kasuga non era per nulla serena: in cucina, infatti, le sue
sorelle minori
Manami e Kurumi sembravano sul piede di guerra!
“Ti
avverto per l’ultima volta” disse Manami mentre
puntava minacciosa il mestolo
contro sua sorella gemella “se metti di nuovo piede in
cucina, non la passerai
liscia!”
“Ma
io sto morendo di fame!” si lamentò Kurumi con gli
occhi fissi sulla pentola in
cui cuoceva il pollo al curry destinato a essere mangiato per cena,
mentre il
riso cuoceva nell’apposito bollitore. “Cosa ti
costa farmi dare un assaggino?”
“Lo
sai benissimo che dobbiamo aspettare il ritorno di papà
prima di mangiare. Se
proprio vuoi renderti utile, potresti apparecchiare la tavola, invece
di stare
seduta sulla poltrona in salotto senza far niente!”
“Ma
sono quasi le dieci di sera!” fece notare
l’affamatissima Kurumi indicando
l’orologio a pendolo, che entro cinque minuti avrebbe fatto
suonare dieci
rintocchi.
“Niente
da fare!” affermò Manami in maniera categorica,
facendo letteralmente
inviperire la sorella.
Prima
che le due ragazze decidessero di ricorrere ai loro poteri ESP e
ridurre inevitabilmente
la cucina a un campo di battaglia, Kyosuke si calò nei panni
del mediatore e
propose di apparecchiare la tavola, sperando in un tempestivo ritorno
del
capofamiglia.
Un
quarto d’ora dopo, la porta d’ingresso si
aprì e Takashi Kasuga fece ritorno a
casa, per la felicità di sua figlia Kurumi, la quale avrebbe
potuto finalmente
placare i borbottii del suo stomaco.
“Scusatemi
per il ritardo” disse l’uomo allentandosi il nodo
della cravatta per dare
sollievo al collo “ma questo lavoro mi tiene
occupatissimo.”
“Ma
si può sapere di che lavoro si tratta?”
domandò Manami dopo aver spento il
fuoco sotto la pentola. “Non parli d’altro da
almeno un mese.”
“E
poi sono settimane che arrivi sempre in ritardo per la cena!”
affermò Kurumi
assumendo un’espressione imbronciata e incrociando le
braccia, mentre ricordava
le per lei innumerevoli sere nelle quali era costretta a tenere a bada
il
proprio formidabile appetito.
“Allora
vi dirò di che lavoro si tratta” disse Takashi,
riuscendo in tal modo a
ottenere l’attenzione dei figli. “Avete mai sentito
parlare di Tetsuya Okada?”
Nel
sentire quel nome, sia Manami sia Kurumi scossero la testa, mentre
Kyosuke,
rimasto fino a quel momento in disparte, intervenne. “Ne ho
sentito parlare dai
membri del club di calcio della nostra scuola”
affermò. “Se ben ricordo, è un
celebre fotografo specializzato in ambito calcistico, che ha trascorso
diversi
anni a scattare fotografie nei principali stadi d’Europa
prima di far ritorno
in Giappone. Da quel che ho capito, i suoi scatti sono particolarmente
richiesti dai quei giornalisti sportivi che vogliono far conoscere il
calcio
nel nostro Paese.”
“Esattamente”
affermò Takashi, “ma quello che i tuoi compagni di
scuola non ti hanno detto è
che Tetsuya è stato il mio senpai ai
tempi delle superiori, quando
entrambi facevamo parte del club di fotografia.”
“Sul
serio?” chiese Kyosuke sempre più incuriosito.
“Certo.
Anzi, se devo essere sincero, è grazie a lui che ho lo
scelto la strada della
fotografia. Dovete sapere che, prima di iniziare le superiori, per me
scattare
foto era solo un semplice passatempo, ma non appena lo conobbi, Tetsuya
mi
convinse a entrare nel club di fotografia. Da quel momento, mi mise
sotto la
sua ala protettiva e mi insegnò tutti i rudimenti del
mestiere.”
“Ma
questo cosa c’entra con il calcio?”
“Oltre
alla fotografia, a quei tempi Tetsuya nutriva una grandissima passione
per
questo sport, al punto da non perdersi neppure un incontro del
campionato
studentesco. Mi ricordo ancora oggi che mi trascinava fino ai
più disastrati
quartieri di periferia, e quando scattava le sue foto, non
c’era nulla che
riusciva a distogliere la sua attenzione dalle azioni di gioco, nemmeno
il più
violento temporale estivo. Le sue fotografie erano già
allora molto apprezzate,
al punto che una volta riuscì addirittura a vincere un
premio nazionale.”
“E
poi che cosa è successo dopo la scuola?”
“Lui
partì per l’Europa, mentre io rimasi in Giappone e
alla fine mi specializzai
nello scattare fotografie di paesaggi. Nonostante la lontananza, ci
siamo
sempre mantenuti in contatto; in tal modo seppi che aveva girato gli
stadi di
Germania, Inghilterra, Italia e Spagna, facendo i lavori più
disparati per
mantenersi. Alla fine, grazie all’esperienza acquisita in
Europa, è tornato qui
in Giappone ed è stato assunto da un noto giornale sportivo,
il cui direttore gli
ha recentemente affidato il compito di prendere parte come fotografo
ufficiale alla
finale di Coppa Intercontinentale che si terrà domenica al
National Stadium[1].”
“Questa
sarà sicuramente una grande opportunità per
lui!” commentò Manami poco prima
che suo padre si rabbuiasse in volto.
“Purtroppo
non sarà così” disse mestamente.
“Il mese scorso Tetsuya si è fratturato la
gamba in un incidente stradale e dovrà rimanere in ospedale
per lungo tempo.
Non appena andai a fargli visita, aveva letteralmente il morale a
pezzi…
prendere parte a un simile evento era il sogno di una vita per lui! Per
farla
breve… era talmente depresso che alla fine non ho potuto
fare a meno di
propormi per prendere il suo posto… e lui ha accettato con
gioia.”
“Ma
tu ormai sei specializzato in paesaggi!” gli fece notare
Kyosuke.
“Ho
già risolto tutto!” lo tranquillizzò il
padre. “Il direttore del giornale
presso il quale lavora Tetsuya ha dato il suo consenso e mi sono
preparato
scrupolosamente per tale scopo. E poi, un vero professionista deve
essere
pronto per ogni evenienza! Avete già dimenticato il servizio
fotografico che
feci a Madoka e Hikaru sulla spiaggia[2]?”
Detto
ciò, l’uomo tirò fuori cinque
biglietti. “Questi sono per voi” disse.
“Inizialmente Tetsuya se li era procurati per i suoi
familiari, ma dal momento
che questi lo assisteranno in ospedale, ha deciso di darli a me. Stando
a
quello che mi ha detto, il calcio è uno sport molto
appassionante, perciò ho
pensato che vi avrebbe fatto piacere assistere alla partita.”
“Ma
qui sul tavolo ci sono cinque biglietti e noi siamo tre!”
affermò Kyosuke.
“All’inizio
pensavo di darli ad Akane e Kazuya, ma dal momento che domenica
andranno con
gli zii a Sendai, potresti invitare Madoka e Hikaru. Tetsuya mi ha
detto che il
calcio è uno sport che appassiona anche le
ragazze.”
‘Meglio
così!’ pensò fra sé e
sé il ragazzo, decisamente allettato dalla proposta del
padre. ‘Se non altro, non mi ritroverò fra i piedi
quei rompiscatole dei miei
cugini!”
“A
proposito, papà” s’intromise
all’improvviso Kurumi “quali saranno le squadre
che disputeranno la partita?”
A
quella domanda Takashi aprì la sua ventiquattrore e sparse
sul tavolo il contenuto,
che consisteva in una consistente serie di fotografie e ritagli di
riviste e
giornali sportivi sulle due squadre che domenica si sarebbero contese
l’ambito
trofeo.
“In
base alle informazioni raccolte da Tetsuya, i favoriti sono gli
italiani della
Juventus” esclamò l’uomo mentre faceva
vedere ai figli un foglio contenente le
informazioni principali riguardanti il club, sul quale appariva in
bella mostra
il logo societario: una zebra rampante nera sormontata dalla scritta ad
arco
JUVENTUS F.C. “È la squadra che in Italia vanta il
maggior numero di campionati
e coppe nazionali vinte[3],
oltre che il maggior numero di tifosi al seguito. Inoltre, in caso di
successo
nella partita di domenica, diventerà la prima squadra al
mondo ad aver vinto
tutti i trofei ufficiali a livello internazionale.”
“Devo
dire che questa squadra ha un nome particolare”
commentò Kyosuke.
“La
parola juventus deriva dal latino e significa
letteralmente ‘gioventù’.
Il nome fu scelto dai soci fondatori della società, i quali
erano studenti di
una scuola superiore di Torino[4].
Ragazzi della tua età, insomma!”
Detto
ciò, Takashi rovistò tra la mole di fogli sparsi
sul tavolo e tirò fuori una
cartella, nella quale erano contenute tre fotografie. La prima di
queste
ritraeva un calciatore dalla folta capigliatura riccioluta e dalla
corporatura
esile, che teneva il pallone incollato ai piedi mentre scartava un
difensore
avversario.
“Questo
è Michel Platini, il regista della squadra” lo
indicò Takashi. “È uno dei
migliori calciatori del mondo; ha vinto per tre volte il titolo di
capocannoniere della Serie A italiana e questo mese riceverà
sicuramente il
terzo Pallone d’Oro consecutivo. Inoltre, l’anno
scorso ha condotto la Francia
alla vittoria nell’Europeo.”
Dopo
aver messo da parte la foto del fuoriclasse francese, Takashi
tirò fuori una
seconda fotografia su cui era immortalato un giocatore in maglia
bianconera che
portava al braccio sinistro la fascia di capitano. “Questo
invece è Gaetano
Scirea, il capitano della Juventus e uno dei pilastri della Nazionale
italiana.
Gioca nel ruolo di libero”.
Rimaneva
infine da svelare l’identikit dell’ultimo
calciatore, ma prima ancora che
Takashi potesse aprire bocca, Kurumi gli aveva sottratto la fotografia
e ora
non le staccava gli occhi di dosso. “Papà, chi
è questo gran bel fusto?”
domandò finalmente la ragazza con gli occhi luccicanti.
“È
Antonio Cabrini, e gioca come terzino sinistro. Sembra che in Italia
sia
particolarmente apprezzato dalle ragazze[5]…”
“Ci
credo, è bellissimo!” parlò Kurumi con
voce squillante mentre teneva stretta al
petto la fotografia. Kyosuke e Manami, dal canto loro, erano basiti di
fronte
al comportamento della sorella.
Una
volta aver illustrato coloro che erano considerati i tre assi della
formazione
bianconera – sui quali Tetsuya gli aveva raccomandato di
puntare costantemente
l’obiettivo della macchina fotografica –, Takashi
parlò anche a proposito
dell’Argentinos Juniors, una delle tante società
calcistiche fondate a Buenos
Aires, e dei suoi giocatori più famosi: il terzino Jorge
Mario Olguín, campione
del mondo con l’Argentina nel 1978, e i centrocampisti
Claudio Daniel Borghi e
Sergio Daniel Batista[6],
i
quali avrebbero con ogni probabilità fatto parte dei
ventidue calciatori che
avrebbero difeso i colori dell’Albiceleste
ai Mondiali che si sarebbero
disputati in Messico l’anno successivo.
Finalmente
la famiglia Kasuga, dopo tanto parlare, iniziò a cenare;
tuttavia, mentre
mangiava, Kyosuke fu colto improvvisamente da un interrogativo che, a
causa
della sua indecisione cronica, non avrebbe condotto a una soluzione
rapida: come
avrebbe consegnato i biglietti della partita a Madoka e
Hikaru senza
rischiare di attirarsi le invidie e le antipatie dei suoi compagni di
scuola?
[1] Il National
Olympic Stadium di Tokyo ha ospitato dal 1980 al 2001 le
finali della Coppa
Intercontinentale, una competizione calcistica annuale disputata
(dapprima in
doppia finale andata e ritorno, con eventuale spareggio, e in seguito
in gara
unica) tra la squadra vincitrice della Coppa dei Campioni europea (in
seguito
UEFA Champions League) e quella vincitrice della Coppa Libertadores
sudamericana. Questa competizione fu sostituita a partire dal 2005
dalla Coppa
del mondo per club FIFA.
[2] Vedi il
capitolo 14 del manga Le due istantanee e
l’episodio 8 dell’anime Un
bel sorriso! Foto sulla battigia.
[3] Nel 1985 la
Juventus aveva all'attivo 21
scudetti e 7 Coppe Italia.
[4] Il liceo
classico Massimo D’Azeglio.
[5] Durante la
sua
militanza in maglia juventina, Antonio Cabrini si guadagnò i
soprannomi di Bell’Antonio
e Fidanzato d’Italia per via
della grande popolarità di cui godeva
presso il pubblico femminile.
[6] Essi sono
rispettivamente gli attuali commissari tecnici delle Nazionali di Cile
e Argentina.