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Autore: Alyson_    23/07/2011    2 recensioni
Ho deciso di scrivere questa storia sotto consiglio di mia sorella, la quale a sua volta ha scritto una Fan Fiction di Supernatural. Diciamo che, leggendo la storia di mia sorella, iniziai a chiedermi cosa fosse successo ad Alyson e come mai fosse stata rapitia, quindi ci siamo dette "Perchè non scriverlo?". Ed ecco qui il frutto di questa decisione. Spero vi piaccia, commentate, le critiche sono ben accette, so di non essere una scrittrice professionista.
...aspettammo il loro ritorno, il ritorno degli uomini che avrebbero salvato la Terra.
Genere: Avventura, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione, Più stagioni
Capitoli:
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C iao a tutti!
Finalmente ecco il secondo capitolo. Ci tenevo a precisare alcune cosine: allora, forse troverete alcune incongruenze con la serie televisiva tradotta in italiano, come ad esempio i nomi degli angeli Michele e Gabriele, ma siccome io vedo Supernatural in inglese ho preferito non tradurli, lo stesso vale per l’espressione “tuta di carne”, l’ho tradotta alla lettera, non so se la traduzione italiana inerente alla serie è quella giusta.
Oltre a questo, spero vi piaccia il capitolo. =D
“Life as Julia Wyncestre – Origins”

 

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Chapter 2 - Another Part of Me

 L a porta si richiuse alle sue spalle, stroncando la luce del mattino che lo faceva sembrare un angelo. L’angelo caduto. Indossava dei semplici jeans ed una camicetta sbiadita con sotto una maglietta bianca, e per finire dei comunissimi scarponi neri. Sembrava quasi umano, fin quando non si avvicinò verso di me, permettendomi di vedere il suo volto, che non era per niente umano. Era come se fosse stato ustionato, mancavano grossi pezzi di pelle dalle guance e dalle mani, era disgustoso. Se non fosse stato per queste ferite, sarebbe passato per un vero e proprio angelo: biondo con occhi azzurri, cosa molto strana, perché le figure mitologiche ci presentavano Lucifero come un diavolo scuro, cupo, e a volte dalla pelle rossa con tanto di corna sul capo. Ma a pensarci bene, essendo stato un angelo, il Lucifero che mi si presentava davanti agli occhi, era la raffigurazione più probabile. A poca distanza da lui c’erano due demoni che gli facevano da guardia, mi chiesi se quelle guardie fossero state davvero necessarie o se era tutta scena, insomma dai, stiamo parlando di Lucifero. Aveva un passo lento, ed ogni tanto si fermava e mi scrutava, come se io non fossi ciò che si aspettava, avvicinandosi riuscivo a vedere ogni suo minimo particolare, ogni piccola ruga su quel volto maligno, ogni piccola imperfezione. Ero spaventata perché tutto quello mi affascinava. Non riuscivo a non guardarlo. Ero come ipnotizzata. Quando mi fu abbastanza vicino da toccarmi, si chinò verso di me e mi bisbigliò << Grazie >>. Mi sembrò di trovarmi in un uragano, il suo respiro era così gelido da mettere i brividi, ma allo stesso tempo la sua voce era profonda e rassicurante come se intorno a noi l’uragano non significasse nulla, e la cosa più importante era la sua voce.
<< Signore, è tutto pronto, tutto come aveva richiesto >>, fu Naberus a parlare rivolgendosi a Lucifero.
<< Perfetto. Avete fatto un buon lavoro. >>
<< S-Signore, con tutto il dovuto rispetto, signore, la nostra ricompensa? >>, parlò Eligos, con voce timorosa e terrificata, a testa bassa con lo sguardo fisso al pavimento.
<< La ricompensa? Giusto quasi dimenticato. Che cos’è ciò che vuoi, figlio mio? >>, sembrava sarcastico, come se non intendesse le parole appena dette.
<< T-Tutto quello che voglio? >>
<< Certo. >>
<< Io voglio il potere. Voglio essere potente. >>
<< Perfetto >>, schioccò le dita, e aggiunse << fatto >>. Eligos alzò il capo, era felice, e si diresse verso la porta sorpassando le guardie e pavoneggiandosi. Quando toccò la maniglia della porta, esplose. Cadde in mille pezzettini a terra. Rimasi spiazzata, guardai Lucifero, che ancora una volta aveva schioccato le dita. << Gli avevo dato troppo potere, sarebbe stato un grosso problema. >>
Aveva appena ucciso uno dei suoi figli, ma era come se non gli importasse. Lui era li, fatto a pezzetti vicino la porta che grondava di sangue e altre cose più consistenti. Blair e Naberus fecero un passo indietro, erano spaventatissimi, perché, ora, anche loro sapevano di cosa era capace Lucifero.
<< Bene, dove eravamo rimasti?Ah, si. Alyson, mia cara e dolce Alyson, non saprò mai ringraziarti abbastanza per quello che stai per fare. Te ne sarò grato per sempre. O almeno finché il mi vero tramite, Sam Winchester, non accetterà la mia offerta. >>, fece una breve pausa, poi aggiunse,<< Allora, ho bisogno che tu faccia per me una cosa semplicissima. Devi solo dire si. Un semplice si è tutto ciò di cui ho bisogno. Due lettere, una sillaba, si, si, si,si. Visto è facilissimo. >> Si? Perché mai avrei dovuto dire si? Si a cosa? Non ebbi il coraggio di chiedere, volevo farlo parlare, se aveva bisogno che io dicessi “si”, non mi avrebbe uccisa, quindi preferivo non dire una parola.
<< Mi spiego meglio. Quando vivevo con mio padre, ero il figlio ribelle, colui che non eseguiva mai gli ordini, al contrario dei miei altri due fratelli Michael e Gabriel. Quando caddi, si assicurò che ci fosse stato un modo, per…distruggermi >>, enfatizzò col tono della voce quest’ultima parola,<< così creò due tramiti, veri tramiti, uno per me e uno per mio fratello Michael, cosicché se fosse stato necessario, il mio fratellone avrebbe salvato la razza umana, ancora una volta. Non ci disse mai chi fossero questi tramiti, ci lasciò nell’ignoto, ma io ora ho scoperto chi è, ora mi resta solo trovarlo. Quindi nel frattempo, ci sei tu. Alyson Wyncestre. >>
Ero ancora più confusa di prima. Che cos’era un tramite? Decisi di parlare.
<< Tramite? >>, dissi con un filo di voce.
<< Si, la mia tuta di carne. L’umano capace di contenermi senza decomporsi >>, si guardò le mani e di toccò il viso, << il tuo si mi permetterà di possederti in modo da poter sfruttare al massimo le mie capacità. Quello che hai visto prima, non è nulla. >> Che cosa rassicurante.
Mi sembrava di essere impazzita, mi trovavo in un luogo sconosciuto circondata da demoni con occhi neri a parlare con Lucifero e della sua eventuale possessione del mio corpo per trovare il suo vero tramite, per poi distruggere gli umani. Sperai che tutto questo fosse solo un sogno bizzarro e che mi sarei svegliata nel mio letto ridendoci sopra. Ma sapevo che non era così, questa era la realtà. Avrei voluto scappare, correre verso quella porta, e lasciarmi questo luogo infernale alle spalle, avrei voluto piangere, non sapevo cosa fare, scappare sarebbe stato inutile, urlare altrettanto, tutto era inutile, non potevo fare nulla. Gli occhi si colmarono di lacrime e tentai con tutta me stessa di non esplodere, ma non ci riuscii, le lacrime calde mi rigarono il viso veloci, senza mai fermarsi, non riuscivo a fermarle. Ero in una situazione di merda, ero appena venuta a conoscenza di un mondo paranormale, di demoni, spiriti, e chissà forse vampiri, lupi mannari e altre cose orribili, il cui capo voleva impossessarsi del mio corpo. La cosa che mi tirò un po’ su di morale, fu il fatto che almeno, in tutto questo, io avevo una scelta: potevo scegliere di dire si, oppure non pronunciare mai quella parola.
<< Perché io? >>, chiesi. Avevo davvero bisogno di risposte.
Sembrava sorpreso. << Come è possibile che non conosci la risposta? >>
<< Io, io non so perché hai scelto me, ma ti assicuro che io non sono chi pensi che io sia, non avevo neanche la minima idea che la tua esistenza fosse realtà e non mitologia, per non parlare dei demoni. Ti prego lasciami andare >>, devo ammettere che pregare Lucifero di fare esattamente il contrario di ciò che voleva, non era una mossa intelligente, ma io ero disperata e a corto di opzioni.
<< Non sei una cacciatrice? >>, tutta questa storia stava diventando sempre più strana, cacciatrice? Adoravo gli animali, ero un’animalista, partecipavo alle manifestazioni contro la caccia. E poi cosa c’entrava la caccia con Lucifero?
<< Cacciatrice? Ch-- >>, mi interruppe prima di poter finire la frase.
<< Tu proprio non sai nulla, vero? Interessante >>, sembrava intrigato. Bene ora mi soffermavo anche sul comportamento di Lucifero.<< Non sai di appartenere ad una famiglia di cacciatori di demoni? >>

Che cosa? << La mia famiglia…cacciatori di demoni? >>, il mio volto ormai aveva assunto la forma di un punto interrogativo.
<< Una rinomata famiglia di cacciatori.>>
Una rinomata famiglia di cacciatori di demoni. Perché i miei genitori non me ne avevano mai parlato? Forse neanche loro ne erano al corrente, o forse avevano semplicemente voluto proteggere me e mia sorella, e se questa era la verità, se li avessi rivisti, li avrei ringraziati per averci tenute al di fuori di questo mondo terribile.
In meno di un ora avevo appreso informazioni sconvolgenti riguardanti la mia famiglia per la bocca del Re degli Inferi, e io che pensavo che la cosa più strana e spaventosa fossero solo i demoni, questo nuovo mondo, dove tutti, esclusa me, sapevano più cose sulla mia famiglia, sul mio passato e sulle mie discendenze, ancora sconosciute a me, iniziavo ad odiarlo. E pensare che io non sarei dovuta uscire dal dormitorio sta mattina, il mio turno sarebbe stato quello del pomeriggio, ovvero dalle 17 a mezzanotte, avevo fatto il turno di mattina perché la mia collega, Phoebe, aveva chiamato al bar dicendo che era malata, io ero solo una sostituta. Che destino crudele.
<< Signore, ci sono dei problemi. Abbiamo avvistato dei cacciatori poco lontani >>, disse Blair.
<< Maledetti cacciatori. >>
I due demoni e il loro capo, Lucifero, mi lasciarono sola.
Il mio cellulare iniziò a squillare. Il mio cellulare? Mi voltai di scatto e lo vidi, si trovava vicino alle catene ed illuminava la parete dove mi ero appoggiata durante il mio “colloquio” con Blair. Evidentemente mi era caduto dalla tasca dei pantaloni quando mi avevano portata qui, e non se ne erano nemmeno resi conto. Finalmente un punto a mio favore. Mi alzai dalla sedia e corsi verso il cellulare, sperai che nessuno l’avesse sentito, altrimenti era finita. Era mia sorella Julia, premetti il piccola tasto verde e mi portai il cellulare all’orecchio.
<< Julia… >>, dissi con un filo di voce, stavo per piangere, ero felicissima di sapere che stesse ben.
<< Alyson? Alyson sei tu? >>, non riuscii a rispondere, perché arrivò Blair alle mie spalle, e afferrò il cellulare, riuscii solo a sentire mia sorella che mi pregava di risponderla.
<< Avrei dovuto sequestrartelo prima! >>, disse Blair, poi si portò il cellulare all’orecchio, e rispose a mia sorella, << Mi dispiace tesoro, la tua cuginetta non è più qui >>, dopodiché gettò il telefono a terra e con il suo tacco 100 lo schiacciò.
<< No!No, perché l’hai fatto?Lasciatemi andare! >>, ormai ero disperata, Blair aveva distrutto quella piccola speranza che si era venuta a creare in me. Mi arresi, ormai ero davvero a corto d’idee. Si mi era rimasta la fuga, ma era un’idea suicida, e pensandoci bene, non era per niente una cattiva idea.
Lucifero, seguito da Naberus, apparve di nuovo nella stanza.
<< I cacciatori sono riusciti a scappare >>, annunciò Naberus.
La sua voce fu soprafatta da un tonfo, seguito da più spari uno dietro l’altro e da urla strazianti. La porta fu spalancata da due uomini armati di fucili e pistole, forse i cacciatori. Blair e Naberus corsero subito verso i due individui disarmandone uno e gettando l’altro verso il muro. Lucifero sembrò irritato, come se stesse per esplodere, pensai che ora avrebbe fatto di nuovo quel suo giochetto con le dita, e fatto esplodere i due uomini, e forse anche i due demoni, ma, con mia sorpresa, si tenne in disparte, lasciando fare ai suoi figli l’arduo lavoro.
Naberus era alle prese con uno dei due uomini, le stava prendendo, era caduto a terra e l’uomo continuava a colpirlo con i pugni, fin quando Naberus svenne. L’uomo si alzò e iniziò a pronunciare dei versi in latino, e accadde l’impossibile: Naberus alzò la testa in alto e spalancò la bocca dalla quale uscì del fumo nero, denso, che si spinse verso l’alto per poi scomparire del tutto. Naberus cadde a terra, immobile, forse era morto. Ma mi chiesi se quello non era solo un tramite e che quindi il vero e proprio Naberus non fosse quel fumo nero, il che voleva dire che il povero uomo che il demone aveva impossessato, era morto.
Blair era sopra uno dei due, colpendolo con forti pugni, ma fu scaraventata via dall’altro uomo, e dopo aiutò il suo compagno a rialzarsi. Il demone si rialzò e corse verso uno dei due, mentre l’altro corse verso di me.<< Forza, vieni >>, mi prese per il braccio e iniziammo a correre. Non capivo, Lucifero mi avrebbe lasciata scappare senza combattere? Mi girai verso la sedia, e vidi che lui non c’era più. Era svanito. Ero felice che mi avrebbe lasciata andare, ma una parte di me rimase un po’ scossa da quella decisione, mi chiesi che cosa avrebbe fatto per riavermi.
Il cacciatore che mi teneva stretta, mi lasciò andare ed aiutò il suo amico, insieme riuscirono a gettare Blair a terra priva di sensi. I due uomini mi presero per le braccia e mi trascinarono verso l’uscita.
<< No, dobbiamo prendere mia cugina. Non possiamo lasciarla qui! >>
<< Tesoro, quella non è più tua cugina >>, disse l’uomo di colore che poi mi trascinò fuori.
Sapevo che quella non era più mia cugina, ma se era il demone a possederla, non c’era qualcosa che potevamo fare? Ormai ero troppo stanca per combattere, e mi feci trascinare dai due cacciatori fuori da quel luogo infernale.
Una volta fuori, ci dirigemmo verso un boschetto poco distante da noi, fuori c’era ancora la luce, anche se il sole iniziava scomparire dietro l’orizzonte. Le mie gambe non reggevano più, ero stanchissima, avevo fame e sete, non sapevo neanche per quanto tempo ero stata priva di sensi dopo il mio primo incontro con la nuova Blair.
Dopo poco arrivammo ad uno spaziale privo di alberi, in cui, al centro, vi era un fuoristrada nero.
<< Forza, sali >>, mi disse uno dei due.
Erano entrambi abbastanza alti, di corporatura e di età media, uno di loro però, era più basso e più robusto, indossava un cappello con una scritta che non riuscivo a leggere, una T-Shirt con il logo di una squadra di baseball e un gilet blu scuro, sbiadito dal tempo, jeans e scarponi marroni. Aveva gli occhi nocciola, non molto scuri, il viso rotondo segnato dai segni del tempo, e dalla fronte gli scendevano qualche gocce di sudore. L’altro, indossava un giubbino verde militare, con sotto una camicia, un paio di jeans e scarponi uguali al suo amico.
Entrambi montarono sull’enorme fuoristrada, gettando prima i fucili e le pistole nel cofano, al quale diedi un’occhiata veloce, giusto il tempo di scoprire che le armi che vi avevano depositato, non erano le uniche, sembrava un arsenale li dentro. Sarei scappata a gambe levate se, poco prima, non mi avessero salvato la vita, nonché ucciso un demone. Già, i demoni. Avevo cercato di essere forte, e di non farmi prendere dallo stupore dopo la scoperta del mondo paranormale. Era come se avessi in qualche modo soppresso la paura, lo stupore e l’incredulità, davanti a questo mondo, dopo tutto non avevo avuto molto tempo per lo stupore e lo scetticismo quando coloro che credevo persone normali, avevano cambiato colore d’occhi. A pensarci bene, forse ancora dovevo rendermi conto a cosa avevo assistito.
Montai anche io in macchina, e sprofondai nei sedili. I due uomini continuavano a parlare, erano preoccupati, ma io ero stanca. Stanca di tutto, e non avevo bisogno di porre altre domande alle quali non avrei ricevuto risposte, che cosa ne potevano mai sapere delle mie discendenze, e del perché Lucifero voleva me o mia sorella? Si, erano cacciatori, anche bravi, ma ero un po’ diffidente sulle loro conoscenze riguardanti la mia vita. Riuscivo a sentire solo un brusio provenire dalle loro bocce, chiusi gli occhi. La stanchezza ormai mi aveva afferrata tra i suoi artigli, mi trascinò nelle sue profondità, e calò il silenzio.

 
Mi trovavo nel bel mezzo della stradina che costeggiava i dormitori dell’Università di San Francisco. Era buia, l’unica fonte di luce proveniva dalle finestre delle stanze di ragazzi ancora svegli. Iniziai a camminare lungo la strada, oltrepassai le confraternite femminili, e arrivai di fronte al mio dormitorio che era completamente buio. Contai il piani mentalmente, per arrivare al quinto, il mio. La finestra era spalancata ma non si riusciva a vedere nulla. D’un tratto si accese una luce e riuscii a vedere una sagoma nera, era una donna, era la mia compagna di stanza. I suoi lunghi capelli biondi le cadevano sulle spalle coprendola dal freddo della notte, si voltò verso di me, e anche se eravamo ad una distanza lunga, riuscii a vederle gli occhi, gli stessi, ormai a me conosciuti, occhi neri inespressivi dei demoni. Con la grazia di una ballerina, cosa che era, alzò una gamba e l’appoggiò sul piccolo davanzale davanti alla finestra, poi vi appoggiò l’altra, fin quando non fu definitivamente fuori dalla stanza e sul davanzale. Capii cosa stava per fare, ma le mie gambe erano incollate alla strada, non riuscivo a muoverle, volevo correre per fermarla, ma le gambe proprio non volevano. Urlai con tutto il fiato che avevo, ma lei rimaneva impassibile a fissare il vuoto. Urlai ancora di più, più forte, senza alcun risultato, mi dimenavo contro il mio stesso corpo, urlavo, e iniziai anche a piangere, ma le mie gambe non collaboravano. Era troppo tardi. Avvertii un dolore allo stomaco, era un senso di vuoto. Il suo senso di vuoto, avvertivo ciò che provava lei in quel momento, paura e tristezza dominavano i miei sentimenti, o meglio , i suoi sentimenti. Vidi tutta la sua vita passarmi davanti agli occhi, i ricordi di quando era una bambina, momenti a me del tutto sconosciuti, rividi noi al nostro primo incontro, alla nostra prima festa, rividi addirittura i suoi momenti più intimi con il ragazzo che avrebbe voluto sposare, poi cambiò tutto, tutto divenne più cupo e vidi Ashley essere impossessata da un demone, uccidere e torturare persone innocenti, vidi come il demone uscì dal suo corpo, lasciandolo sotto il sole cocente, la vidi rialzarsi e avvertii tutto ciò che provò in quel momento: credeva di essere pazza. Corse verso il dormitorio, e si gettò giù dalla finestra.

 

Mi svegliai di colpo, sudata e scossa. Ero seduta sui sedili retrostanti del fuoristrada, ma su quelli anteriori non c’era nessuno. L’auto non si muoveva, era ferma nel nulla. Mi sgranchii le braccia indolenzite per la strana posizione in cui avevo dormito, sbadigliai e poi scesi dall’auto. Fuori faceva caldissimo, il sole scottava tantissimo sulla pelle, ma era una sensazione bellissima, mi ricordava che, dopotutto, qualcosa di normale esisteva ancora. Mi trovavo in un deserto, di fronte a me c’era solo una lunga strada, sulla quale non passava nessuno, feci il giro intorno all’auto e scoprii che ero nel parcheggio di un motel. Che cosa ci facevo li? Poi ricordai: due cacciatori mi avevano fatta scappare via da quel luogo infernale. Ma ora che fine avevano fatto? Camminai verso il motel e li vidi, erano di spalle e parlavano con un signore seduto dietro una scrivania. Decisi di entrare, aprii la porta del motel ed avvertii l’aria fresca artificiale, si girarono entrambi, ma solo uno di loro mi venne incontro.
<< Usciamo >>, disse,<< Bhè, era ora che ti svegliassi. >>
<< Si…ehm…ero stanca. Scusatemi >>, ero imbarazzata, per quanto tempo avevo dormito? Forse avevo anche russato, o tirato qualche sospiro nel sonno, o addirittura parlato, dopotutto, il sogno che avevo avuto non era tutto rose e fiori.
<< Puoi pagarti una stanza? >>
<< In realtà no. Ho perso la borsa quando mi hanno colpita alla nuca. >>
<< Va bene. Lasciamo perdere. Dobbiamo parlare di cose più importanti, ci devi spiegare tutto quello che ti hanno detto i demoni, ma più importante tutto quello che ti ha detto Lucifero. >>
<< Allora è tutto vero? Voglio dire i demoni, Lucifero? >> Chiesi con aria sarcastica.
<< Certo che è vero, credi che ci siamo inventati tutto, ti sembriamo degli idioti? >>
Rimasi sorpresa. Che caratteraccio.
<< No, non volevo offendervi. In realtà non so neanche i vostri nomi, o neanche dove ci troviamo, se è per questo. >>
Prima che potesse rispondere, l’altro uomo aprì la porta e venne verso di noi.
<< Bobby, ho preso le camere. Andiamo >>, ci fece segno di seguirlo.
<< Contenta? Mi chiamo Bobby, e lui è Rufus. Il nome del luogo in cui ci troviamo lo trovi sulla chiave della tua stanza. >>
Che persona scontrosa.
<< G-grazie per la stanza. >> Che situazione stramba.
<< Ti abbiamo preso dei vestiti sulla strada, non sapevamo la taglia, spero che ti vadano, però >>, disse Rufus porgendomi una busta di un negozio a me sconosciuto.
<< Oh, grazie mille >>, sorrisi. Mi sentivo in debito con loro. Non solo mi avevano trascinata via dalle grinfie di Lucifero, ma mi avevano anche comprato dei vestiti e pagato una stanza in un motel. Come avrei fatto a sdebitarmi?
<< A pochi metro da qui c’è una tavola calda. Ci vediamo li tra due ore va bene? >> Disse Bobby.
<< Oh, si certo. E grazie ancora. >>
Presi le chiavi della mia stanza che mi porse Rufus, vidi che numero era e mi diressi verso il piccolo corridoio vicino la “reception”, la mia era la stanza 126, che secondo le indicazioni sulla parete, si trovava a destra. La raggiunsi, infilai la chiave nella serratura, girai verso sinistra, e la porta si aprì. Appena misi un piede nella stanza, fui sopraffatta da un odore di chiuso e di polvere, chiusi la porta alle mie spalle, gettai la busta con i vestiti e aprii subito la finestra. Entrò una luce intensa e calda. La stanza era piccola, c’era giusto lo spazio per dirigersi verso il bagno e verso la porta. Era arredata al minimo  un letto, un comodino, e un piccola tavolino vicino la finestra, sul letto, ricoperto da una coperta blu scuro, c’era un piccolo cioccolatino al latte. Mi gettai sul letto, e lo mangiai, mi girai supina e presi le chiavi: scoprii che ci trovavamo in Paradise Valley, Nevada. Nevada? Come c’eravamo arrivati in Nevada in una notte? E chi aveva mai sentito parlare di Paradise Valley? Sospirai per l’ennesima domanda, lasciai perdere.
Mi sedetti sul letto e scoprii che il vestito datomi da Blair si era strappato, lasciando buona parte della coscia visibile, c’erano anche delle piccole foglie attaccate. Mi girai verso il piccolo comodino, e notai che c’era una sveglia, mi sporsi per riuscire a prenderla, erano le undici e mezzo, la impostai sulla mezza e, mi distesi nuovamente, e chiusi gli occhi. Non che avevo intensione di dormire, ma la troppa stanchezza mi preoccupava, e non mi fidavo di me stessa, se avessi chiuso gli occhi, sarei caduta in un sonno profondo, anche perché avevo la strana capacità di addormentarmi in qualsiasi luogo in pochi secondi. Avevo intensione e voglia di farmi una doccia, così, lottando contro ogni particella del mio corpo che mi diceva di dormire, mi alzai, presi la busta con i vestiti al suo interno e andai in bagno. Mi guardai allo specchio. Ero un vero disastro, le mie occhiaie sembravano dei fossi scavati viola, la stanchezza era visibile in ogni angolo del mio viso sporco, i capelli erano osceni: gonfi, spettinati, e come ciliegina sulla torta, v’erano attaccate qualche foglia. Mi guardai le unghia, quasi tutte spezzate e rovinate. Presi i vestiti dalla busta, pronta a tutto, e vi tirai fuori un paio di jeans chiari a vita bassa, una camicetta a righe bianca e azzurra, un reggiseno bianco, della taglia giusta, un paio di mutandine nere semplici, e un paio di calzini bianchi. Mi spogliai, e gettai quel vestito nella spazzatura, seguito dal reggiseno e dal fastidiosissimo perizoma, che una volta tolto, mi diede un grandissimo sollievo. Tirai la tenda della doccia e la ispezionai, non vi erano macchie strane o animaletti. Grandioso. Feci scorrere l’acqua per farla arrivare ad una temperatura calda, non bollente, ma calda e rilassante, in contrasto alla mia doccia precedente.
Quando uscii dalla doccia, mi avvolsi nell’accappatoio appeso alla parete e mi sedetti sul WC, mi asciugai i capelli con l’asciugamano, chiedere un asciugacapelli in un motel forse era troppo, e mi vestii. Fortunatamente tutto mi stava.
Andai verso il comodino e guardai l’orario sulla sveglia, era solo la mezza, avrei potuto dormire, ma avevo ancora i capelli bagnati, così andai verso la finestra spalancata e mi sedetti in modo che le mie gambe uscissero al di fuori della stanza. Il sole era così forte che arrivava a colpire anche i miei capelli, che si sarebbero asciugati più in fretta senza lasciarmi un collo dolorante. Erano lunghi, mi arrivavano al di sotto del seno, quindi ci sarebbe voluto moltissimo tempo perché si asciugassero completamente col sole. Il colore era tra il biondo e il castano, non troppo scuro, non troppo chiaro, ma in estate diventavo quasi bionda, avevo provato, in passato, schiarenti per i capelli al naturale o shampoo alla camomilla, ma non avevo voluto rovinarmi il mio colore naturale, che mi piaceva. Non  volevo tingerli, a differenza di mia sorella il cui colore naturale ormai era andato perso. Oltre a questo, non ci somigliavamo molto, se non fosse stato per i lineamenti quasi identici, tanto da passare quasi per gemelle, se non fosse stato per il colore dei capelli e degli occhi: lei era scura, capelli completamente castani e occhi castano chiaro, io ero quasi bionda con occhi verdi smeraldo. Anche caratterialmente eravamo diverse. Io ero la sorella più spensierata, decisamente meno ordinata e più ottimista, lei era si solare, ma molto calcolatrice, insomma non le piaceva rischiare, calcolava tutto prima di compiere un minimo passo. Lei era più testarda, perfezionista, e una romantica senza rivali.
Pensando a mia sorella quasi mi venne da piangere, mi sarei prosciugata se avessi pianto una lacrima per tutte le mie preoccupazioni. Mi chiesi che fine avessero fatto tutti, e non parlo solo della mia famiglia, dei miei amici, ma anche di tutte le persone che abitavano a San Francisco, erano scomparse, e mi chiedevo se la città fosse ancora in piedi. Non riuscivo ancora a capire perché io fossi l’unica a non essere scomparsa, e forse la risposta risiedeva nelle mie discendenza, molto importanti per Lucifero.
Mi persi nei miei pensieri , e prima che me ne accorgessi, erano le due meno un quarto. Cavolo, Bobby non ne sarebbe stato per niente contento. Presi le chiavi dall’letto, corsi verso la porta e la chiusi a chiave alle mie spalle, andai verso il parcheggio, dove, a pochi metri dall’auto di Bobby e Rufus, trovai uno stretto sentiero, sbiadito dal tempo e ricoperto di sabbia, che evidentemente avrebbe dovuto portare alla tavola calda poco distante. Camminai lungo il percorso per poco più di dieci minuti, e sulla mia destra un’insegna luminosa mi abbagliò la vista, “Diner” c’era scritto. E allora seppi che ero arrivata. Mi avvicinai sempre di più, e intravidi i due cacciatori seduti in un angolo del locale, appartati, come se volessero che nessuno ascoltasse le loro conversazioni, d’altronde chi poteva biasimarli, sicuramente stavano parlando di demoni, e io gli avrei dovuto spiegare tutti gli avvenimenti della sera precedente, e cosa più importante, il mio incontro con Lucifero.
Entrai, e subito Rufus volse il suo sguardo verso la porta, e, quando mi vide, mi fece segno di raggiungerli.
<< Scusatemi. Ho perso la cognizione del tempo >>, dissi sedendomi accanto a loro.
<< Figurati, tesoro. Ora possiamo ordinare. Sei contento Bobby? >> Chiese Rufus sarcasticamente. Bobby rispose farfugliando qualcosa che non afferrai del tutto, ma era evidente che era irritato.
Il cameriere si avvicinò a noi, e ordinammo: cercai di non ordinare cose troppo costose, perché, ancora una volta avrebbero dovuto pagare loro, e volevo evitare in qualsiasi modo di infastidire nuovamente Bobby.
<< Allora, raccontaci tutto. Dobbiamo sapere, tutto, e, soprattutto, i piani di Lucifero. Ti ha detto niente? >> chiese Rufus.
<< In realtà, no. Mi ha soltanto detto che doveva possedere il mio corpo, perché a quanto pare sono il suo tramite. >>
<< Il suo tramite? Ma non era Sam? >> Chiese Rufus rivolgendosi a Bobby.
<< Si. O almeno così credo. Sam è il suo vero tramite. >>
<< Il suo vero tramite? Cosa vuol dire? >>
<< E’ il corpo umano in cui Lucifero starà benissimo, non dovrà mai cambiarlo, e avrà completa e piena facoltà dei suoi poteri >>, spiegò Rufus.
<< Sam…Ha parlato di un certo Sam Winchester. E’ lui? >>
<< Sfortunatamente per noi, è così. Ti ha detto qualcosa? >> Chiese Bobby.
<< L’ha solo menzionato, ha detto qualcosa riguardante ad un’offerta… >>
<< Si, l’offerta di possedere il suo corpo, ricavandone morte certa >>, rispose Bobby. Sembrava triste, forse conosceva questo sfortunato ragazzo.
<< Non ti hanno detto nient’altro riguardante i fratelli Winchester? >>
<< No. Mi dispiace. >>
Il cameriere arrivò con le nostre ordinazioni, e sul nostro tavolo calò il silenzio, chissà se avesse sentito.
<< Adesso dicci, Alyson, perché Lucifero voleva te? >> chiese Rufus allungando una mano verso il contenitore del pepe.
<< Per possedere il mio corpo, già ve l’ho detto. >>
<< Si, ok. Ma ci deve essere qualcosa che ti renda diversa dagli altri esseri umani, altrimenti sarebbe inutile per Lucifero possedere un corpo che alla fine si decomporrà ugualmente. >>
<< Ha fatto riferimento alle mie discendenze, ma io non so cosa c’entrino, e inoltre ha detto che la mia era una famiglia rinomata di cacciatori di demoni, ma a me ciò non è mai stato detto >>, spiegai.
<< Qual è il tuo cognome, Alyson? >> chiese Bobby.
<< Wyncestre, perché? >>
I due cacciatori si guardarono in faccia, stupiti. Erano forse sorpresi dalla somiglianza tra il mio cognome e quello di Sam? Devo ammettere che anche io avevo associato la mia importanza per Lucifero a questo, ma come opzione l’avevo scartata. Infondo erano solo cognomi.
<< Ora si spiega tutto. I tuoi antenati vengono dalla Francia, vero? >> domandò Bobby.
<< Ehm, si. Mi spieghereste anche a me? >>
<< In te scorre sangue demoniaco. >>


  
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