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Autore: Alexiel94    24/07/2011    3 recensioni
[Sequel di "Paura di perderti"]
Come poteva farmi una cosa del genere? Sapeva benissimo che la odiavo, passavo metà del tempo a maledirla mentalmente e l'altra metà a farlo ad alta voce, non poteva non esserne a conoscenza, eppure lui non la mollava, anzi, ora sarebbe pure diventata ufficialmente parte della mia famiglia. Non avevano il diritto di farmi una cosa del genere, sarebbe stato tutto molto più semplice se lei e il moccioso se ne fossero andati da casa mia.
Ma d'altronde non si può avere una vita perfetta, giusto?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nacho, Nuovo personaggio, Tefi
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Spaccati di Nachefy'
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Note: ecco finalmente l'ultimo capitolo della serie "Spaccati di Nachefy", ma più che parlare del rapporto fra Nacho e Tefy sarà incentrato su...aspettate, se ve lo dico che senso ha leggerlo? XD
Ringrazio tutte coloro che hanno seguito la saga, che senza di voi ci sarebbe solo la fanfic "Persona di ghiaccio".
P.S. Forza Nachefy!
P.S.S. Dai, ho smesso di rompere, vi lascio alla lettura della fafic ^^

PRETENDERE LA PERFEZIONE



Di norma l'essere umano aspira alla perfezione. Io avevo un padre stupendo, delle amiche fantastiche ed un ragazzo ancora meglio: perfetto, fino a questo punto. Poi entra in scena lei. Anzi, no, loro. Anche se quella stava con mio padre da ben dodici anni speravo sempre che trovassero un pretesto per lasciarsi e di farla trasferire dall'altra parte di Buenos Aires con quel moccioso dodicenne che si diceva essere mio fratello. La guardai freddamente, come se potessi scacciarla di casa più in fretta, e lei dopo aver incrociato il mio sguardo abbassò il suo concentrandosi improvvisamente sul proprio piatto di pasta. -Non potresti lasciarla in pace almeno quando mangi?- mi chiese il mio ragazzo, che stava seduto alla mia destra. Lui era alto, coi capelli neri e gli occhi marroni, e (non avevo la più vaga idea di come ci riuscisse) mangiava praticamente ad ogni ora del giorno senza mai ingrassare, ma soprattutto aveva nove anni in più di me, cosa che inizialmente non aveva fatto accettare la nostra relazione a mio padre, ma erano bastati un paio di mesi insieme e un giuramento di castità fino al matrimonio per fargli cambiare idea.
-Non le ho fatto nulla- mi difesi alzando le spalle e tornando a mangiare il mio piatto di pasta.
Passarono diversi minuti in silenzio, che venne rotto da mio padre che disse -Ehm...Ragazzi...- alzai lo sguardo e vidi il suo volto assumere un'aria solenne, prima di aggiungere -io e Tefy dobbiamo annunciarvi una cosa molto importante-. Guardai preoccupata il mio ragazzo, non poteva essere quello che pensavo, e lui ricambiò stringenomi la mano da sopra il tavolo.
-Cosa dovete dirci?- chiese mio fratello.
-Io e Nacho ci sposiamo- rispose la mia "matrigna" dall'altra parte del tavolo. Lasciai cadere la forchetta sul piatto prima di chiedere -Quando?-. Avrei voluto chiederlo con freddezza, ma l'unica cosa che mi uscì fu una voce tremante.
-Il mese prossimo- rispose mio padre guardandomi con aria quasi colpevole.
-Che bello!- gridò il mio fratellastro alzandosi in piedi e abbracciando sua madre, cosa che mi causò una specie di fitta allo stomaco.
-Marta- mi chiese mio padre guardandomi seriamente -vuoi essere la nostra damigella?-
-Col cavolo!- gridai, la sua ultima frase era stata l'ultima goccia -Come puoi permetterti di chiedermi una cosa del genere?!-
-Calmati- mi sussurrò il mio ragazzo, ma io gli gridai contro -Monito, non rompere!- per poi rivolgermi a mio padre e dire -Sai che non lo farei mai-.
-Marta, dai, non essere così aggressiva...- cominciò mio fratello, ma gli dissi -Nerdito, non mettertici pure tu-.
-Non trattare così tuo fratello- mi disse mio padre, ma non lo ascoltai nemmeno perchè me ne andai in camera mia chiudendo violentemente la porta. Come poteva farmi una cosa del genere? Sapeva benissimo che la odiavo, passavo metà del tempo a maledirla mentalmente e l'altra metà a farlo ad alta voce, non poteva non esserne a conoscenza, eppure lui non la mollava, anzi, ora sarebbe pure diventata ufficialmente parte della mia famiglia. Non avevano il diritto di farmi una cosa del genere, sarebbe stato tutto molto più semplice se lei e il moccioso se ne fossero andati da casa mia.
Ma d'altronde non si può avere una vita perfetta, giusto?
Tirai un calcio al muro per sfogare la mia rabbia, col solo risultato di farmi del male da sola, e imprecando contro il mondo intero mi diressi verso il mio letto facendo cadere un oggetto quando per sbaglio urtai contro il comodino. Mi chinai a raccoglierlo e scoprii essere la foto di una ragazza di circa diciassette anni, mora e con gli occhi azzurri che sorrideva rivolta all'obiettivo della fotocamera e teneva in braccio una neonata. Passai le dita sull'immagine, tutti coloro che l'avevano conosciuta dicevano che da lei avevo ereditato solamente l'aspetto fisico, e che caratterialmente ero la Perez Alzamendi doc. -Mamma, cosa mi diresti se fossi qui?- mormorai ben conscia che non avrei ricevuto risposta. Quella era l'ultima foto che le era stata scattata, una settimana prima che morisse, ovvero il giorno in cui ero nata. Mi era stato detto che era originaria di un paese in campagna, nel quale non ero mai stata, e che aveva abitudini strane che le attiravano prese in giro, soprattutto da mio padre, che in seguito se ne innamorò. -Posso entrare?- chiese una voce maschile fuori dalla porta interrompendo bruscamente i miei pensieri.
-Entra- gli dissi, e vidi Monito entrare cautamente nella stanza, come per paura che gli urlassi contro, prima che venisse a sedersi al mio fianco.
-Che stavi facendo?- mi chiese. Io per tutta risposta gli mostrai la foto, e lui mormorò -Caridad-.
-Tu l'hai conosciuta?- gli chiesi, non mi era mai passato per la mente di chiederglielo, anche se a fatti conti era possibile.
-Sì, avevo otto/nove anni- rispose lui ridacchiando mentre lo fissavo improvvisamente interessata -cercava di insegnarmi a fare le divisioni ma io la facevo disperare-.
-Ah- mormorai delusa, speravo che mi avesse detto qualcosa di più su di lei.
-Comunque non capisco il senso della tua reazione di poco fa- disse lui dopo pochi attimi di silenzio.
-Il senso è che odio alla ragazza di mio padre, come dovresti ben sapere- sibilai freddamente.
-Allora riformulo meglio la domanda: perchè odi Tefy? Lei ti ha sempre trattata come una figlia-.
-Ma non è mia madre- replicai.
-Stai evitando la domanda- insistette lui.
-Ecco...- non seppi come rispondere, il fatto è che fino a cinque anni prima la adoravo, prima di scoprire per caso che aveva cominciato a provarci con mio padre subito dopo che mia madre era morta. Da allora ai miei occhi lei era stata solamente un'usurpatrice, e avevo cominciato a odiare lei e tutto ciò che la riguardava: suo figlio, sua sorella, suo cognato, suo nipote e i suoi genitori. Il rumore di una mano che bussa ad una porta mi distrasse, e poco dopo sentii la voce di mio padre dire -Marta, posso parlarti?-.
-Va bene- sospirai, non riuscivo a dirgli di no. Lui entrò, e dopo aver congedato Monito si sedette affianco a me e cigendomi le spalle con un braccio chiese -Marta, non potresti provare ad andare d'accordo con lei?-.
-No- sibilai freddamete, e lui fece un lungo sospiro prima di replicare dicendo -Tesoro, tu hai bisogno di uno psicologo, non puoi andare avanti odiando la mia ragazza e tuo fratello per motivi irrazionali...-
-Col cavolo che ci vado dallo psicologo!- lo interruppi alzandomi in piedi -La odio e basta, e poi come facciamo a sapere che il moccioso di Tefy...-
-Guarda che "il moccioso di Tefy" è tuo fratello, ed ha un nome- mi interruppe a sua volta.
-...ok, come facciamo a sapere che Nerdito sia davvero tuo figlio? Per quanto ne sappiamo potrebbe averlo avuto da chiunque-.
-Tefy non mi mentirebbe su una cosa del genere- sibilò lui, ma notai che gli tremavano le mani. Non potei fare a meno di sogghignare, evidentemente non aveva mai considerato quest'eventualità. -Ciò non toglie che tu abbia bisogno di uno psicologo- ribadì dopo qualche secondo di silenzio.
-Col cavolo che ho bisogno di uno psicologo!- gridai infuriata -Io sto benissimo, e non ci andrò mai! Hai capito? MAI!-

-Premetto che sono qui solo perchè mi ci ha costretta mio padre- dissi freddamente alla psicologa che stava seduta davanti a me. Insomma, potevo avere una sfiga tale che fra tutti gli psicologi esistenti al mondo mio padre mi mandasse dalla madre di Tefy? Lei era molto più composta di me, che avevo le gambe accavallate e le braccia conserte, ma sembrò quasi non farci caso mentre diceva -Lo avevo notato-.
-Come?- le chiesi alzando un sopracciglio.
-Guardati- rispose lei -le gambe messe in quella posizione sono sintomo di stress, segno che stai facendo una cosa che non ti va di fare, e le tue braccia incrociate (chiaro sintomo di chiusura verso la persona che ti sta di fronte) indicano che sei restia a parlare di ciò che ti tormenta-.
-E' impossibile che lo ha capito dal mio corpo- sbottai, anche se era vero ciò che aveva detto -lo faccio per caso-.
-Guarda che ogni gesto, anche involontario, è dettato dal cervello, e di conseguenza dalla psiche- ribattè dolcemente lei.
-Non ci credo- borbottai.
-Ti sembrerà incredibile quante cose si possono fare con la psicologia- rispose lei ridendo -puoi capire il carattere di una persona dalla calligrafia-.
-Come no- sbottai, e rimasi in silenzio per qualche minuto fino a che lei non disse -Ho saputo che non hai preso bene il fatto che mia figlia sposerà tuo padre-.
-Non è vero, ne sono felicissima- dissi ironicamente, ma contrariamente alle mie aspettative lei scoppiò a ridere e disse -Hai lo stesso sarcasmo di Tefy-.
-Non osare paragonarmi a quella...- non seppi con che parola completare la frase, stronza, usurpatrice, troia, rompiscatole, sanguisuga e bastarda mi sembravano tutti ottimi aggettivi per descriverla.
-Ho centrato il problema- constatò lei, -ma non capisco cos'hai contro di lei-.
-Ho tutto contro di lei!- gridai, -Dai suoi modi di fare, al suo modo di atteggiarsi con mio padre, al fatto che devo convivere sia con lei sia con suo figlio!-.
-Qual'è il motivo di tutto questo disprezzo?- mi chiese.
-Non lo so- sbottai stringendomi il polso sinistro con la mano destra.
-Ecco un altro argomento di cui ti da fastidio parlare- disse -il fatto che ora ti stia afferrando il polso con una mano è un altro chiaro sintomo del fatto che vuoi creare una barriera attorno a te e...-
-LA SMETTA DI LEGGERE IL MIO CORPO!- gridai alzandomi in piedi dalla sedia -Io odio quella troia di Tefy punto e basta! E mi lasci in pace!-. Uscii in fretta dallo studio e corsi in fretta verso casa, dove appena aprii la porta sentii la ragazza di mio padre gridare -...Come puoi solamente immaginare una cosa del genere?-.
-E' più che giusto chiedertelo- repicò mio padre, e mi avvicinai verso la direzione da cui provenivano le voci sorridendo come un'idiota, quella era musica per le mie orecchie.
-Che cosa ti è preso per pensare che io ti possa mentire riguardo alla paternità di Nerdito?- urlò Tefy -Credi che possa fare una cosa del genere?-.
-Sì- sussurrai mentre mio padre diceva -Per quanto ne so potrebbe anche essere-.
-Nacho- cominciò lei col tono di voce tanto suadente che mi faceva venire il voltastomaco -sai benissimo che ti amo da sempre, come potrei mentirti su una cosa del genere?-.
-Scusami, hai ragione- disse mio padre, e dalla porta semichiusa dalla quale li spiavo lo vidi avvicinarsi a lei e darle un bacio. Troppo disgustata per assistere oltre girai i tacchi e me ne andai in camera mia, dove chiusi la porta a chiave e mi buttai sul letto pensando a come potermi sbarazzare della ragazza e del moccioso. Ovviamente avrei dovuto trovare una scusa per farla togliere di mezzo, magari scoprire un possibile tradimento per fare in modo che mio padre la cacciasse di casa o...in quel momento ebbi l'illuminazione, che fu talmente folgorante da farmi scattare in piedi, afferrai uno zaino e cominciai a buttarci dentro i vari abiti racattati in giro per la camera. Avevo appena compreso che non era necessario che si levasse di mezzo lei, potevo benissimo farlo io. Uscii dalla camera in fretta e nello scendere le scale urtai di proposito Nerdito, che borbottò qualcosa, ma non lo sentii perchè troppo intenta ad andarmene via di casa. Andai in stazione e dopo aver chiesto un paio di informazioni presi il primo treno in partenza per la campagna. Il viaggio durò quasi un'ora, e quando scesi mi ritrovai in una stazione sperduta in mezzo a prati e campi verdeggianti. Inspirai a fondo l'aria pura della campagna, essendo cresciuta in pieno centro a Buenos Aires ero abiutata al costante odore di smog presente in città, mentre qui a momenti non c'era ombra di una macchina. Mi avvicinai ad alcuni passanti, che mi indicarono la strada per andare all'indirizzo della casa che un tempo era appartenuta ai Cuesta, e dopo averli ringraziati cominciai a incamminarmi verso quella direzione.

Marta, ti stiamo cercando da ore, dove sei? ricevetti l'ennesimo messaggio di mio padre, che subito cancellai per poi spegnere il cellulare. Ormai erano passate circa quattro ore da quando mi ero allontanata da casa, e il sole era già tramontato da un pezzo, ma ero decisa a non tornarci almeno finchè il mio carissimo padre non avesse avuto la decenza di mandare via quella troia della sua ragazza, il che era alquanto improbabile, indi per cui avrei passato molto, molto tempo, forse anche anni, in quello sperduto paese della campagna. Ma per come la vedevo io non era affatto un problema: avrei iniziato a lavorare come contadina per un qualche padrone di terre e appena compiuta la maggiore età avrei usato i soldi guadagnati per andarmene via a vivere in Europa o negli USA, e in quanto al dove vivere avrei abitato la casa che un tempo era di mia madre. Il mio piano triennale mi sembrava pressochè perfetto, ma appena arrivai all'indirizzo indicatomi dai passanti scoprii che la casa era stata abbattuta e al suo posto si erigeva un pub nuovo di zecca, dal quale si sentivano note di una canzone familiare, ma che non riuscii a riconoscere. Mi bloccai provando una sensazione molto simile alla delusione mista all'inquietudine, avevo sempre contato sul fatto che la casa fosse ancora in piedi nonostante tutti gli eredi (eccetto me) fossero ormai morti da quindici anni, ora invece la scoperta di non averla più aveva mandato a farsi benedire una parte fondamentale del mio piano. Sentii lo stomaco brontolare dalla fame e mi resi conto che non toccavo cibo da quando avevo pranzato, estrassi il portafogli e scoprii di essere rimasta solo con trenta pesos. Non ebbi nemmeno il tempo di chiedermi se fosse sufficiente per prendere qualcosa al pub che venni investita da un fascio di luce e una voce femminile fin troppo familiare gridò -Marta!-.
-Oh, Cristo- borbottai, mentre dalla macchina che si era fermata a pochi metri da me scese quell'odiosa di Tefy e mi venne incontro dicendo -Non sai quanto hai fatto preoccupare me e Nacho!-.
-Vattene- le dissi sgarbatamente, per poi darle le spalle e cominciare a camminare lungo la via senza una meta precisa.
-Marta, perchè ti comporti così?- mi chiese, e non mi diedi nemmeno la pena di darle una risposta. Poco dopo mi raggiunse e mi afferrò per il braccio, lo strattonò costringendomi a votarmi verso di lei.
-Che hai contro di me?- mi chiese guardandomi quasi con compassione. Dio, quanto odiavo quello sguardo.
-Ehm...intendi dire a parte il fatto che ti odio?- le chiesi ironicamente cercando di divincolare il braccio, ma la sua morsa non si allentò.
-Perchè mi odi?- mi chiese freddamente. Sarà stato il fatto che odiavo la sua voce qualsiasi tono usasse, o che mi era già stata posta la domanda dalla psicologa, o ancora la frustrazione per il fatto che il mio piano era completamente saltato, ma in quel momento esplosi. -PERCHÉ TI ODIO? Tu sei solo una sporca approfittatrice, hai aspettato che mia madre morisse solo per provarci con mio padre, e lui come un idiota c'è cascato! Desideravi così tanto il posto di mia madre che mi chiedo seriamente se non l'abbia uccisa tu per rubarle il ragazzo!-. Lei mi fissò sconvolta senza riuscire a trovare una replica, e lo schock era tale che, probabilmente senza accorgersene, aveva mollato la presa sul mio braccio. -Seriamente pensi questo di me?- domandò dopo qualche minuto.
-Sì!- gridai, e la possibilità di sfogare i miei sentimenti covati da quasi cinque anni mi fece scordare completamente il fatto che mi aveva lasciata libera e che potessi andarmene in quello stesso momento -Ho sentito tua sorella che ne parlava, tu hai cominciato a provarci con mio padre subito dopo che aveva perso il suo grande amore, che di certo non sei tu!-.
-Marta- sospirò lei -ammetto di avere sbagliato ad avere baciato tuo padre poco dopo la morte di Caridad, ma io non l'ho fatto per farle un torto, l'ho fatto perchè amo Nacho, l'ho sempre amato anche prima che conoscesse tua madre-.
-Dimostralo- sibilai.
-Come faccio?- domandò lei -Come posso dimostrare i miei sentimenti se non con gesti o con parole?-.
-Non ne ho idea- risposi per poi darle le spalle e cominciare ad avviarmi verso la strada buia.
-Aspetta!- gridò lei, per poi raggiungermi e dire -Senti Marta, io so che a te manca Caridad e che vorresti averla conosciuta, è per questo che sei venuta qui, giusto? Ma non si può avere una vita perfetta, dovrai accettare il fatto che io e lui ci amiamo e stiamo insieme-.
-Io...non...- mormorai con voce spezzata, volevo negare che non sentivo la mancanza di mia madre, ma ciò non sarebbe stato assolutamente vero. Quante volte avevo immaginato di parlare con lei, di come sarebbe stata la mia vita con la mia madre naturale invece che con Tefy? Quante volte avevo sentito la nostalgia di non avere una madre quando vedevo gli altri bambini accompagnati dalla loro mamma al parco, o quante volte avevo desiderato che fosse lì con me a vedermi alle recite scolastiche o vattelapesca? In quel momento capii che cosa avevo provato la sera prima quando avevo visto Nerdito abbracciare Tefy: ero invidiosa del fatto che lui avesse una madre, mentre io ero sola. -So che ti manca molto, ma non sei da sola- mi disse lei quasi mi avesse letto nel pensiero, per po abbracciarmi e aggiungere -per me sei figlia mia quanto lo è Nerdito-.
-Non...non mi hai mai ricambiato l'odio che provo per te?- le domandai mentre sentivo delle lacrime scendere lungo il mio volto.
-No. Mai- rispose.
-Perchè?- domandai affondando il mio viso sulla sua spalla.
-Perchè una madre perdona sempre i propri figli, no?- rispose, e per la prima volta dopo anni la considerai la degna sostituta di mia madre.
   
 
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