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Autore: Akiko chan    27/07/2011    1 recensioni
Qualcosa interruppe bruscamente il profondo sonno di Benji. Un urlo straziante, proveniente da chissà dove, lo fece saltare a sedere sul grande letto della sua stanza. Benji sbatté gli occhi più volte, cercando di allontanare quel senso di confusione e angoscia che l’aveva colto. Lentamente fece vagare lo sguardo attraverso la stanza, rincuorandosi man mano che identificava tutti gli oggetti familiari.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Clarice terminò la sua presentazione alla nuova classe con un leggero ed aggraziato inchino. I suoi verdi occhi scrutarono con attenzione uno ad uno i volti delle compagne. Era una classe esclusivamente femminile, non molto numerosa.
L’insegnante le indicò un banco in seconda fila e lei vi si diresse lentamente, continuando a cercare un volto familiare. Si accomodò accanto ad una ragazza dal viso simpatico e i corti capelli neri ma … non era Anego. 
 
Tentò invano di individuare i lineamenti della sua amica d’infanzia. Aveva scelto quella sezione dopo aver consultato i nominativi nei registri ed essersi assicurata che l’amica fosse proprio in quella classe, ma ora non riusciva ad identificarla. Cautamente, per non far comprendere all’insegnante che il suo interesse era molto lontano dalla lezione in corso, si voltò, osservando le ragazze alle sue spalle, qualcuna le rivolse un timido sorriso, e in terza fila, accanto alla finestra, notò un banco vuoto… forse…- Scusa mi sai dire chi manca?- bisbigliò alla vicina indicando, con un piccolo gesto della mano, il posto vuoto.
 
-La manager della squadra di calcio. Ha delle ore di permesso perché tra poco ci saranno i mondiali juniores e tutta la squadra si sta preparando. Sai in questa scuola ci sono molti componenti della nazionale giovanile- rispose la ragazza con un certo orgoglio.
 
La manager? Poteva essere…
 
-Mi sai dire come si chiama?-
 
-La manager? Patricia Gatsby-
 
Anego! Ecco dov’era! Se lo doveva immaginare. Quel maschiaccio avrebbe fatto di tutto per evitare quelle noiosissime lezioni. Non le restava quindi che stringere i denti e farsi passare in qualche modo quella lunga mattinata.
 
Quando finalmente suonò la campanella dell’ultima ora, la ragazza si precipitò verso l’uscita, quasi del tutto indifferente alle richieste delle compagne che desideravano approfondire la conoscenza con la nuova arrivata. Ricorrendo alla prima banalissima scusa che le sovvenne, sgattaiolò fuori dall’aula e si diresse decisa verso i club sportivi.
 
Non le fu difficile individuare il campo da calcio e oltrepassò la recinzione senza problemi.
 
Il campo era deserto. Si portò una mano alla fronte per proteggere gli occhi dal forte sole estivo ed ispezionò minuziosamente tutto ciò che ricadeva all’interno del suo spazio visivo. Non c’era anima viva … no un momento … qualcuno c’era!
 
Seduta su una panchina, all’ombra degli spalti, una ragazza era china in avanti, intenta a leggere dei fogli.
 
Avanzò lentamente mettendo a fuoco ogni particolare della sconosciuta. Il viso era parzialmente coperto dai capelli neri che le arrivavano poco oltre le spalle, ma le era possibile, comunque, scorgerne chiaramente il profilo dai lineamenti dolci e rilassati. Di certo quella non era Anego. Figuriamoci! Quel maschiaccio impenitente!
 
-Scusa sto cercando la manager- esordì una volta giunta a pochi passi dalla ragazza. Questa, colta alla sprovvista, sobbalzò spaventata facendo scivolare alcuni fogli che svolazzarono intorno alle belle gambe fasciate dalla leggera tuta rossa della squadra, prima di depositarsi a terra -Sono io- rispose pacatamente la ragazza mora accucciandosi per raccogliere i fogli caduti.
 
Clarice si ritrovò a fissare incredula due begli occhi scuri e sereni. La voce era melodiosa e piacevole e rispecchiava esattamente la dolcezza dei lineamenti. Decisamente non poteva essere Anego -Scusami, io cerco Patricia Gatsby-
 
-Sì, sono io-
 
Clarice la fissò ancora più insistentemente. Non era possibile! Quella non poteva essere la sua Anego! Non ci avrebbe mai creduto!
 
La confusione doveva essere ben leggibile sul suo volto, perché notò l’espressione interrogativa insita negli occhi scuri che la scrutavano in silenzio, aspettando pazientemente che lei si presentasse. Anego? No, decisamente non era lei … almeno che … Vi era solo un modo per sincerarsene.
 
Intenzionalmente adottò un tono canzonatorio e strafottente, cancellando in un istante la cordialità con cui, sino a quel momento, aveva apostrofato Patty -Ah sì? E così sei tu la fortunata che può permettersi di stare qui ad oziare, mentre noi povere mortali ci annoiamo in classe!-
 
Patty sbatté le palpebre sbalordita -Cosa?- chiese mutando radicalmente tono.
 
-Però interessante l’idea della manager…- proseguì Clarice con sempre maggiore strafottenza -Certo sei furba…questo me lo ricordavo…-
 
-Ehi! Ma chi sei? Come ti permetti di parlarmi così?-
 
Un lampo di collera attraversò i begli occhi scuri di Patty. Clarice ebbe un tuffo al cuore! Sì non vi erano più dubbi, quella era Anego! Aveva colto il familiare scintillio combattivo nello sguardo dell’amica, mai l’aveva dimenticato. E come avrebbe potuto? Quanti pugni aveva incassato dopo aver scorto quel lampo!
 
L’istinto la spingeva a saltare al collo di Patty e stringerla forte, urlandole quanto le era mancata e quanto fosse felice di averla ritrovata dopo tanti anni, ma … il gioco cominciava a piacerle. Erano secoli che non si divertiva così…Anego e Tsunami, nuovamente ai ferri corti…-L’ho sempre saputo che sei sveglia … - rincarò- é per questo che non mi sono mai capacitata della tua predisposizione per i perdenti….-
 
-Ora basta!- Patty, ormai, non tentava neanche più di dissimulare la rabbia e l’antipatia per quella spilungona che le stava riversando addosso un monte di insulti ingiustificati.
 
-Che c’è? Vuoi fare a botte … Anego?- l’apostrofò Clarice mollando a terra la cartella e appuntandosi le mani ai fianchi, assumendo la posa battagliera che usava da bambina come preludio delle loro scazzottate.
 
- Ma sei matta? Cosa cavolo….- Patty si interruppe bruscamente…come l’aveva chiamata? Anego? Erano anni che nessuno la chiamava più così…il suo nomignolo da bambina…
 
Patty esaminò la ragazza. Era molto alta, la superava di almeno una decina di centimetri, nonostante lei non fosse bassa, i capelli color miele, leggermente arricciati sulle punte, le arrivavano a metà schiena, la figura magra e ben fatta, gambe lunghissime e perfette, occhi verdi e scintillanti di sfida…gli occhi…quegli occhi… Un velo iniziò a dissolversi nella sua mente. Tentò di collegare quegli occhi ad un ricordo, c’era un ricordo, lo sentiva, ma non riusciva ancora ad accedervi.
 
-Che hai ora Anego? Sei senza parole? La tua espressione non é per niente intelligente … ma questo non mi sorprende…Vabbè oggi mi sento generosa. Ti do un’ultima possibilità per evitare di prenderle: ti decidi si o no ad ammettere che…Genshj è il migliore e che il Piccoletto non ha nessuna speranza?-
 
Divertimento e felicità balenarono negli occhi di Clarice, quando Patty spalancò le splendide iridi color della notte -Tsu…Tsunami…- il cuore della ragazza fece un balzo mentre pronunciava quel nome mai dimenticato e conservato con cura in un angolo recondito. Percepì le lacrime salirle agli occhi, facendoli splendere ulteriormente. Ma si controllò. Sempre la solita Tsunami! E così la voleva provocare? Va bene, se voleva giocare, lei non si sarebbe tirata indietro, non lo aveva mai fatto e di certo non avrebbe iniziato ora!
 
Ricacciando indietro l’emozione con un profondo respiro, Patty la attaccò con vigore -Co..come osi Tsunami? Non chiamare mai più Holly in quel modo! E poi…anche un pollo segnerebbe a Benji!- rispose piccata, puntando un dito al petto di Clarice, gesto che ricordava, la faceva andare su tutte le furie.
 
-Anego questa volta hai esagerato! Non te la perdono!-
 
Le due ragazze si afferrarono per le spalle, strattonandosi prima delicatamente, come se volessero saggiare l’una la consistenza dell’altra, ma poi la presa si fece più forte e decisa. Incapaci di parlare, ma con gli occhi colmi di lacrime, che ora sgorgavano libere e copiose, si comunicarono con quel tocco, più di mille parole, più di mille emozioni.
 
Una spinta più energica sbilanciò Clarice che, prima di cadere, si aggrappò saldamente al collo di Patty, trascinandosela dietro. Continuarono ad azzuffarsi, rotolando sull’erba umida e odorosa, tirandosi i capelli, simulando le sberle e i pugni che da bambine si erano scambiate con ben altro vigore, i volti stravolti dalle risa e dalle lacrime, gli occhi sfavillanti di felicità.
 
In quel momento, i ragazzi uscirono dagli spogliatoi, pronti per iniziare gli allenamenti del pomeriggio. Le risate e l’animato vocio si interruppero bruscamente alla vista della loro manager che ruzzolava a bordo campo avvinghiata ad una sconosciuta, apparentemente dandole e prendendole di santa ragione.
 
Lo stupore li aveva pietrificati e non furono in grado di far altro che scambiarsi occhiate interrogative.
 
Ma poi, finalmente, qualcuno tra loro si riprese ed intervenne -Patty che stai facendo?- protestò Tom afferrando la manager per le spalle e trattenendola con forza. Lo stesso fece Holly che, immobilizzati i polsi di Clarice, la tenne bloccata a terra. Le due ragazze, totalmente coinvolte l’una dall’altra, non si avvidero dell’arrivo dei giocatori, e lanciarono entrambe un’esclamazione di sorpresa quando si sentirono afferrare e immobilizzare con decisione.
 
-Lasciami Tom! Ho una questione di…vecchia data da risolvere- esclamò Patty, cercando di divincolarsi dalla salda presa del centrocampista e lanciando un calcio in direzione di Clarice.
 
-Ah sì? Non ne hai prese abbastanza eh?- rispose questa scalciando a sua volta.
 
Presa dalla foga del momento, Clarice si era completamente scordata di indossare ancora la divisa scolastica, e così il suo istintivo calcio sollevò l’ampia gonna, offrendo all’intera squadra una panoramica completa delle sue mutandine di pizzo bianco.
 
Ma ci pensò una bassa voce maschile, cinica e fredda, a far notare, con poca grazia, quella sconveniente leggerezza -Belle mutandine-
 
Clarice arrossì sino alla radice dei capelli e con uno strattone si liberò dalla presa di Holly, sistemandosi la gonna che era abbondantemente scivolata al di sopra delle ginocchia.
 
-Almeno hai la decenza di arrossire- continuò imperterrita la gelida voce.
 
Clarice alzò gli occhi piena di vergogna, pronta a scusarsi e a spiegare la situazione, quando inquadrò il ragazzo che l’aveva ripresa, entrambe le volte, in modo così duro. Spalancò gli occhi smeraldo, balzando in piedi con una tale furia che Holly, ancora inginocchiato alle sue spalle, perse l’equilibrio e finì a terra.
 
-TU!??!!! Brutto cafone ancora tra i piedi! strepitò, dimenticando all’istante ogni imbarazzo - Aspetta …ora sarai capace di dire che l’ho fatto apposta- 
 
Aveva di nuovo di fronte il tipaccio che la sera prima l’aveva trattata in quel modo deplorevole. Ma ora si sarebbe vendicata. Gli avrebbe detto tutto quello che si meritava.
 
Un sorriso sghembo piegò le labbra carnose del giocatore -Certo che sì! Altrimenti che ci faresti qui?- continuò ironico.
 
-Ma si può sapere chi sei?- iniziò avvicinandosi al ragazzo per niente intimorita e pervasa da una rabbia cieca - Non ho mai incontrato uno sfrontato, presuntuoso, deficiente, pallone gonfiato, imbe…- e avrebbe continuato con una sfilza di insulti, dimentica di tutte le buone maniere, se una risata scrosciante non l’avesse interrotta. Clarice si voltò e vide Anego con le lacrime agli occhi, che si teneva la pancia nell’inutile tentativo di bloccare i singulti.
 
-Patty ma che….- balbettò Clarice perplessa, come d’altronde tutta la squadra, che osservava la manager, sbalordita. Patty non riusciva a riprendere il controllo di se stessa e si ristese a terra ridendo senza ritegno in preda alle convulsioni.
 
-Patty…- ripeté Clarice. Ma che le prendeva? Aveva sbattuto la testa? No, non le pareva proprio.
 
Patty con un enorme sforzo, si quietò e, asciugati gli occhi col dorso della mano, si girò su un fianco puntellandosi con un gomito a terra, mettendosi comoda per assistere a quello spettacolo unico.
 
-Basta Patty- tuonò Benji già al limite della sua scarsa sopportazione –Chi e questa? Falla sparire subito e iniziamo gli allenamenti-
 
Clarice si volse a guardare l’odioso ragazzo, questa volta pronta a schiaffeggiarlo, non amava prendere a sberle gli sconosciuti, ma questo era insopportabile! Per chi l’aveva scambiata? Un randagio da scacciare?
 
Patty intuì l’intenzione di Clarice e con tono divertito, che contrastando con la tensione che aleggiava tra Benji e Clarice e la perplessità palpabile della squadra, rendeva la situazione ancora più comica e assurda -Siiiiiii ti prego tiragli uno schiaffo! Io non sono mai arrivata a tanto, ma sapessi quante volte l’ho desiderato!-
 
Clarice fu nuovamente bloccata dall’incomprensibile comportamento dell’amica. C’era qualcosa che le sfuggiva, si sentiva protagonista di uno scherzo di cui solo Anego sembrava capirne il senso.
 
Patty si rese conto che il gioco stava diventando pericoloso, non era saggio provocare due caratteri facilmente “infiammabili” come quei due, ma si stava divertendo come non mai e poi doveva far pagare a Tsunami gli insulti che le aveva rivolto poco prima -Dai perché ti sei bloccata? Stai andando alla grande! La interpreti benissimo la mia parte….- disse birichina, alzandosi e ripulendosi i pantaloni dai fili d’erba rimasti impigliati.
 
-Patty che stai dicendo…- Clarice fissava attonita l’amica che lentamente si stava avvicinando con un sorriso indecifrabile stampato in faccia. Intuì, ormai seriamente spaventata, che le stava per essere svelata una verità di vitale importanza.
 
-Ma si dai, per una volta, scambiarci le parti potrebbe essere divertente. Vediamo…- disse portandosi un dito alle labbra e guardando in alto con aria assorta -Ah sì…allora dimmi se sono altrettanto brava…- e così dicendo, strizzando un occhio con fare cospiratore, si portò le mani ai fianchi scimmiotando in modo goffo e maldestro la posizione “di battaglia” di Clarice -Ehi come osi dire quelle cose a…Genshj? Tsunami sei finita!-
 
Clarice si sentì morire. In un’altra situazione avrebbe riso sino alle lacrime, per la buffa imitazione dell’amica, ma in quel frangente sentì solamente il sangue defluirle dal volto. Si volse di scatto verso il ragazzo che sino a qualche minuto prima avrebbe voluto ammazzare. Nonostante la sua non indifferente altezza, dovette alzare il viso per incrociare gli occhi neri e profondi di lui, che tuttavia non riuscì a scorgere del tutto, messi in ombra dalla visiera del cappellino.
 
-Be..Benjiamin…- balbettò con voce strozzata chiedendosi donde avesse scovato la forza di respirare.
 
-Cla…Clarice- le fece eco lui con un filo di voce appena percettibile.
 
Nella mente della ragazza, i pensieri iniziarono a girare vorticosamente creandole uno stato confusionale, da cui un unico concetto emerse chiaro e vagamente comprensibile: realizzò che non aveva neppure preso in considerazione l’opportunità di incontrare Benji! Certa che lui vivesse stabilmente all’estero, non si era preparata alla valanga di emozioni che ora la travolgevano con violenza e soprattutto, si chiedeva, ormai in preda al panico, che cosa lui stesse pensando. Era arrabbiato per tutta quella sceneggiata? Infastidito? Indifferente? In fondo erano semplicemente stati amici d’infanzia, forse non era stata importante quanto lui lo era stato per lei, anche se, pur nel marasma totale, mai avrebbe messo in dubbio che un legame come il loro potesse essere alimentato da una parte sola. L’amicizia, come l’amore, era un fuoco a due fonti, sempre. Ma lui aveva fatto molto di più, le aveva salvato la vita, afferrandola a pochi passi dal baratro.
 
Un tempo, che sembrava lontano secoli e secoli, era in grado di leggere nel cuore di Benji con una certa facilità, ma ora? Quello non era più un bimbo di dieci anni, con il moccio al naso e le ginocchia perennemente sbucciate, ma un uomo forte e, a quanto aveva appurato, scontroso e pungente.
 
Quando la ragione viene messa a tacere non resta altro che affidarsi all’istinto. E guidata proprio da questa forza ancestrale, Clarice, con gesto delicato, sollevò la visiera di Benji, entrando, tramite quella porta privilegiata, nell’anima tenacemente celata del ragazzo -La mia vita dipende da quello che il tuo sguardo mi rivelerà…- pensò mentre un brivido di eccitazione le si irradiava lungo la schiena.
 
Benji trattenne bruscamente il fiato, consapevole che stava permettendo all’unica persona al mondo in grado di farlo, di mettere a nudo i suoi sentimenti. La cosa, ovviamente lo terrorizzava, ma d’altro canto, lo sollevava, c’erano zone d’ombra di se stesso che non riusciva a decifrare e sperava che finalmente qualcuno le vedesse e, magari, gliele illuminasse.
 
Il ragazzo rimase immobile. Clarice si tuffò nelle nerissime iridi di Benji e un fuoco devastante le attanagliò le viscere salendo velocemente al petto. In Benji aveva scorto il suo stesso bisogno, la sua stessa felicità, le loro menti erano tornate a comunicare, in modo forte e chiaro come quando erano bambini. Senza più remore né incertezze, si gettò su quel petto ampio, affondandovi il volto e stringendo forte le braccia attorno a quel corpo virile. Benji ricambiò la stretta, chiudendo le braccia muscolose attorno alle spalle esili di lei, stringendo piano, per timore di far del male a quell’essere prezioso ripiombato tra le sue mani da chissà dove e chissà come.
 
I loro corpi aderirono come due pezzi di un puzzle, i loro cuori vennero riallacciati da un’invisibile catena di cui entrambi avevano dimenticato l’esistenza, il mondo si fermò per un istante … ma subito riprese il suo corso… per poi fermarsi ancora … e infine girare vorticosamente, stordendoli.
 
Nessuno degli spettatori ci capiva nulla. Solo Patty sorrideva felice, mentre una lacrima solitaria scendeva sulla bella gota ancora arrossata per le risa e l’emozione.
 
Gli altri brancolavano nel buio più completo. Prima quella sconosciuta aveva ricoperto Benji di insulti e poi gli si fiondava tra le braccia? E Benji la lasciava fare con espressione inebetita?
 
Finalmente qualcuno realizzò -Tsunami?!!?- esclamò Johnny folgorato da un’idea – Sei proprio tu?!!?-
 
Clarice si staccò a malincuore dal calore del corpo di Benji e, dopo un’ultima occhiata a quel volto meraviglioso, si voltò curiosa di sapere chi altri l’aveva riconosciuta -Johnny!- urlò felice abbracciando l’antico compagno di giochi.
 
-Ehi ci sono anch’io!- reclamò un bel ragazzo intrufolandosi scherzosamente tra Johnny e Clarice.
 
-Paul! Oh ma come sei diventato bello! Già all’asilo facevi strage! Figuriamoci ora - disse maliziosamente facendo arrossire il ragazzo -Ted! Bob!-
 
Clarice passò da un abbraccio all’altro, ogni volta ritrovando sensazioni e emozioni dimenticate che, come un balsamo lenitivo, scendevano a curare il suo cuore ferito.
 
Sciogliendosi dal solido abbraccio di Bob, concentrò la sua attenzione su Holly -Scusami mi sei familiare ma non capisco chi sei-
 
-Te lo do io un piccolo aiuto…anzi….Piccoletto…- sorrise Patty, battendo affettuosamente la mano sui pettorali del capitano.
 
-Tu? Sei proprio tu quel pestifero bambino che sfidò Genshj buttandolo addosso al palo della porta?- tuonò minacciosa Clarice.
 
Holly, visibilmente confuso, la guardò imbarazzato. Patty accorse prontamente in suo aiuto -Holly ti ricordi quando arrivasti a Fusjiawa e sfidasti Benji? Quando segnasti su passaggio di Roberto?- il ragazzo annuì divertito, stava cominciando a capire -E ti ricordi quella bambina odiosa che stava sempre appiccicata a Benji e che mi diede quella capocciata perché tu avevi fatto male al suo portiere?-
 
– Allora sei tu!-
 
-Bingo!- esclamò Clarice contenta stringendo la mano a Holly e ricambiando il suo sorriso spontaneo e gentile. La sua attenzione fu di nuovo attratta da un altro ragazzo alle spalle di Holly -Bruce?- domandò incerta.
 
-Ciao Clarice-
 
-Bruce! Ma che ci fai tu in una squadra di calcio?- lo canzonò lei.
 
-Come sarebbe a dire?- protestò piccato il ragazzo -Per tua informazione gioco anche in nazionale!-
 
-Davvero? Poveri noi- borbottò lei portandosi una mano alla fronte e assumendo un’espressione sconsolata, che fece scoppiare a ridere tutti quanti, eccetto Bruce.
 
-Clarice non sei cambiata affatto sempre la solita antipatica- replicò imbronciato. Lei, notando il disappunto dipingersi sul volto dell’amico, gli saltò al collo scoccandogli un sonoro bacio sulla guancia -Sto scherzando sciocchino! So benissimo quanto vali!- disse suadente -Bene ora ho salutato tutti mi sembra …no manca qualcuno- disse scorgendo l’unico ragazzo rimasto in disparte dallo sguardo caldo e dolce, come il sorriso che le indirizzò facendosi avanti.
 
-Non ti sforzare, lui non lo conosci- intervenne Patty cogliendo l’espressione concentrata di Clarice -Tom si è aggiunto alla squadra dopo la tua partenza-
 
-Ciao piacere di conoscerti-
 
-Piacere mio-
 
Era veramente bellissimo e la sua stretta trasmetteva gentilezza e sicurezza allo stesso tempo -Ma noi non ci conosciamo già?-
 
-No non credo sono arrivata solo ieri…-
 
-Si ma vieni dall’America io ci sono stato. Da che città vieni?-
 
Clarice si irrigidì ma fece uno sforzo sovrumano per non darlo a vedere – San Francisco- disse fissandolo guardinga. Non aveva pensato all’eventualità che qualcuno la riconoscesse. Mancava dalle passerelle da quasi un anno, e pur essendo stata molto famosa negli States, era certa che la sua fama non avesse oltrepassato i confini americani e, soprattutto, che non fosse giunta in Giappone, paese tradizionalista, ricco di bellezze proprie di cui andava fiero, e che si professava del tutto indifferente alle trasgressive bellezze americane. E lei non aveva mai rivelato di essere per metà giapponese. Sua madre l’aveva convinta che la cosa avrebbe nuociuto alla sua immagine, in che modo, se lo stava ancora chiedendo.
 
-Uh…no non ci sono stato. Io ho visitato Vancouver in Canada e New York…-
 
-Forse mi confondi con qualcun’altra, sai mi dicono che ho un viso molto comune…-
 
L’atmosfera festosa venne interrotta dall’arrivo del mister, che spedì i ragazzi a scaldarsi con 15 giri di campo.
 
-Ciao e tu chi sei?- chiese l’allenatore facendo partire il cronometro e volgendosi verso Clarice.
 
-Una mia carissima amica- intervenne Patty con impeto, incapace di contenere oltre la felicità.
 
-Ho capito Patty, però non può stare qui, sai com’è il regolamento. A proposito hai trovato la sostituta di Susy?-
 
Patty ebbe un fulmineo lampo di genio -Sì certo, eccola qui- disse dando una leggera spinta a Clarice, che la guardò perplessa.
 
-Ma Patty potevi dirlo subito. Allora benvenuta tra noi. Hai già sistemato le carte in segreteria?-
 
-Beh veramente…-
 
-La stavo accompagnando mister. Così le procuro anche la tuta della squadra-
 
-Ottimo Patty allora a dopo- e la sua attenzione fu completamente e definitivamente assorbita dai giocatori.  
  
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