Rossa come il sangue
Non sopportavo il suo
profumo. Ogni volta che mi capitava di starle accanto, lo portavo con
me tutto il giorno, come un amico fedele. Il suo odore era
lì, nel
mio cuore, sotto il mio naso.
Non sopportavo i suoi
capelli. Così rossi, rossi fuoco. Rossi, come il sangue
visto dai
nostri genitori. Neanche potevo immaginarmelo quanto era rosso quel
sangue, ma potevo quantificare il suo, di rosso.
Timida, impacciata, con
quell'odore di vaniglia che di rosso non aveva nulla. Era cresciuta
tra un'estate e l'altra. Era donna,
una donna rossa come il sangue.
«Scorpius?»
sentii la sua voce, così calda e così spaventata.
«Sì,
Rose. Sono io» le dissi, raggiungendola.
«Non
sono ancora abituata a fare la ronda da sola. È...
orribile» mi
disse, arrossendo.
Belle
le sue guance rosse. Rosso sangue.
«Ti
accompagno» le dissi, senza scompormi più di tanto.
Il
mio cuore batteva. Era forte, veloce, faceva male.
«Grazie»
disse, arrossendo ancora.
Camminammo
per i corridoi di Hogwarts. Non importava fosse una Grifondoro, non
c'erano divieti sulle ronde. Se li si faceva in coppia, ci si
impiegava più tempo.
Ma
io quel tempo volevo non finisse. Insieme, soli, senza bisogno di
guardarsi le spalle.
«Hai
fatto il tema per Erbologia?» mi chiese, spezzando il
silenzio che
si era creato.
Neanche
ricordavo di essere nel corso di Erbologia.
«Ad
essere sinceri, non ancora» confessai, sorridendole.
Lei,
bella, imbarazzata, mi guardò senza parlare. Lo sapevo che
il suo
cuore batteva all'impazzata. Era più veloce del mio, il
sangue
confluiva veloce, per poi uscire di nuovo. Come mi faceva sentire
importante riuscire ad avere quell'effetto su di lei.
«Quando
avrai intenzione di iniziarlo? La consegna è
dopodomani» mi disse,
urtandomi un braccio con il suo.
«Scusa»
mormorò, allontanandosi.
Le
sorrisi ancora. Non c'era problema: poteva colpirmi, abbracciarmi,
picchiarmi, toccarmi, baciarmi, pizzicarmi. Non mi importava
più di
tanto, purché facesse qualcosa.
«Direi
che non ci sono matricole in giro. Forse è meglio che
vada» disse,
guardandosi intorno.
Non
volevo se ne andasse. Volevo stesse con me. In quel momento, spesso,
sempre.
Per
sempre.
I
suoi capelli si spostarono, il suo odore mi colpì. Vecchio
amico.
«Non
andare. Non ancora. Andiamo alla Torre di Astronomia, o che so, nella
Foresta Proibita» le dissi, prendendole la mano.
Tornò
ad essere rossa. Mi sorrise, ma era un sorriso nervoso.
«Cosa
stai dicendo, Scorp?» chiese, tormentandosi l'orlo del
maglioncino.
«Non
andare a dormire. Non ancora, stai con me» le chiesi,
tirandole
piano un braccio.
Mi
fissò negli occhi. Il mio cuore era veloce, ma non
raggiungeva il
suo. I suoi occhi si inumidirono, ma non voleva piangere. Era un
riflesso, probabilmente per l'emozione.
«Cosa
ti fa pensare che io voglia perdere ore di sonno per stare con
te?»
mi attaccò.
Risi,
sinceramente. Era così tenera, così carina, che
non riuscivo a
capacitarmi dell'attrazione che provavo in quel momento.
Sempre.
«Niente.
Ma sono io a voler perdere ore di sonno per stare con te»
sussurrai,
avvicinandola piano a me.
La
vidi spaesata e le sorrisi nuovamente.
«Andiamo»
le dissi, prendendole la mano e dirigendomi verso la Torre di
Astronomia.
«Scorp
se ci trovano in giro dopo l'ora del coprifuoco, siamo
fregati»
disse lei, nervosa. Si guardava intorno, impaurita.
«Siamo
prefetti, trovare una scusa non sarà poi così
difficile» le dissi,
scompigliandole i capelli.
Mi
spintonò, accettando di giocare con me.
«Se
io fossi un colore, che colore sarei?» le chiesi, mentre ci
avvicinavamo sempre di più alla Torre.
«Un
colore? Non saprei...» disse, iniziando a fissarmi.
Attesi,
non avevo fretta. Se avessi potuto, avrei rubato tutto il tempo
necessario.
Necessitavo
una Giratempo.
«Ci
sono. Sei decisamente blu» mi disse.
«Blu?
Perché blu?» le chiesi, sorridendo.
Salimmo
le scale della Torre e ringraziai che non ci fosse nessuno. Aprii la
porta dell'aula e ci sedemmo per terra, l'uno di fianco all'altra.
«Il
cielo di notte è blu. Il mare è blu. Le cose
belle e calme sono
blu» rispose, voltandosi verso di me.
Risi,
piano. Non ero per niente calmo in quel momento.
«Calmo?
Mi ritieni una persona calma?» le chiesi, senza prestare
attenzione
al cielo che incombeva sopra di noi.
«Sei
una delle persone più calme che io conosca. Non ti ho ancora
visto
arrabbiato» confessò, parlando piano. Era bella
quella calma, in
effetti.
«Non
credevo di essere una persona... Calma.
È come dire che un coniglio è aggressivo o che un
serpente è un
ottimo animale da compagnia» dissi, scuotendo la testa.
«I
conigli sono aggressivi se li istighi! E molti maghi usano i serpenti
come animali da compagnia. Li hanno anche i babbani, sai?»
disse,
sorridendo.
Sapevo
che era fiera del suo legame con i babbani, dopotutto sapevano essere
affascinanti. Rose parlava spesso della tecnolovia,
una cosa che usavano i babbani per rendere le cose più
veloci e più
semplici nella loro vita.
«Non
lo vuoi sapere che colore sei per me?» le chiesi,
stiracchiandomi.
Appoggiai i palmi dietro la schiena e abbandonai le gambe davanti a
me.
«Sì»
sussurò.
Si
voltò a guardarmi e vidi che era diventata improvvisamente
tesa.
«Rosso.
Sei proprio rossa»
dissi, guardando le stelle.
Lei
sbuffò.
«Che
fantasia. Cosa avrei dovuto dirti io? Che sei giallo?»
mi chiese, scuotendo la testa.
Scoppiai
a ridere. Non ero decisamente giallo.
«Non
mi riferivo ai tuoi capelli» precisai, sghignazzando.
«Sei
rossa. Rossa come il sangue, rossa come il fuoco. Le cose forti sono
rosse» le dissi, cambiando la sua frase.
«Io
non sono per niente forte»
disse, portandosi le ginocchia al petto.
«Ti
sbagli. Di tanto» le dissi, tirandomi su.
Mi
guardò, poi si mosse verso di me e mi abbracciò.
La
vaniglia mi
invase.
C'era quell'odore ovunque, sotto al mio naso.
Avevo
quel rosso tra
le mani
e avevo paura di toccarlo. Era lì, al mio cospetto,
finalmente.
Provai
a ricambiare il suo abbraccio e sentii il cuore battere. Forte,
fortissimo.
«Non...
Non avevo mai abbracciato nessuno» confessai, rendendomene
improvvisamente conto.
A
parte i miei genitori e mia nonna, non avevo mai abbracciato nessuno
e quella sensazione mi disarmò.
Mi
sentii nudo. Neanche camminare in mutande per Diagon Alley mi avrebbe
mai dato quella sensazione di vulnerabilità.
«E
questa non me la chiami forza?» le sussurrai tra i capelli.
Lei
si allontanò, ma non essendo abituato, non seppi come
trattenerla.
«Da
sola, non sono forte. Per niente» disse, scuotendo la testa.
Non
se ne rendeva conto, eppure tra i due, quello che si sentiva in
mutande, ero proprio io. Lei faceva tutto con così tanta
sicurezza e
io giudicavo troppo in fretta.
Non
mi ero accorto di quanto le fosse costato fare un gesto come quello.
«Scorp
dobbiamo andare, è tardi e domattina dobbiamo alzarci
presto»
disse, alzandosi in piedi.
Non
potevo credere di aver perso la mia opportunità.
«Aspetta,
Rosie. Non è così tardi» provai a dire,
ma lei aveva già aperto
la porta ed era uscita.
Non
poteva finire così. Non più.
La
seguii e chiusi piano la porta alle mie spalle.
«Buonanotte,
Scorpius. E fai i compiti di Erbologia» mi disse,
sorridendomi.
Le
presi la mano, fermandola.
Sì
voltò verso di me e l'abbracciai. Non avevo il coraggio di
dire o
fare nient'altro, volevo solamente riavere il rosso tra le mie mani.
La
vaniglia colpì nuovamente le mie narici. Sapeva... Sapeva di
casa,
ormai.
«Buonanotte
Rose. Piccola Rose rossa» dissi, dandomi dell'idiota
mentalmente.
«Devi
aver preso una botta in testa. Ci vediamo domani Scorp»
disse, prima
di baciarmi una guancia.
La
lasciai andare e la guardai andare via.
Non
mi ero mai sentito così blu.
Ma
soprattutto, non ero mai stato così rosso.
Ehilà! Nonostante abbia una raccolta in corso (e non so quante long in sospeso) mi sono permessa di ritagliarmi il tempo necessario a scrivere una Rose/Scorpius. Mi piacerebbe davvero sapere cosa ne pensiate^^ volevo fare qualcosa di più appassionato, a dire il vero, ma lo riservo ad una eventuale seconda one shot, magari un seguito di questa. Vedremo.
A presto^^ Erika