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Autore: irene862    29/07/2011    1 recensioni
2015 --> REVISIONATA E CORRETTA!
Dal IX capitolo..
“Hai perfettamente ragione, sei stato uno stronzo. Un emerito, grandissimo stronzo! Non ti permettere mai più di rifare o ridire quello che hai detto e fatto. Perché te ne pentiresti! “ Non so dove presi il coraggio di minacciarlo. Ma fui contenta di avercelo ficcato da qualche parte.
“Non so con chi hai a che fare quotidianamente, nel tuo mondo patinato di super divi miliardari, ma qui è diverso. Siamo nel mondo reale bello! La gente merita rispetto!” Eravamo talmente vicini che i nostri abiti si sfioravano. Gli puntai un dito sul petto e lo pungolai. ” E non mi importa un fico secco se sei un attore Hollywodiano o che altro. Non credo ad una sola parola delle tue scuse di poco fa quindi non starmi tra i piedi ed andremo d’accordo! Non sono venuta fin qui da casa mia per farmi insultare da un maledetto idiota borioso, come te!”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dolce e delicata come il miele'
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Cap. 15

XV Capitolo

 

 

Quel mattino mi svegliai irritata, molto irritata!

Gerard entrò in camera mia, allegro e pimpante, e quasi mi buttò giù dal letto.

“Sophie? Sophie … Soph?”

Mugugnai qualche parolaccia nella sua direzione. In italiano, naturalmente.

Andò verso la finestra e con vigore ne aprì le tende. Il sole irruppe nella stanza e mi infastidì gli occhi. Ormai completamente sveglia mi sollevai a sedere.

“Stavi dormendo per caso?”

Gli lanciai un’occhiataccia assassina e mi girai a guardare la sveglia sul piccolo comodino.

Imprecai mentalmente.

Erano appena le sette di mattino, accidenti!

Lo freddai con un’altra occhiataccia “No, ma ti pare. Adoro essere svegliata da un omone gigante che piombando in camera mia mi butta giù dal letto!”

Lui scoppiò a ridere

“Su coraggio che il mattino ha l’oro in bocca!”

“Beh, menomale allora … non sono avida e l’oro non mi interessa. Buonanotte!” mi rintanai nuovamente sotto le coperte tentando di riaddormentarmi.

Lui però non volle saperne e si accomodò sul letto, vicinissimo al mio fianco.

Riaprì gli occhi infastidita e notai che mi stava fissando.

Aveva lo sguardo frizzante e il viso riposato. Era sicuramente di ottimo umore.

“Che diavolo vuoi di prima mattina? E perché sei entrato in camera mia, senza nemmeno bussare o preoccuparti di svegliarmi?” domandai rabbiosa

“Voglio portarti in un posto. Su, coraggio, alzati e vestiti”

“E non potevi aspettare un altro paio d’ore? Non ne ho voglia! Lasciami dormire in pace. Ne riparliamo nel pomeriggio”

Lui non me lo permise. Andò ad aprire le finestre e mi strappò via le coperte.

“Non voglio sentire no come risposta!”

“Vattene al diavolo, Gerard Butler e lasciami dormire!” gli intimai furiosa

Misi la testa sotto il cuscino e mi rannicchiai in posizione fetale.

“Sophie, alzati subito da quel dannato letto. Ti do cinque minuti di tempo” concluse uscendo dalla stanza

Grazie al cielo! Finalmente se n’è andato.

Ripresi le coperte e mi ricacciai sotto, chiudendo gli occhi. Mi rilassai e cercai di riprendere sonno.

 

Delicate dita mi accarezzavano i fianchi e la schiena. Erano calde e piacevoli.

Quel tocco era così delicato che sorrisi…

“Sophie?” un soffio caldo sull’orecchio

Che bel sogno … la voce … e le carezze

“Non so se sia il caso di continuare. Se persisti a sospirare così dolcemente credo che non sarò in grado di allontanarmi”

Solo in quel momento la sua voce roca raggiunse la parte conscia e sveglia del mio cervello.

Non stavo sognando! Per niente!

Spalancai gli occhi di botto e cercai di riconnettere mentalmente.

Era lui…

Con una mossa fulminea, scattai in piedi e mi allontanai da quel suo tocco maledettamente invitante ed ipnotico.

“Che diavolo stavi facendo?” ringhiai

“Ti stavo accarezzando mi sembra ovvio”

Era sdraiato sul letto, incrociò le braccia dietro la testa e si mise più comodo. Sul volto un’espressione rilassata e divertita. Sembrava l’innocenza fatta persona.

“Questo l’ho notato. Volevo saperne il perché”

Ero arrabbiata ma anche tremendamente imbarazzata.

“Beh, visto che i normali metodi di risveglio con te non funzionano, ho deciso di provare questo. E devo dire di aver raggiunto lo scopo” sorrise maliziosamente

“Tu non sei normale, lo sai vero? Come diavolo ti è saltato in mente di infilarmi le mani sotto … dove non devi metterle? Eh?”

“Non fare quella faccia da incazzosa, adesso. Non è stato spiacevole! Dai tuoi sospiri di apprezzamento oserei dire che ti è piaciuto parecchio. Ed è piaciuto molto anche a me”

“Smettila di sorridere come un idiota, Hollywood! Non mi è piaciuto per nulla!”

“Che bugiarda!”

Nel frattempo si era alzato dal letto e si stava accingendo ad uscire dalla stanza.

“Ora preparati. Qualcosa di comodo, andiamo in campagna. Ti aspetto fra mezz’ora in salotto” era uscito dalla porta ma dopo pochi secondi vi rientrò

“E Comunque … hai la pelle più morbida e setosa che io abbia mai accarezzato”

 

 

Mi precipitai in bagno, sotto la doccia. Non tanto per dargliela vinta quanto piuttosto per lavarmi via la seducente sensazione delle sue dita sul mio corpo.

Mi lavai con cura ed uscendo mi avvolsi in un grande telo bianco. M’infilai un paio di jeans chiari, scarpe da tennis ed una maglietta leggera con maniche a sbuffo di colore rosso. Legai i capelli in una coda alta. In borsa ficcai occhiali da sole, fazzoletti, cellulare e burro cacao.

“Era ora!” mi accolse appena varcai la porta del salotto

Risposi alzando un sopracciglio e guardandolo accigliata.

“Forza, siamo già in ritardo. Ho preparato il pranzo al sacco“ chiarì prendendomi per un braccio e trascinandomi di peso verso la porta.

 

 

 

Eravamo in auto da parecchio tempo in religioso silenzio. Ero ancora di cattivo umore e non avevo proprio voglia di fare conversazione.

“Stai benissimo con i cappelli legati così. Ti valorizzano il viso” proruppe scrutandomi da capo a piedi, rompendo quell’ostinato silenzio.

 “Grazie” risposi senza voltarmi

“Ti ho preso queste. Tieni” e mi porse un sacchettino di carta

Lo aprì e dentro vi trovai due brioches al cioccolato. Per la fretta non avevo fatto colazione e lui aveva provveduto.

“Le ho comprate stamattina. Spero siano ancora calde”

“Sei uscito a comprarle per me?” chiesi colpita

“Già, a volte anche io riesco ad essere gentile”

Il mio malumore era svanito. “Sono buonissime”

Le mangiai con gusto.

“Bene, sono contento che ti siano piaciute” sorrideva allegro

“Allora dove siamo diretti?” domandai curiosa quando finì di mangiare

“Vicino Glasgow c’è un piccolo maneggio. Vedrai ti piacerà. Hanno dei cavalli stupendi”

“Un maneggio? Cavalcherai?” domandai

“No, lo faremo entrambi”

“Ma Gerard … io non sono capace … non so andare a cavallo!”

“Beh, vuol dire che imparerai oggi” rispose allegro “Sarà divertente” aggiunse

Non ne ero così sicura. Non avevo mai cavalcato in vita mia. In realtà non avevo mai visto un cavallo da vicino, non sapevo neppure come avrei dovuto comportarmi.

E se avessi sbagliato qualcosa? E se gli avessi fatto male? E se lui ne avesse fatto a me?

Gerard sembrò notare l’espressione del mio viso, si girò verso di me e mi fissò a lungo.

“Non avere paura. Sono solo cavalli”

Già come se la cosa potesse tranquillizzarmi.

Maledizione! Lui e le sue idee strampalate.

 

 

 

 

 

Avevo paura e tremavo come una foglia. Sebbene i cavalli siano dei bellissimi animali, le loro dimensioni incutono timore.

Cercai di spiegarglielo, di fargli capire come mi sentivo ma lui non se ne curò. Mi obbligò a salire sul cavallo assieme a lui.

Cavalcava con maestria guidando l’animale con scioltezza. Lo sentivo ridere felice. Io invece non lo ero affatto. Volevo scendere.

Non aprì gli occhi finché non sentì il cavallo diminuire l’andatura e finalmente fermarsi.

“Dammi la mano così ti aiuto a smontare”

Feci come mi disse e con un balzo fece lo stesso.

Ci trovavamo in un piccolo boschetto. Giganteschi alberi facevano ombra ad un’enorme distesa d’erba verde. L’aria profumava di pulito e di fiori. Il posto era bellissimo.

“Stai piangendo?” mi domandò avvicinandosi.

Il cavallo era placidamente impegnato a mangiare qualche filo d’erba a pochi metri di distanza

Con un gesto stizzito della mano mi asciugai le poche lacrime cadute.

“Beh, cosa ti aspettavi? Che mi mettessi a ridere?” ribattei acida

“Beh, magari non subito. Ma sicuramente non mi aspettavo ti mettessi a piangere!”

“Ho avuto paura Gerard. E ne ho ancora adesso. Te l’ho detto ma tu non ascolti”

“Come pretendi di imparare se nemmeno ci provi? Guardalo Sophie, è un cavallo non uno squalo!” ribattè adirato

Tsz! Adesso era lui l’arrabbiato?

Ed io allora? Io sarei dovuta essere furibonda!

Alzai le mani al cielo in segno di resa. Non volevo continuare a sprecare fiato. Non avrebbe capito. Mi voltai e m’incamminai verso il cuore di quella boscaglia.

Cosa c’era di difficile da capire?

Ho paura. Chiaro e semplice!

Uno scrosciare d’acqua mi ridestò da quei pensieri. M’incamminai verso la fonte di quel lieve rumore e un piccolo ruscello mi apparve davanti. Le sue acque cristalline correvano veloci e scroscianti.

Sorridendo mi avvicinai, tolsi le scarpe e immersi i piedi. Sentivo il vento che attraversava le fronde degli alberi producendo leggeri fruscii.

 

 

Non mi accorsi di lui finché non si avvicinò e rimase a fissarmi. Alzò una mano e con le nocche mi accarezzò lentamente la guancia. Il suo tocco era così delicato che istintivamente chiusi gli occhi.

Quando li riaprì lo guardai e andai a coprire la sua mano con la mia. Mi sorrise e senza dire una parola mi prese per mano. Ritornammo alla radura dove avevamo lasciato il suo cavallo che non era più solo. Era affiancato da un altro bellissimo esemplare.

 

 

 

 

 

 

L’ora successiva la passai ascoltando attentamente le sue istruzioni.

Facevamo teoria da maneggio. Pazzesco!

Mi spiegò come avvicinarlo senza impaurirlo, come salirgli in groppa e via dicendo. Per tutto il tempo ero rimasta in silenzio, annuivo solamente.

Lo ascoltavo prestando attenzione ma continuavo ad aver paura. Non volevo farlo. Non ero ancora pronta.

Finita la lezione mi scaraventò di getto nella pratica. Dandomi le spalle s’incamminò verso il recinto.

“Ora sta a te decidere” disse serio

Non mi mossi fino a quando non lo vidi superare la staccionata e dirigersi verso il cavallo. Era come se non riuscissi a credere che lo avrebbe fatto davvero.

Mi avrebbe lasciata li così? Da sola?

Si issò in sella e con un colpo di talloni spronò il cavallo allontanandosi velocemente senza guardarsi indietro.

Attraversai di corsa il giardino fino al recinto per cercare di fermarlo ma lui era già lontano.

 

L’animale, che teoricamente avrei dovuto cavalcare, era bianco con chiazze marroni. Sul dorso aveva una lucida sella nera. Osservandolo da lontano sembrava relativamente tranquillo.

Mi avvicinai con lentezza e cercai di accarezzarlo. Subito il cavallo percepì la mia paura e scuotendo la testa si allontanò.

Dannazione! Sarei dovuta tornare da sola. E per di più con un cavallo!

Dovevo calmarmi. Respirare a fondo.

Calmarsi e respirare a fondo.

Tremavo. Avevo paura e a breve sarei scoppiata a piangere.

Quello zoticone di Gerard trova la situazione divertente!

Ma era matto? Come pensa che si possa salire su quella montagna di cavallo?

Idiota! Come ha potuto lasciarmi da sola?

Io non sapevo cavalcare.

La teoria era diversa dalla pratica. Avevo paura di sbagliare. Avevo paura di farmi male e di farne al cavallo.

Lente e calde, le lacrime scesero fino ad annebbiarmi la vista. Stavo piangendo.

Guardai ancora il cavallo. Con un gesto nervoso mi asciugai le lacrime e mi avvicinai.

Alzai con lenta fermezza una mano e con attenzione cominciai ad accarezzargli il muso.

Niente paura.

Il cavallo non doveva sentire che avevo paura. Dovevo cercare di controllarmi.

Non so come riuscì a salirgli in groppa ma me ne rallegrai. Con gesti decisi lo invitai ad andare. Il cavallo si mosse e cominciò a “camminare”.

Tenevo le redini in mano. Le guardai per un momento e poi con un colpo risoluto le mossi. Il cavallo aumentò subito l’andatura.

Sorrisi.

Pian piano la paura scivolò via; più il cavallo correva più io ridevo. Lo conducevo decisa, svoltava a destra o a sinistra seguendo le mie istruzioni.

Mi sentivo felice. Ci ero riuscita. Stavo cavalcando e non avevo paura. Scoppiai a ridere.

 

Arrivai a destinazione euforica.

Smontare da cavallo richiese qualche minuto e parecchi tentativi.

Caddi a terra con un piccolo tonfo e battei il sedere sulla terra dura.

“Ti sei fatta male?” domandò una voce ansiosa, alle mie spalle

Mi voltai e lo vidi.

Veniva verso di me con un’espressione preoccupata sul viso. Mi aiutò ad alzarmi e mi sfiorò il volto con dita leggere

“Sei caduta. Ti sei fatta male?”

“Si. No. Non lo so…”

No, non mi ero fatta male.

Lui sorrise ed io di slancio mi fiondai tra le sue braccia. Mi sentii stringere con forza. Cominciai a ridere e piangere insieme. Ero contenta e arrabbiata insieme.

“Sapevo che ci saresti riuscita. Ne ero certo” mi sussurrò all’orecchio

Alzai lo sguardo e lo fissai perplessa.

“Era l’unico modo! Metterti di fronte al problema senza altre vie d’uscita. E così ho fatto. Sei orgogliosa e sapevo che non avresti gettato la spugna, soprattutto per darla vinta a me”

Come sapeva come avrei reagito?

“Il solito arrogante” borbottai

Lui sorrise.

Mi strinse di più e senza preavviso abbassò le sue labbra sulle mie.

Erano calde e morbide. Smisi di pensare ricambiando il bacio.

 

Pranzammo seduti sull’erba vicino al ruscello. Gerard aveva portato succo di frutta, pane, uova strapazzate e pancetta, pomodori fritti, salsicce e verdure grigliate. C’era cibo sufficiente a sfamare un esercito.

“Serviti pure” disse sedendosi accanto a me

“Grazie” e mi riempì il piatto

Feci lo stesso con il suo ed iniziammo a mangiare. Il cibo era squisito, degno del suo delizioso aspetto.

Finalmente sazia, poggiai a terra piatto e posate, e mi accorsi che Gerard mi stava fissando palesemente affascinato.

“Sono contento ti sia piaciuto”

“Scusa … dev’essere sicuramente l’aria di campagna … di solito non mangio così tanto” mi giustificai imbarazzata

“Guarda che la mia non era una critica” la sua voce era colma di divertimento ed io non potei fare a meno di arrossire.

 “Sai, non sopporto le donne che mangiucchiano foglie d’insalata, come conigli, per tutto il giorno. Sono irritanti. E causa il mio lavoro, credimi, ne vedo a dozzine”

Eppure scommetto quello che vuoi sono proprio splendide ragazze con un fisico da modella, strepitose con qualunque cosa indossino. Eleganti e raffinate che mangiano appunto solo foglie di insalata.

  
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