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Autore: BeliveInAngels    31/07/2011    1 recensioni
[...]-TONY!!!- la voce del capo mi arrivò come un sussurro in confronto al boato che fece la pistola di Haswari, non appena lasciò che il dito tirasse verso di sè il grilletto. Incrociai anche lo sguardo di Gibbs. Li guardai mentre inchiodavano, alzando le pistole. Urlavano, ma non li sentivo. McGee sparò, anche Kate. Io ero in mezzo ad un conflitto a fuoco e l'unica cosa che sentivo era un dolore alla schiena che mi faceva tremare le gambe. Caddi a terra, nel silenzio più assoluto. Sbattei con violenza sull'asfalto, cercando di capire cosa stesse succedendo intorno a me.
[...]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Paralysis'
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Titolo: Paralysis
Autore: BeliveInAngels
Genere: Slash, Non per stomaci delicati (anche se alla fine gli stomaci delicati non esistono più, si sono estinti XD)
Coppia: Gibbs/DiNozzo
Narrazione: 1^ persona (DiNozzo)




* * * * *



_.-*MUSIC MAKES ME HAPPY*-._



Ormai avevo praticamente consumato la moquette, perchè cavolo doveva esserci la moquette?

-Ok, mi sono rotto!- esclamai afferrando la pistola e correndo su per le scale.

-Tony!!!- con un calcio buttai giù la porta, non dopo aver praticamente mobilitato tutti gli agenti che avevano provato a fermarmi. In quei giorni sembrava che tutti volessero che io lasciassi morire la gente. Col cazzo! Caricai il grilletto, puntandole la pistola alla tempia, avvicinandomi con un solo passo a lei e facendole inclinare la testa.

-Metti giù la pistola o giuro, quanto è vero Dio, che ti faccio esplodere la testa.- sibilai con la mano tremante mentre guardavo i suoi occhi ruotare nella mia direzione. Lei tirò fuori le mani da sotto il tavolo e puntò la pistola dritta in mezzo agli occhi di Gibbs.

-Lo sai, agente speciale DiNozzo, perchè io ti conosco, che una persona ha alcuni secondi di vita dopo uno sparo in testa o dopo la decapitazione?- fuori dalla porta si erano appostati gli agenti, ma la stana era davvero troppo piccola perchè potessero fare qualcosa.

-Può anche essere, ma tu non riuscirai a far nulla.-

-Ha ucciso mio fratello.- guardai Gibbs che era, come sempre, IMPASSIBILE. Oh, non aveva paura proprio di niente. Mi risultava difficile pensare che se la stesse facendo addosso! Io sì che me la stavo facendo proprio addosso!!! Se qualcuno mi avesse toccato sarei esploso. La tentazione di sparare era così forte che perfino la vena sul mio collo mi urlava di SPARARE. Lei caricò il colpo e fu allora che notai, con la coda dell'occhio, un leggerissimo, quasi impercettibile sussulto di Gibbs. Cosa dovevo fare?- Metti giù la pistola, DiNozzo.- sibilò lei ancora seduta. CHE DOVEVO FARE?! Il grilletto della pistola di Cristina scricchiolò. Stava per sparare. Il mio cuore accelerò e con lui anche il mio respiro. Ero in iperventilazione e cercavo una soluzione ma non avevo più tempo... NON AVEVO PIU' TEMPO!!!- la donna sparò e io feci lo stesso. Il sangue schizzò ovunque, sporcando il muro. Gli agenti furono subito dentro e io mi voltai. La sedia di Gibbs era a terra e il capo ci stava ancora seduto sopra, vivo.

-Capo...- sussurrai abbassando la pistola. Lui mi guardò. Prima che la donna sparasse si era spinto, ribaltando la sedia e io ero troppo concentrato su di lei per notare il tonfo, senza contare il fatto che gli spari avevano coperto ogni altro rumore.

-Sei un incosciente...- fece lui rialzandosi, massaggiandosi una spalla.

-Tutto ok, capo?-

-Sì, non certo grazie a te.- non certo grazie a me? NON CERTO GRAZIE A ME?! Serrai la mascella mentre lui mi guardava severo, avvicinandosi così tanto a me che potevo sentire il suo respiro all'orecchio- Non prendere mai più... l'iniziativa, DiNozzo.- e uscì, lasciandomi come un idiota lì, sporco di sangue e con il cuore che esplodeva, non solo per il fatto che era ancora vivo, ma perchè ora iniziavo seriamente a scocciarmi.

-Tony...- mormorò Kate. Mi voltai verso di lei serio- … tutto ok?- per la prima volta nella mia vita, mi sentii fragile.

-Cosa sbaglio...?- quelle parole mi uscirono come un sussurro mentre lei assumeva un'espressione molto triste- Dimmi Kate... Cos'è che sbaglio?- inspirai profondamente, cercando di recuperare la dignità che avevo perso pronunciando quelle poche parole di fronte alla mia collega. Senza attendere la risposta, che non ero nemmeno sicuro mi sarebbe arrivata, uscii a mia volta dalla stanza, raggiungendo l'ascensore e passando di fronte alla scrivania di Gibbs facendo finta di non vederlo, sebbene lui si fosse seduto lì, per riprendersi forse. Non appena le porte dell'ascensore si chiusero mi posai contro la parete, passandomi le mani sul viso, cercando di togliere gli schizzi di liquido rosso. Possibile che non facessi mai la cosa giusta? Io volevo salvarlo... Solamente questo. Lui salvava sempre me... per una volta... non poteva farmi fare la parte del fottuto eroe?



. . .



Il sole scaldava molto, anche se era solo inizio febbraio. Fissavo un punto di fronte a me, un dove indefinito sul muro bianco. Forse ero solo stressato e probabilmente non avevo colto il ringraziamento del capo, dato che sapevo che non era sempre diretto nel dire le cose. Magari veramente non gli avevo fatto un piacere. Se non fossi entrato quella donna non sarebbe morta e Gibbs non avrebbe rischiato la vita. Erano tutti dubbi che mi assalivano e mi soffocavano. Io cercavo le sue attenzioni. Cercavo un complimento, un assenso, un incoraggiamento. Qualcosa che mi facesse capire che contava su di me. Sì, lo sapevo perfettamente che contava su di me ma io cercavo, in un certo senso, il suo appoggio, la sua fiducia. L'avevo? Sicuramente, che poi non la sentissi perchè ero semplicemente stupido... beh, quella era un'altra questione.

-Massì, al diavolo.- dissi infine alzandomi e schiaffeggiandomi- Che si fottano!- risalii in ufficio e l'aria che si respirava era davvero pesantissima. Cercai di scollegare il cervello e di risedermi alla scrivania ignorando COMPLETAMENTE le occhiate che mi lanciava il capo. Mi sarei sentito davvero realizzato se avessi potuto prendere il portapenne e, lanciandoglielo contro, prenderlo dritto in fronte, ma dovevo portare pazienza e rispetto soprattutto. Era un gran figlio di puttana ma era comunque il mio capo e i capi son sempre delle mine vaganti. Un colpo alla scrivania mi fece alzare la testa. Occhi di ghiaccio, fastidiosi come l'acqua gelida appena svegli, mi fissavano con una freddezza quasi innaturale. Possibile che non potevo rimanere due secondi in pace ad imparanoiarmi per i fatti miei?

-Il rapporto.- disse lui secco.

-Sì capo.- lo stampai e glielo porsi senza dire altro e lui tornò a sedersi, posando la testa tra le mani. No, dovevo resistere... io ero cattivo, cattivissimo, una roccia, un mostro di crudeltà, un... un idiota. Mi alzai, ma prima che potessi muovere anche solo un passò, Ducky lo raggiunse per chiedergli come stesse. Mi risedetti di botto girando su me stesso con la sedia e soffocando la voglia di accettare chiunque nel raggio di miglia. Perchèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèèè!?!?!?!!?!?!?!?!?!?!?!? Il mio cellulare trillò e io sussultai. Avevo dimenticato di abbassare la suoneria. Guardai il mittente.

Pivello

Sorrisi mentre lo aprivo.

Tony, mi sto annoiando. Portami un libro... e una pizza... voglio la pizza!” trattenni una risata mentre cercavo di rispondere nel modo in cui solo io potevo rispondere.

“Pivello, goditi le minestrine. Quando tornerai ti beccherai un Gibbs con il ciclo.” e riposi il telefono dopo aver inviato il messaggio. Strano. Rimasi tutto il resto della giornata a sbattere il cervello contro il muro all'interno del mio cranio e, più lo facevo, più mi veniva mal di testa.



. . .



Rientrai a casa, lanciando la giacca sulla poltrona, sfilandomi le scarpe e calciandole alla c.d.c per il salotto. Mi allargai la cravatta e mi avviai verso lo stereo. Avevo bisogno di relax e l'avrei avuto, a qualunque costo. Alzai il volume mentre alla radio mi cacciavano una canzone piuttosto allegra. “I just want your kiss boy” e io mi avviai verso la cucina sculettando, sfilandomi la cintura nera e lasciandola cadere a terra, non prima di averle fatto fare un volo per aria. Aprii il frigo e presi una birra, chiudendo poi l'anta con un colpo di fianco. Muovevo la testa a ritmo mentre la stappavo. Aprii il bottone dei pantaloni e me li levai, rimanendo in boxer. Feci volare i calzini sopra un mobile, non so come, e poi mi sbottonai la camicia, la sfilai, posandola come capitava sulla poltrona e rimasi in maglietta e boxer, l'immagine della libertà. Esultai, cantando il ritornello e usando la birra come microfono. Sì, quando mi facevo prendere dal ritmo ero davvero pessimo, ma almeno, questa volta non c'erano Gibbs che mi guardavano. Ero a casa mia, il mio regno!

-I just want you kiss boy,kiss boy, kiss boy, I just want your kiss!!!- televisore spento, tutte le luci di casa accese, escluse quelle del bagno e della camera. Ero il re del salotto!!! Nessuno poteva battermi in quelle cose. Alla fine sapevo di essere un bel tipo, un po' infantile, ma un gran bel pezzo di figliuolo! Per qualche ora riuscii a scacciare il lavoro dalla testa, aggiungendo, birra dopo birra, alcool al mio sangue. Me lo sentivo, mi sarei ubriacato e nessuno me l'avrebbe impedito. Il giorno dopo, a lavorare, ci sarei andato in mummia-mode ma ne valeva la pena se dovevo starmene li a casa, musica, birra, idiozia a valanghe.

Due ore dopo, io provavo anche a ballare, ma ero steso a terra con la faccia che era diventata tutt'uno con il tappeto. L'orologio segnava l'una passata quando bussarono alla mia porta. Sicuramente era la vicina che voleva rompere le scatole perchè il volume era ancora quasi impossibile da tollerare. Strisciai come un serpente fino alle casse e spensi l'apparecchio. In ginocchio, avanzai verso la porta e aprii la maniglia appendendomici di peso e crollando di nuovo a terra non appena l'ingresso si aprì. Rimasi con il setto nasale piatto al pavimento per qualche secondo prima di sentire il suono fastidioso della sua voce.

-DiNozzo?- mi voltai come una cotoletta, ridendo.

-Capo!!! Buonanotte!!!- esclamai mentre lui faceva un passo per entrare, scavalcandomi.

-Buonanotte. Sei ubriaco?- mi chiese con tono di rimprovero.

-Macchè!- scattai in piedi con un salto per poi ripiombare giù come una seppia floscia. Sbattei così forte contro il parquet che scoppiai a ridere dal male ai gomiti. Posai la fronte al legno- Sto benissimo.-

-Sì ok, Tony. Andiamo a letto.- disse lui afferrandomi per le braccia.

-Ti ho detto che sto bene!!!- esclamai seccato scrollandomelo di dosso e sbattendo con la schiena contro la porta- Sto benissimo! Posso andarci da solo!- feci un passo e, a momenti, non ricaddi di nuovo. Lui mi afferrò per la maglietta.

-Sei più stupido di quello che pensavo.- sussurrò lui passandosi un mio braccio attorno al collo, reggendomi.

-Io non sono stupido!!!- feci cercando di allontanarlo, ma ero troppo debole, senza contare che il mio equilibrio era andato totalmente a farsi benedire.

-Se si rompono i punti?- mi chiese guardando il mio collo con la coda dell'occhio.

-Me ne faccio dare altri. Arrivo a venti e mi danno un pallone come regalo.- lui sbuffò, sorridendo leggermente- perchè sei qui?-

-Non potevo?-

-Ma se oggi eri incavolato come un serpente!-

-Sì e ora lo sono di più dato che domani, grazie a te, abbiamo un sacco di lavoro in più.-

-Grazie a me, grazie a me... grazie a me un corno!- dissi seccato mentre mi buttava a letto- Ti ho salvato e mi dai anche la colpa dei sovraccarichi?- lui alzò un sopracciglio- Ascolta capo, non voglio perderti di rispetto per cui, ora che sono ubriaco, prendi e vai, torna a casa che è tardi.-

-Perdermi i rispetti? Lo faresti davvero, DiNozzo?- il suo tono era minaccioso, ma l'alcool e i suoi vapori mi aiutavano a sostenere il suo sguardo gelido.

-Oh non lo so. Ci sono cose di me che non conosco. Da qualche parte nel mio cervello ci sarà la cartella “Insulti solo per Gibbs”!-

-Ti darei una padellata sulla fronte, ma questa andrà benissimo.- alzò una mano e mi dette una sberla sulla fronte che mi appannò la vista- Non capisco perchè tutto questo astio, Tony.- disse con tono severo.

-Ecco vedi? Lo dici anche tu che non capisci!!! APPUNTO!!! NON CAPISCI!!!-

-Cos'è che non capisco, Tony?- domandò calmo sedendosi di fianco a me.

-Non capisci, punto. Non c'è qualcosa in particolare, non capisci!-

-Mi stai dicendo che non capisco niente?!-

-ESATTO!!! MA PROPRIO NIENTE!!!-

-Io ti consiglio di pesare bene le parole, DiNozzo. Fuori potrò anche essere Jethro, ma domani, quando mi vedrai di nuovo, sarò Gibbs e certe parole non le dimentico.-

-Fa come ti pare, capo. Buonanotte.- dissi infastidito, voltandomi su un fianco e dandogli le spalle. Vidi il suo riflesso allo specchio. Si portò le mani al viso, passandosele sugli occhi, stanco.

-Come devo fare con te, Tony?- mi voltai di scatto, afferrandogli un polso. Maledissi l'alcool e lo adorai allo stesso tempo.

-Vorrei che tu mi dessi un po' di fiducia. Non dico affidare la tua vita nelle mie mani, ma quantomeno di dirmi...- il mio tono si era fatto quasi un ringhio mentre serravo i denti-... cosa- DIAVOLO-SBAGLIO!- e mollai il suo braccio, spingendolo. Lui si ritrovò in piedi. Io rimasi fermo, sfidandolo quanto più possibile con gli occhi. Lui sostenne il mio sguardo alzando un angolo della bocca- Non sorridere capo... voglio una risposta!-

-A che domanda?- ma faceva finta di niente? Mi stava prendendo per i fondelli? Era pressione psicologica? Perchè non avevo assolutamente nessuna voglia dei suoi giochetti mentali.

-Capo... buonanotte.- dissi poi, dopo un gran sospiro.

-No DiNozzo. Dimmi. A che dovrei rispondere?- scattai in piedi esasperato, cercando di trattenermi dall'appenderlo al muro come un Mondrian, quindi mi limitai a prenderlo per il colletto della giacca nera e a sbatterlo contro la parete.

-Cos'è, capo, che sbaglio? Ogni cosa che faccio non è giusta. Le uniche cose che riesco a fare sono farmi MENARE e farmi SPARARE!- lui sorrise- E NON SORRIDERE!!! SONO SERIO!- ero furioso in modo spaventoso, tanto che mi facevo paura da solo. A quanto pareva, però, lui sembrava immune. Sbattei un pugno vicino alla sua testa, sperando di notare anche solo un cambiamento, ma nulla. Il suo sguardo, severo e fiero, altezzoso e irritante. Stringevo i denti così forte che le tempie iniziavano a farmi male- Perchè...- ringhiai-... sei venuto...?- lui non rispose. Se non mi partiva l'embolo lì, non mi sarebbe più partito. Strinsi leggermente la stoffa prima di mollarlo e allontanarmi- A domani, capo.-

-Notte Tony... riposati.-

-Sicuramente.- dissi buttandomi a letto, chiudendo gli occhi e coprendomi fino agli occhi, tappandomi la bocca con entrambe le mani per bloccare i miei denti che sbattevano tra loro per il nervoso. Lui mi passò una mano tra i capelli e io mi girai di scatto.

-Se fai tardi, domani, ti ammazzo.- disse calmo con mezzo sorriso mentre mi tirava leggermente i capelli della fronte. In una frazione di secondo la mia rabbia andò a farsi benedire, lasciando spazio a due occhi luminosi e sognanti che lo fissavano come se fossero calamitati.



. . .



Entrai in ufficio e mi sedetti alla scrivania, senza togliermi gli occhiali da sole. Ero in orario ma Gibbs e Kate erano arrivati comunque prima di me. Mi voltai verso la scrivania di McGee. Era ancora in ospedale e mi faceva un po' senso vedere la sua postazione vuota.

-Tony?- mi chiamò Kate.

-Mh?-

-Tutto ok?-

-Sìsì, tutto bene.-

-Gli occhiali, DiNozzo.- disse Gibbs senza alzare la testa dal fascicolo che stava riordinando.

-Capo, li tengo un altro po' che è...-

-Levali.- fece secco. Io sospirai e li sfilai, posandoli alla scrivania.

-Mio Dio, Tony, che hai combinato?- avevo le occhiaie rosso papavero sotto gli occhi e la parte bianca dell'occhio era dello stesso colore. Avevo gli occhi così iniettati di sangue che, alla mattina, appena sveglio, mi ero perfino spaventato.

-DiNozzo è un deficiente.- commentò tranquillo Gibbs alzando le sopracciglia.

-Grazie capo.-

-Prego.- e si ricominciava daccapo, come tutte le volte. Per quale motivo?!

-Capo...-

-Mh?-

-Volevo chiedere una cosa.-

-Spero per te che sia una domanda intelligente.- disse lui secco.

-Lo so che il lavoro è tanto, che abbiamo perso una testimone, che siamo indietro in modo incredibile con i rapporti... volevo...- trattenni il respiro-... volevo chiedere se potevo avere un'ora d'aria.- feci poi tutto d'un fiato. Lui alzò gli occhi dal fascicolo e mi fissò, impassibile. Riabbassò lo sguardo e sospirò.

-Se vai dove penso che andrai sì, ma sappi che starai a lavorare anche stanotte.- scattai in piedi.

-Grazie capo!!!- presi la giacca e corsi alle scale. Scesi in parcheggio e mi avvicinai alla macchina, salendoci poi. Accesi e partii senza perdere nemmeno un minuto. Ci misi dieci minuti ad arrivare all'ospedale.

-Scusi...- feci attirando l'attenzione della signorina della reception.

-Salve, mi dica.-

-Timothy McGee a che piano è?- lei digitò sul computer il nome del mio collega.

-Secondo piano, ala est, stanza 452.-

-Grazie mille!- e mi avviai. Ero quasi sicuro che mi sarei perso ma sperai e pregai la mia buona stella affinché mi aiutasse a raggiungere McGee senza perdere minuti preziosi. Non appena arrivai davanti alla porta, guardai l'orologio. Erano passati già venti minuti da quando avevo lasciato l'NCIS. Presi un gran respiro e bussai.

-Avanti.- la sua voce mi fece salire un brivido lungo la schiena. Mi mancava! Aprii la porta ed entrai, guardando mentre sul suo viso si allargava un sorriso- Tony!-

-Ehi, McTonto...- sussurrai avvicinandomi a lui- Non sei più contagioso, vero?- domandai ironico cercando di scacciare il nervosismo che mi aveva per bene afferrato.

-Stupido, no, non sono più contagioso, rilassati!-

-Ok, perfetto!- mi sedetti sulla sedia di fianco al lettino.

-Come mai sei qui? Non avevi da lavorare?-

-In realtà sì, quest'ora d'aria mi costa tutta la notte di lavoro.-

-Oh, mi spiace.-

-Figurati... alla fine... mi fa piacere.-

-Non dire queste cose, sennò penso che t'importi di un PIVELLO!- e ci sarebbe mancato altro!!! Mi importava eccome di un mio collega, altrimenti l'avrei lasciato morire lì.

-Sì, sei proprio un pivello! Come ti senti?-

-Mi sento molto meglio! Devo ammettere che mi annoio da pazzi. Prima lavoravo come un mulo, ma almeno avevo qualcosa da fare!!! Qui passo ore intere a sbriciolare i biscotti. E' noioso, Tony.-

-Lo so, lo immagino! Non ti invidio. Ti hanno già detto quando uscirai?-

-Tra due settimane, sperando che non ci siano complicazioni di vario genere.-

-Complicazioni di vario genere?-

-Sono stato ammalato, Tony, e non ho certo avuto un raffreddore!-

-Guarda, vorrei ricordarti che lo so, c'ero anche io!-

-E allora dovresti sapere...- mi tornò in mente il colore che aveva la sua pelle in quella casa. Le labbra gli eran diventate blu e penso che non avrei mai scordato lo spavento che provai mentre i suoi occhi si giravano e perdeva i sensi.

-Oh McGee, non hai idea di quello che so...-

-Oh, approposito. Ho sentito della Foster...-

-Brutta storia.-

-Sì, vero. L'hai fatta secca secca?-

-Secca secca.-

-Il capo?-

-Una bestia.-

-Lo sospettavo. Tu invece? Come stai?-

-Quello che stava male sei tu. Io sono una roccia, lo sono sempre stato e lo sarò sempre.- lui non disse nulla, si limitò a guardarmi, serio.

-Tony ascolta. Sappiamo entrambi che tra me e te c'è un rapporto di competizione a livello universale, ma certe cose riesco a capirle meglio di quanto tu possa mai pensare di fare.- lo guardai- Sei un uomo forte, senza ombra di dubbio. Forse il più forte che abbia mai conosciuto, Gibbs escluso, lui non è umano.- mi scappò un sorriso. Non avevo neanche l'ispirazione per offendere quel pivello che sembrava... preoccuparsi per me- Fattostà che si vede quando qualcosa non va. I tuoi occhi non sono come te, sappilo. Se lo capisco io che sono un Pivello, figurati chi ne sa più di me ed è più sveglio.- credo ufficialmente che si riferisse a Gibbs, ma preferii non indagare.

-Sai, McGee... Io sono così. Mi conosci da poco per cui posso anche darti qualche informazione. Io sono come mi vedi. I miei occhi non dicono di più di quello che dice la mia bocca. Se ho qualche problema lo dico. Sono una lagna, lo sai.-

-Sei una lagna per le stupidaggini. Non dici mai a nessuno se hai dei problemi. Dovresti cominciare a scrivere un diario...-

-”Il piccolo diario della liceale Anthony DiNozzo”?- lui si mise a ridere.

-Magari “Il piccolo diario dell'agente speciale Beota DiNozzo”.- disse lui facendomi sorridere.

-Forse un giorno lo inizierò. Per ora mi limito a pensare ai miei problemi.- lui allungò una mano sul comodino e mi passò un pacco di fogli rilegati- Cos'è?-

-Me lo sono fatto portare. E' quello che stavo scrivendo. Non è finito, è solo la prima parte.-

-Il tuo giallo?-

-Sì.-

-Come hai...-

-Non ha importanza. Se vuoi leggerlo...-

-TI avevo già detto che mi andava, no?!- sorrisi sfogliando le pagine.

-D'accordo. Ora vai, o Gibbs ti ucciderà se ritardi.- guardai l'orologio, scoprendo che avevo finito il tempo da una decina di minuti.

-DANNAZIONE!!!- mi alzai e senza pensarci feci per avvicinarmi a McGee. Mi chinai su di lui e mi ritirai su, sussultando. Lui fece lo stesso, voltandosi a guardarmi. Gli diedi qualche schiaffetta, imbarazzato, sulla testa ed uscii, chiudendomi la porta alle spalle. Non ci avevo nemmeno pensato, era capitato... Stavo per... baciarlo sulla fronte? No, non era possibile, era solo una mia impressione!!! In realtà volevo... ma chi volevo ingannare? Stavo DAVVERO per baciarlo sulla fronte...




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