Fanfic su artisti musicali > SHINee
Ricorda la storia  |      
Autore: sehunssi_    02/08/2011    5 recensioni
[Jongho - Jonghyun/Minho]
Si mise una mano tra i capelli, mordendosi il labbro e cercando di trattenere le lacrime, inutilmente, perché cominciò a singhiozzare così forte che chiunque sarebbe stato capace di sentirlo nel raggio di dieci chilometri. Aveva il viso paonazzo, respirava a fatica e tirava su col naso: non proprio un bello spettacolo. Rimase a piangere per un ora buona, poi si passò il braccio sotto al naso, asciugandolo alla meno peggio. Decise di alzarsi, e di rimettere a posto quella che fino a poche ore fa era la loro casa. Probabilmente non la sarà più, pensò.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Jongho scritta in un momento un po' così. Il titolo è preso dal testo di "Cut Me, Mick." degli Yellowcard. Se volete, potete ascoltarla mentre leggete (: E' un AU, quindi non vengono rispettate l'età dei personaggi. I fatti narrati non sono accaduti nè mai accadranno e... Il Jongho è amore, leggete! v___v


- - - 

You are the one that I need.

E’ finita. E nonostante tutto, continuo ad amarti.”

Così citava l’ultimo messaggio sul cellulare di Minho. Continuava a fissare quelle parole da più di un’ora, seduto per terra con la schiena appoggiata al muro. Avevano litigato, di nuovo, per l’ennesima volta. L’appartamento era completamente a soqquadro: piatti rotti per terra, libri sparsi su tutto il parquè e sedie rovesciate. Erano così, lui e Jonghyun, quando litigavano –di brutto, come questa volta – distruggevano praticamente ogni cosa. Sfogavano così la loro rabbia, quella che entrambi tenevano chiusa, ormai da troppo tempo dentro di loro.

Si mise una mano tra i capelli, mordendosi il labbro e cercando di trattenere le lacrime, inutilmente, perché cominciò a singhiozzare così forte che chiunque sarebbe stato capace di sentirlo nel raggio di dieci chilometri. Aveva il viso paonazzo, respirava a fatica e tirava su col naso: non proprio un bello spettacolo. Rimase a piangere per un ora buona, poi si passò il braccio sotto al naso, asciugandolo alla meno peggio. Decise di alzarsi, e di rimettere a posto quella che fino a poche ore fa era la loro casa. Probabilmente non la sarà più, pensò. Mentre raccoglieva da terra le varie cartacce e i cocci, vide qualcosa luccicare sul pavimento. Lo raccolse: era la fede di Jonghyun. Strinse forte il pugno, fino a graffiarsi con le proprie unghie, affondandole nella carne. Quel dolore era niente in confronto a quello che provava dentro di sé.

Posò la fede sul tavolo, e la fissò, in silenzio. Quella cosa davanti ai suoi occhi era la prova che, ora, era tutto finito. Quel messaggio mentiva, non era vero che l’amava. Perché Minho aveva stampata in bene in mente quella scena, l’esatto momento in cui Jonghyun urlava “Vaffanculo, egoista!” e si toglieva l’anello, lanciandolo chissà dove. Ricordava benissimo la sua espressione, così piena d’odio e risentimento. E ricordava ancora bene come lo avesse scansato, malamente, e di come avesse preso il proprio giacchetto per poi sbattere la porta alle sue spalle.

Fuori è freddo, e chissà dove sei ora.

Così, in un giorno qualsiasi di dicembre il matrimonio di Choi Minho finì. Non divorziarono, no, semplicemente Jonghyun se ne andò, non facendo mai più saper niente. Qualche giorno dopo il litigio arrivò Taemin, che con il viso arrossato dal freddo chiese se poteva prendere le cose di Jonghyun: gliel’aveva chiesto lui, Minho, di venire a prendere le sue cose. Vederle gli faceva troppo male.

“Sono di qua, vieni.” Disse al giovane. Taemin seguì il più grande, sentendosi un po’ di troppo in quella situazione.

Tutte le cose dell’ormai ex amante erano state riposte in perfetto ordine in degli scatoloni, che Minho portò nella macchina di Taemin assieme a lui. Quando ebbero finito, Taemin si congedò ringraziandolo per la gentilezza dimostrata con suo cugino in quegli anni. Poi mise in moto, lasciando Minho da solo. Lui e quell’appartamento, troppo grande per una sola persona.

L’unica cosa che Minho aveva tenuto era la fede. L’aveva risistemata nella sua scatolina, riposta a sua volta nell’ultimo cassetto del comò. E lì sarebbe rimasta, per sempre. La sua invece l’aveva ancora al dito, e lì sarebbe rimasta. Cominciò a girarla un po’, poi la sistemò per bene al dito. Si buttò a peso morto sul letto, chiudendo gli occhi. L’indomani sarebbe stato lui a trasferirsi, quell’appartamento aveva aria di vecchio e di sofferenza. Si addormentò, sognando di quando era ancora felice.

-

Minho era convinto che non avrebbe più rivisto Jonghyun, e così era stato per circa cinque anni. Ne era convinto, sì, perché l’altro era completamente sparito dalla circolazione e nessuno ne aveva avuto più notizie. Nemmeno Kibum, amico d’infanzia di Jonghyun, era stato capace di dirgli dove fosse finito. Taemin aveva saputo per puro caso da Jinki che Jonghyun aveva fatto un breve ritorno a casa, aveva preso lo stretto necessario ed era andato via, lasciando tutto e tutti senza dire niente. Adesso invece era davanti a lui, in piedi. Stava davanti alla porta di casa sua, con un’enorme valigia di fianco e uno zaino sulle spalle. Era visibilmente stanco e affaticato. Minho, scosso da questa visita improvvisa, non sapeva né cosa dire né cosa fare.

“Mi fai entrare, per piacere?” Chiese Jonghyun a testa bassa. Minho si scansò, facendo entrare il più vecchio. Poi chiuse la porta, tremando. E adesso, cosa sarebbe successo?

“Hai cambiato casa.” Disse Jonghyun posando lo zaino per terra e togliendosi il pesante giubbotto. Era dicembre, lo stesso mese in cui se n’era andato via.

“Casa nost- , l’appartamento era troppo grande per me. E l’affitto troppo caro. V-vieni, dammi il giacchetto te lo poso io.” Tese una mano verso Jonghyun, che a sua volta gli diede il giacchetto. Per una frazione di secondo le loro due mani si sfiorarono.

“Bell’appartamento, comunque.” Jonghyun si buttò sul divano, sdraiandosi completamente. Per un po’ fra i due calò il silenzio, poi Minho finalmente decise di dire qualcosa.

“T-ti sembra normale comportarti come stai facendo adesso?”

“Ovvero?” Jonghyun sbadigliò, senza nemmeno coprirsi la bocca.

“Venire a casa mia, comportarti come se nulla fosse… fare finta di niente.”

“Secondo la legge, tu ed io siamo ancora sposati. Ne ho tutto il diritto.”

“No!” urlò Minho. “Non ne hai, non ne hai affatto! Io, io avrò fatto i miei sbagli ma non sono sparito dal mondo per cinque lunghi interminabili anni.” Mise una particolare enfasi su “lunghi” ed “interminabili”, cercando in qualche modo di far sentire in colpa Jonghyun. Sapeva che era del tutto inutile, perché un testone come lui non avrebbe mai capito. Si mise a sedere, sbuffando e tenendo ancora fra le mani il giacchetto dell’amico.

“Pensi che io non abbia pensato a te, in questi anni?”

“No.”

“Risposta veloce e… sbagliata. Tu non sai cosa ho fatto in quest-“

“No, non lo so! Non lo so perché non me l’hai detto! Non lo so perché, cazzo, mi hai lasciato.” Minho cominciò a piangere, come un bambino di cinque anni, quando la madre gli vieta di giocare coi proprio amichetti.  Agli occhi degli adulti è poca cosa, ma per un bambino è come la fine del mondo. Lo stesso era adesso per Minho, mentre per Jonghyun sembrava essere un po’ come quella mamma.

Si mise a sedere sul divano, guardando l’altro che continuava a tirare su col naso. Poi si alzò in piedi, andando verso l’amico. Stava in piedi, proprio di fronte a Minho, che si copriva il viso con le mani, mentre ancora piangeva. Lo abbracciò, premendo la sua testa contro il suo petto. A quel punto Minho cominciò veramente a singhiozzare forte, come aveva fatto cinque anni prima. Solo che stavolta le braccia che aveva immaginato che lo stringessero c’erano davvero, e lo stavano tenendo proprio in quel momento. Jonghyun cominciò a carezzargli i capelli, dolcemente. Chiunque avesse visto quella scena si sarebbe probabilmente messo a ridere: due uomini, entrambi sulla trentina, che si abbracciano. E per di più uno piange pure come una scolaretta innamorata. Ma nessuno li avrebbe mai visti, perché erano al sicuro nella casa di Minho.

“Tu, tu non sai quanto io ti abbia pensato. Non lo puoi immaginare.”

“---“

“E non puoi nemmeno capire perché io sia dovuto andarmene. Non ce la facevo più, Minho, non ce la facevo più. “

“S-s-sei stat-o egoist-a” disse l’altro tra i singhiozzi. Jonghyun continuava a carezzargli la testa, stringendolo ancora di più.

“Lo so. Così egoista da andarmene pensando che ti avrei fatto del bene. Sono stato stupido, vero?” cercò di ridacchiare, per smorzare un po’ la situazione. “Minho.” Jonghyun lasciò andare l’abbraccio, e il moro alzò il viso: aveva gli occhi gonfi e rossi.

“Non piangere più, ti prego.” Sussurrò Jonghyun, prima di prendergli la testa con le proprie mani. “Non piangere più.” Poi si avvicinò e lo baciò, nel modo più tenero possibile. No, Minho non riusciva proprio a smettere di piangere, soprattutto in quel momento. Jonghyun staccò dolcemente la labbra, guardando l’amico negli occhi.

“Ti amo Minho. Ti amo da quando ci siamo conosciuti. E ti amerò, finchè morte non ci separi, ricordi?”

Minho si perse negli occhi grandi e profondi di Jonghyun, non trovando le parole per rispondere. Si passò le mani sugli occhi, cercando di asciugarli. L’altro gli sorrise, accarezzandogli le guance con i pollici delle mani. Minho mise la propria mano sulla destra di Jonghyun, cercando di stringerla un po’.

“Ti amo anche io.” Disse, abbozzando un sorriso.

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > SHINee / Vai alla pagina dell'autore: sehunssi_