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Autore: Danda93    05/08/2011    2 recensioni
STORIA FERMA PER REVISIONE (probabilmente verrà cambiata in toto)
Cosa succederebbe se Ace, Comandante della 2a flotta di Barbabianca, incontrasse Shokoya, una tenace ragazzina dagli occhi di cristallo?
E se la ragazzina fosse promessa ad un altro? Spero di avervi incuriosito, vi auguro buona lettura! ;)
Genere: Drammatico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nanako la medicò mentre io me ne stavo seduto tranquillo a guardare il piccolo campo davanti a me, l’erba tagliata da cui spuntavano alcuni fiori colorati e ben curati, forse da Nanako stessa. Ero perso nei miei pensieri quando sentii la donna alle mie spalle che diceva qualcosa, mi voltai “Come..?” Lei mi guardò per poi ripetere “Shokoya è in camera adesso, starà meglio tra un paio di giorni.” Poi sorrise senza guardarmi e si inginocchiò accanto a me “Vorrei chiederti un favore, D., posso?” La guardai perplesso “Certo.” “Vorrei che, nonostante Smoker sia tuo nemico, tu non mettessi Miku in mezzo a voi due. Non voglio che le venga fatto del male. Te lo sto chiedendo per favore, D., non voglio doverla medicare per delle ferite che le avete inferto tu o il Commodoro.” Poi mi guardò, con quegli occhi pieni di affetto che solo una madre potrebbe avere nei confronti di una figlia, rimase immobile, speranzosa e supplicante al tempo stesso. “Prometto di non ferirla più.” Le sorrisi cercando di farla sentire meglio e lei si alzò in piedi. “Grazie D.” Si chinò a darmi un bacio sulla fronte per poi rientrare.

 

Guardavo il soffitto della mia stanza in silenzio, pensando a ciò che era accaduto. Alle fiamme che avevo visto attorno a me, nel bosco, al calore che veniva sprigionato da queste. Pensavo alla paura che voleva prendere possesso della mia mente, ma che doveva scontrarsi con la razionalità e col coraggio. Sapevo che dovevo restare lucida, Smoker me l’aveva insegnato in uno dei suoi allenamenti. M’aveva accerchiata col fumo, non vedevo nemmeno le mie mani. Mi ero fatta prendere dal panico e le avevo prese. Era stato molto doloroso. Eppure la lezione successiva avevo controllato meglio la mia paura ed ero almeno riuscita ad impugnare la piccola katana, anche se poi le avevo prese di nuovo da Smoker. Adesso mi veniva da ridere ripensando a quei giorni in cui ancora ero costretta a chiamarlo “maestro” e a non urlargli contro se qualcosa non andava. Adesso me ne stavo lì, sorridendo tra me, mentre sentii qualcuno entrare nella stanza e, dalla cadenza del passo, doveva essere Nanako.

Appunto. Si sedette accanto a me e mi guardò amorevole come sempre “Sho-chan, sai che ti voglio bene. Devi stare più attenta a te.” Aveva gli occhi lucidi, ma non pianse. Era una donna forte, forse più di me. Anzi, lo era eccome. Poggiò sulla mia fronte una garza bagnata d’acqua fredda ed io rabbrividii. Le sorrisi e chiusi gli occhi “Nana-san, ho preso una settimana di vacanza oggi. Smoker ha resistito un po’, poi però ha ceduto, finalmente.” La sentii ridacchiare “Quel vecchio scorbutico cede sempre quando si tratta di te!” Risi anche io, poi però un lampo mi attraversò la mente e riaprii gli occhi di scatto. “Devo parlare con Smoker! Assolutamente! Devo avvertirlo che Law-“ Mi interruppi quando vidi Nanako sbiancare a quel nome. Sapevo che non dovevo nominarlo in sua presenza! Lo sapevo, maledizione! “Sho-Shokoya... Law è...” Balbettava terrorizzata “Stai tranquilla, farò perlustrare la città, lo farò tenere d’occhio finché non se ne sarà andato di qui. Non ti si avvicinerà, te lo prometto!”

Tentai di alzarmi, ma una fitta allo stomaco mi costrinse a tornare distesa. “Maledizione...!” “Miku non devi alzarti, sei ferita!” “Nanako! Devo parlare con Smoker! Ora!” La vidi alzarsi ed uscire dalla stanza, poco dopo tornò con un mantello tra le braccia “Ti accompagno io. Ho detto a D. di rimanere fuori le mura per un po’. Non lo troveranno.” “Tu non puoi venire con me. Se ti vedesse Law-” “Correrò il rischio!” Mi aiutò ad alzarmi e mi infilò il mantello di color arancio acceso, con ricami verde smeraldo. “E adesso andiamo dal Commodoro.”

 

Nanako mi disse che dovevo nascondermi nel bosco, solo per un’oretta, ma non mi aveva spiegato bene il perché. In ogni caso decisi che, forse, era meglio obbedire dato che avevo già combinato abbastanza danni.

 

Ci incamminammo con calma verso l’ufficio di Smoker, discutendo sul da farsi. “Se sorvegliassero la casa scoprirebbero che sto nascondendo Ac- volevo dire... D.” Lei rimase in silenzio. “Ho capito che D. è un pirata, non hai bisogno di nascondermelo. Era limpido.” Poi mi sorrise dolcemente, come al solito. “In ogni caso,” Proseguì “dobbiamo proteggere anche lui da Smoker, oltre che me da Law... Quindi, perché non facciamo sorvegliare Law invece che casa nostra?” A volte mi stupiva, sapeva architettare piani più geniali dei miei. “Sì, sono d’accordo.” Quando arrivammo al Quartier Generale della città fummo ricevute immediatamente da Smoker che, dopo avermi vista in quelle condizioni, non mancò di sbeffeggiarmi. “Ma tu guarda, ti do un po’ di ferie e tu ti conci in questo modo? Devo smettere di darti vacanze allora!” Si mise a ridere, con voce roca, profonda e, se devo essere sincera, anche un po’ inquietante. Discutemmo della situazione e sul da farsi, proponendo, come giustificazione al fatto che non volevamo sentinelle a casa, quella di non volere troppa confusione attorno alla nostra abitazione, che doveva restare assolutamente anonima agli occhi di Law. “Se mettessimo delle guardi lì attorno in effetti desterebbero sospetti e attenzioni.” Smoker sembrò riflettere su ciò che aveva appena detto, poi annuì “D’accordo, sorveglieremo Law discretamente.” “Grazie... Grazie mille.” Mi inchinai leggermente nascondendo una smorfia di dolore quando ci alzammo per andarcene. “Sì, sì...” Lui ci liquidò in fretta, come al solito. Quando uscimmo Tashigi, seduta dietro la sua scrivania, semi sommersa dalle pratiche del Commodoro, ci salutò sorridente. Ci avviammo verso casa e trovai Ace alla porta di casa “Fortuna che gli avevi detto di aspettare fuori le mura...” Lui ci venne incontro “Ehy, un’ora è passata da un pezzo..!” Ridacchiò per poi sollevarmi di peso, lasciando che Nanako aprisse la porta di casa. “Guarda che riesco a camminare benissimo.” “Fa niente.” Mi portò sino in camera mia, dove mi lasciò distesa sul letto, poi rimase lì, in piedi accanto al baldacchino, a testa bassa. “Ace...” “Mi dispiace...” Strinse i pugni e io mi sollevai a sedere, con non poca fatica. “Ace calmati, non preoccuparti, sto guarendo in fretta!” Gli sorrisi, ma lui nemmeno mi guardava. “Però... Se io non mi fossi arrabbiato... Se avessi controllato la mia forza...” Ace, capita a tutti di perdere il controllo di tanto in tanto... È normale...” “Non è vero... Tutto questo è colpa mia...!” “E quindi? Ora che vuoi fare? Cancellare tutto? Eppure non si può! E potrebbe ricapitare! Ma non è giusto che tu ti incolpi così!” Mi guardò ad occhi spalancati, erano lucidi, come se stesse per piangere ed io odiavo le persone che piangevano. Non potevo sopportarlo. Gli feci cenno con la destra di sedersi accanto a me, sul baldacchino. Da seduto mi dava le spalle, poggiava gli avambracci sulle ginocchia e  se ne stava a testa bassa. Potevo vedere i muscoli tesi della sua schiena, la croce col teschio del suo capitano tatuata sulla schiena. “Sei della ciurma di Edward Newgate... Giusto?” Lui alzò la testa e mi guardò. “Quello che porti tatuato sulla schiena è il suo stemma, il simbolo del leggendario Barbabianca.” Il suo sguardo si riempì d’orgoglio. Tipico di un pirata. “Certo! Barbabianca diventerà il nuovo Re dei pirati! Sarà il pirata più potente dei sette mari!” Sorrisi vedendo che era tornato quello di prima.

 

La guardavo e agitavo le braccia, facendo dondolare leggermente il letto sotto di me, parlavo di Barbabianca e di ogni sua impresa, di quando l’avevo conosciuto e di quando ero entrato a far parte della sua ciurma. Ero esaltato al punto da non controllarmi. La vidi sorridere e coprirsi la bocca con la mano sinistra, mi fermai e rimasi a guardarla. “S-scusa, ma... Sei così buffo quando parli così... Sembri un bambino!” Si mise a ridere, anche se col braccio destro si teneva lo stomaco, forse per il dolore delle ferite. Non le dissi nulla, rimasi a guardarla ridere, imbambolato come un perfetto idiota. Quando si calmò mi fissò un attimo per poi sorridere, ma mi sembrò un po’ triste. “Peccato tu sia un pirata, Ace...” Nanako bussò alla porta in quel momento per avvertirci che la cena era pronta. Mi alzai e l’aiutai senza dire nulla. Non sapevo cosa voleva dire la sua frase, né la tristezza che avevo letto in quegli occhi di cristallo. Cenammo tutti e tre assieme, poi ognuno se ne andò a dormire, esausti per la giornata, chi per un motivo, chi per un altro. Non riuscii a chiudere occhio, pensando alle parole di Shokoya: “Peccato tu sia un pirata, Ace...”.

  
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