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Autore: Akiko chan    14/08/2011    1 recensioni
Indugiò ancora un attimo, perso in quel mare glauco, assaporando quell’emozione sconosciuta che lei sola sapeva trasmettergli… Un attimo ancora prima di entrare in lei. E fu in quell’attimo che lo percepì per la prima volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Kei imprecò furibondo per l’ennesima volta assestando un violento pugno contro la parete della stanza. Era l’alba ed era esausto. Non aveva chiuso occhio per tutta la notte ed era un fascio di nervi pronto ad esplodere alla minima provocazione. Ma che cazzo ci faceva Pat assieme a quel pidocchioso di Mister X? Perché si lasciava trattare in quel modo ignobile? Possibile che fosse infatuata al punto tale da calpestare la sua dignità di persona? Accidenti! Era meglio saperla assieme a Zeo, almeno quel damerino non si sarebbe mai permesso di rivolgersi a lei in quel modo disgustoso!
 
-…Mi spiace ma sei arrivato tardi…magari quando mi sarò stufato io te la posso passare…-
 
Ma come osava fare un’affermazione del genere? Che schifo!
 
Osservò torvo il cielo che piano piano si tingeva d’indaco, quel colore tanto familiare… No! Non poteva permettere che si annullasse in quel modo vergognoso! Mai e poi mai! Doveva farla ragionare a costo di rendersi ridicolo, a costo di supplicarla in ginocchio… qualsiasi prezzo era disposto a pagare pur di convincerla a lasciare quell’essere immondo che sembrava avere un potere tanto deleterio su di lei.
 
Uscì come una fiera inferocita dalla stanza, dirigendosi deciso verso la camera di lei. Girò l’angolo e con sorpresa la vide immobile di fronte alla porta chiusa dell’ascensore, in paziente attesa.
 
-Pat dove stai andando?- le chiese senza tanti inutili preamboli, lanciando una sfuggente occhiata al pesante borsone appoggiato davanti ai piedi della ragazza. A giudicare dal volto teso neppure lei doveva aver dormito molto quella notte. Quella semplice constatazione accese in Kei una tenue speranza.
 
-Kei…- mormorò confusa abbassando lo sguardo.
 
Oh bene! Almeno un po’ di vergogna per se stessa la provava quindi!
 
-Non ho parole per il tuo comportamento di ieri sera!- l’attaccò deciso, rinvigorito dal tormento che percepiva dilaniare la ragazza, rendendola incapace di sostenere il suo sguardo arrabbiato ed accusatore.
 
La vide sussultare spaventata e per la prima volta Kei ebbe la netta sensazione che vi fosse qualcosa che non quadrava -Pat dove stai andando?- ripeté afferrandola per una spalla e scuotendola leggermente.
 
-Torno a casa mia, ho l’aereo tra un’ora…- rispose con un filo di voce.
 
Non mi toccare…la tua mano brucia più del fuoco sul mio corpo, possibile che la tua presenza sia ancora così insopportabilmente devastante?- pensò guardando di sottecchi la mano ampia del ragazzo appoggiata su di lei, ma era troppo debole per opporre una qualsiasi resistenza a quel tocco leggero eppure così pesante.
 
-Ma il preside Dai Tenji lo sa?-
 
-Sì certo, mi sta aspettando nell’atrio-
 
-Sì forse è la cosa migliore…per tutti…- confermò più rivolto a se stesso che non a lei, ma poi, colto da un atroce dubbio, aggiunse con un tono indagatore che riuscì a malapena a dissimulare -Mister X viene con te?-
-No-
 
-Meglio, quel tizio non fa per te-
 
-Uhm…grazie per il consiglio!- sbottò sarcastica, scrollandosi bruscamente di dosso la mano del ragazzo ancora appoggiata sulla sua spalla -Ecco l’ascensore, addio Kei…-
 
-Pat!-
 
-Io non so come ha fatto ieri sera…ero come ipnotizzata…-
 
-Ipnotizzata?!?!?-
 
-Sì non ero io! Ti giuro che non ero io Kei!... Kei…ho paura…-
 
-Pat!- chiamò, ma le porte chiuse dell’ascensore gli rimandarono solo la sua immagine riflessa. No, se l’era sognato...era tutto assurdo! Ipnotizzata? Ma che cazzo di scusa era? Bah! Sicuramente era la sua mente arrabbiata che gli faceva percepire spiegazioni inesistenti. Kei rimase immobile per lunghi istanti, fissando imbambolato la fredda parete a specchio dell’ascensore.
 
In quella medesima posizione lo trovò Rei che sopraggiungeva dal corridoio laterale stiracchiandosi come un gatto le lunghe braccia sopra la testa. Il ragazzo cinese si era alzato all’alba, come era sua abitudine, e si stava dirigendo al parco per la corsa mattutina -Ciao Kei che ci fai qui immobile? Ehi Kei ti senti bene?- chiese con apprensione notando il volto pallido dell’amico -Kei che hai?- ripeté appoggiando una mano sulla spalla dell’amico e scuotendolo lievemente come poco prima Kei stesso aveva fatto con Pat.
 
-Se n’é andata-
 
-Chi?- chiese Rei senza capire.
 
-Pat è partita. Torna in America-
 
-Così senza salutarci?!!?- esclamò incredulo Rei.
 
-Non le sono mai piaciuti gli addii…-
 
-Quando è partita?-
 
-Qualche minuto fa…-
 
-Aspettami qui! Sveglio gli altri e la raggiungiamo all’aeroporto! Si merita proprio una bella tirata d’orecchi! Eh no, non si fa così- urlò Rei dirigendosi di corsa verso stanza di Takao e Max.
 
Kei era troppo frastornato per tentare una qualsiasi reazione. Ma che cosa era successo al mondo? Vorticava a velocità quadruplicata attorno a lui facendo accadere troppe cose in lassi di tempo infinitamente piccoli, non lasciandogli il tempo di metabolizzare nulla … Mistero Nero… Pat… Zeo… Mister X… ipnotizzata?!
 
I Blade-breakers al completo, compresi Zeo, Hilary ed il Professor Kappa, giunsero di corsa e in pochi istanti erano tutti stretti attorno a Kei.
 
Un gruppo sa sempre qual’è il suo elemento più vulnerabile, ed in quel momento Kei era colui che aveva più bisogno di sostegno e forza. Ancora il puzzle non era completo, alcuni passaggi erano oscuri ai suoi amici, ma Kei stava soffrendo… ormai ne erano certi: il loro inossidabile compagno stava penando le torture dell’inferno.
 
-Perché l’hai lasciata partire? Perché non ci ha detto niente? Ehi Kei stai ancora dormendo? Insomma sveglia! Credevo di essere io l’unico rincoglionito di mattina presto- lo attaccò Takao soffocando uno sbadiglio e nascondendo, come suo solito, la preoccupazione dietro un’aria di finto tontolone.
 
-Dove state andando?- chiese Mister X sopraggiungendo di corsa seguito dai suoi tre fedeli compagni.
 
-Andiamo all’aeroporto a salutare Pat- rispose ingenuamente Takao infilandosi nell’ascensore aperto, insieme ai compagni.
 
-No meglio di no- protestò Mister X perentorio.
 
-Cosa vuol dire no? Sì invece! Venite anche voi? No? Allora io chiudo...bye bye…- salutò allegramente Takao premendo il pulsante del pianterreno.
 
Dunga fu sveltissimo a frapporre il suo enorme piede tra le due porte metalliche, facendole riaprire. In breve anche i quattro ragazzi si infilarono nello stretto abitacolo.
 
In strada trovarono due taxi appostati proprio fuori dell’albergo.
 
-Ragazzi fermatevi...é meglio di no- insistette Mister X in un ultimo tenace tentativo.
 
-Ma insomma vuoi stare zitto? È un’amica e noi la vogliamo salutare- tagliò corto Takao, infilandosi senza perdere altro tempo nel primo taxi.
 
Accidenti! Come poteva fermare sette persone determinate a cacciarsi nel guaio più grosso della loro vita? Mister X prese la sua decisione in fretta: se non poteva fermarli li avrebbe seguiti anche in capo al mondo, doveva vegliare su di loro a qualsiasi costo. Stupidi, idioti, incoscienti… perché non la lasciavano partire in santa pace? Perché non lo capivano quanto lei fosse pericolosa?
 
Il ragazzo sospirò rassegnato e fece un cenno a Dunga e a Mariam che subito si infilarono nel primo taxi insieme a Hilary il Professor Kappa e Kei mentre lui e Jessie salirono nell’altro con Rei, Max e Zeo.
 
Le due vetture sfrecciarono veloci nelle vuote strade della metropoli non ancora congestionate dall’intenso afflusso di automobili. Ma al bivio per l’aeroporto le auto svoltarono nella direzione sbagliata. Mariam fu la prima ad accorgersene -Ehi autista ha sbagliato strad…- protestò la ragazza prima che il gas soporifero, esalato da dei bocchettoni sapientemente camuffati, le facesse perdere totalmente conoscenza.
 
Pat allacciò la cintura di sicurezza come l’hostess aveva appena chiesto. Immediatamente le porte del velivolo vennero chiuse ermeticamente ed i motori cominciarono a rollare sulla pista di decollo. La ragazza osservava assente al di là dal finestrino la grossa ala del velivolo che vibrava leggermente, mentre due assistenti di volo davano le solite monotone indicazioni di rito. E così se ne stava andando. Abbandonava nel nulla un anno di folli progetti di assurda vendetta. Abbandonava degli amici appena trovati. Abbandonava uno spaventoso senso di impotenza…fuggiva…tornava a casa tra le braccia sicure della sua famiglia.
 
-Signori vi preghiamo di spegnere i personal computer, i lettori cd e quant’altro….- stava ripetendo la hostess per la terza o quarta volta. Ma perché diavolo insisteva tanto?
 
-Signori non possiamo partire sino a che l’origine di questa interferenza non verrà scoperta, vi chiediamo quindi di collaborare…-
 
Accidenti ma chi era quello stupido che bloccava l’aereo? Lo sapevano anche i bambini che gli apparecchi elettronici andavano spenti prima di salire!
 
Una certa inquietudine cominciò a serpeggiare tra i passeggeri che si guardarono attorno con sospetto e preoccupazione. Anche Pat fece lo stesso.
 
-Signori l’interferenza aumenta… invito il responsabile a farsi avanti, eh via… una dimenticanza può capitare, non vergognatevi della vostra sbadataggine, può capitare…- ripeteva conciliante l’hostess con il chiaro intento di incoraggiare il colpevole ad uscire allo scoperto.
 
Pat sentì qualcosa sbattere sopra la sua testa ed alzò lo sguardo turbata. Anche l’assistente di volo notò l’inconsueto rumore e le si avvicinò in fretta, aprendo con cautela lo sportello portabagagli sopra il capo della ragazza. Uno zainetto blu scuro cadde a terra. I passeggeri spaventati osservavano increduli lo zaino che continuava a sussultare irregolarmente.
 
-Chi è il proprietario di questo zaino?- chiese l’hostess arretrando di un passo.
 
-È mio- rispose Pat allibita. Slacciò la cintura e si affrettò a recuperare lo zaino.
 
Con mosse agili aprì la chiusura e Fenix schizzò fuori strappando un urlo isterico all’hostess ed ai passeggeri seduti lì vicino.
 
-E quello cos’è?- urlò qualcuno spaventato.
 
-Un bey!- rispose meccanicamente Pat saltando in piedi -Fenix qui!- chiamò, ma il suo bey non le ubbidì, continuando a guizzare come impazzito da una parte all’altra del velivolo.
 
-Signorina fermi quel coso o la devo far scendere!-
-Ci sto provando. Fenix qui- chiamò ancora. Ma niente, anzi la trottola continuava ad aumentare l’energia di rotazione, tra non molto avrebbe raggiunto il livello critico e la Fenice sarebbe uscita! Accidenti se si liberava lì dentro sarebbe stato il panico, i delicati strumenti di rilevazione del velivolo sarebbero esplosi!
 
-Presto mi faccia scendere!- ordinò Pat correndo verso l’uscita e sperando che Fenix la seguisse. In breve i motori dell’aereo si arrestarono e la porta venne spalancata. Il bey sfrecciò fuori e Pat saltò giù dal velivolo senza neppure attendere che fosse agganciato il carrello di discesa. Come una forsennata corse attraverso la pista di decollo rincorrendo il suo bey. Ma che stava succedendo? Fenix non se ne poteva andare per i fatti suoi! Allibita la ragazza osservò la Fenice librarsi nell’aria ed il suo bey arrestarsi all’improvviso. Allora era stata la Fenice a causare tutto quel putiferio, e non un guasto a Fenix, come aveva da principio creduto. Raccolse la sua trottola e la infilò nel tascone della felpa di cotone azzurro che indossava sopra un paio di jeans sbiaditi. Poi ricominciò a correre all’inseguimento del suo Bit Power che continuava a spostarsi nell’aria.
 
Ansante e frastornata, si ritrovò al di fuori dell’aeroporto mentre la Fenice continuava a volare diretta al raccordo che conduceva alla periferia industriale della città. Pat si guardò attorno incerta; era stanca, non ce l’avrebbe mai fatta a seguire il suo Bit, ma non poteva perderlo di vista, chissà se poi sarebbe più tornato. Vide un ragazzino intento a sbaciucchiarsi con la giovane fidanzatina su una piazzola di sosta, parzialmente nascosti dal motorino di lui. Probabilmente avevano marinato la scuola per stare un po’ in intimità…beh del motorino potevano benissimo farne a meno! Si avvicinò con finta noncuranza al veicolo a due ruote e, constatato che aveva le chiavi inserite, vi saltò sopra con la celerità di un fulmine, accelerando al massimo mentre il proprietario le urlava dietro degli epiteti irripetibili!
 
Sfrecciò veloce sulle strade della capitale nipponica, zigzagando pericolosamente tra le auto che le suonavano rabbiosamente da ogni direzione. Incurante di tutto, seguiva la sua Fenice, decisa a non lasciarsela sfuggire. Non voleva perdere la sua unica amica…
 
Dopo un lasso di tempo, che a Pat sembrò un’eternità, il traffico si fece meno congestionato ed il paesaggio ai lati della strada mutò radicalmente. Enormi padiglioni si ergevano a perdita d’occhio e ben presto gli edifici divennero sempre più sporchi e decadenti. Pat si rese conto di essersi inoltrata nella vecchia zona industriale della metropoli, ormai completamente abbandonata. Rallentò la corsa del suo motociclo, guardandosi attorno preoccupata, non aveva la più pallida idea di dove fosse e di come tornare indietro, avrebbe potuto girare tra quegli edifici in rovina per ore, senza riuscire a trovare la strada di casa.
 
La Fenicesi arrestò all’improvviso e la ragazza fu costretta a bloccare il motorino con una sgommata, rischiando di ruzzolare a terra a causa del terreno ciottoloso. Ancora affannata si guardò attorno cercando di capire dove fosse finita. Il suo bit power ribelle la osservava immobile da sopra una porta di ferro chiusa da un catenaccio.
 
-Che vuoi dirmi? Che stai tentando di farmi capire Fenice? Devo andare lì dentro? Ma io ho paura…e non so neanche se mi posso fidare di te….-
 
L’animale spalancò le ali emettendo un suono gutturale che Pat non le aveva mai udito prima. La Fenice le si avvicinò, sistemandosi sulle sue esili spalle. Era la prima volta che toccava. Era leggerissima, come una piuma, e fresca, deliziosamente fresca, frizzante…Pat percepiva le piccole scariche elettriche che attraversavano il corpo dell’amica si trasmettevano a lei, ma non erano dolorose, anzi, le facevano il solletico, come tante bollicine sul corpo, si sentiva come se l’avessero immersa in un catino di deliziosa acqua minerale…
 
-Va bene amica mia, se mi prometti di starmi accanto ti seguirò ovunque! Mi fido di te!- la Fenice approvò le parole della ragazza spalancando le ali e sollevandosi in volo facendo svolazzare tutt’attorno i lunghissimi capelli biondi della blader, raccolti in una semplice coda di cavallo.
 
L’animale sacro attese che la ragazza si avvicinasse alla porta sgangherata, e Pat notò con stupore che i catenacci erano aperti e la catena arrugginita appena appoggiata, infatti al suo tocco cadde a terra sollevando una nuvola di polvere. Spalancò la porta col cuore in gola ed intravide un lunghissimo corridoio completamente buio e molto sporco. La Fenice vi entrò illuminandolo a giorno. Era tutto incredibilmente impolverato, probabilmente non vi entrava più nessuno da decenni, macchinari di ogni sorta e grandezza erano accatastati contro le pareti lerce, ma Pat non lì poté osservare con attenzione perché il bit power aveva ricominciato a volare spedito e la ragazza fu nuovamente costretta a correre per non perderlo di vista. Dopo pochi minuti il Bit si arrestò dinnanzi ad un cunicolo basso e stretto coperto da una fitta rete di ragnatele.
 
–Non vorrai mica che mi infili lì dentro spero?!?!- protestò indignata. Ma quello sembrava proprio l’intento della Fenice. Sospirando la ragazza infilò la testa nel buco non prima di averlo ripulito da un bel po’ di ragnatele, anche se ve ne erano veramente troppe per toglierle tutte. Era indubbiamente un vecchio condotto di aerazione, largo appena il necessario per farla passare carponi. La ragazza rivolse un ultimo sguardo supplichevole alla Fenice, ma questa la ignorò, infilandosi dentro il buco ed obbligandola così a seguirla.
 
Dopo una cinquantina di metri il cunicolo si restrinse ulteriormente costringendola a strisciare sul ventre come un verme, trascinandosi avanti con i gomiti. Le dolevano le ginocchia, le braccia, le mani e in più la fredda paura di dover morire miseramente come un topo in trappola in quel buio pertugio, la tormentava sempre più insistentemente, facendola soffrire ancor più del dolore fisico. Da qualche minuto aveva anche notato che l’aria era diventata rarefatta rendendole difficoltosa la respirazione.
 
Quando ormai era allo stremo delle forze sia fisiche che psichiche, finalmente il tunnel finì. Si ritrovò a fissare incredula, da due metri di altezza, una piccola riva di cemento accanto ad una specie di fosso… non voleva credere che quelle fossero …
 
-Cazzo Fenice! Dove mi hai portata?!!- sbraitò sgusciando giù dal tunnel e sgranchendosi finalmente gli arti intorpiditi. Annusò l’aria preoccupata e si rese conto che quelle non potevano essere le fogne come aveva da principio temuto: l’odore era sgradevole, sapeva vagamente di zolfo, ma non era certo paragonabile a quello degli escrementi umani! Probabilmente era un semplice canale di scolo della fabbrica da dove un tempo passavano i vari materiali di rifiuto, anche se ora vi scorreva solo un’acqua leggermente limacciosa.
 
La Fenicela guidò lungo l’argine svoltando poi a destra lungo uno spazioso cunicolo, infine si arrestò di fronte ad un muro, quindi si smaterializzò rientrando in Fenix.
 
-E adesso?-chiese incredula Pat stringendo il suo bey tra le mani sporche -Mi lasci qui? Tutta questa fatica per un muro? Fenice sei impazzita? Esci! Mi senti? Esci subito!- ringhiò scuotendo con vigore il bey.
 
Con uno sforzo disumano la ragazza tentò di ritrovare il sangue freddo per poter riflettere con lucidità. Lottò con se stessa per ricacciare indietro il lancinante senso di paura che si stava inesorabilmente trasformando in panico. La Fenice non poteva averla condotta lì senza motivo, probabilmente quel muro nascondeva una porta o un passaggio. Ficcò Fenix in tasca e cominciò ad esaminare ogni centimetro della parete con cura, ma non trovò assolutamente nulla; sconfortata si lasciò scivolare a terra mordendosi forte le labbra per non cedere alle lacrime che le pizzicavano gli angoli degli occhi. Se permetteva ai suoi sentimenti di sopraffarla, per lei sarebbe stata la fine: non sarebbe mai uscita viva da quell’incubo.
 
-Insomma Takao smettila di accanirti contro quel muro! Non vedi che è di spessa roccia?-
 
-E allora dimmi tu come uscire!- imprecò Takao gettando rabbiosamente il suo cappellino a terra e passandosi una mano tra i folti capelli neri. Da quando era terminato l’effetto del sonnifero, circa due ore prima, gli undici ragazzi si erano ritrovati rinchiusi in quello che sembrava una specie di pozzo buio. Erano prigionieri, probabilmente di Zagart, ma non ne avevano la certezza, ancora nessuno si era fatto vivo e l’inquietudine aumentava a dismisura ad ogni secondo che passava, Takao era ormai al limite della sopportazione.
 
-Possiamo solo aspettare…- disse Mariam lasciandosi cadere in un angolo dell’angusto luogo.
 
-Aspettare che?-
 
-Se lo sapessi, saprei anche come venire fuori di qui!- rispose piccata la ragazza che non era meno nervosa del capitano dei Blade-breakers.
 
Pat appoggiò le spalle al muro, reclinò il capo all’indietro e chiuse gli occhi tentando di farsi una ragione di quanto successo. Quel muro era la chiave di tutto, ma perché il bit era rientrato nel bey? Forse perché lì le serviva…
 
Spalancò gli occhi e vide un particolare che prima non aveva notato. In alto, proprio sopra la sua testa, vi era una piccola piattaforma sul bordo della quale erano anche ben visibili dei solchi dove una volta vi doveva essere stata ancorata una scala. Saltò su in piedi guardandosi attorno freneticamente, esultò felice quando intravide una lunga scala di ferro abbandonata accanto ad un cumulo di calcinacci. La sollevò da un lato appoggiandola al muro per poi trascinarla sino a sistemarla proprio sotto la piattaforma. Vi salì velocemente issandosi sul pezzo di muro sporgente, sperando che non fosse marcio al punto da crollare sotto il suo peso. Per fortuna era di solida roccia, ma non vi era niente lassù, solo dell’altro muro!
 
Al culmine della frustrazione, la ragazza assestò un pugno con tutta la forza che aveva in corpo, contro quella stupida, ennesima, inutile parete che si trovava di fronte. Lo strato superficiale del muro si sgretolò, cadendo ai suoi piedi. Osservò attentamente l’impronta che la sua mano aveva lasciato nell’intonaco sporco e screpolato. Grattò con le unghie e si rese conto che si trattava di friabile argilla. Pat continuò a scavare con entrambe le mani, mordendosi le labbra, disperata alla vista delle sue unghie che se ne andavano in pezzi. Al diavolo anche le frivole vanità femminili! Se non trovava una via uscita il prima possibile, non avrebbe più avuto bisogno né di unghie né di mani…
 
Mentre continuava imperterrita a scavare, percepì il suo bey muoversi leggermente all’interno della felpa - Allora è questo che vuoi!- esclamò, estraendo Fenix ed osservando la Fenice che pulsava –E va bene farò come vuoi tu, sino in fondo…anche perché non ho altre alternative- borbottò stizzita. Se fosse uscita viva da quel posto, la Fenice aveva un bel po’ di spiegazioni da darle… e se non sarebbero state convincenti…
 
Estrasse il dispositivo di lancio dalla tasca marsupiale del maglione e caricò il bey. Fenix si diresse velocissimo contro la parete, scavandola come una trivellatrice, in breve tempo il muro crollò, sollevando una nuvola di polvere argillosa.
 
-Ma che succede?!? Attento Takao!- urlò Max facendo un balzo di lato evitando che i ciottoli della parete gli cadessero in testa. Non altrettanto veloce fu Takao che si ritrovò coperto da una valanga di polvere.
 
-Accidenti crolla tutto!- urlò Dunga allarmato.
 
-E quello cos’è?- strillò Hilary indicando una saetta bianca che schizzò contro la parete opposta dalla quale era franato il pezzo d muro.
 
-Un bey!- esclamò il Professor Kappa.
 
-Ma non un bey qualunque, quello è Fenix!- esclamò Zeo incredulo.
 
-Ma allora c’è anc…accid…- esclamò Takao rovinando nuovamente a terra investito da un’altra nuvola di polvere, questa volta però doveva essergli caduto addosso anche un pezzo di roccia perché qualcosa di pesante gli gravava sullo stomaco. Allungò le mani tossendo per togliersi di dosso quel macigno, ma si rese immediatamente conto che non stava toccando affatto un pezzo di muro ma qualcosa di molto più morbido e caldo.
 
-Takao! Ma che modi!- esclamò Pat bloccando le mani del ragazzo che si erano strette con forza attorno alle sue cosce.
 
-Pat!- esclamarono increduli i ragazzi prigionieri nella buca.
 
-Ma è incredibile! Da dove sei arrivata?- chiese Takao fissando sbigottito la ragazza appollaiata sopra di lui.
 
-Da lì- rispose lei rialzandosi e porgendo una mano all’amico per aiutarlo a fare altrettanto.
 
I ragazzi sollevarono lo sguardo e videro la breccia aperta nel muro da Fenix che roteava ancora al centro del pozzo. Pat richiamò il suo bey, constatando con piacere che aveva ricominciato ad ubbidirle.
 
-Uao sei la nostra salvatrice! Andiamo- esultò felice Takao issandosi senza attendere oltre verso la via d’uscita aperta dalla ragazza.
-Aspetta Takao- lo bloccò Mister X anche se l’impetuoso capitano dei Blade-breaker era ormai già per metà oltre il buco aperto dalla ragazza -Che c’è?- chiese stupito Takao.
 
-Non ti chiedi come ha fatto a trovarci?-
 
Tutti la guardarono attendendo una sua risposta.
 
-Non vi ho trovati io è stata la Fenice a condurmi qui- rispose, cercando di non guardare Mister X negli occhi. L’ultima volta che lo aveva fatto si era trovata priva di volontà, soggiogata dal volere di quello sconosciuto.
 
-Da sola?!- le chiese perplesso Mister X.
 
-Sì- Pat non era disposta a sopportare oltre quelle crudeli insinuazioni, la paura, la tensione, la vergogna che aveva accumulato in quelle ultime terribili ore, esplosero in lei dandole la forza di reagire - Taci! So già che vuoi dirmi! Che i Bit Power non vanno a spasso da soli. Beh il mio lo ha fatto! Che tu mi creda o no, mi ha portato sino a qui. Ora se vuoi credermi tanto meglio, altrimenti stattene qui a marcire…a proposito come ci siete finiti voi qui?-
 
-Questo non è il momento delle spiegazioni. Andiamo- intervenne Kei sollevandola per i fianchi e porgendola a Takao che la afferrò sotto le ascelle issandola oltre il buco. Il tocco d Kei era stato talmente inaspettato che Pat si ritrovò in alto senza quasi rendersene conto, quasi…
 
-Kei tu ti fidi di lei?- gli chiese Mister X mentre anche Max e Rei si stavano issando.
 
Kei lo guardò torvo- Che le hai fatto ieri?-
 
-Non è la risposta che voglio-
-Tu rispondi a me e io rispondo a te-
 
-L’ho ipnotizzata. Allora? Ti fidi di lei?-
 
-Tu…vigliacco…- lo attaccò Kei afferrandolo per il colletto della camicia e sbattendolo contro il muro.
 
-Ma che fate voi due?- chiese Dunga guardando verso il basso dove erano rimasti solo Kei e Mister X.
 
-Arriviamo- rantolò Mister X tentando di allentare la presa soffocante di Kei.
 
-Come hai osato toccarla? Baciarla? E farmi credere che….verme schifoso ma appena saremo fuori di qui me la pagherai…e comunque mi fido più di lei che di te!- disse sprezzante lasciandolo andare con una brusca spinta.
 
-Povero sciocco come ti sbagli!-
 
-Non osare- lo avvertì Kei scoccandogli un’occhiataccia.
 
-Dimmi una cosa, non hai mai percepito il misterioso potere che lei ha su di te? Non ti spaventa?- gli chiese Mister X con uno strano tono allusivo.
 
Kei incassò il colpo sussultando. Come faceva a sapere? Come poteva conoscere quello che neanche lui sapeva esistere?
 
-Cos’è?- chiese con un fil di voce non essendo molto sicuro di volere sentire la risposta.
 
-Allora vi muovete?- chiamò nuovamente Dunga.
 
-Lo scoprirai presto- mormorò Mister X prima di issarsi con un abile salto verso l’uscita.
 
I ragazzi si avviarono velocemente lungo l’argine che Pat aveva percorso poco prima, la ragazza era concentrata nel tentativo di ritrovare la strada che aveva percorso per arrivare sino a lì. Giunta ai piedi del condotto, lo indicò sconsolata. A parte lei, Hilary, Mariam e Jessie, che erano minuti, tutti gli altri non sarebbero mai passati per quel pertugio.
 
-Ma ci sarà un’altra uscita- suggerì Takao guardando desolato il tunnel nero, decisamente troppo stretto per lui.
 
-Forse, ma io no la conosco e la Fenice non sembra volerci aiutare-
 
-Prova a liberarla magari ci indicherà la strada - le suggerì Takao.
 
-Dici? Possiamo provare…- rispose la ragazza estraendo il dispositivo di lancio.
 
-A me non sembra una buona idea. Non toccare la Fenice!- intervenne Mister X.
 
-Ma…- Pat lo guardò dubbiosa. Era stufa di ubbidire a colui che l’aveva umiliata senza ragione e che coglieva al volo ogni occasione per disprezzarla -E invece io ci provo. Tanto non abbiamo nulla da perdere- lo provocò estraendo anche il bey.
 
-Ferma! Osi disubbidirmi?-
 
-Certo che sì! Insomma non so neppure come ti chiami e ti permetti di dirmi ciò che devo o non devo fare!-
 
-Vuoi il mio nome mia…signora?- sussurro piano avvicinandosi a lei.
 
Quel tono insinuante fece rabbrividire Pat che, temendo di essere di nuovo vittima del potere del ragazzo, chiuse gli occhi spaventata.
 
-Tranquilla non ti voglio ipnotizzare ancora…allora sei sicura di volere il mio nome?- ripeté all’orecchio della ragazza che cominciò a tremare.
 
-Basta! Non ti avvicinare a lei- intervenne Kei spingendo di lato Mister X e passando un braccio attorno alle spalle di Pat, attirandola contro il suo petto per assicurarsi che Mister X non la comandasse ancora a bacchetta. Se osava ancora metterle le mani addosso lo avrebbe disintegrato…
 
Dalla padella alla brace!
 
Pat era ormai terrorizzata, ma in un estremo lampo di lucidità, realizzò che era ancora meglio affrontare Mister X ed il suo sconosciuto potere, piuttosto che Kei e la valanga di emozioni che le provocava ad ogni minimo contatto. Molto meglio lottare contro un avversario esterno che non con i propri devastanti sentimenti.
 
Si divincolò dal ragazzo facendo alcuni passi verso il resto del gruppo.
 
Il boato assordante dell’acqua colse tutti alla sprovvista. Qualcuno aveva aperto le chiuse ed un’enorme onda li stava per travolgere.
 
-Presto afferratevi tutti l’un l’altro e non mollate la presa!- urlò Mister X afferrando la mano di Pat e stringendola forte. Anche Kei prese una mano di Pat mentre con l’altra afferrò Hilary.
 
 
-Maledizione dove sono tutti gli altri?- sbraitò Mister X qualche minuto dopo, accorgendosi che con lui c’erano solo Pat, Kei ed Hilary.
-Non lo so, non li vedo- rispose Kei rialzandosi dopo essersi assicurato che le due ragazze accanto a lui stessero bene.
 
-Saranno qui attorno cerchia….accidenti!- urlò Mister X scomparendo in una crepa del pavimento.
 
-Ehi tieni duro!- gridò Kei affacciandosi sul crepo e vedendo che il ragazzo era appeso ad un cavo di acciaio logoro ed arrugginito.
 
-Sta indietro, sta franando tuttooooooo!- urlò Mister X scomparendo nella voragine buia. Il cavo si era spezzato ed il ragazzo era scomparso nel nulla. Purtroppo anche il terreno sotto i piedi di Kei e delle due ragazze si stava rapidamente sgretolando.
 
-Kei precipitiamo!- strillò Hilary spaventata scivolando sempre più giù.
 
-Hilary sta calma, afferra la mia mano-
 
-Non ci riesco…aiuto…..-
 
Anche la ragazza precipitò sparendo dalla loro vista, lasciando dietro di sé solo un lunghissimo eco disperato.
 
Kei e Pat rimasero sospesi nel vuoto, saldamente aggrappati a quello che era rimasto del filo che aveva sorretto per pochi istanti Mister X. Quel filo non poteva sorreggere entrambi. Kei scrutò attento la ragazza tremante sopra di lui -Non può reggere me, ma forse reggerà lei-pensò, osservando speranzoso il filo sottile che stringeva tra le mani.
 
-Pat ascolta, questo filo non reggerà entrambi ma magari durerà abbastanza per permetterti di risalire. Pat devi salvarti, me lo prometti? Andrai via da questo maledetto posto?-
-Kei che stai dicendo? Che vuoi fare? Non ti sognare di mollare la presa…se molli tu mollo anch’io!- replicò piangendo senza ritegno.
 
-No non dire così, promettimi che ti metterai in salvo! Magari qualcuno qui è ancora vivo…andrai a cercare aiuto, me lo prometti?-
 
-Kei non mi lasciare! Non un’altra volta!- urlò singhiozzando.
 
-Io non ti ho mai lasciata…e non ti lascerò mai Pat…-
 
-Sì che lo hai fatto….-
 
-No! Ascolta…- uno strappo del filo fece comprendere a Kei che non c’era più tempo per le spiegazioni - Prometti Pat!-
 
-Kei .. –
 
-Prometti ho detto!-
 
-Sì sì prometto tutto quello che vuoi ma…. Keeeei noooooooooooooo-
 
Troppo tardi … dietro di lei vi era solo il nulla.
 
Pat si issò sul filo, aggrappandosi al ciglio ciottoloso del terreno, affondando le unghie sanguinanti nel suolo sgretolato. Fu la forza della disperazione a portarla al sicuro in un zona non colpita dalla frana. Ma perché si era salvata solo lei? Non era giusto… avrebbe mille volte preferito fare la fine di tutti i suoi amici…amici…
 
Il silenzio la investì impietoso, solo buio vi era tutt’attorno a lei.
 
 
 
Ok siamo alla fine… il prossimo capitolo è l’ultimo e non vi farò attendere molto. Grazie a tutte coloro che hanno recensito, inviato messaggi o semplicemente letto silenziosamente Nemesi. Mi sono divertita a scrivere questa fanfic un po’ estranea al mio stile … diciamo una specie di esperimento… Grazie infinite davvero! Akiko chan. 
  
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