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Autore: Eman    21/08/2011    0 recensioni
Gocce di pioggia, grandi come pugni cadevano dal cielo. In pochi secondi l'aria risuonò di urla di dolore, i ragazzi che prima ballavano adesso erano distesi a terra, quelli che riuscirono a rifugiarsi sotto i gazebo tirarono un sospiro di sollievo, ma troppo presto gridarono vittoria perchè con lentezza esasperante l'acqua iniziò a corrodere lo strato di plastica del tetto.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E' buffo come la prima immagine che ricordi di quel periodo sia il mio riflesso allo specchio, quando ancora tutto non era andato a rotoli, quando ero ancora piena di fiducia verso il futuro.

.

Mi ricordo come fissavo la mia immagine sconcertata da quello che vedevo, occhi verdi, forse un po' troppo truccati, ricambiavano il mio lo sguardo, il viso era incorniciato da una cascata di rossi boccoli e un vestito verde mi fasciava il corpo lasciandomi scoperta la schiena.

Mi sentivo a disagio, terribilmente a disagio.

I Jeans e la canottiera che avevo poggiato sulla sedia della scrivania mi osservavano chiedendomi il perchè li avessi abbandonati, avrei voluto mettere subito fine alle loro sofferenze indossandoli di nuovo, ma poi me la sarei dovuta vedere con Marta e quello sarebbe stato davvero un grosso problema. Era lei che aveva deciso cosa avrei dovuto indossare quel giorno, come portare i capelli, come truccarmi... e io, incapace di uccidere così il suo entusiasmo, glielo avevo lasciato fare. Sì, lo so, devo imparare a dire di no.

Il campanello suonò distogliendomi dai miei pensieri, presi un profondo respiro e uscì di casa, di lì a poco avrei rivisto Nathaniel.

< Ehi sei fantastica! > esclamò Marta non appena entrai nell'auto

< Niente di speciale > risposi chiudendo la portiera

< Niente di speciale? Guardati, ho fatto un capolavoro! > disse mentre portava la macchina fuori dal parcheggio e imboccava la strada che dava alla spiaggia.

Portai gli occhi al cielo per inscenare un perfetto: per favore fatela smettere, quando vidi una cappa verdognola che oscurava completamente il cielo

< Hai visto che nuvoloni? >

< Sì, spero che il tempo, almeno per stasera, regga >

< Hanno un colore strano > constatai cercando di mascherare la mia preoccupazione, avevo un brutto presentimento.

< Sarà colpa dei fuochi d'artificio, magari ne hanno già sparato qualcuno per prova >

< Si, sarà per quello > assentì poco convinta.

La macchina, intanto, era uscita dalla città e campi coltivati costeggiavano la strada che si srotolava davanti a noi, poco più in là, comparve, dietro una collina, la ciminiera di quella che supposi fosse una fabbrica.

< Marta, Marta, MARTAA! > urlai.

Lei intenta a duettare con la cantante del cd sembrava ignorarmi completamente, fu solo alla fine della canzone che si decise a girarsi verso di me.

< Scusa cara, stavi dicendo? >

< Guarda là > dissi cercando di dissimulare l'irritazione, era sempre la stessa storia, quando iniziava a cantare non le si poteva parlare fino alla fine della canzone, avesse avuto una bella voce almeno.

Marta si girò dalla parte indicata e strizzo gli occhi per mettere a fuoco, aveva sempre negato anche a se stessa di aver bisogno di occhiali, evitava gli oculisti come la peste.

< Ah quella.. Sì, in effetti sembra essere comparsa dal nulla un paio di giorni fa, Lucrezia ( per chi non lo sapesse era la sua parrucchiera ) mi ha detto che nessuno entra e nessuno esce, ma la fabbrica rimane comunque sempre in funzione. Vedi il fumo che esce? Roba inquietante eh? >

< Già > il mio brutto presentimento cresceva di minuto in minuto

< E dai! Non fare quella faccia, avranno degli appartamenti all'interno per i dipendenti, oppure un'uscita secondaria, o... Whoaaa guarda quante gente è venuta quest'anno! > Esclamò inchiodando di colpo. Eravamo arrivate.

< Corri non voglio perdermi neanche un minuto > continuò

Non feci neanche in tempo a scendere dalla macchina che la pazza urlante che una volta era stata mia amica mi prese per mano e mi trascinò in mezzo alla mischia.

< Scusa ma devo andare a cercare Marl > era raggiante

< Certo il tuo ragazzo è sicuramente più importante della... > trovai inutile concludere la frase visto che Marta era già scomparsa tra la folla.

Rimasta da sola ne approfittai per darmi un'occhiata in giro: la festa era enorme, quattro gazebo, disposti in modo da formare i vertici di un quadrato, erano allestiti con buffet e tavoli ,e l'area che sottendevano era interamente dedicata alle danze. Un numero esorbitante di corpi si agitavano insieme a ritmo di musica come un unico essere, stavo pensando che avrei benissimo potuto passare tutta la festa ad ammirare le sagome danzanti, quando qualcosa di azzurro occupò tutta la mia visuale.

< Buonasera > salutò il pezzo di stoffa davanti a me

Nel riconoscere quella voce mi sentì arrossire, sollevai lo sguardo e mi persi negli occhi neri del mio interlocutore (che a questo punto spero abbiate capito non era un pezzo di stoffa ), presa dalla stessa frenesia di uno storico davanti al tesoro di Priamo, passai al setaccio ogni suo lineamento, iniziai dagli occhi, poi feci scivolare lo sguardo su quel naso perfetto, fino a soffermarmi sulle fossette, mi accorsi solo al termine dell'accurata analisi che forse, il bel ragazzo che avevo davanti, era ancora davanti a me perchè aspettava che gli rispondessi.

< Ciao, Nathaneil > farfugliai

< Sei bellissima oggi. Ti va di ballare? > Ora, voglio specificare che normalmente avrei declinato l'offerta, una delle cose che più odiavo fare era appunto ballare, ma lui era così carino che mi si spezzava il cuore a dirgli di no, e poi siamo seri, era proprio quello che da giorni pregavo succedesse, Nathaniel che mi rivolge la parola! Incredibile.

Annuì vigorosamente, ero troppo agitata per poter dire qualunque cosa quindi mi limitai a seguirlo e mano nella mano ci avviammo verso la pista. Poco prima di gettarci nella mischia notai uno strano ragazzo che ci fissava intensamente, a dirla tutta fissava solo me, ma decisi di non farci caso, era un momento troppo bello per interessarsi alle occhiatacce altrui.

Il mio accompagnatore era un ballerino provetto, esattamente come tutti quelli che si trovavano intorno a me, mi sembravano dei greci alle prese con qualche festa olimpica, io invece, bhè io sembravo più una menade ubriaca che cerca di mantenere l'equilibrio, non proprio un bello spettacolo insomma.

Potei fermare i miei piedi solo quando Nathaniel si imbatté in alcuni suoi amici e insieme si misero a fare una danza dal dubbio gusto scatenando l'ilarità generale.

Io, intanto, colsi l'occasione al volo e, senza farmi vedere, mi diressi verso il bordo della pista, più tardi mi sarei giustificata con Nathaniel improvvisando una scusa qualsiasi, una storta..., sì una storta sarebbe stata una scusa perfetta, magari poi preso dalla compassione avrebbe passato il resto della serata con me, seduti, senza ballare, da soli... una mano mi toccò la spalla scaraventandomi di nuovo nel mondo reale.

Mi girai sorridendo, pensavo fosse Marta che mi chiedeva come mai scappassi dalla pista, ma il mio sorriso si tramutò in un'espressione di stupore quando constatai che chi mi aveva toccato la spalla era lo stesso strano ragazzo che prima mi stava fissando.

< Ci conosciamo?> chiesi

< Devi venire con me, ti prego, non fare domande, tra poco capirai >

Non giudicatemi male, non so in quel momento cosa mi prese, non sarei mai andata con uno sconosciuto, sopratutto con uno che si comportava in maniera così insolita, ma qualcosa nel suo tocco mi calmò e senza neanche accorgermene mi sorpresi a seguirlo.

In poco tempo raggiungemmo una casetta di legno, era abbastanza vicina alla spiaggia, tanto che, appena entrati nell'ingresso, la musica proveniente dalla festa rimbombava su tutte le pareti rendendo difficile ogni tentativo di dialogo chi vive qui dovrà essere furioso mi ritrovai a pensare.

Grazie alla luce delle lampadine riuscì a scorgere i lineamenti del ragazzo di cui stupidamente mi ero fidata, li studiai attentamente, se fossi uscita viva da lì avrei dovuto avere più dettagli possibili riguardo all'identità del mio aggressore. Bhè sicuramente non sarebbe stato difficile identificarlo, doveva essere una specie di albino, capelli e pelle erano di un bianco quasi innaturale che contrastavano con il colore blu scuro degli occhi.

< Perchè mi guardi così? > chiese notando la mia espressione

< Ti sto studiando >

< Perchè mi stai studiando? >

< Mi sembra lampante! Tu mi hai trascinata a casa tua per farmi Dio solo sa cosa, devo avere degli elementi per identificarti appena uscirò da qui > sbottai forse questo era meglio tenerlo per me

Una risata cristallina riempì la stanza

< Non ti farò niente per cui valga la pena denunciarmi, stai tranquilla >

Il sorriso del ragazzo si trasformò in una maschera di preoccupazione quando la luce di un fulmine ci abbagliò per un istante.

< Sta arrivando > disse dirigendosi in cucina. Io lo seguì, spaventata dal suo cambio improvviso di umore, anche se non dovevo esserne molto sorpresa, si sa che i serial Killer sono lunatici. Ripensandoci mi viene da chiedermi perchè non sia scappata in quel momento, il ragazzo mi dava la schiena e fissava preoccupato la finestra, non si sarebbe accorto se io furtivamente fossi uscita, ma qualcosa mi diceva che seppur in casa con uno sconosciuto, sarei stata più al sicuro lì dentro che fuori.

Raggiunsi la finestra che il ragazzo stava guardando, da quella posizione si poteva vedere la parte di spiaggia utilizzata per la festa. Il fulmine e i nuvoloni erano indice di pioggia imminenti e mi rattristai pensando a quanti ragazzi sarebbero ritornati a casa bagnati fradici e delusi per come la serata si era conclusa, mai avrei potuto immaginare quello che successe dopo.

< Adesso allontanati dalla finestra, non guardare > ordinò il ragazzo in tono risoluto, oddio vuole che mi allontani dalla finestra così che possa farmi a pezzettini senza correre il rischio che qualcuno lo veda, sono stata una stupida a non scappare, merito tutto quello che mi succederà

< No. Fai qui tutto quello che devi fare > dissi in tono melodrammatico

< Cosa è che dovrei fare? >

< Sei un maniaco no? Un... > la frase mi morì in gola. Gocce di pioggia, grandi come pugni cadevano dal cielo. In pochi secondi l'aria risuonò di urla di dolore, i ragazzi che prima ballavano adesso erano distesi a terra, quelli che riuscirono a rifugiarsi sotto i gazebo tirarono un sospiro di sollievo, ma troppo presto gridarono vittoria perchè con lentezza esasperante l'acqua iniziò a corrodere lo strato di plastica del tetto. I buchi all'inizio insignificanti iniziarono a diventare sempre più grandi fino a mangiare tutta la plastica del tettuccio, a quel punto i ragazzi non poterono far altro che andare incontro al loro terribile destino.

Rimasi a fissare i loro corpi che piano piano a causa del potere corrosivo dell'acqua si assottigliavano sempre di più fino a che i miei occhi non furono saturi di orrore, fu solo allora che mi accorsi di tremare violentemente.

< Sophia te l'avevo detto che non avresti dovuto guardare > disse il ragazzo mettendomi una mano sulla spalla. Subito il calore mi invase il corpo e piano piano il tremito cessò. Mi sedetti su una sedia in cucina, con lo sguardo fisso davanti a me iniziai a metabolizzare quello che era successo, non appena mi sentii pronta decisi di provare a parlare

< Chi sei? > riuscì a dire

< Mi chiamo Ivan > rispose il ragazzo, dal tremito della sua voce mi accorsi che anche lui era spaventato

< C..cosa è successo? Come sapevi? >

< E' una lunga storia e tu sei troppo scossa per sentirla, va a letto, domani parleremo > disse scostandomi una ciocca di capelli dalla faccia.

Troppo stanca per obiettare mi trascinai nella stanza che il mio misterioso salvatore mi stava indicando e mi addormentai col suono della pioggia che ancora batteva sul tetto.

  
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