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Autore: CaptainKonny    26/08/2011    1 recensioni
Una storia che dura cinque giorni. Red John è stato catturato. Jane è tornato quello di sempre. Metteteci un viaggio in Italia. Aggiungeteci un desiderio, un pizzico di magia.. e il gioco è fatto!
(E' la mia prima fanfic, siate clementi!!;):))
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Patrick Jane, Teresa Lisbon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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THE MENTALIST

THE MENTALIST

 

 

-1 GIORNO-                                 Il desiderio

 

I cinque membri della migliore squadra del CBI si trovavano chiusi dentro un aereo diretto a Roma, la capitale italiana. Perché? Perché erano stati invitati ad un evento organizzato dalla Città Universitaria riguardante omicidi e casi risolti. Poiché questi erano stati risolti da loro, era sembrato giusto ai docenti invitare alla manifestazione i diretti interessati come ospiti d’onore. Mancavano sì e no ancora cinque ore di volo prima dell’atterraggio: Lisbon guardava distrattamente fuori dal finestrino, Van Pelt si rigirava in continuazione le mani in grembo in preda al nervoso, Rigsby imitava Lisbon mascherando molto male l’ansia, Cho se ne stava al tavolino a leggere il suo libro con uno sguardo imperscrutabile e Jane…. Jane schiacciava un pisolino.

 

Maledizione, ma perché proprio a me devono capitare certi incarichi?

Il preside si allontanò da una delle sue migliori alunne all’ultimo anno. Lui avrebbe accolto e presentato gli ospiti, ma per fargli da guida ai posti che li riguardavano privatamente (come gli alloggi) non aveva proprio tempo. Selene rimase ferma sul posto mentre il docente se ne andava. Era a disagio, era da quando aveva iniziato gli studi che seguiva da vicino i casi della squadra del CBI e l’ultima cosa che voleva in quel momento era  fare qualcosa di sbagliato.

 

6 ORE DOPO

 

La conferenza era una vera palla, come previsto. Gli ospiti erano stati presentati tra applausi di ammirazione e sguardi attenti durante la loro breve intervista. Poi, tutta l’aula, calò in un intenso torpore. Selene era in terza fila, aveva ascoltato annoiata il discorso del preside per poi riprendersi all’entrata dei quattro agenti e del loro consulente. Attratta da quest’ultimo come non lo era mai stata in vita sua. Dopo di che la voce dell’insegnante era diventata un suono lontano e indistinto, mentre i suoi occhi scannerizzavano nel suo cervello un’immagine dettagliata di Patrick Jane. Inutile negarlo, si era infatuata del bel biondo del CBI.

 

Gli agenti del CBI iniziavano davvero a stufarsi. Forse nessuno di loro eccetto Lisbon ascoltava sul serio la conferenza. Illuminati dalla luce dei riflettori stavano facendo una sauna pazzesca, senza contare che la folla di studenti era solo un’ombra nera con riflessi grigi. Il mentalista tuttavia sembrava attento a qualcosa in platea anziché sul palco.

 

Aria. Finalmente. Selene chiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria fresca fuori dall’auditorium. Giusto in tempo per trattenere il respiro. Il preside la stava aspettando e schierati in parte a lui gli ospiti d’onore, 6 paia d’occhi puntati su di lei. Si sentiva come se avesse appena commesso un crimine e fose stata scoperta. Merda!

 

«Signori, questa è Selene una delle nostre migliori alunne. Si è gentilmente offerta per farvi da guida nell’università.» Ma guarda te sto stronzo! «Selene perché adesso non accompagni i signori ai loro alloggi?» la ragazza guardava il suo insegnante seria e attenta, mascherando l’antipatia che gli avrebbe volentieri riversato addosso.

«Ma certamente signore.» rispose questa obbediente. Appena si fu allontanato cercò di sciogliersi, gli sorrise calorosa e cercò di essere padrona della situazione «Signori, se volete seguirmi.» l’agente Lisbon le sorrise cercando di essere cordiale e rilassante. Selene li condusse per i corridoi, il parco, altri corridoi, scale, indicando punti di ritrovo e cose importanti, come una vera guida turistica. Li lasciò sul corridoio dove davano le cinque porte dei loro alloggi. «Eccori arrivati. Qualunque cosa vi serva chiedete in giro oppur edi me.», «Grazie, sei  stata molto gentile.» fece Lisbon, sorridendole grata. Sempre meglio del ciarlare del preside. «Si figuri! »

 

Jane entrò nella sua stanza. Carina, tipico stile universitario. Non molto grande: letto, armadio, scrivania, bagno…. Lo stretto necessario. Si sdraiò sul letto, le mani intrecciate dietro la testa, guardava le pale sul soffitto girare, pensieroso….

 

Lisbon si lasciò cadere sul letto. Era distrutta. Beh, almeno non doveva lavorare. Guardò l’orologio: le 18.30. Mancava ancora un’ora all’ora di cena. Decise di riposarsi un po’ prima di fare la doccia. Chiuse gli occhi, assaporandosi quella dolce e tranquillizzante quiete. Inevitabilmente tornò con i pensieri a quando lei stessa faceva l’università. La sua stanza, le sue amiche, gli insegnanti, i ragazzi che scioccametne ci provavano con lei o che le stavano alla larga. Forse, tutto sommato le mancavano quegli anni, si sentiva più forte rispetto ad adesso. Se anni addietro fosse caduta si sarebbe rialzata forte e fiera, pronta a ritentare; come adesso. Solo che, certe volte, il peso del tempo le sembrava sempre maggiore da sopportare,  da affrontare. Cavolo, quanto vcrrei essere ancora all’università!

 

Non aveva per niente voglia di andare a cena. Non aveva per niente voglia di vedere i nuovi venuti. Il bar dell’università sotto la sala pranzo era un ottimo rifugio se si voleva evitare la folla affamata. A farle compagnia: un bicchiere di campari. Il suo sguardo trapassava senza vederlo il liquido rosso.

«Non ha fame? » una gentile voce maschile la richiamò  alla realtà. Si voltò: Patrick Jane.

Il cuore mancò un battito. Lui sorrise. Lei cercò di ignorarlo. Tornò a fissare il proprio bicchiere. «Già. E lei? Non ha fame? Il viaggio dev’essere stato lungo. » nel cercare di ricambiare la cortesia però aveva usato un tono alquanto irato.

«Mi scusi! » cercò subito di redimersi.

Lui si sedette in parte a lei, guardandola.

«Oh, non fa niente! Capisco perché è arrabbiata. Anche io lo sarei se mi ingaggiassero a fare da guida turistica senza opzione di scelta. » Selene si girò verso di lui con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Come faceva a saperlo?

«Beh, è semplice. Il tuo sguardo contro il preside era odioso. » rispose alla sua domanda muta. Sorrise.

«Beh, adesso capisco perché lei è così bravo a chiudere i casi. » fece lei, tornando con un tono di voce normale.

Passarono alcuni minuti.

«Ha già finito di scannerizzarmi? »

La voce del consulente suonava curiosa e scherzosa allo stesso tempo. Selene lo guardò senza capire.

«Beh, ho notato che durante la conferenza lei mi è sembrava molto più interessata a memorizzare ogni più piccolo dettaglio della mia persona, che non del discorso. » Selene per poco non si strozzò con la bevanda. Dal canto suo Jane semrbava perfettamente a suo agio.

«No, non…. Non è vero! » cercò di ribattere.

Ma appena i suoi occhi incrociarono quelli azzurri del biondo si sentì come se qualcuno le stesse scendendo dentro la sua anima, scrutandola. Le guance le avvamparono all’istante.

«Davvero? » continuò a tenere il volto basso, imbarazzata. Lo sentì protendersi verso di lei, finchè non le fu vicinissimo.

«Tanto lo so che hai una cotta per me. » inorridì.

Sentì l’altro sorridere, soddisfatto.

«Ad ogni modo, se vuole saperlo, anche io l’ho guardata per tutto il tempo del convegno. »

Lo sentì allontanarsi. Alzò la testa e lo vide di spalle, mentre usciva dal bar. Davvero Patrick Jane l’aveva guardata?

 

Quella sera, dalla finestra della sua camera, fissò il cielo plumbeo pieno di stelle. Immaginò la sua giornata, le parole del biondo consulente (di nuovo le guance le si imporporarono, il cuore che accellerava e lo stomaco che cambiava posizione), la sua squadra. Quanto era fortunata Teresa Lisbon ad avere in squadra uno come lui. quanto avrebbe voluto essere al suo posto. Dio quanto vorrei poter essere al suo posto anche solo per un giorno.

 

  
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