THE MENTALIST
-1
GIORNO- Il
desiderio
I
cinque membri della migliore squadra del CBI si trovavano chiusi dentro un
aereo diretto a Roma, la capitale italiana. Perché? Perché erano stati invitati
ad un evento organizzato dalla Città Universitaria
riguardante omicidi e casi risolti. Poiché questi erano stati risolti da loro,
era sembrato giusto ai docenti invitare alla manifestazione i diretti
interessati come ospiti d’onore. Mancavano sì e no ancora cinque ore di volo
prima dell’atterraggio: Lisbon guardava distrattamente fuori dal finestrino,
Van Pelt si rigirava in continuazione le mani in grembo in preda al nervoso,
Rigsby imitava Lisbon mascherando molto male l’ansia, Cho se ne stava al
tavolino a leggere il suo libro con uno sguardo imperscrutabile e Jane…. Jane
schiacciava un pisolino.
Maledizione, ma
perché proprio a me devono capitare certi incarichi?
Il
preside si allontanò da una delle sue migliori alunne all’ultimo anno. Lui
avrebbe accolto e presentato gli ospiti, ma per fargli da guida ai posti che li
riguardavano privatamente (come gli alloggi) non aveva proprio tempo. Selene
rimase ferma sul posto mentre il docente se ne andava. Era a disagio, era da
quando aveva iniziato gli studi che seguiva da vicino
i casi della squadra del CBI e l’ultima cosa che voleva in quel momento
era fare qualcosa di sbagliato.
6
ORE DOPO
La
conferenza era una vera palla, come previsto. Gli ospiti erano stati presentati
tra applausi di ammirazione e sguardi attenti durante la loro breve intervista.
Poi, tutta l’aula, calò in un intenso torpore. Selene era in terza fila, aveva
ascoltato annoiata il discorso del preside per poi riprendersi all’entrata dei
quattro agenti e del loro consulente. Attratta da quest’ultimo come non lo era
mai stata in vita sua. Dopo di che la voce dell’insegnante era diventata un
suono lontano e indistinto, mentre i suoi occhi scannerizzavano nel suo
cervello un’immagine dettagliata di Patrick Jane. Inutile negarlo, si era
infatuata del bel biondo del CBI.
Gli
agenti del CBI iniziavano davvero a stufarsi. Forse nessuno di loro eccetto
Lisbon ascoltava sul serio la conferenza. Illuminati dalla luce dei riflettori stavano facendo una sauna pazzesca, senza contare
che la folla di studenti era solo un’ombra nera con riflessi grigi. Il
mentalista tuttavia sembrava attento a qualcosa in platea anziché sul palco.
Aria.
Finalmente. Selene chiuse gli occhi e respirò a fondo l’aria fresca fuori dall’auditorium. Giusto in tempo per trattenere il respiro. Il
preside la stava aspettando e schierati in parte a lui gli ospiti d’onore, 6 paia d’occhi puntati su di lei. Si sentiva come se avesse
appena commesso un crimine e fose stata scoperta. Merda!
«Signori, questa è Selene una delle nostre migliori
alunne. Si è gentilmente offerta per farvi da guida nell’università.» Ma guarda te sto stronzo! «Selene perché
adesso non accompagni i signori ai loro alloggi?» la ragazza guardava il suo insegnante seria e attenta, mascherando l’antipatia
che gli avrebbe volentieri riversato addosso.
«Ma
certamente signore.» rispose questa obbediente. Appena
si fu allontanato cercò di sciogliersi, gli sorrise
calorosa e cercò di essere padrona della situazione «Signori, se volete
seguirmi.» l’agente Lisbon le sorrise cercando di essere cordiale e rilassante.
Selene li condusse per i corridoi, il parco, altri corridoi,
scale, indicando punti di ritrovo e cose importanti, come una vera guida
turistica. Li lasciò sul corridoio dove davano le
cinque porte dei loro alloggi. «Eccori arrivati.
Qualunque cosa vi serva chiedete in giro oppur edi me.», «Grazie, sei stata molto
gentile.» fece Lisbon, sorridendole grata. Sempre meglio del ciarlare del
preside. «Si figuri! »
Jane
entrò nella sua stanza. Carina, tipico stile universitario. Non molto grande: letto,
armadio, scrivania, bagno…. Lo stretto necessario. Si sdraiò sul letto, le mani
intrecciate dietro la testa, guardava le pale sul
soffitto girare, pensieroso….
Lisbon
si lasciò cadere sul letto. Era distrutta. Beh, almeno non doveva lavorare.
Guardò l’orologio: le 18.30. Mancava ancora un’ora all’ora
di cena. Decise di riposarsi un po’ prima di fare la doccia. Chiuse gli occhi,
assaporandosi quella dolce e tranquillizzante quiete. Inevitabilmente tornò con
i pensieri a quando lei stessa faceva l’università. La
sua stanza, le sue amiche, gli insegnanti, i ragazzi che scioccametne ci
provavano con lei o che le stavano alla larga. Forse, tutto
sommato le mancavano quegli anni, si sentiva più forte rispetto ad
adesso. Se anni addietro fosse caduta si sarebbe
rialzata forte e fiera, pronta a ritentare; come adesso. Solo che, certe volte,
il peso del tempo le sembrava sempre maggiore da sopportare, da affrontare. Cavolo, quanto vcrrei essere ancora all’università!
Non
aveva per niente voglia di andare a cena. Non aveva per niente voglia di vedere
i nuovi venuti. Il bar dell’università sotto la sala pranzo era un ottimo
rifugio se si voleva evitare la folla affamata. A farle compagnia: un bicchiere
di campari. Il suo sguardo trapassava senza vederlo il liquido rosso.
«Non ha fame? » una gentile voce
maschile la richiamò alla realtà. Si
voltò: Patrick Jane.
Il
cuore mancò un battito. Lui sorrise. Lei cercò di ignorarlo. Tornò a fissare il
proprio bicchiere. «Già. E lei? Non ha fame? Il
viaggio dev’essere stato lungo. » nel cercare di
ricambiare la cortesia però aveva usato un tono alquanto irato.
«Mi scusi! » cercò subito di
redimersi.
Lui
si sedette in parte a lei, guardandola.
«Oh, non fa niente! Capisco perché è arrabbiata. Anche io lo sarei se mi ingaggiassero a fare da guida
turistica senza opzione di scelta. » Selene si girò
verso di lui con gli occhi sbarrati dalla sorpresa. Come faceva a saperlo?
«Beh, è semplice. Il tuo sguardo contro il preside era
odioso. » rispose alla sua domanda muta. Sorrise.
«Beh,
adesso capisco perché lei è così bravo a chiudere i
casi. » fece lei, tornando con un tono di voce
normale.
Passarono
alcuni minuti.
«Ha già finito di scannerizzarmi? »
La
voce del consulente suonava curiosa e scherzosa allo stesso tempo. Selene lo
guardò senza capire.
«Beh, ho notato che durante la conferenza lei mi è
sembrava molto più interessata a memorizzare ogni più piccolo dettaglio della
mia persona, che non del discorso. » Selene per poco
non si strozzò con la bevanda. Dal canto suo Jane semrbava perfettamente a suo
agio.
«No, non…. Non è vero! » cercò di
ribattere.
Ma appena i suoi occhi incrociarono quelli azzurri del
biondo si sentì come se qualcuno le stesse scendendo dentro la sua anima,
scrutandola. Le guance le avvamparono all’istante.
«Davvero? » continuò a tenere il
volto basso, imbarazzata. Lo sentì protendersi verso di lei, finchè non le fu
vicinissimo.
«Tanto lo so che hai una cotta per me. »
inorridì.
Sentì
l’altro sorridere, soddisfatto.
«Ad
ogni modo, se vuole saperlo, anche io l’ho guardata
per tutto il tempo del convegno. »
Lo
sentì allontanarsi. Alzò la testa e lo vide di spalle, mentre usciva dal bar.
Davvero Patrick Jane l’aveva guardata?
Quella
sera, dalla finestra della sua camera, fissò il cielo plumbeo pieno di stelle.
Immaginò la sua giornata, le parole del biondo consulente (di nuovo le guance le si imporporarono, il cuore che accellerava e lo stomaco
che cambiava posizione), la sua squadra. Quanto era fortunata Teresa Lisbon ad
avere in squadra uno come lui. quanto avrebbe voluto
essere al suo posto. Dio quanto vorrei poter essere al suo posto anche solo per un giorno.