PREFAZIONE:
Eccomi qua con l’aggiornamento XD
Che dire? Ovviamente ringrazio tutti quelli che
hanno recensito il primo capitolo e salvato la storia tra le
preferite/seguite/ricordate (voi sapete chi siete): significa davvero molto per
me, non scherzo. Ci metto l’anima quando scrivo e prima di postare qualcosa
sono capace di rileggermela anche centinaia di volte perché voglio rasenti la
perfezione (anche se dicono non sia di questo mondo XD). Fatto sta che mi
farebbe piacere se anche chi solo legge mi facesse sapere la sua: so che ci
siete, purtroppo io sono una di quelle rare autrici che va a vedersi la vocina
“gestisci storie”, quindi le conto le centinaia di visite che ricevo. Dai su,
fatemi un favorino-ino-ino e spendete un minuto della vostra vita a far sapere
cosa pensate delle mie storie <3
Note ed eventuali non ne ho anche perché ho paura
di fare spoiler. Commenterò il tutto a fondo pagina, quando avrete letto anche
voi e potrò fare allusioni su tutto quel che mi pare >.<
Ah, un’ultima cosa! Ringrazio Kokoro per
avermi suggerito qualche paring e avviso che ho già pronte le idee per le seguenti
coppie: Lance/Sandra, Drew/Vera, Green/Blue, N/Touko e, sorpresa delle
sorprese, ho anche una Green/Red (che guarda caso sarà una long a più capitoli,
credo la più corposa). Poi, se devo essere sincera, avrei in mente anche una
shot su Gary padre single, ma vedremo XD Per il momento è così: come sempre, se
avete qualche idea da suggerirmi e spezzoni di vita “genitori-figli” che
vorreste leggere, fatevi avanti e fatemelo sapere. Se posso vedrò di
accontentarvi.
Ok, adesso vi lascio per davvero al secondo
capitolo della storia XD
Buona
lettura.
~Pretty, Gentle,
Rocket Boy~
CAPITOLO 2
Quella
mattina il sole picchiava forte. Se ne stava là, a sonnecchiare incontro
all’orizzonte, lanciando placide e disinteressate occhiate al via vai di gente
che si snodava lungo le stradine della piazzuola.
Jeremy
rantolò scollandosi di dosso la
canottiera pregna del suo sudore e arieggiandosi il volto con l’impiego di una
mano. La lingua a penzoloni, la gola arida e la fronte imperlata gli
conferivano un aspetto trasandato e quasi sofferto, l’aria di chi avrebbe anche
potuto uccidere pur di sfiorare con la punta delle dita una granita fresca alla
coca-cola. Il pensiero poi del motivo per cui si trovava in quel luogo rendeva il
tutto ancora più opprimente e sgradevole, specie considerando cosa gli sarebbe
toccato fare di lì a poco.
Si
voltò lanciando un’occhiata
perplessa ai suoi genitori camuffati, o almeno cercavano di farlo, da alberi
(preferì non commentare) e mimetizzati
in mezzo ai cespugli. Se avesse dovuto descriverli utilizzando una sola parola
avrebbe scelto ridicoli senza remore
alcuna: eccoli là, grandi, grossi e vaccinati, con dei ramoscelli legati ai
capelli e tra le mani e un vestito di foglie addosso che, più che farli
sembrare a degli arbusti, li trasformava in una versione più fantasiosa e
futuristica dell’incredibile Hulk.
«
Sapete, comincio a capire perché tutti i vostri piani per catturare il Pikachu
di quell’Ash Ketchum siano falliti… » Constatò con una vena di sarcasmo attendendo ordini.
Alla
fine non ce l’aveva fatta, non era riuscito ad opporsi alla decisione dei due,
più che mai risoluti a far di lui il più grande criminale, dopo Lupin III, che
la storia potesse vantare. Bisognava dire tuttavia che grazie alle sue doti
recitative, ai piagnistei isterici e ai capricci infantili era riuscito a intavolare
un compromesso bastantemente accettabile: niente truffe, nessuna ruberia
monetaria o giochi taroccati, il che era già una gran cosa.
«
Fai poco lo spiritoso giovanotto! Vorrei vedere te alle prese con un Pikachu; è
uno dei Pokemon più odiosi e maligni che ci siano. » ribatté sua madre con
fervore incendiario.
James
annuì, perdendosi plausibilmente
in qualche flashback dove lui e la sua Jessie venivano sbalzati e fatti volare
via alla velocità della luce.
«
Ascolta la mamma Jeremy, ti servirà in futuro. »
«
Ne dubito visto che io non mi metterò di
certo a fregare i Pokemon degli altri. » Constatò con voce sibillina e facendo spallucce.
La
coppia ghignò malignamente,
gesto che costò loro
la caduta di qualche ramoscello dai capelli scarmigliati. Al ragazzino non servì certo un genio per capire che quelle smorfie non
avrebbero portato a niente di buono: avevano avuto il coraggio di ostentare
delle facce e delle espressioni simili anche quella volta in cui si erano messi
in testa di provare a cucirgli un abito da Eevee per Carnevale, creando alla
fine un costume più simile ad un escremento di Tauros o Miltank. E ovviamente,
come in ogni sitcom comica che si rispetti, era stato pure costretto ad
indossarlo, dato che non si erano premurati di comprargli un cambio.
«
Invece oggi lo farai. Sceglieremo noi quale dovrai rubare però. » gli annunciò bellamente Jessie guardandosi in giro con aria guardinga.
Il
ragazzino avvertì distintamente il suo cuore perdere un battito, poi
due, anche tre, mentre cercava di convincersi che la coppia gli stesse solo
giocando un tiro mancino; in fondo, aveva già avuto modo di costatare quanto
fosse penoso il loro senso dell’umorismo, come quella volta in cui suo padre si
era divertito a fargli credere che sotto il suo letto risiedesse un branco di
Gastly dediti a fargli venire gli incubi durante la notte. Inutile dire che, in
seguito a quel raccapricciante episodio, non era più riuscito a chiudere occhio
per una settimana e aveva preso a visitare ogni sera il letto dei suoi.
Le
sue speranze si infransero brutalmente nel giro di pochi istanti e lo fecero
nel peggiore dei modi.
«
E a proposito di Pikachu… » continuò la
donna indicando qualcosa a suo marito con un cenno esplicito del capo « Perché
non provi a prendere quello laggiù? Così vedrai
se è facile come può
sembrare. »
«
Ma io non ho mai detto che fosse facile e non voglio rubare i Pokemon degli
altri! » piagnucolò senza
aver il coraggio di voltarsi e guardare la vittima designata « …io non credo di
esserne capace… »
«
Ma certo che lo sei, ti scorre il nostro sangue nelle vene! »
Come
a voler marcare la demenzialità di quanto udito, lanciò loro un’occhiataccia iraconda incrociando le braccia al petto: ah
beh, se quella era la garanzia che si ritrovava tra le mani, allora sì che poteva essere sicuro… del suo fallimento!
Scosse
violentemente la testa pronto ad urlare se fosse stato necessario.
«
Non voglio, per favore… »
«
Tranquillo Jeremy, non sarà un furto vero e proprio. » lo rincuorò suo padre con voce piatta e quasi rassicurante «
Ecco, devi riuscire a prendere il Pokemon in modo che sembri che sia scappato
così dopo, quando metteranno i
volantini e offriranno ricompense a chiunque lo trovi, tu ti farai avanti e
prenderai un bel gruzzoletto. »
«
Ma è una truffa! Avevamo deciso che non avrei dovuto farne neanche mezza! » controbatté
pallido come un cencio fingendo un pieno controllo di sé.
La
situazione si stava facendo pesante: ormai, se lo sentiva, era solo questione
di tempo prima che le lacrime prendessero il sopravvento e lo obbligassero a
piegarsi al loro volere, facendogli così
fare la figura del poppante. Si
sentiva male, il suo stomaco lamentava dolori e bruciori tutt’altro che
trascurabili: sembrava quasi che qualcuno lo avesse ripiegato su se stesso
facendoci un bel nodo con fiocco.
Jessie
sorrise amorevolmente permettendosi una carezza affettuosa dedicata proprio al
suo adorato pargolo.
«
Io non la chiamerei truffa, che ne dici invece di
“piano-rendi-più-ricchi-e-felici-la-tua-mamma-e-il-tuo-papà”? »
Jeremy
scosse il capo con troppa violenza allontanando così la mano di lei dal suo volto scosso da lievi
tremiti.
«
Il succo non cambia. Non voglio, mi avete imbrogliato! » O meglio, si era
lasciato imbrogliare, perché era troppo imbarazzante pensare che quei due fossero
riusciti a raggirarlo in modo così banale.
Non esisteva proprio.
«
Ti avverto signorino, non rientreremo a casa fino a quando non avrai preso quel
Pikachu, a costo di rimanere in questo cespuglio infestato da Weedle per tutta
la notte! » riprese lei assumendo un tono di voce ben lungi dal potersi
definire “aperto al dialogo”. Della serie “o così o niente” e purtroppo il messaggio arrivò chiaro e tondo anche al nostro eroe.
Chinò il capo sotto il peso della sconfitta. Di lui si
potevano dire tante cose, tranne fosse stupido o per niente perspicace: sapeva
riconoscere quando esagerava o tirava troppo la corda ed era perfettamente
conscio che, se avesse insistito con le proteste e le lamentele, quasi
certamente i due avrebbero mantenuto la promessa – o meglio minaccia – fatta
poco prima.
Deglutì voltandosi e adocchiando finalmente il Pikachu in
questione: indossava un fiocco azzurro al collo e si divertiva a scorazzare
alle calcagna di una bambina pressappoco della sua età, coi capelli neri e gli
occhi verdi come due smeraldi. I due ridevano felici e ignari dell’infausto scherzo,
se così si poteva chiamare, che il
destino aveva loro in serbo e, nel vederli così sereni, si
sentì l’essere più disgustoso e
abominevole dell’universo (anche se, a pensarci bene, non aveva ancora fatto
niente per ritenersi tale). Era il pensiero più che altro a porlo sotto scacco.
Non
voleva, avrebbe preferito raparsi i capelli a zero o rinunciare a tutti i
modellini dei Pokemon che aveva in camera sua piuttosto che compiere un
mal’affare del genere. Come potevano essere così cattivi i suoi genitori?
«
Forza, sbrigati! Non vorrai che ti sfugga vero? » gli sussurrò suo padre dandogli una leggera spinta
d’incoraggiamento e attirando così
qualche occhiata curiosa in sua
direzione: oltre che essere terribilmente dolorosa, quella situazione era anche
infinitamente imbarazzante! « Noi staremo qui nel caso ti serva qualcosa. Se
vediamo che non ce la fai interverremo. »
“Di
male in peggio.” pensò
annuendo flebilmente e lasciandosi condurre dalle proprie gambe dove queste
volessero, o meglio, dovessero andare.
Sospirò addolorato, come desiderasse espirare tutta la
sofferenza che ghermiva il suo cuore. Cercò di
concentrarsi sullo sciabordio della fontana lì vicino, di ignorare le occhiate insistenti dei
suoi genitori e addirittura di estraniarsi dal proprio corpo, in modo da non
essere cosciente quando il peggio sarebbe accaduto, ma con ovvi e scarsi
risultati. Quindi si sedette su una panchina a caso, vicino a dove stava
bighellonando la fanciulla, e cominciò a
riflettere.
Che
fare? Avvicinarla con una scusa era fuori discussione, si sarebbe potuta insospettire
e, quando un giorno se lo sarebbe ritrovato davanti per la seconda volta con il
suo Pikachu tra le braccia, avrebbe potuto trovare legittimamente strano che
proprio lui avesse ritrovato il suo amico scappato. Però era un peccato, quella bambina sembrava davvero
simpatica e molto graziosa, gli sarebbe piaciuto giocare un po’ in sua
compagnia; magari in altre e più felici sedi avrebbero potuto diventare amici,
chi poteva dirlo?
Si
lasciò scappare un sorriso
intenerito quando quella cinse tra le braccia il corpicino del compagno e
strusciò il proprio volto contro
quello dell’altro, ridacchiando soddisfatta e farneticando chissà cosa che non
riuscì a carpire. Sembrava dolce,
un po’ ingenua e disattenta, la classica “testa calda” che veleggia tra le
nuvole indifferente nei confronti di chi o cosa non riesca a catturare la sua
attenzione. Lui doveva rientrare evidentemente in questa categoria considerando
il fatto che, per quanto fossero vicini e per quanto lui la stesse studiando
con meraviglia, quella continuava a ignorarlo come niente fosse, completamente
assorta nel suo mondo e nella contemplazione del suo amico.
«
Ehi Pikachu, ti va di giocare a nascondino? » gli chiese con vocetta acuta ed
esternando una gioia che Jeremy non avrebbe potuto sentire più estranea « Io
conto e tu ti nascondi. »
Il
piccolo topino verseggiò
qualcosa di allegro, poi roteò su se
stesso pronto per entrare in azione.
«
Allora va bene. Pronti… via!! » e si nascose gli occhi dietro le mani
lasciandolo a bocca aperta per lo stupore.
Quella
era l’occasione che aspettava, il cosiddetto momento d’oro. Ora non doveva far
altro che seguire con lo sguardo il Pokemon, vedere dove si nascondeva e
acciuffarlo senza farsi notare. Più facile a dirsi che a farsi ma doveva
rischiare. D’altro canto, anche il detto lo diceva: chi non risica non rosica.
«
Tre… quattro… cinque… »
Scattò in piedi mettendosi a tampinare Pikachu, il quale per opera della dea
bendata, che doveva essersi destata di buon umore quel giorno, finì col cacciarsi dentro a un cespuglio di rovi, poco
distante da dove stazionavano i suoi.
“Ora
o mai più” si disse saltando a sua volta dentro il viluppo e trovandosi faccia
a faccia col sopracitato topolino dalle guanciotte rosse cremisi. Quello lo
guardò con cipiglio circospetto,
esternando tutta la diffidenza che nutriva nei suoi confronti, oltre che un
incommensurabile sorpresa dovuta a chissà cosa.
E
ora? Che fare?
Jeremy
sospirò in preda allo sconforto,
lasciando che la stanchezza, la tensione e il dolore sfuggissero al suo
controllo ed abbandonassero le viscere più recondite e putrefatte del suo
cuore. Pochi secondi dopo era letteralmente scoppiato a piangere, e lo era nel
modo più apocalittico, catastrofico e pietoso possibile immaginario:
maledizione, lui non ne voleva sapere di far star male quella bellissima
ragazzina e, meno che meno, di sgraffignare un Pokemon altrui come fosse un oggetto!
Erano creature intelligenti, capaci di comprendere il linguaggio umano, come
poteva sperare di riuscire a mettere a segno un colpo così difficile? I suoi genitori erano stati davvero
perfidi nei suoi confronti e tutto perché aveva portato a casa una stimabile
pagella con la media del dieci! Avrebbe dato via tutti i suoi giocattoli per
scoprire che quello che stava vivendo altro non era che un luttuoso incubo peccato
solo che, essendo un tipo risoluto e purtroppo pragmatico, aveva capito presto
che sperare in una sciocchezza di tal fatta non gli avrebbe reso nulla, quindi
tanto valeva sbattere il naso davanti al muro della realtà, incassare una
sonora batosta e continuare per quella strada.
«
Pikapika? » gli fece il roditore piegando la testolina di lato.
Accennò un sorriso amareggiato puntando i gomiti sul
terreno e tirandosi su col busto.
«
Scusa, non volevo spaventarti… » biascicò con enorme fatica « …ecco, so che puoi capirmi e
quello che avrò da
dirti non ti piacerà neanche un po’ però vedi,
se non lo faccio i miei genitori si arrabbieranno e allora… allora… » scoppiò nuovamente in un pianto dirotto facendo
preoccupare il Pokemon anzi a sé.
Pikachu
gli poggiò la zampetta sulle spalle e
gli fece un versetto allegro, intimandolo a suo modo a proseguire il racconto.
E
così fece.
«
Vedi mamma e papà fanno parte del Team Rocket e… »
Come
ebbe pronunciate quelle parole, la creatura balzò all’indietro facendosi di nuovo ostile, mentre le
guance precedentemente lisce ora erano solcate da numerose, piccole e
scintillanti scariche elettriche.
«
No aspetta! Lascia che ti spieghi. E’ vero mi hanno chiesto di rubarti però io dopo ti restituirò alla tua padroncina, giuro! » esclamò tendendo una mano verso l’animaletto e indugiando
in silenzio.
Quello
parve calmarsi ma continuò a
restare a debita distanza, guardandolo sbalordito.
«
Sì, lo so che non ha senso. »
riprese lui asciugandosi gli zigomi inumiditi coi polpastrelli inzaccherati di
terriccio e fanghiglia « Mamma e papà vorrebbero che io entrassi a far parte di
quell’organizzazione mentre io voglio fare il poliziotto. Però senti, se mi aiuti e accetti di rimanere con me per
qualche giorno, ti prometto che non appena la tua allenatrice verrà a cercarti
ti cederò nuovamente a lei. Devi solo
fingere che io ti abbia rubato. Ti prego, per favore… » supplicò piangendo più forte e vergognandosi come un ladro,
per l’appunto, di quel che stava facendo: non solo stava per truffare una
povera ragazzina innocente ma stava anche per mettere in piedi la più colossale
menzogna che avesse mai ordito nei confronti dei suoi vecchi. Si sentiva un
mostro.
Il
piccolo inclinò la
testa e lo fissò con
aria perplessa, avvicinandosi cautamente ai suoi piedi come questi fossero un
temibile avversario, poi sospirò e
scosse il capo tristemente: non poteva farlo, non poteva far stare in pena la
sua padroncina. Certo avrebbe voluto aiutare quello sventurato ragazzino ma non
a discapito di chi lo amava e lo aveva cresciuto e accudito sin da quando ne
aveva memoria.
Jeremy
si illuminò in un sorriso disperato.
«
Certo, capisco, in fondo è giusto così. »
fece senza smettere di lacrimare: comprendeva le ragioni del Pokemon e il suo
buon senso gli suggeriva che in fondo quella era la cosa giusta da fare,
tuttavia sapeva bene cos’avrebbe comportato lasciar correre via Pikachu ed era
proprio per questo che non riusciva a smettere di piangere.
Il
topolino chinò le
orecchie dispiaciuto, tentando inutilmente di chetarlo: poteva immaginare
quanto quella situazione lo facesse soffrire e apprezzava il fatto che
rispettasse la sua decisione. Era un supplizio a dir poco immane vederlo
conciato in tal modo.
«
Pika… piii… » sussurrò chiudendo gli occhi per impedirsi di guardare.
Della serie “occhio non vede, cuore non
sente”.
«
Scusa, non lo faccio apposta è solo che… che… »
Non
ce la fece più: il bimbo si accasciò a
terra cominciando a sbattere pugni e piedi in preda a deliranti capricci
infantili, che sortirono tuttavia un effetto a dir poco miracoloso. Pikachu,
infatti, dopo averle provate tutte e aver capito che qualunque cosa avesse
tirato fuori dal cilindro non sarebbe stata in grado di fargli tornare il
buonumore, si arrese all’evidenza e alzò tre
dita della zampetta, sventolandole davanti agli occhi gonfi e umidi del suo
nuovo compagno d’avventure.
Quello
studiò con scarso interesse il
gesto senza capirne il significato.
«
Tre cosa? » mugugnò con
vocina stridula.
«
Pikapi! » gracchiò l’animaletto
battendo la coda il terreno e alzando le braccia al cielo, come un bambino che
si tende verso sua madre per chiederle di esser preso tra le braccia.
Jeremy
improvvisamente comprese e un sorriso radioso gli si riaccese in volto.
«
Stai cercando di dirmi che ci stai? Davvero?? »
L’altro
annuì, anche se poco convinto e
riluttante, esibendo una smorfia deliziosa e allo stesso tempo complice.
«
Oh io… io non so come ringraziarti davvero! Ti prometto che ti farò tornare presto dalla tua famiglia e che mamma e
papà non alzeranno mezzo dito su di te! Sarai sotto la mia protezione. » urlò in preda alla gioia abbracciando il Pokemon
entusiasta come non mai.
Di
nuovo, Pikachu alzò le tre
dita della zampa destra invitandolo a guardare attentamente e a capire cosa stesse
cercando di fargli notare.
«
Aspetta… » spremette le meningi senza distogliere l’attenzione dalla creatura «
…non è che mi stai dando un limite di tempo? »
Di
nuovo, quello annuì
compiacendosi della sagacia e dell’intuito del bambino.
«
Ma certo! Mi stai dando tre giorni per caso? Oh, ma anche prima! Se tutto va
bene, anche in due dovremmo risolvere la faccenda. »
«
PikaPi!! » esclamò quindi
allegramente ficcandosi seduta stante sotto la sua felpa e appiattendosi contro
il suo petto.
Traboccante
di gioia, incredulità e gratitudine, Jeremy strinse affettuosamente quella caldissima
palla di peli e si sbrigò a
tornare da Jessie e James. Non si voltò a
cercare con lo sguardo la ragazzina, la quale tra l’altro stava ancora ingenuamente
cercando il suo amico ridendo divertita e ignara dell’amara sorpresa che di lì a poco si sarebbe ritrovata tra capo e collo:
molto probabilmente i suoi genitori l’avrebbero anche sgridata e una parte di
lui era sinceramente dispiaciuta per lei, mentre l’altra era ancora su di giri
per il successo insperato appena riportato. E quando Jessie e James lo videro
tornare ed estrarre da sotto la maglia il piccolo esemplare di Pikachu, si sentì doppiamente soddisfatto nel sentirsi dire “siamo
fieri di te, figliolo!”
Erano
passati appena due giorni quando per le strade delle città cominciarono a
spuntare i primi manifesti con l’immagine del Pokemon che Jeremy aveva rubato
impressa sulla carta, recante la scritta “disperso esemplare di Pikachu maschio
con al collo un fiocchetto azzurro e una piccola cicatrice a forma di mezzaluna
sull’orecchio sinistro. Si offrono X.000.000 Yen a chiunque lo ritrovi”. Più
sotto, erano stati riportati anche due numeri di cellulare e una supplica
accorata di aiuto.
Jessie
e James ridacchiarono vittoriosi quando quella mattina, prendendo il quotidiano
tra le mani, scovarono un sontuoso articolo a proposito di un Pikachu disperso
e risero ancora più di gusto nel ponderare che finalmente si sarebbero potuti
levare di torno quella palla al piede. Da quando era lì, infatti, quella dannata bestiolina si era
comportata alla stregua di un vandalo, riuscendo ad essere domata solo dalla
gentilezza e dalle preghiere di loro figlio Jeremy. Quei due giorni, per quanto
corti, erano stati incredibilmente intensi e bislacchi, forse da considerarsi
come sottospecie di deja-vù: avere a che fare con quel mostriciattolo li aveva riportati
indietro nel tempo, quando ancora giovani e senza aspettative trascorrevano le
giornate ad inseguire i Pokemon dei mocciosi, in particolare quelli di
quell’Ash Ketchum.
Quanti
bei momenti ormai andati! Quante lacrime, dolori, piccole gioie assaporate!
«
Jeremy la colazione è pronta. » chiamò Jessie
poggiando il pentolino del latte nel lavello e prendendo posto a tavola.
Immediatamente
si sentì lo scalpiccio di piedi che
battevano sulle scale in legno: poco dopo loro figlio li raggiunse, tallonato a
breve distanza dal Pikachu in questione.
«
Jeremy te l’avrò detto
un migliaio di volte! Non voglio quell’animale in cucina! » lo riprese la donna
esibendo un’espressione arcigna.
Il
bimbo ricambiò
l’occhiata pacato dondolandosi sulla propria sedia.
«
Ma a lui piace seguirmi e a me piace stare con lui. Non fa mica niente di male.
»
«
Questo lo decido io. Grazie al cielo oggi è l’ultimo giorno che dovremo
sopportarne la presenza. » e così
dicendo addentò una
brioche strappando dalle grinfie del marito il giornale che quello stava beatamente
leggendo.
«
Ehi! » protestò il
poveretto allungando le mani nel vano tentativo di riprendersi ciò che era di sua proprietà.
Jessie
lo ignorò e si concentrò invece sulla propria colazione, quando anche suo
figlio prese a infastidirla.
«
Come sarebbe a dire “oggi è l’ultimo giorno”? Perché? » chiese gettando una
frecciatina al Pokemon, il quale chinò il
capo e attese risvolti in sacrosanto silenzio.
«
E’ così. » confermò spiegando le pagine della rivista e porgendogliela,
indicandogli la testata dell’articolo che lei e James avevano spulciato poco
prima. « I suoi proprietari si sono fatti vivi e, come previsto, hanno offerto
una lauta ricompensa per chiunque lo trovi. »
Jeremy
annuì leggendo distrattamente
quanto riportato sul giornale: sua madre aveva ragione. Effettivamente i
proprietari del suo nuovo amico si erano fatti vivi e lui, volente o nolente,
aveva il dovere di riportarlo da loro.
Spirò con una certa sofferenza, impegnandosi per ignorare
l’attacco nauseabondo di bile che stava ustionando le pareti del suo esofago.
La
verità? Si era affezionato a Pikachu e l’idea di restituirlo non gli faceva
fare propriamente i “salti di gioia”. Ci aveva messo meno di venti minuti ad
abituarsi alla sua presenza, trenta a ritenerla strettamente necessaria. Dopo
un’ora aveva preso a chiamarlo amico e dopo due a confidargli i suoi più oscuri
e scabrosi segreti (uno a caso, il fatto che trovasse molto carina la sua
padroncina). Avevano dormito assieme quella notte e la mattina seguente si era
svegliato ritrovandoselo a pochi millimetri dal naso. Si erano divertiti a far
uscire dai gangheri Jessie e fare i dispetti a James, avevano cercato invano il
tesoro perduto che secondo lui era sepolto proprio sul retro di casa e il tutto
nel giro di appena due giorni.
«
Sarà meglio che chiami i padroni di quel Pokemon, prima ce ne disfiamo meglio
è. » brontolò la
donna imprecando contro il latte bollente che le aveva ustionato la lingua.
Riscosso
dai propri pensieri posò
un’ultima volta la sua attenzione sul suo nuovo compagno, il quale ricambiò l’occhiata annuendo abbacchiato con la testa:
anche lui era dispiaciuto ma sapevano entrambi che, per quanto fosse doloroso,
era ormai prossimo il momento di dirsi addio.
«
Va bene. Cosa devo dire? » chiese addentando una focaccina e dandone una
piccola parte all’amico.
James
scrollò le spalle finendo di bere
il suo caffè ultra - zuccherato.
«
Dì solo che hai trovato
Pikachu e che li aspetterai al centro Pokemon di XXX quando va bene a loro. »
Il
bimbo guardò suo
padre angustiato, rendendosi conto di un piccolo particolare che fino a quel
momento gli era sfuggito.
«
Cioè vuol dire che voi… non verrete con me? » domandò conoscendo però già la risposta.
Jessie
prese prontamente la parola senza curarsi di indorargli la pillola.
«
Oh no, hai cominciato da solo e da solo finirai. Fin’ora hai fatto un ottimo
lavoro, non ti resta che concludere. »
Sospirò avvilito, il morale tre metri sotto terra e una
gran voglia di esprimere il proprio dissenso al riguardo. Insomma: quale incosciente
avrebbe lasciato girare liberamente per le strade un bambino con una così grande somma di denaro nelle tasche? Nessuno… a
meno che questo “Nessuno” non portasse il nome di Jessie o James. Che incoscienti!
Alla
fine, optando per un più che dignitoso e intelligente silenzio, riuscì a salvaguardare non solo la propria dignità ma
anche la quiete che vigeva sovrana su di loro.
Terminò di consumare il proprio pasto senza spiccar parola,
ascoltando il chiacchiericcio animato dei suoi genitori nato da una fervida
disputa su cosa avrebbero potuto comprare con tutti i soldi che erano stati
promessi nel manifesto. Jessie insisteva sul nuovo televisore a cristalli
liquidi in 3D più un sacco di cosmetici indispensabili per ogni lady che si
rispetti; James ribatteva su dei modellini d’automobili d’epoca sui quali ogni
esperto avrebbe voluto metterci sopra le mani. Erano così impegnati che non si accorsero dei suoi movimenti,
del fatto che si fosse spostato in salotto e si stesse accingendo a fare la
famosa telefonata al proprietario di Pikachu.
Digitò sovrappensiero il numero riportato sulla rivista e
pigiò il tasto di chiamata, dopo
aver lanciato l’ennesima occhiata avvilita al suo nuovo e già perduto amico.
Stava
facendo la cosa giusta, certo. Peccato solo che nessuno prima d’ora gli avesse
mai spiegato che non sempre comportarsi bene fosse anche la cosa più facile da
fare…
Quando
la porta di casa si aprì
cigolando appena, Jessie e James balzarono per aria affrettandosi ad accogliere
il loro Jeremy a braccia aperte, pronti a celebrarlo come eroe tornato dal
campo di battaglia.
La
prima ad arrivare, ovviamente, fu proprio la donna la quale, spintonando e facendo
valere i propri diritti in quanto esponente del gentil sesso, non aveva avuto
alcuna difficoltà a raggiungere il figlio e buttargli le braccia al collo. Pochi
secondi dopo era sopraggiunto anche James, gli occhi lucidi e sfavillanti come
due stelle e traboccanti di gioia nel constatare che quel dannato Pikachu “sporco-piscio-cago-dove-mi-pare-e-piace-perché-questa-non-è-casa-mia”
non stava più attaccato alla sua caviglia (= finalmente era stato riportato a
chi di diritto), felicemente sostituito dal gruzzoletto di soldi che Jeremy stava porgendo
loro.
«
Tesoro sappi che siamo fieri di te. Hai reso la tua mamma e il tuo papà le
persone più felici dell’universo! »
Il
bimbo rimase in attonito silenzio, fissandosi la punta delle scarpe con aria
perplessa, quasi imbarazzata: quello non era esattamente il tipo di reazione
che ci si aspetterebbe dalla riuscita di una missione così dura e faticosa, tuttavia la coppia parve non
farci troppo caso e decise di liquidare la faccenda stendendoci sopra un velo
pietoso.
«
Veramente ci sarebbe una cosa che dovrei dirvi… » cominciò, ignorando i gridolini entusiasti dei due che, impiegati
a contare soldo per soldo il bottino per assicurarsi che il totale ammontasse
alla cifra pattuita, parevano essersi dimenticati temporaneamente della sua
presenza.
Spirò passandosi una mano tra i capelli, indeciso se
raccontare una bugia o rivelare loro l’incredibile verità dei fatti. Sapeva
bene che quella storia non avrebbe portato a niente di buono e che, nella più
rosea delle ipotesi, i due sarebbero finiti dritti in ospedale con prognosi
riservata. Dunque che fare? Confessare ciò che
aveva scoperto oppure tenere per sé quel segreto e risparmiargli un atroce
dolore?
La
scelta non era così
difficile, specie considerando tutti i guai che gli avevano fatto passare nel giro
di neanche tre giorni: oh sì, loro
avevano tutto il diritto di esserne coscienti e, per quanto se ne dispiacesse,
non poteva fare a meno di gioire pregustando in anticipo la sua piccola, ma non
per questo trascurabile, vendetta.
«
Allora? Com’è andata? Raccontaci tutto figliolo. » lo intimò James invitandolo ad accomodarsi, quasi
dimenticandosi che anche lui viveva in quella casa e che quindi non gli
occorreva certo un invito per decidere dove, come e quando sedersi.
Decise
di non farci troppo caso.
«
Bene. La bambina che abbiamo visto al parco si chiama Lara, mi ha invitato ad
andarla a trovare per poter giocare con lei e il suo Pikachu il prossimo
sabato. »
Jessie
ridacchiò con fare complice rifilandogli
un’amichevole gomitata allo sterno. Lui incassò, stando sulle sue, pronto per far esplodere la
bomba.
«
Ma sentitelo il nostro ometto rubacuori! Ma bene! »
Preferì non commentare, masticando una battuta poco
ortodossa pronta sulla lingua: chissà se sua madre avrebbe continuato ad
elogiarlo quando avrebbe scoperto di chi quella bambina fosse figlia e…
«
Tutto suo padre! » esclamò di
punto in bianco James distogliendolo dai suoi pensieri.
Arrossì appena al pensiero di Lara, la quale non si fece
troppi scrupoli ad occupare la sua mente per l’ennesima volta e riaccendere in
lui il ricordo di quel pomeriggio trascorso assieme: alla fine, proprio come se
l’era immaginata, si era rivelata essere la creatura più gentile, dolce, vispa,
serena, vivace e disponibile che avesse mai avuto l’onore d’incontrare, dotata
di un sorriso capace di oscurare la brillantezza delle stelle in cielo. Non
stava letteralmente più nella pelle al pensiero che a breve l’avrebbe rivista
e, con un po’ di fortuna, sarebbero potuti diventare anche ottimi amici. Il
ricordo del suo volto trasfigurato dall’immensa gioia nel vedere il suo Pikachu
sano e salvo e davanti a lei era inciso a fuoco nella sua mente e così sarebbe stato per sempre, se lo sentiva.
«
Beh, è una bambina davvero graziosa, sappi che la tua mamma approva. E poi… » Jessie
finì di contare l’ultimo yen con
un ghigno subdolo impresso sul volto « …poi, a giudicare da quanti soldi ci ha
dato per quel maledetto topo, ne deduco possa essere un buon partito anche
economicamente parlando. »
Suo
marito annuì
incrociando le braccia al petto, soddisfatto come non mai, forse pregustando il
sapore di una ricchezza ancora impalpabile ma non per questo sgradevole.
«
Parole sante. E dicci un po’: da chi era accompagnata? Dai suoi genitori
immagino… »
Jeremy
annuì lasciandosi volutamente
sfuggire un sardonico sorriso: fra poco quella coppia di canaglie avrebbero
imparato sulla propria pelle che le cattive azioni non portavano a nulla di
buono.
«
Sì, c’era suo padre. Un tipo
strano forte sapete? Come mi ha visto mi ha detto che gli ricordavo tanto voi… »
…
…
…silenzio
di tomba.
I
due tacquero all’improvviso mentre i ghigni, che fino a poco prima avevano
ornato i loro volti, ora scemavano alla velocità della luce sostituiti da
smorfie di pura costernazione. Una nuova e acuta preoccupazione prese possesso
delle loro iridi, le gole si seccarono e le fronti si imbrattarono di sudore divenendo lucide.
«
Cosa…? Noi conosciamo quest’uomo? Ha fatto i nostri nomi? Ma ne sei proprio sicuro?
» chiesero scambiandosi un’occhiata perplessa.
Jeremy
annuì di nuovo immaginandosi le
loro facce nel momento in cui avrebbe rivelato loro che il Pikachu che avevano
avuto sotto il naso per ben due giorni altri non era che…
«
Sì, mi ha detto di mandarvi i
suoi saluti e vi ringrazia tanto per averlo aiutato a ritrovare il suo Pokemon.
»
Un
enorme, mastodontico e cubitale punto interrogativo si elevò sopra le loro teste, chiaro segno che non erano
ancora riusciti a capire quanto fossero stati stupidi e ingenui nel farsi
scappare, una volta catturato e nelle loro mani, proprio…
«
…e qual è il suo nome? » domandarono infine.
*************
Ash
Ketchum stava amabilmente sorseggiando il suo caffè sulla veranda di casa
quando udì distintamente un urlo
mostruoso propagarsi nell’aria e risuonare tra le pareti della conca ove era
situata Pallet Town.
«
Ehi papino, hai sentito anche tu? Che cos’era secondo te? »
Si
voltò di scatto intercettando così lo sguardo smeraldino di sua figlia Lara, poi
quello svogliato del suo adorato -e appena ritrovato- Pikachu e infine quello canzonatorio
di Misty, la quale scosse il capo blaterando qualcosa a proposito del fatto che
avesse sposato un cretino.
Sorrise
teneramente scompigliando la chioma corvina del suo più grande orgoglio, nonché
inesauribile fonte di gioia.
«
Niente di che tesoro, perché non esci a giocare un po’? »
Quella
sorrise facendo cenno al Pokemon di seguirla e si dileguò dal suo campo visivo nel giro di pochi secondi.
E
metre il sole splendeva alto nel cielo, i Pidgey cinguettavano allegri e
spensierati, gli alberi erano in fiore e Misty continuava ad inveire contro di
lui, capì che il piccolo Jeremy
doveva appena aver riportato i suoi affettuosi saluti ai carissimi Jessie e
James.
The End
NOTE SCONCLUSIONATE DELL’AUTRICE:
Alla fine sono stata davvero veloce, quasi non ci
credo XD Se penso che ho una long ferma al terzo capitolo da circa un anno… meglio
sorvolare =.=
Vi dirò che sono basita: insomma, questa è la mia
prima long portata a termine (e chissene se ha solo due capitoli!). Poi sono
doppiamente felice perché sono FINALMENTE riuscita a coronare il mio sogno,
ovvero scrivere una fiction che si chiude in due capitoli, ma questa è un’altra
storia…
Allora, note ed eventuali: mi congratulo con me
stessa (=.=’) perché, ammettetelo, sono stata incredibilmente veloce ad
aggiornare. Diciamo che mi sono data una mossa perché voglio cominciare anche
le altre shot/long, quindi volevo togliermi dai piedi questa storia (detto con
tutto l’affetto di questo mondo, sia chiaro) per potermi dare da fare.
Alla fine penso che la storia si commenti da sola
e che la morale sia chiara: come dire Jeremy, le cattive azioni non restano impunite.
Certo che, povero Team Rocket, erano finalmente riusciti ad acciuffare Pikachu…
se lo sono lasciati scappare come degli stupidi >.<
Beh, direi che è tutto. Ringrazio chi ha letto
questo piccolo esperimento, chi l’ha salvato tra i preferiti e chi continuerà a
seguirmi anche in futuro (e magari anche chi sarà così buono da recensire, non
trovate? XD).
Un bacio e alla prossima.
Shin