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Autore: cherokee    29/08/2011    5 recensioni
Mi chiamo Nikita Cacciatore, e questa è sempre stata la mia rovina. Perchè, con un nome simile, uno si aspetterebbe come minimo una valchiria alta, bionda e bella come Michelle Unziker, quando io a stento arrivo al metro e sessanta, ho una criniera di dreadlocks rosso ravanello e il sex appeal di Marilyn in bikini. Marilyn Manson. Ci si aspetterebbe un qualche pedigree esotico quando io sono di Cautano, Benevento, da sette generazioni. Ci si aspetterebbe una superspia con un braggio al tugsteno e un bazooka nella borsetta, sempre pronta ad affrontare qualunque avversità, quando io sono riuscita in soli tre mesi a cacciarmi nel guaio in cui ora mi ritrovo invischiata. Anche se, devo ammetterlo, non ho fatto tutto da sola: una mano me l'hanno data anche la famiglia di sbroccati new age da cui mi sono trasferita, senza contare un malefico conte vampiro con tanto di villa arroccata sulla collina, due folli vecchietti innamorati ed un ospizio in piena rivoluzione proletaria. Più, ovviamente, la mia solita dose di provvidenziale sfortuna.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lunedi mattina, prima ora, grammatica latina: un connubio in grado da solo di mortificare i buoni propositi di qualunque studente. In aggiunta alla gia di per se catastrofica situazione, il fato aveva posto la minuta professoressa Ferrara, classe '52, 65 chili di frivola icompetenza, ad insegnare greco e latino nella sventurata 2a C.
Che poi, di suo, la Ferrara non era nemmeno questo colossale disastro. D'accordo, non metteva in fila due parole d'italiano che fossero due. D'accordo, ogni giorno indossava lo stipendio mensile di mio padre sottoforma di orribili completini color pastello. D'accordo, era brutta come l'inferno e quel suo enorme neo peloso faceva ribrezzo a guardarlo da lontano... tuttavia ci lasciava abbastanza in pace, e la vena sadica onnipresente in qualunque insegnante (cominciavo a pensare che la dessero in dotazione a inizio anno, insieme al pessimo gusto in fatto di vestiario) in lei era piuttosto contenuta.
Insomma, sarebbe stata quasi sopportabile, se non fosse stato per quella zeppola devastante.
Ed ero io che, raccogliendo fieramente il retaggio di tutti i passati Studenti Nuovi della storia, sedevo al primo banco e mi ritrovavo piacevolmente annaffiata di bava ogni volta che la Ferrara sibilava una delle sue famigerate "S".
E di "S", o di "Z", la Ferrara ne diceva parecchie. Anzi, sembrava che ne mettesse apposta il maggior numero possibile in ogni frase, ad unico beneficio del suo contorto senso dell'umorismo.
- La sintassi e' indispensabile per la vostra formazione. Studiatela con coscienziosita'. - si raccomandava ora, sputazzando e guardandoci uno ad uno con due occhietti porcini e indagatori. Stava li' li' per aggiungere qualcosa quando il provvidenziale trillo della campanella mi salvo' da una nuova raffica di sputi. Mi stavo giusto rilassando alla prospettiva di un'ora di beata nullafacenza con la cislaghi che esaltava l'innovazione dell'arco a tutto sesto, quando vidi che la Ferrara mi stava facendo dei cenni discreti con la mano.
Sospettosa, distraendo il mio allarmato cervello con domande del tipo "cosa desidereresti di piu' in questo momento, un impermeabile o una museruola?", la seguii fuori dall'aula.
La Ferrara mi aspettava in corridoio, appoggiata al muro. Quando la raggiunsi, mi lancio' un lungo sguardo di commiserazione che non mi piacque affatto.
- Nikita. - disse, non mancando, in assenza di "S", di sputacchiare sulla "T".
Mi asciugai la faccia dignitosamente. - Professoressa.
- Non professoressa, Melissa. - mi corresse lei con dolcezza.
- D'accordo, ehm... Melissa? - balbettai, imbarazzata. Non avevo mai desiderato tanto quanto in quel momento che gli omini della Coca-cola Zero sfondassero una finestra e mi portassero via.
Lei approvo' con un cenno solenne del capo. - Come te la stai passando in queste settimane, Nikita?
- Io, ehm... bene. - mormorai incerta. E ancora non capivo dove volesse andare a parare.
Lei annui' accondiscendente, con le sopracciglia pietosamente alzate. - Sono sicura che sia cosi', ma nonostante questo... sei assolutamente certa che non ti serva un ausilio? Nel senso, ausilio finanziario.
Io, che piu' o meno ad "assolutamente" ero completamente zuppa e avevo la mente offuscata dagli istinti omicidi, impiegai qualche istante a capire di cosa stesse parlando. Per poco non le scoppiai a ridere in faccia, non appena compresi il senso di quella domanda. - No, davvero pr... Melissa. Non alcun bisogno di... ehm, ausilio.
Vidi i suoi occhi accarezzare dubbiosi il mio abbigliamento e dovetti ammettere che non aveva tutti i torti: quel giorno, bardata com'ero con una camicia da uomo troppo grande e un paio di jenas strappati sulle ginocchia, dovevo ammettere che sarei sembrata piu' credibile in strada a chiedere l'elemosina che in quell'aula di fighetti leccati.
- Davvero, Melissa. - ribattei comunque, un po' piu' sicura, lottando contro le risate che mi sfuggivano dalle labbra. - Me la cavo da sola.
Lei scosse la testa, ammirata da questo sfoggio di orgoglio proletario. - Rispetto la tua indipendenza, ma insisto. - si sfilo' di tasca un bigliettino che doveva aver preparato a casa. Cavolo, ero in quella scuola da due sole settimane e gia avevo suscitato tanta pieta' nel corpo docente... con un po' di fortuna sarei riuscita a farmi promuovere senza aprire neanche mezzo libro.
- Questo e' l'indirizzo di mia suocera. - mi informo' la Ferrara porgendomi il bigliettino. - E' molto anziana, ha bisogno di una persona che sei giorni a settimana passi per casa sua a controllare le sue condizioni e a svolgere alcuni semplici servizi.
Presi l'indirizzo con due dita, manco avessi paura di sporcarmi, e deglutii a vuoto un paio di volte. E adesso che cavolo le dico a questa? - Ehm... apprezzo il pensiero ma, ecco... non credo di avere il tempo per... un lavoro cosi' impegnativo, e poi...
- Oh, io e Serena ne abbiamo discusso. - Serena Polvani era l'insegnante di storia e filosofia. - Siamo giunte a conclusione che possiamo glissare senza sforzo sulle tue impreparazioni, purche' ti impegni seriamente con mia suocera. - Detto cosi' sembrava che mi proponesse di sposarla, questa suocera, ma probabilmente la Ferrara prediligeva le "S" di cui riusciva a infarcire una frase che la coerenza del discorso.
Comunque, mi stava proponendo un'amnistia per tutte le volte che non avessi avuto voglia di studiare in cambio della promessa di passare sei ore la settimana in compagnia di un'innocua vecchietta. Uno scambio piu' che equo, giusto?

Sbagliato.
Quello che non sapevo, e che la Ferrara aveva saggiamente mancato di dirmi, era che non ero la prima ad occuparmi di sua suocera. Altre cinque prima di me, badanti di professione, temprate da anni di esperienza, avevano tentato ed avevano fallito. Donna Rosa le aveva fatte scappare tutte a gambe levate dopo nemmeno un mese.
Halia, quella che aveva resistito di piu', era poi caduta in depressione ed era ingrassata di ventisette chili in due mesi. Al momento era ricoverata in un ospedale psichiatrico ucraino senza troppe prospettive di uscirne.
Insomma l'atto della Ferrara, piu' che dal buon cuore e dalla possibilita' di sputarmi in faccia un intero discorso tutto pieno di "S", era stato dettato dallo spirito di sopravvivenza.
E io c'ero cascata come un'idiota.
Mi recai a casa di donna Rosa quel pomeriggio stesso, allegra e saltellante come cappuccetto rosso un attimo prima di essere sbranata dal lupo.
E dopo meno di cinque minuti mi sarei offerta di fare tutti i compiti della scuola per un anno pur di andarmene da li'. Donna Rosa era una frizzante novantaseienne, con una vaporosa corona di capelli bianchi e un bel volto energico e rugoso, con la pelle abbronzata talmente sottile che, sotto, sembrava di intravedere il bianco degli zigomi.
Mi piacque molto il suo modo di guardarsi intorno, con la testa inclinata da una parte e l'espressione curiosa, e mi piacque anche la colorata coperta patchwork che teneva sulle ginocchia. Ma gli apprezzamenti finivano li'.
- Sei tu, nuora degenere? - mi accolse quando mi senti' bussare, con la sua voce profonda e melodiosa.
- No, sono Nikita. - feci io, per niente intimorita.
Donna Rosa spalanco' la porta con slancio e per un istante mi scruto' con due occhi nerissimi. Poi fece per chiuderla e io ebbi la malsana idea di impedirglielo infilando un piede nella soglia.
Okay, apriamo una piccola parentesi: avete mai notato quante boiate ci propinano per televisione? Come quella di aprire una porta sparando alla serratura... provateci e vedrete chi si fara' piu' male, se voi o la serratura. Insomma, se avete in programma di infilare il piede in qualche stipide, indossate prima un paio di solidi anfibi rinforzati perche' se ci provate, come ho fatto io, protetti solo da un paio di Converse mezze scassate tutto cio' che ne ricaverete sara' un dolore lancinante al mignolo e sei microfratture sparse tra dita e tallone.
Mi accasciai urlando sui gradini, mentre donna Rosa mi guardava eserrefatta, e presi a massaggiarmi freneticamente il piede offeso.
Diavolo, se faceva male!
Comunque servi' al suo scopo, perche' a quel punto donna Rosa fu costretta a trainarmi dentro di peso e a depositarmi su una poltrona. Quindi spari' per qualche minuto in cucina e quando torno' portava una tazza di cioccolata calda e una borsa del ghiaccio arancione.
Uggiolai un ringraziamento a cui lei rispose con un cenno secco del capo, poi mi lancio' la borsa del ghiaccio (che non solo era arancione, ma aveva anche la faccia sorridente di Winnie the Pooh), mi si sedette di fronte e comincio' a sorseggiare la cioccolata. - Comunque non li voglio, i tuoi biscotti puzzolenti. - mi informo' dopo avere inghiottito.
Sbattei le palpebre un paio di volte, facendo probabilmente la figura della minorata mentale. - Quali biscotti?
- Quelli che mi avete rifilato l'altra volta, che mi hanno incollato tutti i denti e poi non ho piu' potuto mangiare niente di solido per una settimana! - sbotto' lei, basita dalla mia ignoranza in fatto di biscotti.
Che mi avesse preso per una scout? Insomma, finche' mi scambiavano per una barbona cocainomane okay, ma che diavolo avevo io della scout?
Decisi di cambiare approccio. - Mi chiamo Nikita Cacciatore, e sono un'alunna di Melissa Ferrara. La sua nuora degenere, ricorda? - spiegai, paziente. - Sono stata mandata qui a... - accudirla? No, cavolo, non e' mica un cane! Prendermi cura di lei? Si, cosi' sembro sua madre. Occuparmi della casa? Perfetto, cosi' mi metteva a lavare i piatti a vita e non avrei piu' rivisto la luce del sole. -... Intrattenerla. - improvvisai alla fine, agonizzando.
- Intrattenermi... - ripete' donna Rosa con una sfumatura pericolosa nella voce. - Con chi credi di avere a che fare, Carmencita? Con una vecchia rimbambita che passa il tempo a guardare le foto dei suoi nipotini? Per quel che mi riguarda, signorina Salvatore, la prossima volta che ti viene voglia di di allietare le mie gia di per se' lietissime giornate con la tua mefitica presenza, puoi anche soffocare questo irrefrenabile impulso e restartene a casa. Dove almeno non mi farai sprecare altre bustine di cacao in polvere!
- Ma se nemmeno me l'ha offerta, la cioccolata! - ribattei, punta sul vivo. Odiavo che mi storpiassero il nome.
- Si, ma lo stesso l'ho dovuta preparare, sai, per farti vedere che ce l'avevo ma non te la offrivo. Non chiedermi perche', ma questo genere di cose scoraggia gli scout.
- Ci si puo' anche affogare, in quella maledetta cioccolata.
- Sono sicura che la mia morte accidentale il tuo primo giorno di lavoro sara' la nota piu' esaltante del tuo curriculum.
- Bhe', almeno il MIO curriculum sara' piu' lungo di uno scontrino!
- Certo, e con quella lingua al vetriolo che ti ritrovi vedrai che successo che avrai come lavavetri!
- Mentre la sua professione quale sarebbe?... oh, giusto, menomare poveri scout innocenti sulla soglia di casa. Doveva essere un mestiere redditizio.
- Non sono molti gli scout cosi' stupidi da ficcare un piede nella porta mentre si sta chiudendo. - osservo' lei con un certo buonsenso.
Qui tacqui perche', nonostante avrei preferito indossare un cilicio chiodato a mo' di perizoma piuttosto che ammetterlo, aveva ragione.
- Comunque ormai ho accettato il lavoro, quindi resto qui. - borbottai riottosa, in un esempio da manuale di masochismo cronico.

Donna Rosa mi tenne prigioniera per altre tre ore, facendomi spazzare, spolverare, fare il bucato e sentire come una moderna Cenerentola. Con l'unica differenza che, quando tornai a casa dal mio principe, invece delle scarpette di cristallo avevo i capelli sparati da tutte le parti, l'aria sconvolta e una fame da lupi.
Trovai Helaku immerso in un libro di ricette, che dettava istruzioni a barbara in tono monocorde.
Barbara le eseguiva con entusiasmo, veleggiando da una parte all'altra della cucina avvolta in un improbabile kimono rosa acceso.
- Niki! - mi saluto Helaku sentendomi entare. Parte consistente del suo fascino stava nel fatto che sembrava sempre contento di vederti. - Entra, stiamo cucinando!
Barbara si giro' verso di me con un gran sorriso, abbattendo un barattolo per farmi cenno con la mano e causando una piccola slavina di zucchero.
- Fuori fa un freddo cane. - declamai a titolo informativo, liberandomi di giacca e cappotto e lasciandoli dove capitava, come d'uso in quella casa.
- Ci credo. - rispose lui distratto, sogguardando la pentola d'acqua che bolliva sul fuoco come se temesse di vederla esplodere. Effettivamente una schiuma bianchiccia cominciava a farsi largo da sotto il coperchio, sfrigolando a contatto col fornello caldo. - Barbara, sei sicura che la schiuma da ebollizione dia davvero un ingrediente?
- Sicurissima, tesoro. Quella guida senegalese con cui io e tuo padre facemmo amicizia me l'ha assicurato: non serve altro che un dito di schiuma presa direttamente dalla pentola per rendere la tua zuppa di carne la piu' buona del nordafrica.
- Sara'... - Helaku scrollo' le spalle non proprio convinto. - Nella ricetta non c'e' scritto, comunque. Qui dice solo "tagliare i pomodori a dadini".
- Che banalita'. - sbuffo' Barbara, pero' esegui' diligentemente, memore dell'antica puntigliosita'.
- Allora, com'e' andata? - chiese Helaku con enfasi mentre io gli sedevo di fronte.
- Male. - tagliai corto io. - Quella donna e' una chimera, con un faccino da Vieni-che-nonna-ti-prepara-la-torta-di-mele e la lingua biforcuta di un serpente.
- Uhm - lui si fece pensoso. - E' il connubio nella stessa frase della parola "mela" e della parola "serpente" e' casuale o contiene un esplicito doppiosenso biblico? Aggiungi due spicchi d'aglio tutti interi.
- Casuale. E quell'altra, allora? La Professoressa-Ferrara-chiamami-Melissa-Santa-Maria-sputazza-assunta-in-cielo? Tanto sfoggio di cristiana solidarieta' e poi si DIMENTICA di dirmi che lei e sua suocera si odiano e che sono mesi che le cerca una badante che dopo mezza giornata non corra via a suicidarsi... credo che tua madre abbia finito con l'aglio.
- Oh, si. Aggiungi al brodo il porcospino tagliato in pezzi irregolari.
Per un attimo dimenticai la mia arringa appassionata. - Aspetta... hai detto porcospino?
- Si, certo. - rispose Helaku, con una naturalezza che mi fece sospettare di essere io quella anormale, a non mangiare porcospino a cena ogni lunedi sera.
- Cucina esotica. - aggiunse Barbara affilando un coltellaccio da macellaio con il tagliere.
- E dove... ehm, dove vi hanno venduto carne di porcospino per la vostra cucina esotica? - chiesi, timorosa di conoscere la risposta.
- Da Tobia. - Barbara pronuncio' quel nome con una sorta di timore reverenziale. - E' un cacciatore di frodo.
Per un attimo la mia mente, provata dalla fatica, mi proietto' in testa immagini di corputi finlandesi con salopette di pelliccia che davano la caccia armati di ascia a Frodo Beggins, quell'hobbit mingherlino del "Signore degli anelli".
Ci penso' Helaku a riscuotermi da quel momento di completa idiozia. - In pratica, Tobia e' un barbone. Ha ereditato dal padre due o tre fucili e ora si mantiene ammazzando i piccoli animaletti che vivono nel parco e vendenoli ai pazzoidi come Barbara.
Spalancai gli occhi, orripilata. - Ma e' una cosa tremenda!
- Forse, comunque il porcospino e' buono. Cospargere il tutto di spezie a piacere.
- Ma io credevo che voi hippy foste animalisti e compagnia bella... come potete permettere una cosa del genere?
- Oh, ma lo siamo! - esclamo' Barbara tuffando la mano in un barattolo di cumino. - Pensa a quel povero porcospino, tutto triste e solo nel parco di questa citta' piena di smog... una vita orribile. Mentre adesso puo' reincarnarsi in qualcosa di piu' dignitoso come, che ne so... uno stallone venezuelano, per esempio!
Non sapevo cosa avessero di speciale gli stalloni venezuelani, ma almeno per il momento decisi di soprassedere, sia perche' la conversazione aveva assunto un'aura di irrealta' che non mi piaceva sia perche' il porcospino odorava di buono e io avevo una fame che mi sarei mangiata il tavolo tutto intero.
- Sono comunque piuttosto invidioso di te e del tuo lavoro. - riprese Helaku, tornando al filone originale. - Io con la mia paghetta settimanale a stento ci pago la benzina della Vespa... e non voglio, tra qualche mese, dover organizzare il viaggio del dilploma senza un euro in tasca. - annui', tutto preso nel suo ruolo coscenzioso.
E il mio cuore salto' un battito non appena mi resi conto di tutte le innumerevoli possibilita' implicite in qulla semplice affermazione.

NOTA DELL'AUTRICE:
innanzitutto un grazie enorme ad AliceL... si effettivamente Helaku non e' proprio sveglissimo, pero' dai, in fondo sono altre le cose importanti ;))) Continua a recensire, mi raccomando!! (i miei occhi non sono NIENTE in confronto a quegli ammassi informi che descrivi tu, nun t'atteggia' :P )
scusatemi per gli accenti latitanti, ho dovuto usare gli apostrofi perche' la mia tastiera e' improvvisamente impazzita... se sapete che cos'ha fatemelo sapere, ha scambiato tutti i segnetti da un tasto all'altro, tipo per avere / devo premere -, e ora non trovo piu' le vocali accentate...
Vabbe', tagliamo corto. Se la storia vi e' piaciuta, o se pensate che ho scritto solo stronzate, fatemelo sapere inserendo una recensione :) vi ringrazio in anticipo, un bacione!
  
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