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Autore: Val    30/08/2011    2 recensioni
"Per starsene un po’ più tranquilli, si erano presi un paio di giorni, forse tre, per fare un giro tra Northumberland e Yorkshire.
Era quasi aprile, c’erano già belle giornate.
Sìle stava attraversando il suo sesto mese di gravidanza con coraggio, perché era sì curiosa e piena di domande che a volte la spaventavano, ma anche con serenità, perché non aveva nulla di cui preoccuparsi, glielo dicevano tutti, e aveva vicini Dorcas, Ceday, Jane, Charlie e Una, Morgan. Perfino George a volte.
E aveva Liam."
Avevo promesso delle appendici a chi ha amato la storia di Liam e Sìle, così ecco qua la prima :)
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Appendice – 1:

Mi scuso tantissimo per l'attesa, ma purtroppo ho avuto dei motivi di ritardo prepotenti, alcuni positivi, uno meno positivo. Spero di aver recuperato bene...


Dalla notte si era iniziato a sentire il boato del mare che cresceva.
Una, che tra loro era quella più legata a lui, si era svegliata, ed era uscita per ascoltarlo; Sìle l'aveva avvertito perché la bambina nella sua pancia le aveva trasmesso tutta la sua elettrizzazione per quel cambiamento.
Morgan si era svegliata e poi riaddormentata ascoltando anche lei la sua voce, Liam si era alzato e aveva aperto leggermente la finestra, solo per sentire l'odore della salsedine portato dal vento.
La mattina l'aria profumava intensamente infatti, e Sìle e Morgan appena dopo l'alba, erano andate a vedere se c'erano già conchiglie rilasciate sulla spiaggia dall'abbassarsi della marea.
Sembrava un evento davvero magnetico per tutti loro.
La magia venne interrotta, per assurdo, da una strega.
“Allora come stai?”
La voce di Ceday tradiva qualcosa di strano, ma Sìle non le chiese nulla: se era qualcosa che aveva intenzione di dirle l’avrebbe fatto.
Senza contare poi che le otto di mattina per lei erano un orario davvero antidiluviano.
“Anzi scusa, rettifico: come state? Tutti e tre…”
- Bene direi. Io mangio come un criceto, la bambina assimila come un rinoceronte, e Liam è in fitta comunicazione con mia nonna…-
“Il paragone col criceto e il rinoceronte, l’ha inventato lui vero?”
- Ovviamente, volevo renderti noto il suo ultimo componimento…-
“Un vero poeta sì…”
- Incompreso temo -
“Beh io più che altro temerei di capirlo…e tua madre?”
Sìle finì di masticare rumorosamente il suo biscotto.
- Tutto bene...- disse quando ebbe la bocca abbastanza libera.
“Mh-mh…sai? Credo di iniziare a capire il senso profondo della poesia del bardo Kerr…la smetti? Sembra di parlare con un frullatore!”
- Ho fame!-
“Ma almeno ingrassa di mezzo chilo come tutte le donne incinte del mondo no?”
- Sono ingrassata!Devo mettere il reggiseno ora! Ho il metabolismo accelerato forse…-
Forse è meglio se taci…quello non è grasso, quelle sono tette! E scommetto che Liam dentro di sé esulta!”
- Scusa Ced ma che hai? Sei acida come un bicchiere di limone…-
“Niente…”
- Va bene…-
“Insomma te lo dico quando possiamo parlarci a quattr’occhi…quando tornate?”
Sìle deglutì l’ultimo pezzo di biscotto e si massaggiò la pancia con soddisfazione…sarà per questo che Liam mi vede somigliante ad un criceto?, si domandò.
- Quattro giorni…poi Liam deve partire per il Marocco con George. E io devo incontrare mio padre…-
Ceday esclamò. Non disse niente perché la cosa l’aveva presa così di sorpresa che non riuscì ad articolare parole di senso compiuto, ma il tono era esclamativo.
“E quando cavolo volevi dirmelo di tuo padre scusa? E da quando quel tipo ha deciso di rimettere piede in Africa?”
- Va in Marocco, non è proprio la stessa cosa per lui…e mio padre...beh ho provato a chiamarti e non ti ho mai trovata…-
“Come se ti servisse il telefono!”
- No però aiuta…ma dov’eri finita a proposito? -
Ceday tacque per un momento, poi si schiarì la voce e riprese a parlare, ma lo fece sottovoce.
“Io ho davvero bisogno di parlare con voi…dovete aiutarmi! Sono nei guai!”
Sìle si preoccupò perché la sentiva davvero angosciata.
- Ced ma che ti succede?-
“Che sto impazzendo e credo che…oh mio Dio! Oh mio Dio! No! Non quello di Lady Winchilsea!”
-Ceday?- chiamò Sìle allarmata dal tono terrorizzato dell’amica.
“Ti richiamo!”
Cadde la linea mentre si sentiva un fragore di cocci che rimbombò attraverso il telefono nell’istante stesso in cui Liam entrava in camera da letto.
Si fermò sulla soglia guardando fisso Sìle che gli sorrise con aria leggermente perplessa.
- Era Ceday…-
- Non era qualcosa che andava in frantumi?-
- Sì, ma a casa di Ced…-
- Ah beh allora – commentò Liam senza stupore mentre si abbassava su una sedia e prendeva la macchina fotografica digitale.
- Hai intenzioni lavorative oggi?- gli domandò Sìle scendendo dal letto su cui era seduta e andandogli vicina, sbirciandolo con curiosità mentre armeggiava con l’apparecchio: in quei momenti si vedeva in lei quello che era di Lily.
Liam guardò fuori.
- Non necessariamente. Il tempo è buono ma il mare dev’essere una furia…ruggisce come un leone…e se fosse come immagino, potrebbe venirmi qualche ispirazione…-
- Posso venire con te o vai in posti inaccessibili ai comuni mortali?-
- Se mi prometti che non mi vieni dietro se faccio cose azzardate, sì. Ero venuto qui a dirtelo…-
Sìle accennò un sorrisetto e si schiarì la voce.
- Allora vengo. Anche perché se ti vedo sparire tra i flutti, qualcuno che gridi “Uomo in mare!”, dovrà pur esserci no?-
Lui la guardò attraverso l’obiettivo.
- Tu non ti fidi di me…-
- Non è vero. Ma quando fai certe cose, diventi un po’ troppo entusiasta…o devo ricordarti che ti sei messo a fotografare un avvoltoio appeso a testa in giù dal guardrail di una strada di montagna, l’estate scorsa? Montagna che tra le altre cose, franava al primo starnuto?-
- Era un rarissimo esemplare di pennuto autoctono di un’isola mediterranea…e non ero appeso a testa in giù…-
- Rarissimo! Tant’è che ce ne svolazzavano a dozzine sopra la testa…-
- Beh…-
- Sì?-
- Senti muoviti, copriti bene e smettila di sindacare sui miei ultimi sprazzi di giovinezza…-
Le ordinò lui prima di uscire dalla stanza.
- Veramente sindacavo sul tuo istinto di sopravvivenza e comunque hai saltato una generazione: stai per diventare padre, non nonno!- gli disse lei ad alta voce.
Lui brontolò qualcosa in risposta, ma il volume basso e le parole biascicate tradivano un’insufficiente carico di argomenti, così quando lo raggiunse, lei gli porse il giaccone come offerta di pace.
- Non ti permetto di insinuare che lo splendido quasi padre quarantenne della mia bambina sia vecchio, chiedi scusa…-
- Quasi quarantaduenne veramente: un mese e diciotto giorni dopo erano finiti, ma erano ancora gli anni sessanta -
- Insomma sei vintage…- gli disse lei sapendo benissimo che la reazione che gli provocava quella parola, era quasi una sindrome cavallina: lo metteva dello stesso umore di un animale da rodeo.
-Tua nonna non sopporta le parolacce, smetti di farmi venire voglia di dirle – le disse infilando il giaccone.
Lei si mise a ridere e dopo aver annunciato a Morgan e Una che stavano andando a fare un giro sul mare, uscirono.
- Attento alle onde!- lo avvertì Una inseguendoli sulla porta.
Liam stava per entrare in auto ma si fermò, si girò verso di lei, poi si guardò intorno.
- Com’è che sono ancora asciutto? La volta scorsa a quest’ora avevo due bernoccoli in fronte…-
- Ho giocato d’anticipo!- gli disse la vecchietta salutandoli con la manina coperta dalla manica troppo lunga di un cardigan dai colori hawaiani.
Liam si mise al volante e Sìle lo vide un tantino…dubbioso.
- Che c’è?- gli domandò.
Lui contrasse le labbra come a voler dire qualcosa, poi le strinse tra loro.
- No niente…- rispose mettendo in moto.
Decisero che il Calf of Man poteva essere una buona direzione da prendere.
Sìle era contenta di quella gita non programmata, e sperava che a Liam l’ispirazione venisse. Ormai iniziava a fare l’abitudine a quell’entusiasmo quasi infantile che lo prendeva quando poteva stare qualche ora all’aperto andando a infilarsi in qualche anfratto pericolante per avere una foto come piaceva a lui, anche perché in genere era sempre tornato vivo salvo qualche escoriazione, quindi si metteva lì tranquilla e lo guardava.
Diventava qualcosa di molto diverso dall’uomo fermo e saldo che dava l’idea di essere altre volte e sperava che quello spirito un po’ avventuroso, contagiasse anche la loro bambina, pur sapendo che questo avrebbe significato doversi preoccupare non poco.
L’idea del Calf Sound aveva subito una momentanea deviazione per Peel, quando avevano visto le onde che si infrangevano contro la costa.
Lì erano sicuramente più spettacolari, schiaffeggiavano la strada lungo il mare, faro e il castello con delle bianche mura d’acqua alte anche diversi metri.
Poi proeguirono verso Port Erin, e lungo alcuni tratti della costa le onde erano davvero impressionanti.
Scesero dall’auto in un punto in cui la scogliera era più alta: Sìle si nascose sotto il suo fido cappuccio mentre Liam, bisognava dargli atto con accettabile prudenza, si avventurava in un punto della scogliera più basso rispetto alla strada, che rimaneva abbastanza riparato dalle onde, ma consentiva una buona visuale sulle scogliere.
Sìle non fece azzardi e lo aspettò appoggiata al cofano della BMW, guardando il mare e ogni tanto lui che si era seduto su una roccia piatta puntando l’obiettivo verso una gobba verde su cui si ergeva una esile struttura diroccata, che sembrava offrire al vento la resistenza che gli avrebbe fatto un castello di carte.
Sotto quella gobba il mare mugghiava e colpiva la terra con violente sferzate di acqua gelata.
Il tempo iniziava a cambiare, da sud-ovest arrivava un pesante banco di nuvole nere.
Quando Liam risalì, dopo essere sparito di qualche metro più in basso, le nubi si erano spinte fino a coprire il sole.
Sìle era assorta, come ipnotizzata dal movimento delle onde.
L’acqua schiumava ma dove era più profonda, era un’immensa massa blu profondo che si muoveva da sotto, ed era quasi cullante.
Aveva dentro di sé una sensazione che non provava da tanto tempo.
- Ti è mai successo da piccolo…- chiese a Liam vedendolo tornarle vicino e appoggiarsi accanto a lei – di stare rintanato nel tuo letto, ad esempio, sotto le coperte, mentre fuori c’era un forte temporale e di provare una sensazione di elettricità dentro?- gli domandò, poi si indicò la bocca dello stomaco – qui…la sensazione che fuori può arrivare il finimondo ma tu sei al sicuro?-
Liam sorrise e annuì passandosi una mano sul viso e i capelli bagnati.
- La piccola si sente così…- gli disse con un gran sorriso, facendo ridere più apertamente anche lui.
Era sorpreso.
- Sì sai…sente che fuori è freddo, che ora è più buio. Che arriverà un temporale…e sente questo enorme frastuono dal mare. Però sa di essere al sicuro dov’è e questo le piace un sacco…e ama il mare. L’odore, il rumore…-
Liam la guardò e le passò un braccio intorno alle spalle per stringersela addosso. Lei gli si accoccolò contro.
- Mi piacerebbe darle un nome legato al mare…- gli disse, e lui si disse d’accordo – sai come Murron o Meriel…mi piacerebbe anche Ula, ma somiglia molto al nome di mia nonna, così pensavo: Cordelia ha lo stesso significato…gioiello del mare-
Liam sgranò gli occhi e la guardò.
- Ne stiamo discutendo per la prima volta, e tu sei già un’enciclopedia dei nomi?-
- Non è mica il primo giorno in cui mi accorgo che reagisce al mare. Lei somiglia davvero a mia nonna…è da quando siamo stati a Glasgow l’ultima volta che l’ho notato. Ricordi quando siamo andati con Jane ad Ardrossan? C’era mare grosso anche quel giorno…-
Lui fece cenno di sì.
- Ma non volevo importeli. Volevo solo chiederti se ti piacevano…o se ne hai qualcuno che piace a te -
Liam ci pensò un attimo e poi scosse la testa.
- Non lo so...ci sono tanti nomi che mi piacciono e sinceramente senza vedere lei, non saprei dire quale mi ispira. L’idea del mare però mi piace come riferimento. Murron e Meriel cosa significano? -
- Murron significa Bel mare o Mare bianco , Meriel invece Mare scintillante …-gli rispose lei raddrizzandosi a guardarlo e pulendogli una tempia da una sottilissima scia di sale che qualche schizzo di mare gli aveva lasciato sul viso.
- D’accordo mi piacciono…ma se la chiamiamo Cordelia, mi riservo il diritto di chiamarla Ula perché se qualcuno che conosco a Glasgow mi sente chiamare “Cordelia!” per la strada, non so cosa potrei sentirmi dire…-
- Secondo Ceday il problema sarebbe un altro…-
- Cioè?-
- Che Cordelia detto da te, sembra un’imprecazione…-
- Benissimo, era una vita che volevo dirle che porta un nome che la rende somigliante ad una moneta del Ghana! Finalmente posso togliermi questo dente! – esclamò con una certa soddisfazione, dopo di che un tuono li interruppe e fece capire loro che era ora di rientrare – forse è meglio se andiamo ora…vorrei provare ad arrivare lo stesso al Calf Sound…-
Sìle si mise, lo seguì verso l’auto, lasciò che lui le aprisse lo sportello e da dentro gli aprì il suo.
- Facciamo così: quando nasce, la guardiamo bene e decidiamo cosa ci ispira sul momento…- propose quando Liam fu seduto al suo fianco.
- Ci sto…ma lei che ne dice?- chiese lui mettendo in moto – intendo la nuotatrice nella tua pancia…-
Sìle si diede due colpetti sulla pancia.
- Le sta bene…-


Ripartirono, raggiunsero la punta meridionale dell’isola e dopo un’oretta passata tra girellare lungo le scogliere e quattro chiacchiere nel centro visitatori per ripararsi dall’acqua, ripresero la via di casa.
Quando furono a Peel, Liam si fermò per comprare un giornale che gli aveva consigliato George durante una telefonata di pochi minuti avvenuta durante il tragitto.
Aveva lasciato l’auto nello stesso parcheggio del giorno in cui avevano incontrato Eric e ed era molto interessato dalla consultazione della rivista che, visto che ancora il temporale non si stava scatenando sulla costa, si era dimenticato della raccomandazione di Una.
Passando lungo il marciapiede sul mare, un’onda andò ad infrangersi proprio sotto il suo naso facendogli una doccia completa. Non solo a lui per la verità: c’era anche una coppia di operai e un ometto a passeggio col suo cane, ma Liam si prese la parte più grossa.
Quando rientrò in auto, si tolse il giaccone impermeabile prima, poi si accomodò sul sedile e per prima cosa rivolse un ammonimento a Sìle…
- Guai a te se ridi…-
- Bene…- rispose lei non tanto convinta.
- Io e tua nonna dobbiamo parlare…-
- Non credo sia una buona idea, in genere vince lei nei confronti dialettici. Ha delle argomentazioni di ferro -
- Tipo?-


- E’ inutile che te la prenda con me: io te l’avevo detto -
Lapidaria replica della Strega Nonna ai tentativi di protesta che Liam mise in atto al loro rientro.
- Sì ma…senta, la smetterebbe di girare come una trottola attorno a questo tavolo? Avrei bisogno di guardarla in faccia, invece che vedere tutti i colori delle specie botaniche tropicali che le ricoprono la schiena! E’ difficile parlare così! -
Lui la inseguiva, cercando di non calpestarla, visto il divario altimetrico, girando per casa ancora bagnato come un pulcino: si era fatto una doccia e si era cambiato, ma di asciugarsi la testa non se ne parlava per uno del Nord.
Una si fermò, ma solo per rimestare qualcosa in una pentola che ribolliva sopra il fuoco del camino.
Aveva in mano un enorme cucchiaio di legno che estrasse pieno di qualcosa di fumante.
- Assaggia…- ordinò Una.
Eh no…almeno in questo non avrebbe permesso che andasse come Dorcas.
- Volentieri…- rispose facendo in modo di prendere lui il cucchiaio, soffiando un po’ e solo allora, quando fu sicuro che non servisse una lingua ignifuga, assaggiò – è buonissimo…-
- Si sente il timo?-
Liam ci pensò un momento ed ebbe una pessima idea…ma lo capì solo in seguito.
- Non molto – rispose.
Una annuì con fare serio e con passetti rapidi andò nel suo piccolo regno vegetale sul retro della casa.
Lo invitò a seguirla comunque.
- C’è qualcosa cui devo stare attento? – chiese con un briciolo di sarcasmo.
- Smettila di piagnucolare! Per un po’ d’acqua!-
- Una, mi perdoni ma non è l’acqua il punto. Il punto è che se lei mi avverte io lo apprezzo…ma è inutile che mi avverta se poi non mi dice che le cose potrebbero succedere in modo meno banale di quanto io non mi aspetti…-
- Hai sbattuto contro quelle travi nel modo più banale che abbia mai visto…-
- Certo perché non lo sapevo…- rispose lui ritrovandosi le mani piene di erbe odorose essiccate dopo un attimo.
- E infatti io ti ho avvertito per le onde!-
- E infatti io sono stato alla larga dai posti pericolosi…-
- Io non ti ho detto stati attento ai posti pericolosi. Io ti ho detto stai attento alle onde -
…solita logica stringente delle streghe. Aveva ragione lei e aveva ragione Sìle a dire che Una avrebbe opposto delle argomentazioni di ferro.
- Va bene, va bene d’accordo. Ho torto io…-
- Infatti. Ora andiamo…e di’ a mia nipote di stare lontana da quei vitelli. Sono figli del Pooka, sono imprevedibili…-
Liam fece per obbedire vedendo Sìle che accarezzava uno dei vitellini neri dopo aver lasciato loro qualcosa in una mangiatoia.
Poi però di fermò.
- Scusi…di chi sono figli quelli?-
- Del Pooka…gira attorno alla casa da secoli, se lo portò una trisavola di mia nonna dall’Irlanda e non se n’è più andato. I vitellini non sono cattivi…ma possono decidere di fare qualche scherzo per giocare -
Liam si affacciò di nuovo dalla porta che dava sul cortile del retro.
- Lo so, lo so…- lo rassicurò lei prima ancora che potesse parlare – ma sono buonissimi…secondo me è solo che sono neri…non hanno neppure gli occhi rossi…- gli disse mentre andava a riporre un secchio vuoto e poi rientrava con lui in casa.
- Non hanno neppure gli occhi rossi eh?-
- No. Vado a togliermi scarpe e pantaloni, arrivo subito – disse lei.
Liam tornò da Una e Sìle lo guardò allontanarsi con un sorrisetto sotto i baffi: quella dei vitelli figli del Pooka che non avevano gli occhi rossi, lo aveva lasciato un po’ esterrefatto.
Aveva fatto l’abitudine a tante cose ma forse ai folletti che prendevano forme animali e si immedesimavano a tal punto ancora no.
Un attimo dopo, mentre si infilava i pantaloni di una tuta, sentì un lamento, sempre di Liam, provenire dalla cucina.
Corse a vedere e quando arrivò sulla porta, vide una scena molto familiare.
Lui appoggiato al tavolo della cucina con una mano sulla bocca e gli occhi lucidi e brillanti e Una ferma lì davanti con ancora il cucchiaio di legno in mano.
- Ora si sente il timo?- gli chiese.
Liam la guardò cercando di non sembrare lui quello con gli occhi rossi.
Sìle temeva di vederlo reagire male, invece non lo fece. Annuì seriamente, senza proferire verbo e allora Una si girò di nuovo tutta soddisfatta verso il fuoco, canticchiando qualcosa tra sé e sé.
Liam guardò Sìle che gli andò incontro chiedendogli come stava.
- Se mai un giorno avrai dei dubbi sui miei sentimenti per te, ricordati di questo: l’idea di un corso di sopravvivenza estremo in questo momento, risulta più riposante…eppure sono ancora qui…-
- Almeno era buono?- domandò lei abbracciandolo.
- Buonissimo, certo. Solo che io non sentirò più sapori fino a dopodomani…e poi perché sempre io?-
- Sei l’uomo di casa…sei importante – rispose Una.
Liam stava per rispondere che rinunciava all’essere importante, se questo poteva fare sì che la sua lingua venisse fatta salva di certe pratiche medievali, ma in quel momento rientrò Morgan da fuori.
- Com’è andato il giro turistico?- si informò mentre si toglieva l’impermeabile e gli stivali di gomma.
Sìle sorrise.
- Molto bene! Era tutto bellissimo!-
Una allora si voltò e,così, tanto per non perdere la confidenza che si era venuta a creare, richiamò Liam con una cucchiaiata su una coscia.
- Hai fatto delle foto?- gli chiese prima che lui potesse lamentarsi del dolore.
- Sì, parecchie…-
- Poi mi fai vedere?-
- Se vuole sì, ma il cucchiaio sparisce!-
Morgan e Sìle si guardarono sorridendo.
Quando qualche decina di minuti dopo, erano tutti seduti a quello stesso tavolo con la meravigliosa zuppa di funghi di Una sotto il naso, stavano ancora parlando della mattinata di Liam e Sìle.
- E la piccola?- chiese Morgan alla figlia – lo sentiva vero?-
Sìle disse di sì.
- Infatti abbiamo anche parlato del nome da darle…anche a Liam piace l’idea di un nome legato al mare…
Morgan e Una, che aveva fatto pace con Liam a tal punto da tenergli una mano su un avambraccio con fare consolatorio, ascoltavano Sìle con aria serena.
- A te demmo un nome che non ti legasse. Non davi segni di preferenza per questo o quell’aspetto del mondo…eri ugualmente recettiva a tutto -
- E lei non lo è?- domandò Liam alludendo alla figlia.
- Sìle è diversa da noi e sua figlia sarà diversa da lei. Che una strega prenda la sua natura dal genitore con cui condivide il genere sessuale, è solo un aspetto. L’altro genitore influisce comunque sul nascituro, quindi Sìle è fatta anche di suo padre e la vostra bambina fatta anche di te. Tu hai un legame molto forte col mare no? Lo ami ancora molto…vieni tu stesso da un padre che amava il mare e ti ha trasmesso questo amore - disse Morgan.
Liam riconobbe di sì senza alcuno sforzo.
- Allora non è strano se a tua figlia piace, se la attrae così tanto -
- Peccato non possa ancora vedere com’è…- aggiunse Sìle – io ho sempre trovato bellissimo il mare in tempesta…-
Liam annuì.
- Anche io. Ma devo riconoscere che in un paio di occasioni, avrei preferito non vederlo…non così da vicino almeno -
- Quando eri con tuo padre?- domandò Una, con gli occhi vivaci di quando aspettava uno dei racconti di Liam – e fa così paura?- gli domandò infatti incitandolo a parlare.
Lui fece un respiro e alla fine disse di sì, abbastanza. Almeno fino a che non si imparava a dare le giuste proporzioni alle cose.
- Quando sali a bordo di una nave da carico, di quelle che finiscono in capo al mondo, la guardi ed è gigantesca. E’ veramente una delle cose più grandi che esistano, ti chiedi come diavolo faccia a galleggiare tutto quel metallo, ma se lo fa, ti dici, forse allora quando si in viaggio nemmeno sembra di essere in mare. Ed è un pensiero consolante quando sai che dovrai passarci dei mesi sopra…e poi a volte, quando ancora non sai davvero cosa può fare, è anche divertente. Sembrano montagne russe…- iniziò a raccontare.
Sìle ripensò a quando prima, mentre erano fermi a parlare dei nomi da poter alla bambina, gli aveva passato una mano sulla fronte per togliergli quella sottile traccia di sale. Aveva sentito chiaramente che quella sensazione sulla pelle, quel pizzicore unito al vento freddo e sferzante, gli piaceva, lo faceva stare bene.
- E invece?- chiese Morgan a quel punto: forse anche lei iniziava a interessarsi a quelle storie.
- E invece prima o poi arriva la tempesta vera…e allora cambia tutto. Insomma la nave per te rimane enorme, tu sei piccolo, ma il mare è sconfinato, non hai che acqua intorno. Vedi le onde che si infrangono sulla prua come se esplodessero, diventano dei ventagli bianchi di decine di metri d’altezza: più grandi della nave, che la inghiottono, sembrano mani che la afferrano. Il vento ti porta dove vuole lui, l’acqua si incunea nei corridoi di coperta come se ci venisse spruzzata a pressione. E sotto coperta non è meglio: cammini come se fossi ubriaco, ti ritrovi sballottato qua e là come una pallina da ping pong. Guardi i corridoi e vedi solo dei budelli in cui ti sembra di passare a malapena. E si muovono, cigolano, gemono…a volte senti degli schianti che ti rimbombano intorno, nelle orecchie e ti viene da pensare “Cazzo, sta andando tutto in pezzi!”. Ti vedi annegare nelle condizioni più tragiche, incastrato tra lamiere…allora torni in coperta, quasi scappando, ti guardi intorno e sì, la sensazione claustrofobica un po’ passa, ma in compenso intorno vedi solo acqua. Mura d’acqua, montagne schiumose, una dietro l’altra, che si inseguono e ti vengono incontro, di lato, di fronte…a volte la nave beccheggia così tanto che sembra di navigare in cielo e di respirare sott’acqua…senti lo stomaco che ti arriva in testa e poi scivola giù fino alle punte dei piedi! -
Si fermò un attimo sorridendo di sé stesso, della paura che aveva provato all’epoca di quelle prime esperienze.
- Poi ci fai l’abitudine…smetti di vomitare, impari a restare in piedi, a non barcollare ad ogni passo e se ti assuefai abbastanza al mare, riesci perfino a dormire malgrado tutto…-
- E tu ci riuscivi?- chiese Una.
- Beh alla fine sì…però non fatico a credere a chi dice che a volte ha dormito solo sperando di non accorgersi che stava arrivando il peggio. E capisco anche tante pazzie allucinate che in tanti secoli, gli uomini che vivevano in mare si sono trovati a raccontare…puoi vedere di tutto in certe condizioni, e ancora di più se quello che ti tiene a galla sono legno e vele piuttosto che metallo e motori. E’ una delle cose che fa sentire più impotenti… -
Sìle, quando lui la guardò, gli sorrise ma era silenziosa e cogitabonda.
Anche lei l’aveva sentita tante volte la sensazione d’impotenza anche se in altre condizioni, ma la ricordava bene.
Quando guardava Morgan e vedeva nei suoi occhi il velo della distanza, come se la madre volesse tenerle nascosto il suo mondo perché non la riteneva adatta ad esplorarlo.
Quando quello stesso mondo invece, la cercava e le mostrava cose che le facevano troppa paura…
Quando John non le aveva creduto. Quando quella folata di vento, quella che aveva fatto crollare il ramo già pericolante sull’auto del ragazzo, le aveva spezzato il respiro in gola.
Ricordava ancora il terrore di Dorcas che la guardava senza riuscire a farsi spiegare cosa aveva visto.
E quasi lo stesso aveva sentito quando credeva che Liam avesse tradito Lily, cioè lei.
Forse però la cosa più simile a quella che descriveva Liam l’aveva sentita quella notte in cui Una sosteneva che lei avesse imparato da sola cosa che per cui ad altri era stato necessario l’intervento di qualcuno di più anziano, di più esperto.
Faceva così paura quella notte scappare al buio e vedere e sentire un frastuono di vento, rami, foglie, l’erba che frusciava come mossa da centinaia di passi, i rami che scricchiolavano flettendosi come sotto dei pesi improvvisi, ombre che sembravano muoversi, aprirsi di fronte a lei e chiuderlesi alle spalle…non sapere dove stava andando era così angosciante. Quello che credeva di conoscere, le cambiava davanti e lei non poteva capire che era una cosa che stava facendo lei, che stava avvenendo perché lei invocava un aiuto senza saperlo e che qualcosa e qualcuno di molto più grande di lei, di Eric e di tutti quelli che l’avevano aggredita quella sera, le stava rispondendo.
- Guardi che non ero a bordo della Queen Anne’s Revenge e mio padre non era Edward Teach…- sentì dire a Liam che rideva rispondendo a una domanda di Una. Sìle li guardò, poi guardò la madre che le sorrise e le fece un cenno incoraggiante. Aveva capito cosa le era passato per la testa in quei pochi secondi.



Sìle lo incontrò di nuovo due giorni prima di partire.
Liam aveva accompagnato Morgan a fare un giro a Castletown: aveva l’auto in riparazione in quel momento, il mare ancora mosso non permetteva ai pescherecci di uscire sulla costa occidentale, ma forse dall'altra parte dell'isola le cose andavano un po' meglio e se non fossero state aringhe, sarebbero potuti essere molluschi.
Così Sìle era rimasta a casa con la nonna.
Una era impegnata in una delle sue lunghe sedute di giardinaggio quando si era accorta di avere pochi semi di dragoncello russo, che lei riusciva a far crescere ogni anno con molta facilità.
Sìle si era offerta di andare lei alla fattoria più vicina, da Terry Quiggin, a procurarsene un po’.
Stava tornando con un piacevole senso di sollievo: Mr.Quiggin e sua moglie erano stati molto accoglienti e festosi con lei e tutto sommato chiunque conoscesse nell’isola, di quelli che la ricordavano bambina quando era già adulti o poco meno, erano stati affettuosi vedendola grande, con un compagno evidentemente molto attento e innamorato e una bambina in arrivo.
Doveva dare atto a Liam che forse erano ricordi leggermente distorti a causa di quella particolare, bruttissima esperienza, quelli che la facevano essere così refrattaria a ritornare sull’Isola.
La giornata era bella ma freddina, tirava vento dal mare e Sìle camminava lungo la strada stringendosi addosso la giacca, il capo leggermente reclinato in avanti.
Un paio di automobili la superarono, lei le seguì con lo sguardo per vedere se per caso una della due era quella di Liam, ormai era qualche ora che mancavano da casa lui e Morgan.
Poi ne arrivò una terza che, dopo averla sorpassata, accostò e si fermò: Sìle si accorse di Eric quando lo vide uscire, si fermò con la fortissima tentazione di girare i tacchi e cambiare strada, tornare dai Quiggins magari, ma poi riprese a camminare con decisione, anche se lo sguardo di lui fisso su di sé la metteva in difficoltà.
Io sono più forte, si disse, non può farmi più alcun male…la consolò accorgersi che non avvertiva accenni di tremore in sé stessa.
Quando gli fu di fronte, la sfiorò la speranza che lui non dicesse o facesse nulla, che sarebbe stato sufficiente tirare lungo e lui avrebbe rinunciato, ma non fu così.
Avrebbe dovuto superare l’imbarazzo di parlarci, ma ripensare all’occhiata che Morgan le aveva dato quella sera, mentre Liam scherzava con Una, le aveva tolto la paura e rinforzato la convinzione che era necessario farlo quel passo.
- Buongiorno…- le disse.
Sìle si fermò, fissando casa sua, a poche decine di metri di distanza…vide Una che col suo bastoncino si arrampicava sul prato che costeggiava la strada, là dove questa era più alta della casa.
Capì che doveva aver percepito il suo allarme e le era vicina…allora prese fiato e si girò a guardare Eric da sopra una spalla.
- Buongiorno…- rispose senza tono.
Se quel saluto non ci fosse stato, forse sarebbe stato più facile per lui, ma lei sapeva che aveva deciso di parlarle, quindi rimase lì.
Le si avvicinò di un passo o due, facendo il giro dell’auto. Le sorrise con tutto l’imbarazzo del mondo, e anche la paura, ma lei non infierì.
- Io ti ho vista e…- tentò di spiegare. Rinunciò subito dopo, evitando di cercare scuse sul perché si era fermato. Togliendosi il berretto di lana che portava in testa, la richiamò con un gesto del mento – non so se chiederti come stai…mi sembra evidente…-
- Sto bene infatti…- rispose Sìle con freddezza.
- Sì lo vedo…- mormorò lui – sei molto bella -
Le provocava molta insofferenza che Eric sottolineasse come la vedeva con quella specie di ammirazione incantata. E la disturbava anche vedere che dipendesse anche dallo stato in cui si trovava, non solo dal suo essere cambiata, cresciuta.
Si strinse di più la giacca sulla pancia, quasi a volerla nascondere e proteggere.
- …tu come stai?- domandò sperando di non sembrare del tutto disinteressata come le sembrava di essere.
- Solita vita di qui…lavoro, casa…- rispose Eric mostrandole la mano sinistra a cui portava una fede – moglie…Sally, Sally Cannell-
Sìle annuì e si appoggiò al muretto a secco lì vicino.
- Congratulazioni. Era una ragazza molto dolce-
Sally in effetti era un’amica per lei e se si erano perse di vista era solo perché Sally per studiare si era spostata a Bristol da una zia.
Eric confermò.
- Lo è ancora -
- Sono contenta per te…- disse.
- Davvero?- le chiese lui.
Lei si strinse nelle spalle e riuscì ad accennare un mezzo sorriso.
- Sì…tu no?-
Lui rimase in silenzio e fu in quel momento che l’auto di Liam iniziò ad avvicinarsi. La mise in allarme questo e per assurdo, per Eric, perché capiva che in quel momento era molto in difficoltà e forse trovarsi guardato storto da Liam, o peggio da Morgan, l’avrebbe messo davvero in crisi.
Fece un cenno a Liam che, forse capendo, le rispose semplicemente con un saluto con la mano e andò avanti.
Lei poi tornò a guardare Eric.
- Sono contento sì…- riprese lui – e tu?- domandò indicando la BMW. Quando vide Sìle guardarlo con aria stupita, le sorrise – è una faccia nuova. Quando l’altro giorno sono entrato al pub di Marty, parlavano tutti di te e del genero scozzese di Morgan Kennaugh…-
- Non siamo sposati -
- No certo, non sei mai stata il tipo vero?-
- Non lo è neppure lui…-
Eric sorrise leggermente: non lo faceva con sicurezza, era come se non fosse sicuro di quanto lei avrebbe accettato quei sorrisi.
- E che tipo è? -
Sìle sospirò e si voltò a guardare verso casa: la sagoma imponente di Liam si era affiancata a quella di Una, ma stavano evidentemente parlando d’altro, non guardavano neppure verso di loro.
- E’ l’uomo migliore che abbia mai conosciuto…-
- Questo si dice di un padre…-
Sìle non riuscì a soffocare il fastidio per il tono che lui aveva usato. Era stato allusivo.
- Non sei proprio la persona giusta per le confidenze piccanti, spero tu non la prenda male…- gli disse in tono tagliente, già pronta a girare le spalle per andarsene, ma lui la trattenne.
- No, scusami, hai ragione, io sono l’ultimo al mondo che…perdonami…davvero…ma ho sperato così tanto di rivederti, ho sperato così tanto che fosse diverso da così…-
- Diverso? Diverso in che senso?-
Eric abbassò lo sguardo a terra e allargò le braccia. Era strano…Sìle faticava a riconoscerlo se non lo guardava in faccia, sembrava davvero dipendere dalle sue reazioni: se lei gli concedeva un briciolo di clemenza, era serena, ma bastava un accenno di rifiuto per precipitarlo nell’angoscia.
- Io non volevo che finisse in quel modo…tu non lo sai quanto volevo che andasse diversamente, quanto lo speravo…quando ti ho rivista l’altro giorno, Dio non sai cosa mi è successo dentro!-
- E sinceramente non mi importa neppure…- gli disse fredda e calma, ma lui non si lasciò intimidire in quel momento.
- Oh lo immagino, lo immagino benissimo…e ora…tu puoi anche dirmi che sono sposato e non dovrei più pensarci a te, che dovrei vergognarmi forse, ma non è come credi. Io voglio bene a Sally, è meravigliosa e io non la cambierei con nessuna al mondo. Sa anche tutto di quello che è successo con te e sa anche che tu sei qui e come mi sono sentito io vedendoti…io ho solo bisogno di dirti che mi dispiace e che ci sono stati dei momenti, appena te n’eri andata, in cui avrei voluto morire. L’ho pensato veramente...e se non l’ho fatto è stato perché se non ci fossi riuscito, visto che non avevo idea di come farlo, non volevo che pensassi che era stato per fartelo sapere e per farti pena…-
Sìle sentendo quelle parole, avvertì un brivido correrle lungo la schiena perché sentì che erano del tutto sincere.
Mosse un passo improvviso verso di lui e gli afferrò le braccia, poi gli chiuse la bocca con una mano.
- Adesso smettila! Non voglio ascoltarle queste cose…non dirle…- gli ordinò e con sua sorpresa si trovò a provare solo una gran pena per lui. O meglio: per l’Eric di quell’epoca, a quell’età, il suo amico Eric che, ancora ragazzo, si era trovato a fronteggiare una cosa troppo brutta per accettare di essere stato capace di farla, o quasi.
Perché Eric non era cattivo, e questo lei lo sapeva.
Lui non si aspettava che lei gli si avvicinasse tanto da toccarlo, ma le prese la mano che gli teneva sulle labbra e la spostò. Aveva gli occhi lucidi e rossi e avrebbe voluto dire qualcosa, ma non poté.
- Io non ce l’ho con te… - gli disse allora Sìle - non più. Da tanto tempo. Non mi andava di parlarti, è vero, non mi andava neppure di rivederti. Ma non ti odiavo…e se anche l’ho fatto, di certo mai tanto da sperare che facessi qualche idiozia per il senso di colpa…è passato. Mi hai fatto del male, potevi farmene molto di più e per fortuna non è successo, quindi basta…- decise, poi scosse leggermente la testa – basta…-
Detto questo si allontanò di nuovo da lui e si girò verso casa: cercò Liam con lo sguardo e lo vide, solo ora, seduto sull’erba, le braccia appoggiate sulle ginocchi. Probabilmente di quando in quando guardava cosa stesse succedendo tra lei ed Eric, ma senza voler interferire.
Sorrise appena guardandolo…soffermandosi per un momento sul gesto che lui fece togliendosi la sigaretta di bocca, guardandone la punta e poi uno dei gattini senza coda gli andò incontro e gli strofinò la testa contro una mano.
Era così rassicurante quella sagoma, così calma…le venne in mente che aveva qualcosa da chiedere a Jane da un po’ di tempo.
- Che vuol dire basta?- le chiese Eric facendola girare di nuovo verso di sé.
Sìle si strinse nelle spalle.
- Che non devi sentirti in colpa. Io sono felice ora…- gli rispose, poi lo guardò meglio e senza quell’accenno di sorriso – però va bene così…com’è andata fino ad oggi…- puntualizzò cercando di fargli capire che in qualunque caso, non ci sarebbero stati riavvicinamenti di sorta.
Gli fece male, lo sentì, lui lo sperava forse ma da parte di Sìle la mancanza di rancore non comportava anche una tale quantità di comprensione da potersi mettere allo stesso tavolo con lui a ricordare i bei tempi andati.
- Ora devo andare…- aggiunse un attimo dopo, gli si avvicinò e gli concesse una carezza – spero che starai bene. E salutami Sally per favore…- gli disse, quindi si voltò e si incamminò verso casa con passo deciso.
Eric non la richiamò e non tentò di trattenerla, ma lei non sentì né sportelli dell’auto che si aprissero e richiudessero, né il motore che si accendeva ed era come se fosse ancora voltata verso di lui, lo vedeva: era rimasto appoggiato alla fiancata dell’automobile con il berretto tra le mani.
Sarebbe stato meglio prima o poi, quanto a lei, stava già molto meglio, si sentiva leggera e più libera…e la bambina, forse avvertendo tutto ciò, aveva deciso di sgranchirsi un po’ le gambe dopo quei minuti di immobilità.
Quando arrivò a casa, Morgan era seduta in cucina intenta a pelare delle patate.
- Stai bene?- le chiese quella.
Sìle rimase appoggiata alla porta chiusa, ma disse di sì con la testa.
Morgan la sfiorò con lo sguardo passando da un tubero pelato ad uno ancora da pelare e poi accennò un sorriso.
- Mi aiuti?- la invitò.
Sìle annuì, si lavò le mani e si mise seduta accanto a lei.
Per qualche attimo l’unico suono che si sentì fu quello flebile delle lame che ripulivano la patate.
- Non so se vorrai dirmelo ma...mi piacerebbe sapere come è stato per te, dopo che te ne sei andata…- disse poi la madre.
Sìle fece un gesto vago ma disponibile e allora finalmente riuscirono a parlare di quelle cose che, a causa del distacco che si era venuto a creare negli anni, non avevano mai affrontato tra loro.


   
 
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