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Autore: Kary91    30/08/2011    2 recensioni
Due sorelle. Due Principi. Due epoche ben lontane tra loro,ma collegate da un unico filo,o meglio tre:amicizia,amore e musica. Un viaggio ai confini della realtà e dell'immaginazione. Una corsa contro il tempo per riuscire a salvare il cuore del Re del Pop e l'innocenza dei suoi tre piccoli Principi. Perchè in fondo si sa: Il paradiso può aspettare.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Blanket Jackson, Janet Jackson, Michael Jackson, Paris Jackson, Prince Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Questa storia fa parte della serie 'Heaven Can Wait'
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Chapter 13

The Storm .

You can’t play on broken strings

 

[Part 2.]

 

 

“Su su andiamo di là!”Janet afferrò il braccio di Laura e la trascinò verso la sua camera.

“Tu fuori dalle scatole fratello!” aggiunse spingendo malamente Randy oltre le scale.

“Ehi! Che modi!” si lamentò il ragazzo con un mezzo sorrisetto inseguendo le due fino alla porta della camera di Janet.

“Discussioni da donne. Fuori di qui!” riprese ancora Janet spingendo con insistenza il fratello che cercava di intrufolarsi nella stanza.

“Uff… E va bene!” le concesse infine Randy rivolgendo a Laura un’occhiata da cucciolo abbandonato e facendo retro-front, diretto verso la cucina.

Janet chiuse la porta soddisfatta.

“Alleluia!” commentò, prendendo posto a sul letto accanto all’amica che stava ridacchiando divertita.

“Povero Randy. “ commentò sfilandosi le converse e sistemandosi in maniera più comoda, con un cuscino dietro la schiena.

Janet roteò gli occhi.

“C’è già abbastanza gente che gliele da tutte vinte solo per quel bel musetto che si ritrova.” Commentò la giovane Janet raccogliendo un altro cuscino da terra e gettandolo in testa a Laura.

“Ehy!Vuoi la guerra sorella?” l’amica digrignò i denti accatastando una pila di cuscini gli uni sugli altri.

“Mpfh non mi fai paura Betty Spaghetti! Sei troppo secca..” commentò la “piccola” Janet prima di essere costretta ad ammutolire: un concentrato morbido di guanciali si riversò sul suo stomaco.

“Che stavi dicendo  scusa?... Burger King?” la rimbeccò Laura con un sorrisetto soddisfatto incrociando le braccia al petto.

Janet le indirizzò un’occhiata indignata prima di liberarsi dalla montagna di cuscini.

“Non ti rispondo a dovere, solo perché abbiamo cose più importanti di cui discutere. Ma questa me la lego al dito mia cara Betty. Stanne ben certa.”

Laura finse di assumere la più sincera serietà.

“D’accordo. Me ne ricorderò.” Commentò tornando ad accomodarsi sul letto.

“Allora, di che mi devi parlare?”

Janet inclinò un sopracciglio con aria  scettica e le lanciò un cuscino.

“Ehy!Avevi detto tregua!” Le ricordò Laura con un sorriso mentre Janet si riappropriava del cuscino e ci si sedeva sola.

“Mi dai sui nervi quando fai la finta Brooke.”

“La finta Brooke?”

“Sì, sta per “la finta tonta.”

“Ah!” Laura scoppiò a ridere. Di nuovo.

Era sempre così con Janet.

Infine si morse il labbro.

“Va bene.” Ammise giocherellando con il cordino della sua maglietta senza osservare direttamente l’amica.

“Che cosa vuoi sapere?”

Janet le scoccò un’occhiata furba.

“Tutto nei minimi particolari.”

“Tutto cosa esattamente?”

Janet roteò gli occhi con fare impaziente.

“Tutto ciò che è compreso dalla vostra bella e romantica gita al mare fino ad oggi. Ma ti prego saltami i convenevoli troppo melensi. Non voglio che mi venga il diabete.”

Laura le scoccò un’occhiata a metà fra l’esasperato ed il divertito, prima di cominciare a raccontare.

Le raccontò quasi tutto. La meravigliosa giornata sulla spiaggia, la meraviglia di quel primo bacio rischiarato dalla luce del tramonto e poi la gioia che parevano emanare gli splendidi occhioni da cerbiatto di quel Peter Pan mai cresciuto. Sempre più limpida. Sempre più vera.

Quando terminò, Janet le rivolse un’occhiata indecifrabile.

Lo sguardo di Laura si fece d’un tratto confuso.

“Che c’è?  Ci ho messo troppo miele? Ti stai sentendo male? Ho fatto la finta Brooke? Janet mi dici che c’è?”

D’un tratto le labbra della giovane Jackson si incresparono a formare un docile,delicato sorriso in perfetta antitesi con il suo temperamento da ribelle.

“Sono così contenta!” esclamò concedendo all’amica in un energico abbraccio e quasi stritolandola, facendola ridere.

“La mia amichetta e il mio fratellone preferito assieme. Yuhuuu! Cel’abbiamo fatta!” cinguettò prendendo a saltellare sul letto.

“Tu sei tutta pazza!” esclamò Laura alzandosi in piedi per evitare le pedate dell’amica.

Janet  continuò a saltellare.

“Sii e ne vado fiera!” esclamò lasciandosi cadere sul letto e tirando la manica di Laura.

“Coraggio pigrona fai la matta con me! Sennò non è divertente!”

Non aveva poi così torto, dopotutto.

Laura sospirò rassegnata. Salì sul letto ed incominciò a saltare tentando di mantenere il ritmo dell’amica per non cadere.

“C’è un terremoto qua dentro?” la voce di Randy le raggiunse scherzosa fuori dalla porta sovrastata  dal suono delle risate delle due giovani.

Quanti anni avevano? 17? 18?

In quel momento non ne dimostravano più di 10.

“Fila via piantagrane!” commentò la sorella  spiccando un salto ed atterrando su un piede solo rischiando di perdere l’equilibrio e ridendo ancora più forte.

D’un tratto Laura realizzò il perché adorava ogni minuto in compagnia di quella folle piccola popstar.

Nel corso degli ultimi mesi ,aveva avuto modo di conoscere la famiglia Jackson innamorandosene profondamente.

Nonostante ancora non condividesse la mentalità di Jermaine, né tanto meno riuscisse a provare quantomeno indifferenza nei confronti di Joseph, era splendido trascorrere del tempo in loro compagnia.

I Jackson erano la grande famiglia che Laura aveva sempre sognato: l’ideale per qualcuno che, come Laura e Vale, era cresciuto a pane,musica e amicizia.

Ed era proprio a Vale che stava pensando, mentre dava il peggio, o il meglio di sé, saltellando su un letto troppo piccolo e ridendo come una pazza.

Perché con Janet riusciva a ridere come con nessun altro faceva.

Perché con Janet qualsiasi cosa, anche la più stupida, poteva diventare lo scherzo del secolo. Era facile divertirsi in sua compagnia.

Perché con Janet c’era sempre il gusto del rischio: le più semplici parole avrebbero potuto mandarla in bestia o farla commuovere senza alcun motivo specifico.

Perché lei era così.

Originale. Imprevedibile. Impulsiva. Testarda.

Era Janet, la sua amica Janet.

E se la mancanza che sentiva nei confronti di sua sorella non la rendeva triste era solo perché aveva lei.

La sua ribelle in the making.

“A che pensi ‘Spaghetti?” mugugnò Janet lasciandosi cadere sul letto con assai scarsa delicatezza.“Hai una faccia strana.”

Laura la imitò e si accoccolò sui cuscini al suo fianco.

La sua mente viaggiava a bassa quota, incatenata da filamenti che non le permettevano la libertà.

Perché più si rendeva conto di quanto l’ormai suo 1983 stava conquistando un posto nel suo cuore, più un fastidioso pizzicore si risvegliava dalle parti dello stomaco invitandola a riflettere.

Michael, Janet, Randy … Perfino Brooke.

Fino a quando sarebbe potuta restare con loro?

Ed in quel momento il cuore perse un battito.

“Janet” la voce risuonò più sottile di quanto l’avesse immaginata. “C’è una cosa che ti devo dire.”

Janet le rivolse un’occhiata pensierosa,non sapendo bene se fingersi irritata o se mantenersi seria.

Con le gambe incrociate sul letto, il cuscino adagiato sulla pancia e lo sguardo privo della sua solita ironia ricordava proprio una bambina.

“Una cosa che non mi piacerà?”

Laura calcolò in silenzio le sue parole e decise che era giunto il momento di parlare e confessare se non tutta, almeno una porzione di verità.

E l’avrebbe fatto con lei: con la sua migliore amica.

“No, credo di no. Senti, la verità è troppo assurda da poter spiegare. Non mi crederesti mai e poi mi considereresti pazza, perciò sorvoliamo sul come e sul quando. Quello che davvero conta è che io non so per quanto altro tempo potrò rimanere qui con voi.”

Lo sguardo di Janet si fece da pensieroso ad incredulo, il tutto con una lentezza estrema alla quale il suo volto non era abituato

“Che diavolo stai dicendo?” domandò aggrottando le sopracciglia. Gli occhioni da cerbiattio la fulminarono con una tale intensità che Laura quasi rabbrividì.

Ed immediatamente si pentì di aver parlato.

“Significa che … è difficile da spiegare.”

Avrebbe dovuto prepararsi una scusa, solo in quel momento se ne rese conto.

Ma la scusa non era pronta,quindi avrebbe dovuto accontentarsi di una mezza verità.

“Il fatto è che io non so come esattezza quando succederà. Ne sé succederà. Ma c’è questa eventualità. Io potrei andarmene da un giorno all’altro senza che abbia neanche il tempo di accorgermene. E a quel punto sarebbe troppo tardi per potervi spiegare…” le parole si trascinarono con fatica dalla sua gola. Come un bimbo che non vuole essere portato via dalla pancia della sua mamma.

Quelle parole piangevano.

“Per potervi spiegare che non ho avuto scelta. Che se fosse stato per me non vi avrei mai lasciati. Perché siete diventati troppo importanti per me e…”

“Tu” Janet ringhiò improvvisamente lasciando andare il cuscino che premeva sulla sua pancia. “Tu stai blaterando cara mia. Le cose che fuoriescono dalla tua bocca non hanno assolutamente senso. Se non ti conoscessi bene, penserei che hai bevuto. O forse hanno sostituito il tuo cervello con quello di Brooke.”

“Janet ,sono seria, devi credermi.”

La ragazza era ormai sul crollo delle lacrime, ma le trattenne, perché sapeva che a Janet avrebbero solo infastidito.

“So che sembra strano. Sembra assurdo perfino a me..”

“Che cosa? Che cosa ti sembra assurdo, vuoi parlare?” Janet quasi urlò, gli occhi luccicanti di tensione.

Laura distolse lo sguardo dal suo e si concentrò sul disegno del copriletto cercando di fissare anche i suoi pensieri.

Voleva parlare, ma non poteva.

Voleva trovare una scusa, ma non sempre le scuse offrono un risvolto plausibile.

L’unica soluzione era tacere.

“Io… io vorrei dirtelo, credimi.” Mormorò sentendosi più patetica ogni secondo che passava.

Janet scosse lo sguardo incredula.

“Menti.”

“Ma non ho altra scelta. “

“Stai mentendo.” La giovane Jackson portò le braccia al petto. Lo sguardo freddo,risoluto.

 

“Perché dovrei mentirti? Perché dovrei abbandonare il ragazzo dei miei sogni? Ed i migliori amici che abbia mai avuto senza un motivo!?” la ragazza esplose.

Janet la squadrò ,completamente impassibile per una lunga serie di istanti.

La stava forse studiando?

“Non mi piacciono questi discorsi melensi.” Borbottò infine lanciando in aria un cuscino e riacchiappandolo al volo subito dopo.

“Allora…” aggiunse infine sospirando e rivolgendole un’occhiata storta. “Sputa il rospo. Hai ucciso qualcuno? Fai parte di un programma di protezione speciale?”

Lo sguardo di Laura si sollevò vagamente confuso, ma Janet non si fermò lì.

“ Ci sono!Sei la figlia di un importante boss della mafia. Diavolo sei italiana, ci sarei dovuta arrivare.”

Laura scosse il capo rassegnata pur non riuscendo trattenere un accenno di sorriso.

Janet…

Janet, che in una maniera o nell’altra riusciva sempre ad alleggerirle il cuore.

“Non sai quanto avrei voglia di raccontarti tutto.”  Ammise tornando a sdraiarsi ed afferrando il pupazzo che l’amica le aveva lanciato..

“Mi aiuterebbe a non sembrarti così folle.”

“No, non credo aiuterebbe.” Commentò Janet sorridendo maliziosa e facendole la linguaccia.

“Ehy!” Laura si finse offesa e sferrò un cuscino sulla testa della giovane Jackson.

Janet parò il colpo con il pupazzo.

“E comunque Betty Spaghetti…” aggiunse gettando cuscino e pupazzo dall’altro lato della stanza ed osservando con sguardo serio l’amica. “Io lo so bene che ci tieni. A noi dico. Ma anche con ciò non potrai evitare che io mi arrabbi se tu te ne andrai. Questo no.”

Lo sguardo di entrambe ricadde nel nulla, assorto.

Certo, Laura sapeva perfettamente che Janet non avrebbe digerito tanto facilmente un suo addio.Aveva allentato la guardia su di lei, si era fidata.Ma non le avrebbe mai perdonata se avesse fatto del male a Michael.

 “Mio fratello è troppo affezionato a te per perderti. Lui questo non lo sopporterà e nemmeno io.”

Laura sollevò lo sguardo e si specchiò nel carbone brulicante di stelle degli occhi di Janet.

Parte del pesante sassolino che premeva sul suo stomaco se ne era andato ormai.

Non sapeva se era un bene o un male.

Ma una cosa era certa: si sentiva meglio.

“Beh tu cerca di stargli vicino.” Aggiunse semplicemente raccogliendo un altro cuscino (sembrava che la stanza di Janet fosse composta solo da cuscini).“Perché se a lui dovesse succedere qualcosa…” arricciò il naso e scosse appena il capo.

Già. Perché c’era anche quella possibilità. “Allora significherebbe che tutto ciò non è servito a niente.”

Ancora una volta lo sguardo di Janet si adagiò con fare scettico ed indagatore su quello di lei.

Ma non proferì parola. Non chiese nulla. Semplicemente rimase in silenzio.

E Laura gliene fu incredibilmente grata.

Di persone come lei ce n’erano poche, Janet gliene stava dando una particolare prova quel pomeriggio.

Persone che capiscono senza bisogno di troppe parole. Che sono restie a fidarsi all’inizio,ma che una volta che lo fanno  non hanno bisogno di alcuna conferma o dimostrazione. Si fidano e basta. E ti accettano. ,che tu sia in gamba oppure no.

“Ti voglio bene Janet.” Sorrise.

Azzardò un’occhiata fuori dalla finestra e si accorse che pioveva a dirotto.

“Oh adesso fai la sentimentale, puah. “ Janet le rivolse un’occhiata disgustata e portò le braccia al petto con aria imbronciata.

“Risparmiale per Peter certe smancerie.”

Laura rise. E anche sul volto di Janet, nonostante il disgusto per le parole d’affetto “smielato” dell’amica, comparve finalmente un abbozzo di sorriso.

“Che dici, ci dedichiamo al nostro passatempo preferito?” domandò l’italiana con espressione furba e l’aria di chi sta per combinarle una.

Janet ammiccò.

“Brooke, mia cara Brooke… Preparati a ricevere un regalino molto speciale!” esclamò sghignazzando in una maniera molto simile alla risata malefica di thriller e balzando giù dal letto.

“E comunque Betty Spaghetti…” si chinò prestando attenzione alla sua scarpa slacciata e al laccio che penzolava da ore.

“Ti voglio bene anch’io..” Dall’altro lato della stanza, Laura sorrise.

 

***

L’orecchio che fino a quel momento era rimasto immobile adagiato al legno della porta si ritrasse.

Mille pensieri vorticavano nella mente della sua proprietaria, ed in gran parte riguardavano ciò che aveva appena origliato nella camera di sua sorella minore.

Lei, quell’italiana, e le sue confessioni.

La Toya si sistemò l’elastico della gonna con aria di chi ha appena avuto un’illuminazione.

Doveva fare una telefonata.

Nota dell’autrice.

*Laura è comossa dallo scroscio di manine che battono. La Fatina torna in vita*

Creature mie stupende *_*

No ma quanto siete carine? Ognuna, ognuna di voi. Io non ho parole, leggere i vostri commenti dopo tutto questo tempo mi ha fatto sciogliere. È bello sapere che Peter, la Fatina, la Zuccona e  i tre Piccoli Principi siano ancora tutti nei vostri cuori, come lo sono nel mio. Anche se ormai la Laura, che vi scrive non è più la stessa fatina di una volta (ve lo ripeterò a non finire) e mi vergogno ogni volta che rileggo questa storia (un po’ perché è scritta davvero male, un po’ perché è ultra-melensa) alla fine il mio cuoricino non riesce a non amarla. Semplicemente perché ci sono affezionata, sono affezionata a voi, sono affezionata alla mia Vale e ai tre fili che ci legano.

Ma bando alle ciance! Dovevo fare alcune comunicazioni di servizio!

NAMBER UAN: La pagina di Facebook che vi diedi tempo fa non esiste più xD Mi sono spostata qui, che è anche un po’ più comodo perche è una vera e propria pagina. Qui posterò tutti gli aggiornamenti di HCW, perciò “mipiacetela” (e poi intanto così posso anche spupazzarvi per bene al di fuori dell angolo recensioni). La trovate QUI

NAMBER CIU: immagino voi l’abbiate già capito, ma questo capitolo 12  ne stanno succedendo davvero di tutti i colori. Più andremo avanti più mi odierete *trema e salta in braccio a Janet*, ma spero che continuerete comunque a volermi bene *fa occhioni alla Blanket*

Ma comunque non temete: non Vai abbandonerò fino a che non avrò la certezza che Michael e tutti gli altri stiano bene. Questa è una promessa u_ù

 

NAMBER TRI: Non c’è un punto tre!Contente vero? Una coccola veloce a tutte voi e fuggo

Vi voglio bene!

 

La Fatina

   
 
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