CAPITOLO IV (D)
Sentivo parecchio rumore provenire dai corridoi, segno che era arrivata l’ora della colazione; mi stiracchiai meglio nel letto, cercando la forza e la voglia di scendere e vestirmi, non travandone. Per una mattina potevo anche saltare, avrei preso qualcosa alle macchinette più tardi. Mi girai facendo sprofondare la mia faccia sul cuscino, stavo per riassopirmi quando sentì il cellulare suonare di fianco a me, mi ero dimenticata di spegnerlo; indecisa se rispondere o no, lo afferrai non appena mi balenò l’idea che, il mittente del messaggio, fosse Bill.
“Buongiorno Mel! Scendi per la colazione? Magari possiamo farla insieme”
Dieci minuti dopo ero vestita, lavata, sveglia e seduta su un tavolino della mensa, mentre aspettavo l’arrivo del cantante. Dovetti attendere due minuti, dopo si presentò in tutta la sua bellezza: capelli lisci sulle spalle, occhi lievemente contornati dalla matita nera, jeans strappati e stretti, maglione aderente con scollo a v; trattenni il fiato, com’era bello. Notai non essere l’unica ad essere andata leggermente in iperventilazione, quasi tutte le ragazze della sala si erano girate e lo guardavano con la bocca spalancata, stupendosi ancor di più capendo stesse per sedersi al mio fianco, al mio tavolo solitamente vuoto.
-Buongiorno Bill!- mi alzai per salutarlo e, stavolta, fui io
ad alzarmi sulle punte per lasciargli un bacio sulla guancia, facendolo
sorridere. Lui ricambiò muovendo la mano.
-Mi sento stranamente osservata. Ci stanno fissando tutti!- mugugnai io.
“Io ormai ci
sono abituato. Sembra di essere in esposizione in un museo!”
scrisse dopo aver estratto il suo bellissimo cellulare dalla tasca dei
jeans.
-Io no invece, non sono decisamente abituata a stare al centro
dell’attenzione! Sono riservata-
“anche io, ma
è il prezzo derivante dalla carriera. Non me ne accorgo
neanche più, anche se a volte risulta fastidioso. Non
c’è mai privacy, ma se questo è il
prezzo per realizzare il mio sogno, lo pago volentieri (:”
Quelle parole mi stupirono, era già più positivo rispetto al giorno prima, in cui parlare della sua carriera lo metteva a disagio.
-Siamo di buon umore stamattina?- feci, lui rispose
positivamente, andandosi poi a tuffare in una calda tazza di
cappuccino, io scelsi invece la solita cioccolata calda.
“Programmi per
oggi?” digitò.
-Stamattina ho lezione di tedesco e storia, oggi pomeriggio come ieri,
forse vengono a trovarmi i miei genitori, è sempre un punto
interrogativo la loro presenza- arricciai il naso, -tu invece?-
“Ho una visita
per la voce stamane, poi dovrebbero venire i miei amici (:”
-Okay, ora è meglio che vada! La professoressa che mi
ritrova è veramente velenosa e acida, meglio non arrivare in
ritardo o è capace di riempirmi di compiti- sbuffai, -ci
sentiamo per messaggio- sorrisi prima di andare a recuperare i libri e
attendere l’insegnante in biblioteca.
Arrivai cinque minuti in anticipo, lei invece puntuale come sempre.
Stretta in una gonna verde lunga fino a metà ginocchio e una
orribile giacca rossa abbinata un foulard bianco, la signora Damischt
dimostrava tutti i suoi sessant’anni, l’unica cosa
che tradiva la sua età erano gli occhi, di un bellissimo
blu, vivaci ma severi.
-Buongiorno professoressa- salutai impacciata, mi inquietava
terribilmente.
-Salve signorina Bauer. La vedo meglio oggi- disse squadrandomi e
usando il solito tono freddo. In effetti quella mattina il
mio aspetto era decisamente meno peggio del solito, meno malaticcio.
Forse ero esagerata, ma ero convinta che ciò fosse grazie a
Bill, come se fosse la mia
Tablette personale.
… Non sapevo che, in realtà, quel benessere fosse la quiete prima della tempesta.
-Mi sta ascoltando signorina? Forza, tiri fuori il libro di
storia!- mi risvegliò dai miei pensieri la signora,
così obbedì e cercai di concentrarmi sulla
lezione, uscendo da quella stanza solamente a mezzogiorno,
terribilmente stanca e sfibrata.
Mi trascinai verso la mia stanza, riaccendendo il cellulare e trovando
due messaggi, uno di Bill e uno.. di mia madre.
Il primo chiedeva se fossi sopravvissuta alla scuola, il secondo invece
mi avvisava sarebbe venuta a trovarmi nel pomeriggio con mio padre.
Risposi prima a Bill,
“Sì, sono sopravvissuta.. più o meno sana. Non penso di arrivare viva a stasera, vengono a trovarmi i miei!”
A quello della mia genitrice neanche risposi, mi limitai a
sbuffare seccata.
No, non la odiavo; vederla mi creava un colpo al cuore, non sopportavo
la sua presenza per il semplice fatto che ero identica a lei per
aspetto fisico, avevo i suoi occhi, i suoi capelli, il suo sorriso.
Tutto in lei era più amplificato e, sapevo non doveva essere
semplice vedere la propria somigliante figlia ridotta a uno straccio,
magra e sciupata. Era il mio specchio, solo che rifletteva una mia
immagine migliorata, che non mi sarebbe mai potuta appartenere, forse
un tempo, ma ora era improbabile.
Una volta, nonostante i suoi continui viaggi, eravamo unite. La malattia cambia tutto, ci siamo allontanate a vicenda suppongo, io perché non volevo la sua compassione, lei perché non sopportava di vedere il sangue del suo sangue appassire giorno dopo giorno, era meglio creare quella distanza, diventare quasi due estranee, tutto ciò per il desiderio egoistico di soffrire il meno possibile.
Rilessi il suo messaggio, avevo un’ora di tempo prima del suo arrivo. Sentì lo stomaco contorcersi e fui attraversata da una serie di brividi e da una sensazione spiacevole che mi portava a trattenere i conati di vomito. Perfetto.
Frugai nell’armadio cercando qualcosa che contribuisse a farmi sembrare umana, trovando un semplice paio di jeans strappati, converse mai messe e una camicia scura. Indossai tutto in fretta, andando poi in bagno, frugai nel beauty-case, estraendovi una matita nera che passai accuratamente sotto l’occhio e anche un po’ di mascara per le ciglia. Mi truccavo raramente, lo facevo molto di più prima, mi divertivo. Una volta arrivata in clinica però, lo trovavo terribilmente inutile e ricorrevo al make-up solo per le visite dei miei genitori, per far veder loro che sopravvivevo, tiravo avanti in qualche modo senza lasciarmi andare. Fissai la spazzola giacente sul lavandino ormai da un anno; sentì le lacrime salire agli occhi, mi mancava così tanto la sensazione di passarla fra i capelli, cercando di far sparire i nodi, tirando. Non avere i capelli era un marchio, qualcosa che non puoi nascondere con un po’ di fondotinta, neanche con una parrucca, la gente avrebbe capito che c’era finzione sotto, perciò non restava che coprire tutto con un misero cappello di lana, procurandoti addosso sguardi compassionevoli e sorrisi melensi. Ricacciai le lacrime, non volevo farmi trovare con gli occhi tutti rossi. Odiavo mostrarmi debole.
“Non farti prendere dal panico Mel, sono solo i tuoi genitori! (; dopo se ti va puoi passare da me, così ti faccio conoscere la band!”
Lessi il messaggio appena ricevuto da Bill, solo i tuoi genitori, era semplice detto così, ogni incontro con loro mi metteva un’ansia incredibile addosso. Passando alla seconda parte del messaggio non riuscì a trattenere un’esclamazione entusiasta, voleva farmi conoscere i suoi amici! Arricciai gli angoli della bocca all’insù, rispondendo subito, positivamente. Ora ero già più propensa ad incontrare mia madre.
Sentì bussare alla porta, mi alzai e di fronte a me
trovai mia madre che sorrideva allegra. Non la vedevo da un paio di
mesi, non era cambiata affatto: altezza statuaria, capelli ricci e
neri, occhi allungati dall’eye-liner che ne risultavano il
colore azzurro intenso, fisico magro e formoso, bellissima.
Quando ero piccola il mio sogno era diventare come lei,
l’incarnazione della donna perfetta.
-Ciao Mel!- salutò abbracciandomi stretta, ricambiai il
contatto indecisa.
-Come stai?- domandò apprensiva.
-Bene- scrollai le spalle –Niente complicazioni
nell’ultimo periodo, non è più
successo- risposi, riferendomi a un attacco accaduto mesi prima, uno
dei più gravi dopo la diagnosi.
-Sono contenta piccola- sorrise entusiasta, sembrava una bambina.
-Tu invece tutto bene? Papà come sta?-
-Tutto apposto, voleva venire anche lui mi gli hanno anticipato le
prove per la prima dello spettacolo. La settimana prossima ci esibiamo
a Berlino, sui testi di Schumann, l’ultimo cd che ti ho
regalato. Non vedo l’ora, si preannuncia sarà un
successo internazionale!- come sempre d'altronde, era
un’attrice e cantante straordinaria, come mio padre infondo.
-Tu hai qualche novità?- domandò curiosa.
–E’ arrivato qualcuno di interessante? Ho sentito
qualcosa riguardo a Bill Kaulitz…- ammiccò.
-Tu conosci Bill Kaulitz?- ero sorpresa.
-Beh si, i Tokio Hotel sono famosissimi in tutta Europa, ha davvero una
voce stupenda. Spero per lui vada tutto bene, mi dispiacerebbe la
carriera della band venisse stroncata così. Comunque, hai
evaso la mia domanda, l’hai conosciuto?-
-Si.. penso stiamo diventando amici- arrossì imbarazzata.
-Ti piace!- esclamò lei, illuminandosi e invitandomi a
raccontarle tutto. Sembrava lei l’adolescente.
-No mamma, non mi piace! Lo conosco da due giorni, ieri abbiamo passato
la serata guardando un film, è davvero un bravo ragazzo.. ed
è anche carino, quello sì-
-Guarda che se ti piace non c’è nessun problema,
hai diciassette anni, è normale prendersi una cotta!-
Mi sentì avvampare fino alla orecchie, quella non era mia
madre che parlava! Era un’adolescente pettegola.
-E’ normale, non per me- risposi io, ricevendo una
sua occhiata dubbiosa.
-Non posso innamorarmi mamma- spiegai.
-Cosa? Perché dici così?- era confusa dalla mia
esclamazione, pensavo ci sarebbe arrivata da sola.
-Sono malata, non mi devo innamorare, semplice. Soprattutto non di Bill
Kaulitz, cantante di fama internazione con fan in tutta Europa, che fra
un mese lascerà la clinica per domare i palcoscenici, come
sempre. E non è giusto che qualcuno si innamori di me, che
vantaggi avrebbe? Niente, una fidanzata con la leucemia che potrebbe
morire da un momento all’altro- le spiegai calma. Vidi i suoi
occhi diventare lucidi e mi sorprese in un abbraccio.
-Smettila di dire queste cose! Tu parli come se.. stessi per morire per
Dio!-
-Non è forse così mamma? Ho questa malattia da
quattro anni, non mi illudo più di sconfiggerla, non
dovresti farlo neanche tu. Io l’ho accettato, basta solo
capire come e quando- si discostò dall’abbraccio e
mi fissò negli occhi per un lungo istante,
dopodiché vidi la sua mano sollevarsi e arrivare a collidere
contro la mia guancia. La fissai sconcertata, portandomi un dito sulla
guancia arrossata.
-Si, hai questa malattia da quattro anni, allora? Sei viva, sei ancora viva!
Perciò non vedo motivo di credere debba morire, hai le cure
migliori, i medici migliori, il meglio! Smettila di pensare come se
fossi già con un piede dentro una tomba cavolo! Non lo sei!-
concluse rossa in volto. Non l’avevo mai vista
così alterata.
-Tu puoi continuare a sperare, io mi sono.. arresa? No, non mi sono
arresa. Sono solo realista, e non lo faccio solo per me, lo faccio per
voi. Non so se vivrò ancora a lungo, preferisco la gente non
si affezioni a me, considerando potrei sparire da un giorno
all’altro-
-Non succederà, io lo so che non succederà.
Piantala, non isolarti dal mondo. Hai diciassette anni, non cento.
Goditeli, vivi! Quel Bill, ti piace? Vivi il secondo,
se non lo fai potresti pentirtene per sempre. Fai l’egoista
per una volta, pensa alla tua
di felicità, non precluderti l’idea di poter
essere viva.-
Abbassai lo sguardo, sapevo d’aver ragione, ma sapevo anche
che mia madre non aveva torto.
-Io..- cominciai tentennante, non sapevo cosa replicare.
-Non serve dire nulla, basta che pensi a ciò che ti ho
detto. Tornando al discorso di prima..- mi guardò allusiva
–Allora, com’è Bill?-
-Bill è.. Bill. Non lo conosco bene, non ho mai sentito una
sua canzone, non ho neanche mai sentito la sua voce per via
dell’intervento. Posso dirti che è un ragazzo
stupendo e perfetto, che.. dopo due giorni di conoscenza già
mi è entrato dentro come mai successo prima, ha questa
capacità di scaldare il cuore con un sorriso, quando ride
sembra un bambino, un angelo. Hai visto i suoi occhi? Non so se in foto
fanno lo stesso effetto che fanno dal vivo, io li trovo stupendi. Sono
banali occhi nocciola, ma su di lui brillano, è capace di
annullare la mia razionalità con un’occhiata. E..
cavolo, tutto questo dopo due giorni!-
Mi fissò dolce, -se tutto questo è successo in
soli due giorni, immagina cosa può succedere in un mese Mel,
immagina-
Già ci avevo pensato, poi ne avrei avuto la certezza.
In un mese Bill Kaulitz
avrebbe rivoluzionato la mia vita.
* * *
Il pomeriggio passato con mia madre non fu terribile come
avevo immaginato, anzi, si rivelò utile e mi aprì
gli occhi su tante cose. Probabilmente aveva ragione, dovevo lasciarmi
andare di più, dovevo imparare a vivere, ma non era
così facile dopo aver passato quattro anni sospesa nel
nulla, vivendo giorno dopo giorno passivamente, una routine continua,
senza sbalzi né cambiamenti.
Ero statica.
Strano come le cose potessero mutare così radicalmente,
così velocemente, inaspettatamente.
Grazie a una solo persona poi.
Quella persona che stavo raggiungendo, colui che stava portando una
rivoluzione non indifferente nel mio modo di essere. Ora voleva
presentarmi ai suoi amici, ero timorosa, spaventata dall’idea
di conoscere gli altri Tokio Hotel: non sapevo come avrebbero reagito
di fronte all’amica leucemica del loro cantante, ognuno ha un
modo diverso di rispondere di fronte a una malata:
c’è chi si comporta facendo finta di nulla, chi ti
guarda compassionevole, chi con pena. Speravo rientrassero nella prima
parte.
Mi piantai davanti alla sua porta, sentendo delle risate
all’interno, rimasi lì impalata finché
non mi arrivò un messaggio.
Arricciai la bocca in un sorriso, rispondendo con un “eccomi”.
Neanche il tempo di bussare che il cantante sbucò dalla
camera travolgendomi in un abbraccio e trascinandomi
all’interno.
Non ero mai stata nella stanza di Bill, era più spaziosa e
luminosa della mia, con un grande armadio, sopra al letto
v’era attaccata una foto di una cantate che doveva essere la
sua preferita, Nena supposi. V'erano sparse riviste, foto e
pezzi di carta ovunque, poco ordinato il ragazzo. Sulle poltrone
sedevano due ragazzi, un terzo mi dava le spalle ed era seduto a letto.
Notandomi, i due si alzarono venendo verso di me.
-Ciao, io sono Georg, Bill ci ha parlato tanto di te!-
arrossì, all’ora non ero l’unica a
parlare di lui!
-E io sono Gustav, siamo rispettivamente bassista e batterista dei
Tokio Hotel. Bill ci ha detto non ci conosci, giusto?-
annuì, -Beh, piacere allora!- porse la mano e la strinsi.
-Io sono Mel, piacere- sorrisi –Piacere di conoscervi, anche
Bill mi ha detto tante cose su di voi-
Mi girai verso al letto, l’altro ragazzo non sembrava dare
segni di vita.
-Coglione, vuoi venirti a presentare?- lo rimbeccò il
batterista, battendo con un dito sulla sua spalla. Udì uno
sbuffo prima di vederlo alzare e venire verso di me. La prima cosa che
notai fu il suo abbigliamento insolito, portava dei jeans davvero
larghi e col cavallo basso, scarpe da ginnastica e un felpa altrettanto
larga. Alzando lo sguardo verso il suo volto mi saltò alla
vista il piercing che adornava le sue labbra e successivamente quello
che stava sul sopracciglio, fissai poi dei rasta castani uscire dal
berretto da skater, per ultima cosa posai il mio sguardo sui suoi
occhi, rimanendo stupita nel scoprire fossero dello stesso nocciola di
Bill. Si assomigliavano parecchio, nonostante quest’ultimo
avesse i tratti del viso molto più marcati e duri rispetto a
quelli del cantante, lo sguardo poi non trasmetteva lo stesso calore,
era piuttosto freddo, cosa che mi stupì.
-Ciao- borbottò maleducatamente, indugiando troppo sul mio
volto pallido e sul cappello.
-C-ciao- balbettai in risposta, presa alla sprovvista dal gelo con cui
m’aveva trattata.
Vidi il cantante avvicinarsi a quest’ultimo, fulminandolo con
un’occhiataccia e tirandogli una gomitata.
-Ehi!- esclamò rivolto verso il moro –Okay, sono
Tom. Il gemello riuscito bello, intelligente e normale-
affermò sarcastico. Gemello? Elaborai quest’ultima
informazione e capì il perché della somiglianza.
Non m’aveva detto d’aver un fratello!
-Non mi avevi detto d’aver un gemello Bill- esclamai, lui
prese il cellulare e mi scrisse la risposta.
“Scusa, mi è passato di mente! Ormai sono abituato
al fatto che tutti ne sono a conoscenza! La canzone che ti ho fatto
leggere, In die Nacht, l’ho scritta io per lui”
-Okay, comunque io sono Mel- mi presentai impacciata.
-Lascia perdere Tom, oggi ha le palle girate.. anzi le ha sempre
girate- fece Georg.
-Beh, com’è che non conosci i Tokio Hotel?-
domandò Gustav.
-Non ascolto molta musica contemporanea diciamo, non conosco molti
artisti “moderni”. Preferisco altro
genere, senza offesa! Appena Bill mi darà il permesso
comprerò un vostro cd!-
-Bene, bisogna rimediare al vuoto!- mi fece l’occhiolino,
intanto mi accomodai nell’altro divanetto, seduta vicino al
frontman, mentre il fratello sedeva sul letto e ascoltava passivamente
la conversazione.
-Quanti anni hai?-
-Diciassette, diciotto fra poco. Voi?-
-Bill e Tom 18, Georg 20 e io 21. Studi?- ridacchiai, per una volta
erano loro a fare l’intervista, non il contrario.
-Si, dovrei diplomarmi questo giugno. Voi?-
-Abbiamo preso tutti il diploma via internet. Abbiamo lasciato la
scuola non appena diventati famosi-
-Capisco.. se non foste diventati famosi cosa avreste voluto fare?-
domandai curiosa.
-Io il dentista- rispose Georg.
-Io l’architetto penso- fu la risposta del biondo.
-E tu Bill?- mi girai verso il cantante.
-Lui avrebbe fatto il cantante comunque, oppure il modello. Non riesce
a stare lontano dai riflettori, è nato per questo-
intervenne in gemello al posto suo, facendo sorridere Bill, lo
conosceva bene.
-E tu Tom?- posi questa domanda tentennante, avevo capito di non
stargli simpatica.
-Sapevo sarei diventato famoso, quindi non mi sono mai posto seriamente
la domanda. Forse, conoscendomi, sarei potuto diventare un quotato
spogliarellista, o pornostar- rispose noncurante.
Sgranai gli occhi sconcertata, gli altri risero della mia reazione, che
spaccone!
Passai un’ora in loro compagnia, fu un bellissimo
pomeriggio, tranne per qualche uscita spiacevole di Tom, accompagnate
da commenti sarcastici e acidi. Potei constatare quanto fossero
piacevoli gli amici di Bill e, come, nonostante il successo che gli
aveva travolti così da giovani, non avessero assunto un
carattere superiore, infatti avevano i piedi ben salti per terra ed
erano molto affabili. Salutai tutti con un abbraccio, tranne il
chitarrista, ci limitammo a un cenno con la testa, proprio non lo
capivo quel ragazzo: sembrava gli avessi fatto qualche torto,
semplicemente gli stavo antipatica a pelle.
Tornai in camera per l’ora di cena, anche se sentivo lo
stomaco leggermente chiuso.
Non appena ebbi finito, accesi il computer ed entrai su Messenger, non
ci passavo molto tempo ma quel pomeriggio Bill m’aveva
aggiunto ai suoi contatti, un motivo in più per amare la
tecnologia.
Bk scrive:
Hey Mel (:
Mel scrive:
Ciao Kaki! Cenato? Io non avevo molto fame D:
Bk scrive:
Tutto bene? Io si, era abbastanza buono il cibo stasera.
Mel scrive:
Non lo so, ho lo stomaco un po’ sottosopra. Comunque mi ha
fatto piacere conoscere i tuoi amici! Sono molto simpatici.. tutti (o
quasi)
Bk scrive:
Quel quasi fa riferimento a Tom per caso? Non so neanche io
perché si sia comportato così, di solito
è più estroverso, oggi era leggermente musone! Mi
scuso per il suo comportamento.
Mel scrive:
Bill, non ti devi scusare (: non posso mica piacere a tutto! Non gli
starò simpatica, succede!
Bk scrive:
Non so proprio che gli è preso ._. sarà nervoso,
è un periodo un po’ così! Piuttosto tu
che fai domani?
Mel scrive:
La mattina ho degli esami, il pomeriggio riprendo con le terapie :S
Quindi sarò fuori uso tutta la giornata, mi dispiace.
Bk scrive:
Dispiace anche a me, spero di rivederti presto Mel! (;
Ora è meglio che vada, Gute Nacht Prinzessin.
Mel scrive:
Notte cantante dagli occhi nocciola.
Spensi il computer beandomi della sensazione dell’esser stata chiamata Principessa, il mio cuore diventava una palla di melassa ogni volta che mi apostrofava in quel modo. Sbuffai subito dopo, rendendomi conto che il giorno successivo non l’avrei rivisto, probabilmente neanche l’altro, visto che mi aspettavano controlli su controlli. Possibile che non potevo avere un po’ di pace? Sempre sbuffando recuperai il quadernetto per scriverci qualcosa.
“A volte un
semplice sorriso può cambiare una giornata.
A volte una semplice persona può cambiarti la vita.
A volte dei semplici occhi nocciola possono farti battere il cuore.
E tutto questo è sintomo di qualcosa che cambia in profondo.
Una rinascita, un corpo ghiacciato che brucia.
Dolce gelo. Classico ossimoro.
E risorgi dall’abisso che tu stesso hai creato.
E torni a respirare.. ”
...
* * *
.....
...
NdA:
Eccomi qua con il nuovo capitolo! Ringrazio chi ha recensito lo scorso
capitolo e anche chi legge senza commentare (un parere però
non fa mai male xD). Ho postato perché oggi
è un giorno
speciale, primo settembre, compleanno dei Kaulitz!
Vendidue anni ormai. ♥
Mentre loro saranno a divertirsi io non posso che starmene qui e
pensare quanto mi piacerebbe fare gli auguri di persona, e tutto questo
è deprimente.
Bando alle ciance, non voglio far intristire pure voi
°-°
Unleashedliebe