Pacchetto datomi:
- Coppia: Silvestro & Silvestrino ( Junior )
- Genere: Fluff
- Kinky Warning:
gay-parent
- Pillola d'ispirazione: Father & Son, Cat Stevens
My oasis in the desert
«Ma che diavolo…?» Cercò a
tentoni la sveglia, senza tuttavia trovarne il pulsante di spegnimento.
Alzò la testa dal cuscino. I
capelli semi-brizzolati erano spettinati all’inverosimile, come se qualcuno vi
avesse strofinato sopra un palloncino carico di elettricità statica.
Terracotta
pie! Hey!
Terracotta
pie! Hey!
Terracotta
pie! Hey!
Terracotta
pie!
Banana,
banana, banana, banana, terracotta, banana, terracotta, terracotta pie!
Banana,
banana, banana, banana, terracotta, banana, terracotta, terracotta pie!
Afferrò la sveglia con entrambe
le mani, alla ricerca del modo per fermare tutto quel casino. Premette il
pulsante di spegnimento, ma non accadde nulla. Cominciò a scuotere l’oggetto
con violenza e a sbatterlo sulla testata del letto. La musica non si fermò.
«Andiamo! Spegniti!» Si morse il
labbro inferiore, ferendosi leggermente con uno dei canini pronunciati.
Sentì un mano posarsi sull’incavo
del gomito. Smise di torturare la sveglia e fissò la piccola mano affusolata.
Tweety si sporse verso di lui.
Gli occhi azzurri erano circondati da un alone viola e i capelli biondi
ricadevano pesanti sulla fronte. Con un gesto della mano gli intimò di
passargli la sveglia (che ancora suonava) e Silvestro ubbidì.
Il biondo girò l’oggetto sottosopra
e tolse un piccolo pannello, dalla quale estrasse le batterie. La sveglia si
ammutolì all’istante.
La ripassò all’altro con un gesto
annoiato.
«Idiota.» Gli disse con voce
atona prima di ripiombare con le testa sul cuscino, lasciando Silvestro a
fissarlo con la bocca spalancata.
Da quando avevano entrambi
iniziato a lavorare alla sit-com, gli orari erano scanditi in modo abbastanza
irregolare.
Se al produttore o al regista
veniva in mente qualcosa di “geniale” o da “provare assolutamente”, sia
Silvestro che Tweety dovevano recarsi negli studi, che avessero da fare o meno,
che stessero dormendo o fossero svegli. Silvestro prendeva queste chiamate
improvvise con non poca agitazione e irritazione. Era pigro, lui, si sapeva, e
doversi recare negli studi ogni qual volta al regista veniva una crisi
mestruale (sì, Silvestro definiva così i “lampi di genio” di quel tipo, e per
un motivo ben preciso) non giovava certo alla sua cera, già di per sé
abbastanza pessima.
Tweety non faceva storie.
Rispondeva educatamente al telefono, garantiva la sua presenza da lì a pochi
minuti, e poi chiudeva la conversazione. Silvestro, però, aveva modo di vederlo
quando rispondeva. Benché la sua voce (che
non accennava a divenire anche solo leggermente più mascolina) e il suo
tono fossero gioviali, benché gli acuti fossero emessi al momento giusto, come
pure eventuali colpi di tosse, il viso del biondo non aveva la minima
espressione. Era come vedere un pupazzo muovere la bocca, senza alcuna emozione
sul volto.
Tweety rimaneva in piedi, dritto,
con gli occhi cerchiati di viola e lo sguardo fisso. Inutile dire che bastava
una seduta in bagno di due minuti perché egli uscisse radioso e sull’orlo della
perfezione. Si era ridotto ad usare un correggi-occhiaie, ma per il resto gli
ci voleva davvero poco per sembrare un ragazzino dal viso d’angelo.
Silvestro non capiva come il
biondo accumulasse tanto stress da deturpare la propria bellezza ( aveva
riconosciuto, in fine, che Tweety era effettivamente
bello… anche se in maniera irritante). Sul set lavorava normalmente, o almeno
così sembrava. Non facevano turni diversi, poiché i loro personaggi erano quasi
sempre a contatto, e il ruolo di Tweety non era nulla di particolarmente
impegnativo ( era pur sempre il personaggio di una semplice sit –com ) quindi…
Silvestro poteva solo ipotizzare che il demone narcisista che viveva nel
ragazzo, stesse consumando lo stesso dall’interno.
«Cos’era quella roba che è uscita
dalla sveglia, prima?» Chiese mentre si versava il caffè. Tweety sbadigliò e si
sedette al tavolo, accavallando le gambe.
«Vicinity of obscenity. E’ dei System of a
down.» Disse
semplicemente.
«Mi prendi in giro?»
«Solo un po’.»
«Intendevo dire: Come ci è finita
lì?» Tweety bevve un sorso di caffè. Che strano… ogni volta che lo prendeva a
casa di Silvestro, era molto amaro.
«Volevo qualcosa di un po’ più
energico per iniziare la giornata. I Coldplay mi conciliano il sonno.»
Silvestro lo fissò con un sopracciglio alzato. Stava parlando come se si
trovasse a casa sua. Okay, era vero che nell’ultimo periodo dormivano insieme
sempre più spesso (per via degli orari assurdi del lavoro) ma questo non lo
autorizzava certo a mettere radici simboliche.
«Sei fortunato che io sia qui,
micione. Altrimenti saresti bloccato a letto con canzoni soporifere e una
sveglia impossibile da spegnere.» Fece un piccolo sorrisetto. Silvestro strinse
convulsamente la propria tazza. Per poco non la spaccò quando Tweety,
sottovoce, pronunciò la parola imbecille.
«Perché non vai a dondolarti sul
tuo trespolo, pennuto?» Disse
digrignando i denti.
«Comincio a pensare che tu abbia
montato quell’altalena più per te stesso che per me.» Sorrise falsamente ( la
parola trespolo lo aveva irritato non
poco ) e si diresse verso il balcone, dove stava un’altalena molto rudimentale.
Silvestro ne sentì il lieve
cigolio dal salotto.
In verità, non aveva montato
quell’altalena ne per se stesso ne per Tweety (il biondo se ne era appropriato…
come qualunque altra cosa presente in quella casa, anche se lui continuava a
dire che gli faceva tutto schifo) ma per Silvestrino. Dio solo sapeva quanti
tentativi faceva per far sì che suo figlio passasse anche solo un minuto in più
in quella casa.
Ogni volta che lo vedeva, quel
bambino si faceva più grande, più intelligente, più maturo… e lui aveva
realizzato il perché. Forse la madre nemmeno se ne accorgeva, perché poteva
vederlo ogni giorno, ma lui riusciva a vederlo al massimo una volta al mese e
si rendeva conto di quanto della vita di suo figlio si perdesse.
E poi, a dirla tutta, avrebbe
anche voluto riscattarsi ai suoi occhi. Silvestrino lo aveva (con tutta
probabilità) inquadrato come un genitore mediocre, dalla quale non si riesce a
farsi insegnare nulla ma per la quale, anzi, si diventa a propria volta maestri
di vita. Silvestro nutriva il grande desiderio di divenire una figura
importante per il proprio figlio, un punto di riferimento… magari anche un
modello di comportamento (quando aveva, per sbaglio, riferito questo pensiero a Tweety, il ragazzo si era quasi
strozzato con un boccone di carne, prima di mettersi a ridere come un matto).
Il piccolo avrebbe compiuto otto
anni, di lì a poco. Di quegli otto anni, Silvestro si era goduto più o meno 96
giorni.
Udì un piccolo tonfo e poi un
gemito. Si recò verso il punto da dove era provenuto il rumore, ovvero il
balcone. Lì trovò Tweety col sedere per terra (e sotto di esso il sellino
dell’altalena) e l’aria scioccata ed imbarazzata. Silvestro si trattenne dallo
scoppiare a ridere.
«Tu… imbecille. Non sai nemmeno
montare un’altalena come si deve.» Disse con un sibilo, voltandosi lentamente
verso il moro.
«E’ pensata per un bambino di
otto anni dal peso di 27 chili. Non per un ventitreenne di 60 chili.» Disse
Silvestro incrociando le braccia. Tweety scosse la testa, tra un misto di
rabbia e imbarazzo. Si alzò in piedi, massaggiandosi il didietro e gettando
sguardi minacciosi a Silvestro.
Quando gli passò vicino, per
rientrare in casa, gli diede un violento spintone. Non che Tweety fosse
particolarmente forte fisicamente, ma la cosa colse Silvestro un po’ di
sorpresa, facendolo barcollare.
Il biondo non solo era furioso
per aver fatto una pessima figura di fronte al Re degli idioti (ovvero
Silvestro), ma anche perché era stata toccata una corda un po’ sensibile
ultimamente. Quella del suo fisico.
«Io non peso 60 chili, gatto col
cervello di fava!»
Stare sul set non era faticoso di
per sé. Oh, meglio, non più.
I primi tempi era come essere
sotto terrorismo psicologico. Ovviamente, la causa principale del disagio era
stato Tweety. Aveva aspettato, paziente, che arrivasse il giorno prima delle
riprese iniziali, per terrorizzare Silvestro con interi monologhi sulle
difficoltà del mondo dello spettacolo (per chi non è bello), dello stress che
avrebbe accumulato (chi è pigro) e delle innumerevoli trappole in cui sarebbe
incappato ( chi è idiota). Silvestro non ricordava di aver mai passato tanto
tempo davanti allo specchio come la sera prima delle riprese. Aveva cercato di
migliorarsi in ogni modo, di far sparire le palpebre pesanti (che gli
conferivano un’aria perennemente assonnata) di aggiustarsi più che poteva i
capelli, di mascherare i canini animaleschi e, addirittura, di correggere la
propria postura (aveva realmente bisogno di correzione? Tweety sosteneva di sì,
ma Tweety era come il Diavolo che pianta il seme del dubbio infondato).
Durante la notte era stato
corroso da mille pensieri, tanto da non chiudere occhio fino all’una. E quando,
finalmente, era riuscito a scivolare in un sonno leggero, Tweety lo aveva
svegliato con un pretesto piuttosto banale, ma alla quale Silvestro non avrebbe
mai potuto dire di no. Sesso.
Solo il giorno dopo avrebbe
capito che si trattava di uno stratagemma ideato dal biondo per sfinirlo.
Tweety era come un uccellino. Qualunque fosse l’ora in cui si recava a letto,
al sorgere del sole sarebbe stato sveglio, intento a infastidire il suo vicino
col suo irritabile cinguettio.
Il biondo reggeva bene le notti
insonni, Silvestro no. Silvestro era anche in grado di addormentarsi, circa
cinque volte per dieci minuti, durante l’arco della giornata.
Non erano state rare le volte in
cui, dopo una ripresa o un turno di doppiaggio, si era ritrovato appisolato su
di una sedia girevole.
Non era in grado di resistere
molto senza dormire. La mattina delle riprese, infatti, aveva una faccia da far
spavento. Occhiaie viola, aria tesa e capelli improponibili. Tweety era più
luminoso di un mucchio di strass.
«Mi hai volutamente sabotato.»
Gli aveva detto Silvestro.
«Conosci la parola
“volutamente”?» Aveva ribattuto con aria falsamente stupita l’altro. Per poco
Silvestro non gli aveva messo le mani al collo.
Poco dopo questo scambio di
battute, era entrato il regista. Bè, il resto era andato com’era andato.
Silvestro non amava troppo tornaci sopra, e nemmeno Tweety. Entrambi serbavano
un ricordo inquietante di quel primo incontro con l’uomo che avrebbe diretto il
loro lavoro.
Silvestro parcheggiò nel suo
posto riservato (fico, un posto riservato!) ed intimò subito a Tweety di scendere,
poiché gli stava sporcando il cruscotto con le scarpe.
«Come sei noioso.» Disse con la
vocetta stridula il biondo, poco prima di scendere. Si allontanò senza
aspettare il collega, che fu costretto (come d’istinto) a rincorrerlo dopo
essere sceso anche lui. Tweety non era ancora riuscito a spiegarsi il perché
del continua e quasi malata vicinanza di Silvestro. Nonostante lo sopportasse
poco, non perdeva occasione di stargli appiccicato. Vero che anche lui gli
stava continuamente addosso, ma Tweety aveva un buon motivo per farlo: Gli
piaceva infastidirlo, fare il ruffiano per poi tirarsi indietro e giocare un
po’ con lui (in modo abbastanza sadico, in realtà si trattava di terrorismo
psicologico). Silvestro invece, quando lo cercava, sembrava più un drogato in
astinenza.
«Questa mattina sei conciato
peggio del solito, micione. CLedevo che peL te fosse impoLtante faLe… colpo.»
Emise un risolino.
«No. Ricordi? Quello affamato di
attenzioni sei tu, ragazzo col correggi-occhiaie.» Tweety ebbe un piccolo scatto.
Forse non si aspettava tanta prontezza.
«Io, al contrario di te, ho una
bellezza da preservare.» Okay, se per qualche secondo Silvestro si era detto
vincitore, ora si sentiva solo stupido per averlo pensato. Si complimentò
comunque con se stesso per la risposta di poco prima. Sentì Tweety afferrarlo
per un braccio e trascinarlo verso la porta.
«Entra prima tu. Non voglio
rischiare di venire travolto.» Silvestro divenne rosso di botto e si liberò
dalla presa del biondo.
«I-io veramente pensavo di
entrare dal retro!» Fece per andarsene, ma Tweety gli fece lo sgambetto.
Silvestro barcollò per qualche secondo, per poi andare a sbattere contro alla
porta principale, che si aprì leggermente.
«So che è una richiesta
impossibile, Silvestro, ma… non fare l’idiota.» Disse Tweety con un sorriso e
lo sguardo truce, prima di spingere il moro all’interno dello studio.
Col naso dolorante e gli occhi
lucidi, Silvestro entrò. Nella sua mente, si mise automaticamente a fare un
conto alla rovescia, partendo da cinque.
Cinque
Anche Tweety entrava, stando ben
attento a rimanere dietro di lui.
Quattro
Qualche membro della troupe lo
salutava senza molto entusiasmo.
Tre
L’aria iniziava a farsi pesante.
Due
Tweety aveva il buon senso di
allontanarsi da lui.
Uno.
«Silvestro, mon cher!» Pepé gli
era attaccato addosso come una cozza. Le sue braccia circondavano il collo di
Silvestro, l’odore della sua colonia impregnava le narici del moro, che
tentava, senza alcun risultato, di staccarsi da lui nel modo più educato possibile.
Oh, i giorni che ti fanno rimpiangere di non essere un invertebrato!
«Leggermente in ritardo, oggi,
trésor. Ma d’altro canto, l’amour non ha ne tempo ne orari.» Schioccò un bacio
sulla guancia di Silvestro, che fu percosso da un brivido lungo la schiena.
Udirono un lieve colpo di tosse,
seguito velocemente da un altro. Tweety guardava i due, con la mano chiusa a
pugno davanti alla bocca. Pepè si staccò lentamente da Silvestro,
ricomponendosi in maniera teatrale e passandosi una mano fra i capelli bi-colore
(un cosa alla Crudelia De Mon, capelli neri con la striscia bianca in mezzo).
«Oh, bonjour, Tweety. » In realtà,
la pronuncia del nome del biondo da parte di Pepé, era orripilante. Somigliava
più ad una sorta di Titì, detto come
se avesse poca importanza. Pepé Le Pew, era nientemeno che il regista della
sit-com che vedeva protagonisti Silvestro e Tweety.
Un francese un po’ strambo,
leggermente effeminato e (secondo Tweety) dai gusti discutibili. Lui era la
ragione per la quale nessuno dei due voleva mai ricordare il primo giorno di
riprese.
Appena aveva visto Silvestro,
aveva sorriso come un ebete, e gli era corso in contro con entusiasmo. Le mani
congiunte, le gote rosse e gli occhi spalancati e adoranti.
«Vous
êtes parfait! Magnifique, belle fleur de mon coeur et mon esprit!» Aveva detto, fissando Silvestro.
Quest’ultimo non aveva capito una sola parola di ciò che gli era stato detto
con tanta enfasi, ma gli era stato chiaro il succo della cosa quando si era
ritrovato le labbra di Pepé attaccate alle proprie.
Silvestro aveva sbarrato gli
occhi, Tweety aveva sbarrato gli occhi… l’intera troupe aveva sbarrato gli
occhi!
Il “bacio” (Silvestro ci teneva a
metterlo fra virgolette, dal momento che non aveva ricambiato) era durato quasi
un minuto, e quando Pepé si era staccato, aveva contemplato il viso shockato di
Silvestro con sguardo sognante. Ripresosi dal momento, Silvestro era
letteralmente sgusciato via da davanti Pepé (che ancora gli teneva il viso fra
le mani), per andare a nascondersi dietro le esili spalle di Tweety, che
emanava un’aura non proprio felice. In realtà stava fissando il regista come se
volesse ucciderlo, e, per un istante, Silvestro si era chiesto se il biondo non
fosse geloso.
Il suo cervello aveva rigettato
quel pensiero, quando Tweety aveva mormorato a bassa voce (giusto perché
potesse udirlo unicamente Silvestro) un cosa:
Perché
tu? Perché quel maniaco omosessuale è venuto da te e non da me?
Chiunque avrebbe preso quelle
parole dal verso sbagliato, ma Silvestro conosceva troppo bene Tweety per non
capire che il biondo non era geloso, ma furioso per essere stato ignorato.
Inutile dire che ostentò comunque
un’aria molto dolce e serena, tanto da divenire amico di tutta la troupe in
meno di cinque minuti, con ogni componente di essa che lo osservava con sguardo
intenerito o adorante (oh, tu, fedifrago adescatore!).
Pepé si era preso molte libertà
quel giorno. Silvestro non sapeva se il francese fosse consapevole del proprio
potere ( una cosa alla “se vuoi lavorare qui devi lasciarti molestare”) o se
fosse semplicemente senza controllo.
I giorni trascorsi sul set,
avevano dato maggiore spazio alla seconda ipotesi.
Togliendo questa sua
predisposizione al contatto fisico non richiesto, Pepé era una bravo regista.
Lui e il produttore avevano ideato la sit-com da soli, e il risultato era
piuttosto buono.
Onestamente parlando, da un tipo
come Pepè, Silvestro si sarebbe aspettato qualcosa alla Will & Grace,
invece verteva su argomenti più seri, seppur trattati in maniera comica.
Il personaggio di Silvestro (il
cui nome era Friz Freleng ) era un uomo logorato dalla famiglia insopportabile,
che cercava rifugio nel proprio ufficio e nei colleghi. Uno di questi era il
personaggio di Tweety ( Bob Clambpett ), un giovane impiegato senza una
famiglia e con molto sale in zucca.
Silvestro si era calato un po’ a
fatica nel ruolo di Friz, poiché egli allontanava ciò che Silvestro, invece,
avrebbe voluto vicino. Tweety non aveva avuto difficoltà alcuna. Anzi, anche in
questo caso era riuscito a dare un tocco personale al proprio personaggio,
conferendo a Bob un’aria vagamente femminea e smorfiosa (insomma, rendendolo un
po’ più simile a se stesso).
Silvestro era grato di una cosa a
Pepé. Quando Tweety aveva cercato di modificare la propria voce, il regista
glielo aveva categoricamente impedito. Sublime era stata l’immagine di Tweety
seduto su una scrivania con aria contrariata e allibita, con le mani chiuse a
pugno e le gambe accavallate che andavano serrandosi. Era in momenti come
quelli che Silvestro stentava a controllarsi, desiderando ardentemente di
andargli vicino per degradarlo a semplice pennuto con la voce da donna, e poi
morderlo sul collo, o sulla spalla o in un qualunque altro punto dove il biondo
temeva di essere sfiorato dai canini pronunciati dell’altro.
Okay, doveva ammettere che questi
spezzoni da maniaco gli portavano via un bel po’ di tempo ogni giorno, ma che
ci poteva fare?
Se Tweety provava piacere a
provocarlo in modo dispettoso ed infantile, Silvestro provava piacere nel
cedere a quelle provocazioni e, di tanto in tanto, intimorire un po’ il più
giovane. Chiunque avrebbe capito che il loro era un rapporto mirato a farsi del
male reciprocamente. Nulla di perverso! Assolutamente no. Se avessero tentato
qualcosa del genere, Tweety si sarebbe infuriato, prendendo il tutto come un
attentato alla propria immagine (bellezza). Il loro era semplicemente un
riprendere di continuo quello che erano sempre stati. Nemici. Uno costantemente
calpestato dall’altro. Quello calpestato che covava cieca vendetta per un viso
d’angelo al quale, in realtà, non avrebbe potuto arrecare alcun danno.
Certo, una soddisfazione, da
quando lavoravano alla sit-com, l’aveva avuta. Grazie alle attenzione (non
gradite!) di Pepé, Silvestro era riuscito a poggiare una mano sul piedistallo
d’oro di Tweety.
Per lui questo significava molto.
Non solo era un passo in più verso la potenziale diminuzione di potere di
Tweety, ma anche verso il rispetto del proprio figlio.
Era anche per lui che Silvestro
sopportava le avance di Pepé senza discutere. A dire il vero non credeva che
quel francese fosse un tipo tanto subdolo da licenziarlo se lo avesse rifiutato,
ma Silvestro preferiva non rischiare. Avrebbe comunque potuto iniziare a
trattarlo male, e lui ne aveva fin sopra i capelli di essere considerato una
pezza da piedi. Forse, in fondo, preferiva che Pepé lo considerasse così
importante, anche se in maniera troppo esplicita ed invadente.
«Molto bene, cher! Puoi andare a
preparati nel tuo camerino, ti aspetterò qui anche per delle ore!» Pepé si
avvicinò un poco a Silvestro (che rabbrividì di nuovo) e gli sussurrò qualcosa
all’orecchio.
«Ma non metterci davvero delle
ore, mon amour. Stiamo pur sempre lavorando, n'est-ce- pas?» Silvestro annuì a si
allontanò il più velocemente possibile.
Pepé sorrise ed incrociò le
braccia. Gettò una veloce occhiata a Tweety, che non si era mosso.
«Vai anche tu, Tweety. Ti voglio
qui fra dieci minuti.»
Il biondo ebbe uno scatto. Cercò
di sorridere, ma gli riuscì piuttosto difficile. Iniziò a dirigersi con passo
pesante verso il proprio camerino. Durante il tragitto, un addetto alle luci lo
fermò, dandogli un disegno fatto da suo figlio (grande fan del canarino animato
che Tweety doppiava) e il biondo lo ringraziò con un sorriso solare. Piegò in
quattro il disegno e se lo infilò in tasca.
Passò davanti al camerino di
Silvestro, e ne udì la voce.
Oh,
sì, tutto bene.
Grazie,
piccolo.
Come
va la scuola?
Ah,
già, le vacanze.
Non gli ci volle molto per capire
che stava parlando con Silvestrino. Non tanto dalle parole, ma dal tono
gioviale con cui le pronunciava. Quel tono lo usava soltanto con lui.
Per un attimo pensò di
allontanarsi, senza impicciarsi troppo. Ma quel pensiero durò giusto due
secondi.
Poggiò l’orecchio contro la
porta.
Sì,
sono al lavoro adesso.
No,
non a doppiare, sono nel mio camerino, tra poco dobbiamo girare.
…
cosa?
C-certo.
Certo che puoi!
Sei
in vacanza, hai detto, no?
Quando
vuoi tu!
Se
dici alla mamma che verrai qui e che vuoi, sono sicuro che non farà storie!
Tweety ebbe qualche dubbio.
Allora
va benissimo!
Cosa?
No,
figliolo, non sto piangendo.
Sì,
davvero.
Sono
solo molto felice.
Okay,
a presto.
Ciao.
Tweety avvertì il grido euforico
si Silvestro, e decise che era meglio lasciarlo da solo e andare a preparasi.
Da quando aveva potuto capire,
Silvestrino avrebbe fatto una piccola visita agli studi uno di questi giorni.
Ed era stata una sua iniziativa, non
del padre.
Tweety sorrise. Non avrebbe mai
ammesso, nemmeno sotto tortura, nemmeno minacciato di morte, che in quel
momento si sentiva tremendamente felice per Silvestro.
Doveva dirlo, quel lavoro gli
piaceva da morire. Prima di tutto, era libero di mettersi in mostra (cosa che
il suo animo narcisistico gli chiedeva di fare di continuo), inoltre poteva far
sì che più persone ammirassero il suo bel viso. Il suo era palese
esibizionismo, ma insieme ad esso c’era anche la passione per ciò che faceva.
Calarsi nei panni di Bob era piacevole, si sentiva molto libero.
Okay, non poteva usare il timbro
di voce che avrebbe voluto (e sulle prime ci era rimasto piuttosto male) ma a
questo punto non gli importava. Era riuscito a fare suo quel personaggio, ed
aveva ricevuto molti elogi per quello. Inutile dire che il completo da ufficio
scuro, inoltre, gli stava d’incanto.
Era riuscito (oltre che ad
abbellire il personaggio di Bob) ad avere anche un’entrata d’effetto.
La prima volta che aveva vestito
i panni di Bob, sarebbe dovuto entrare nell’ufficio di Friz (Silvestro) e,
semplicemente, invitarlo a venire a mensa.
Invece lui aveva (senza troppe
cerimonie) sfondato la porta con un calcio, tenendo le mani in tasca con
noncuranza. Sotto lo sguardo allibito di Silvestro, aveva sorriso dicendo a
voce molto alta:
Friz,
oggi polpettone! Se non vuoi che ti cavino un occhio nel tentativo di afferrare
l’ultima fetta, ti conviene scendere subito.
A Pepé la scena era piaciuta. Non
si era scomposto più di tanto (e Tweety aveva rosicato parecchio per questo) ma
gli aveva fatto un piccolo complimento, per poi dire a Silvestro che la sua
espressione attonita era sublime.
Il resto della troupe lo aveva
guardato come fosse una sorta di divinità. Il sue ego si era, quindi, dovuto
accontentare di attenzioni di poca importanza.
Mancava ancora un minuto prima
che iniziassero. Finì di bere il caffè.
Improvvisamente gli squillò il
cellulare.
But we got rock and roll
Rock and roll
Take me anywhere
Rock and roll
Rock and roll
Is there someone there
Rock and roll
«Accidenti!» Schiacciò il
pulsante sulla testa del cellulare, spegnendolo. Se avesse suonato mentre
giravano, sarebbe stato un bel problema.
«Ma cos’era quella roba?»
Silvestro lo stava guardando con
un sopracciglio alzato. Tweety sospirò profondamente.
«Roba? Silvestro, tu ha seriamente definito così questa canzone? »
Disse mettendogli il cellulare davanti alla faccia, come per enfatizzare la
cosa.
«Oltre che idiota sei anche
ignorante! L’avevo già capito quando hai parlato della suoneria della sveglia.»
«Ehi, calmati! Secondo me non è
granché.» Per poco Tweety non gli mise le mani alla gola.
«Tu hai definito roba la musica di Ronnie James Dio!»
Silvestro lo guardò confuso.
«… chi?» Tweety non rispose. Si
infilò il cellulare in tasca e passò accanto a Silvestro senza degnarlo di uno
sguardo. Ignorante, ignorante, gattaccio
ignorante!
Nonostante all’inizio titubasse
un po’, ora Silvestro era entrato a dovere nel personaggio di Friz. Solo lui e
Tweety capivano quanto fosse difficile una cosa del genere. Se Tweety non
avesse saputo che era stato Speedy Gonzales a cercare quel lavoro a lui e a
Silvestro, avrebbe pensato alla madre di Silvestrino.
«Non
intendevo questo, Bob.» Friz incrocia le braccia e si appoggia alla sedia.
«E
cose intendevi, allora? Mi hai appena detto che tua moglie non ti attrae più»
Bob accavalla le gambe.
«Ma
intendevo, semplicemente, non ci prova nemmeno più!» Distoglie lo sguardo,
imbarazzato.
«Se
avessi sposato me e non lei, non avresti questo problema.»
«Cosa?» Silvestro lo guardò
stranito. Tweety si soffiò via un ciuffo di capelli dal viso. Oh, come amava
improvvisare. Lasciava sempre tutti stupiti. Anche Pepé lo guardava con
curiosità.
Congiunse le mani e parlò ancora.
«Oh,
lascia stare! Non sai quanto mi piaccia immaginarmi al posto di tante donne!»
Friz sbatte le palpebre confuso e abbassa lo sguardo.
«Forse
avrei preferito non saperlo.» Dice Friz con imbarazzo.
«E’
a titolo informativo, Friz. Non si sa mai nella vita.»
Continuarono su questa linea,
senza impappinarsi più. Alla fine della scena, Pepé scese lentamente dalla
sedia dietro la telecamera, per poi camminare (sempre lentamente) verso
Silvestro.
Quando gli arrivò davanti lo
abbracciò in maniera fulminea, facendolo quasi gridare.
«Ti ho mai detto che ti adoro? »
Gli chiese col suo solito accento.
«Sì. Ogni giorno da quando mi
conosci.» Rispose Silvestro con voce atona (perché terrificato).
Tweety li guardava con la bocca
spalancata. Strinse i pugni convulsamente, trattenendosi dall’urlare insulti a
destra e a manca.
Pepé diede un piccolo bacio sulla
guancia a Silvestro (che si limitò a rimanere pietrificato) e poi si diresse
verso il biondo. Si passò una mano nei capelli e gli poggiò una mano sulla
spalla.
«Ottimo lavoro, Tweety.» Il nome
pronunciato oscenamente. Tweety sorrise radioso. Una reazione esagerata
rispetto al suo reale stato d’animo.
«Grazie, Pepé.» Disse
semplicemente. Le sue mani tornarono a rilassarsi, e il sangue nella testa
smise di pulsare. Aveva ottenuto un elogio sincero da Pepé. Gran cosa.
«Come ti è venuta fuori quella
battuta?» Chiese Silvestro. Avevano girato altre due scene, dopo quella
nell’ufficio. Ora erano in pausa. Una meritata pausa. Soprattutto per
Silvestro, che aveva le braccia doloranti a causa dei continui stritolamenti
(abbracci) di Pepé.
«Onestamente mi è un po’
difficile non tirare fuori l’argomento.» Disse Tweety.
«Che argomento?»
«L’argomento “Gay”.» Per poco
Silvestro non sputò il caffè. Tweety rimase tranquillo. Il moro evitò il suo
sguardo. Non avevano mai parlato apertamente della cosa. Era sottointesa, ma
Silvestro stesso non si era mai definito nella sua mente con la parola… gay.
«Non mi dire. T’imbarazza?» Disse
Tweety sorridendo.
«No! Solo che non credo sia il
caso di parlarne in questo modo.» Tweety sbuffò.
«Oh, andiamo! Non diventarmi
puritano, micione. Non credo che sia possibile per te non riflettere sulla
cosa. Voglio dire, oltre a me e te, adesso c’è anche Pepé che ti fa le avance.
Nel mondo dello spettacolo queste cose non rimangono in ombra molto a lungo,
sai? Anche quando cerchi di non darlo a vedere. Come fa Duffy Duck.»
«Duffy Duck? Quel famoso attore
del cinema?» Chiese Silvestro incredulo.
«Sì, esatto. Sia lui che il suo
ragazzo sono molto famosi, quindi è impossibile non sapere.» Finì di bere il tè
(era stufo di bere caffè amaro, oramai era sicuro che qualcuno glielo
manomettesse) e si rilassò sulla sedia.
«E chi è il suo… ragazzo?» Allora
davvero Silvestro non sapeva. Eppure non era così difficile da capire.
«Bugs Bunny.» Affermò Tweety con
un sorriso. Silvestro rimase a bocca aperta. Non si intendeva di gossip,
evidentemente. Per quanto Duck avesse cercato di non far trapelare nulla, Bunny
era, invece, piuttosto propenso a fare affermazioni equivoche (e con
divertimento). Chi lavorava nel mondo dello spettacolo conosceva la situazione,
o almeno sospettava qualcosa. Bè, a parte Silvestro.
«Silvestro… non ho tirato fuori
l’argomento a caso.» L’altro lo guardò.
«Vedi… inavvertitamente ti ho
sentito parlare al telefono con tuo figlio» vide Silvestro irrigidirsi, ma
continuò «quel piccoletto mi sta simpatico, molto. Ma vedi, mi sono chiesto
come avrai intenzione di affrontare quest’argomento con lui quando…»
«Credi che non ci abbia pensato?»
Tweety si irritò per essere stato interrotto, ma non rispose.
«Tu, caro pennuto, non credi che
rendere partecipe mio figlio di otto anni di una cosa del genere, potrebbe
essere rischioso? Hai idea della reazione che avrebbe sua madre? Potrei vederlo
solo in foto.» Abbassò lo sguardo tristemente. Eccola lì pensò Tweety alla
fine la colpa è sempre di quella… stronza.
«Io… capisco, Silvestro. Ma so
che tu vuoi avere un rapporto più saldo con lui, e non ci riuscirai se non
inizierai almeno ad introdurlo alla cosa.»
«Ma… lei…»
«Oh, Dio! Lascia perdere lei. Credi davvero che un qualunque
giudice sarebbe d’accordo con lei nel negarti la compagnia di tuo figlio solo
perché sei gay? Bello, siamo a Hollywood! Neil Patrick Harris e David Burtka
sono padri di due gemelli, Jim Parsons e Todd Spiewak progettano di sposarsi, e
vogliamo parlare di elementi storici come Jodie Foster!? Credi che qualcuno abbia impedito loro di
vivere normalmente, o che abbia minacciato di togliere loro i figli usando le
loro relazioni personali come scusa? No, non che io sappia. Ma sai cosa
succederebbe se a qualcuno venisse in mente di togliere i gemellini a Neil e
David, usando come motivazione l’omosessualità?»
«Cosa succederebbe?»
«Verrebbe linciato dai fan! Ecco
cosa succederebbe! Sai quanto si attacca la gente a questo tipo di cose?
Proteste su proteste, manifestazioni, ecco quello che verrebbe fuori.»
Silvestro lo guardava allibito. Tweety incrociò le braccia.
«Vedi, ti sto dicendo che, in
parole povere… hai il culo copeLto, micione.»
Non avrebbe mai detto a Tweety
che quel suo discorso lo aveva rinvigorito non poco.
Quando (due giorni dopo)
Silvestrino suonò alla sua porta, il cuore gli arrivò in gola. Tanto per la
felicità di vederlo, quanto per l’ansia di affrontare con lui un argomento
tanto delicato.
Quando aprì la porta e si ritrovò
davanti il proprio figlio, si stupì di come esso fosse cresciuto in un mese.
Si era alzato di un paio di
centimetri e i capelli corvini erano sempre più arruffati. Era magro (ma non
per questo rachitico) e si dondolava sulle punte dei piedi.
Silvestro si stupiva sempre di
come gli somigliasse (almeno fisicamente). Gli occhi erano molto grandi e
scuri… e a Silvestro parve anche di notare un canino particolarmente
pronunciato.
«Ciao, papino.» Disse con quella
voce infantile ma molto pacata che lo contraddistingueva.
«Ciao, cucciolo!»
«Mi sarebbe piaciuto andare
sull’altalena che avevi fatto per me, papà.» Disse il piccolo. Silvestro
sorrise.
«Lo so, cucciolo. Mi dispiace, ma
Tweety l’ha sfondata col suo peso da ventitreenne.» Silvestrino lo guardò.
«Tweety sta spesso a casa tua,
vero papà?» Silvestro si passò una mano nei capelli.
«Bè… sì, in effetti passiamo un
bel po’ di tempo insieme.» Disse con una risata nervosa. Silvestrino lo guardò
e sorrise pacato.
«Capito.» Disse per poi guardare
fuori dal finestrino. Silvestro ringraziò mentalmente Tweety di essere
rimasto a casa propria, la sera prima. A volte anche lui sapeva essere educato
e discreto.
Quando arrivarono di fronte
all’ingresso degli studi, Silvestro dovette fare un bel respiro profondo prima
di avere il coraggio di aprire la porta.
Silvestrino gli stava a fianco,
tenendogli la mano.
Quando entrarono, Silvestro vide
subito Pepé dirigersi verso di lui. Dapprima con passo veloce (come al solito)
ma rallentando man mano che gli si avvicinava.
Evidentemente capiva che fare
delle avance ad un uomo di fronte ad un bambino, non era appropriato.
«Bonjour, Silvestro» disse
comunque in tono mellifluo per poi guardare Silvestrino «e questo petit chi è?»
Chiese sorridendo intenerito.
«Io sono Silvestrino.» Rispose
educatamente il piccolo tendendo la mano. Pepé gliela strinse cortesemente.
«E’ mio figlio.» Disse Silvestro
con una nota d’orgoglio. Pepé sbarrò gli occhi e congiunse le mani al petto.
«Votre fils!? Non sapevo fossi
sposato, Silvestro… così mi spezzi il cuore.» Silvestro alzò un sopracciglio.
Pepé stava forse facendo una sceneggiata?
«Io non sono sposato, Pepé. Non
ho nemmeno una compagna, okay?» Lo disse con un tono che stava a significare “
per favore, non parliamone adesso, davanti a lui”.
«Oh… capisco, non ti preoccupare,
cher.» Disse sorridendo. Si chinò verso Silvestrino.
«Il tuo papà è davvero bravo a
recitare, sai?»
«Sul serio?» Perché quel tono incredulo, Silvestrino?
«Sì, sul serio! La sua
espressività è meravigliosa, le sue movenze, il suo sguardo…»
«Okay, Pepè! Credo che abbia
capito!» Lo interruppe prima che, inavvertitamente, iniziasse a dire qualcosa
di sconveniente. Temeva che avrebbe presto formulato un complimento un po’
troppo eloquente.
Ringraziò il cielo quando vide
Tweety avvicinarsi. Non era abituato a stare vicino a Pepé senza il suo
occasionale scudo di protezione.
Fu anche contento quando un
membro della troupe chiamo Pepé per dei consulti sulle inquadrature,
costringendo il francese ad allontanarsi.
«Ecco Tweety.» Disse Silvestrino,
trascinando il genitore verso il biondo.
«Ciao, piccolo.» Lo salutò
sorridente, Tweety. Anche lui lo trovava cresciuto dall’ultima volta che
l’aveva visto.
«Allora, sei contento di essere
sul set? Come ti sembra?»
«Fico.» Per poco Silvestro non si
mise a ridere. Silvestrino diceva quella parola in modo così atono… la faceva
sembrare divertente. Anche Tweety sorrise.
«Chi era quel francese un po’
strano?» Tweety trattenne una risata, soffocandola mettendosi una mano sulla
bocca.
Silvestro non rise. Pepé non era
affatto un argomento divertente, secondo lui.
«E’ il regista. » Disse semplicemente.
Silvestrino annuì e non disse
altro.
Quando Silvestro e Tweety furono
pronti per le riprese, Silvestrino si sedette su una sedia accanto a Pepé. Era
incredibile vedere come quell’uomo, tanto frivolo per la maggior parte del
tempo, diventasse serio e posato quando si trattava di registrare una scena.
Il piccolo si mise ad osservare
suo padre, seduto dietro una scrivania a recitare.
Notava, comunque, un certo
atteggiamento che non aveva mai visto. Qualcosa di simili alla superiorità. Gli
faceva piacere che suo padre si sentisse appagato e orgoglioso di quel lavoro.
In effetti era proprio bravo.
Anche come doppiatore lo era, ma
erano due cose ben diverse.
Non pensava che suo padre potesse
essere tanto espressivo. A dire il vero, non sapeva nemmeno che esistessero
tante espressioni facciali.
Anche Tweety era bravo.
Silvestrino pensò, però, che il biondo somigliasse tremendamente ad una
femmina, quando doppiava o recitava.
Aveva visto altre persone con un
atteggiamento simile al suo. Alla TV, per lo più. Gli era sembrata una cosa
singolare (non strana, solo singolare) e aveva chiesto spiegazioni alla mamma.
Lei gli aveva semplicemente detto che esistevano uomini a cui piacevano altri
uomini e che si chiamavano “gay”.
Lui aveva annuito e non aveva fatto
altre domande. Forse Tweety era gay? Forse lo era anche Pepé, perché,
effettivamente, anche lui si comportava un po’ come una donna, e poi faceva
tanti complimenti al suo papà.
A Silvestrino non importava più
di tanto, a dire il vero. Per lui era un discorso pari a “mi piace il
cioccolato bianco invece del cioccolato fondente”. Gusti, tutto qui.
Era sufficientemente intelligente
da capire che prendersela come faceva la mamma (perché quando gli aveva
spiegato dei gay, non era sembrata molto contenta) sarebbe stato come
arrabbiarsi con un bambino perché preferiva il colore rosso al blu, o giocare a
nascondino piuttosto che a basket. Stupido. Sarebbe stato stupido.
Un po’ era curioso, però. Avrebbe
dovuto chiedere direttamente a Tweety? In fondo non era un argomento proibito,
no? Si ripropose di fargli qualche domanda, appena ne avrebbe avuto la
possibilità.
Nel caso, avrebbe trovato le
risposte guardando Will & Grace.
Finito di riprendere, sia
Silvestro che Tweety si diressero nel camerino. Silvestrino disse di voler
rimanere sul set per dare un’occhiata in giro. Voleva vedere le scenografie da
vicino.
Il padre gli raccomandò di stare
attento e, poco dopo, si chiuse nel proprio camerino. Era contento di aver
lavorato tanto bene. Si era impegnato più del solito, ovviamente. Anche Tweety
aveva fatto un ottimo lavoro, ma Silvestro non credeva che lo avesse fatto per
lo stesso motivo per cui lo aveva fatto lui.
Si tolse la giacca e la poggiò
sulla sedia. In quel momento, senza bussare, entrò Tweety, anche lui senza
giacca.
« Detesto dirlo ma… hai fatto
bella figura, Silvestro.» Richiuse la porta, avvicinandosi a lui.
«Com’è che sei uscito dalla tua
gabbia? » Chiese scherzosamente. Tweety gli sorrise e, sorprendentemente, gli
diede un bacio a stampo sulle labbra.
Silvestro rimase basito per
qualche secondo.
«E… questo per che cos’era?»
Chiese con un sorriso nervoso.
«Per aver avuto il coraggio di
interpretare un personaggio gay di fronte a tuo figlio.»
«Il mio personaggio non è gay.»
«Non ancora, Silvestro. Non ancora.»
Fece per andarsene ma Silvestro gli
afferrò la mano e lo fece voltare verso di sé.
«Ho un déjà vu.» Disse il biondo
sorridendo.
«Io ho solo fame.» Detto questo, avvicinò il viso a quello di Tweety e lo
baciò. Il biondo, anche in quella situazione, capì che Silvestro non aveva idea
di che cosa fosse un déjà vu.
Era sempre così. Lui gli dava un
minima dimostrazione di… affetto, e
Silvestro non riusciva a resistere dal mettergli le mani addosso. Oh, sì. Era
proprio una sorta di dipendenza, la sua.
Accadde una cosa strana però.
Improvvisamente Silvestro si staccò da lui. Tweety ne capì il motivo quando,
guardando la porta del camerino, notò che era semi aperta.
La testa corvina di Silvestrino
spuntava da essa. La sua espressione era del tutto calma e rilassata, mentre
quella di Silvestro era molto preoccupata.
«Ehm…» Il moro provò a dire
qualcosa, ma non gli riuscì.
«Volevo chiedere una cosa a
Tweety. Però ora non ce n’è più bisogno.» Disse il piccolo entrando nel
camerino. Non sembrava a disagio. Pareva molto tranquillo.
«Ehm, Silvestrino, io volevo… sì,
volevo dirtelo… però, però…» Silvestro ci provò davvero, a parlare normalmente,
ma fu inutile. Tweety vedeva quando fosse ansioso. Provò una po’ di pena per
lui.
«Sei gay, no?» Entrambi gli
adulti presenti in quella stanza si impietrirono.
«Cosa?» Chiese Silvestro,
incredulo.
«Ti piace Tweety, vero? Lo stavi
baciando. Volevo chiedere a lui se lo era, però ora non serve più.»
Persino
un bambino di otto anni è riuscito a capire che Tweety è paurosamente omosessuale.
«Silvestrino… tu cosa sai,
esattamente, su… sui gay?»
«Che gli piacciono gli uomini
invece delle donne. E che a volte si comportano da donna.» Quelle parole,
pronunciate con tanta dolcezza, quasi divertirono Tweety. Adorava quel
ragazzino, davvero.
«Le basi le ha.» Disse con un
sorriso.
«Zitto, tu.» Ringhiò Silvestro.
Andò verso suo figlio e gli prese la mano.
«Vieni con me. Parliamo per bene,
okay, cucciolo?» Il piccolo annuì e seguì il genitore. Dal canto suo, Tweety
sperava solo che la cosa non trapelasse con Pepé. Se avesse saputo che lui (Titì) se la faceva col suo prezioso
Silvestro, lo avrebbe ghigliottinato.
«Ti dispiace?» Chiese. Silvestro.
Erano seduti sui gradini fuori dal set. Tirava un po’ di vento.
«Di che cosa?» Fece Silvestrino,
mentre raccoglieva una margherita che spuntava dal cemento.
«Che io sia… gay. » Oddio,
parlare in questo modo ad un bambino era tremendamente complicato. Silvestrino
si rigirò il fiorellino tra le mani e poi lo buttò via.
Non capiva esattamente dove
volesse arrivare suo padre.
«No. Perché dovrebbe?» Chiese.
«Bè, sai, magari la trovi una
cosa… anormale.» Congiunse le mani nervosamente. Il piccolo tremò appena. Un
soffio di vento particolarmente fresco lo aveva sorpreso.
«A me piace molto mangiare le
ciambelline salate col burro d’arachidi» Silvestro si stupì di questa frase «me
le porto anche come merenda, a scuola. Un bambino una volta mi ha detto che
facevano schifo, e mi ha preso in giro dicendo che non ero normale a mangiare
quella roba.» Silvestro rimase impietrito. Cosa voleva dirgli, il piccolo?
«Però a me piacciono. Io non
prendo in giro lui perché non gli piacciono. Io non faccio niente di male a
mangiarle, e lui non fa niente di male a non mangiarle. Capisci, papino?»
Silvestro si portò le mani allo
stomaco. Per poco non gli venne da piangere. Non avrebbe mai pensato… ad una
cosa del genere. Suo figlio gli stava facendo un discorso rincuorante; suo
figlio di otto anni. Un discorso
molto convincente, per di più.
«Vieni qui.» Gli disse con un
cenno della mano. Silvestrino si alzò in piedi e gli andò vicino. Silvestro lo
prese da sotto le ascelle e se lo mise in grembo, stringendolo.
Si sforzò moltissimo per non
piangere. Gli diede un bacio sulla fronte.
«Ti voglio bene, cucciolo.» Disse
affondando il viso nei suoi capelli. Forse, tra qualche anno, avrebbero dovuto
affrontare nuovamente l’argomento. Ma per ora andava bene così. Era così felice
da sentirsi scoppiare.
«Anch’io papà.» Disse il piccolo
cingendogli il collo con le braccia.
«Posso dirti una cosa?» Chiese ad
un certo punto.
«Certo, piccolo.» Rispose
Silvestro, spostandolo un po’ in modo da guardarlo in faccia.
«Sono contento che ti piaccia
Tweety e non Pepé. E’ troppo strano, mi ha detto che l’amore l’hanno inventato
i francesi.» Silvestro rise.
«E poi a Tweety piace Ronnie
James Dio. Mi ha mandato Rock’n Roll sul cellulare.» Silvestro non commentò.
Gli ci volle qualche secondo per realizzare che suo figlio aveva qualcosa in
comune con Tweety… e che si trattava di quella musica orribile.
Quando venne il momento di
tornare a casa (a Silvestro stava per spezzarsi il cuore) il piccolo aveva
chiesto se dovesse dire alla mamma quello che aveva scoperto.
Silvestro, titubante, gli aveva
risposto che doveva decidere lui. Silvestrino ci aveva pensato su un po’, poi
aveva scosso la testa, dicendo che erano solo affari loro. Silvestro aveva
provato molta gratitudine.
Il piccolo aveva salutato Tweety
con un abbraccio (cosa che aveva colto il biondo un po’ di sorpresa). Dal
momento che Silvestrino si era fermato da suo padre per due giorni, il piccolo
e Tweety avevano avuto modo di conoscersi meglio. Oh, bè, in verità non avevano
fatto altro che parlare di musica metal e scambiarsi canzoni, ma anche quello
era un buon inizio. Dopo quei giorni passati insieme, Silvestro aveva faticato
non poco a lasciare andare la manina del figlio sulla soglia di casa. Quel
bambino era… non era la gioia del suo cuore, Silvestrino era il suo cuore. La luce in fondo al tunnel, la sua oasi nel
deserto. Ogni qual volta si sentiva triste, gli bastava pensare a lui, per non
lasciarsi andare a fondo.
Quel bambino avrebbe dovuto compiere
scelte e percorsi, e lui voleva esserci. Voleva essere sempre felice per lui,
voleva vederlo felice… e anche per
questo gli lasciò la manina col sorriso sulle labbra.
«Silvestrino mi ha mandato un
messaggio.» Disse Tweety guardando il cellulare.
«Impara in fretta. Che dice?»
«Dice: Friz e Bob si innamoreranno come voi due?» Entrambi si zittirono.
Silvestro era diventato rosso, Tweety invece pareva quasi esasperato. Si mise a
scrivere.
«Cosa gli rispondi!?»
«Che deve aspettare i prossimi
episodi per saperlo.»
FINE
Ci-sono-riuscita. Questa FF la
dedico a Ronnie James Dio (R.I.P.) perché l’ispirazione massima mi è giunta
ascoltando (oltre alla canzone del pacchetto) le sue canzoni.
My
oasis in the desert,
è una frase detta da Silvestro a Tweety (nel cartone originale). Molto
romantica, senza dubbio, ma ho voluto utilizzarla per descrivere cos’è
Silvestrino per suo padre. Avrei voluto fare la FF più lunga, ma è meglio così.
Potrò fare anche un altro seguito, non c’è bisogno di strafare, no?
NOTE:
Vicinity of
obscenity dei System of a down:
Canzone alternative metal dai toni parecchio funk (il ritornello lo è,
evidentemente).
Pepé Le Pew: E’ un personaggio dei Looney
Tunes. Nella versione originale, è una moffetta (e non un puzzola, come tutti
credono) dal forte accento francese e di indole molto romantica. Quasi sempre
lo si vede rincorrere una gatta alla quale è stata involontariamente dipinta
una striscia di bianco sulla schiena, facendola somigliare ad una moffetta. E’
capitato, ad ogni modo, che Pepé s’innamorasse anche di Silvestro, quando ciò
accadeva a lui e non alla gatta.
Crudelia De Mon: Personaggio antagonista della
Carica dei 101. Ha i capelli per metà bianchi e per metà neri.
Vous êtes parfait! Magnifique,
belle fleur de mon coeur et mon esprit:
Tu sei perfetto! Magnifico, bellissimo fiore del mio cuore e del mio spirito.
Will & Grace: Sit-com statunitense i cui
protagonisti sono un uomo gay e la sua migliore amica. La Sit-com abbonda di
personaggi omosessuali e di riferimenti sessuali (mai volgari o troppo
espliciti).
Friz Freleng: E’ stato un regista e produttore
cinematografico statunitense. Ha introdotto e/o sviluppato molti personaggi
della Warner, tra i quali Gatto Silvestro
Bob Clambpett:
E’ stato un animatore, produttore e direttore della Warner. Secondo la
Wikipedia italiana, egli è il creatore di Tweety, ma non è del tutto chiaro.
Rock’n Roll di
Ronnie James Dio (DIO):
Pezzo cantato da una delle migliori voci della storia dell’heavy metal.
Neil Patrick
Harris: Noto
per l’interpretazione di Barney nella sit-com How i met your mother. L’attore è omosessuale ed ha una relazione con
l’attore David Burtka. I due sono padri di due gemelli nati da madre surrogata.
David Burtka: Attore e cuoco statunitense e fidanzato
di Neil Patrick Harris.
Jim Parsons: Noto per il ruolo di Sheldon
Cooper in Big Bang Theory.
Dichiaratamente omosessuale.
Todd Spiewak: Fidanzato di Jim Parsons.
Jodie Foster:
Famosissima
attrice statunitense, famosa per film come Taxi
Driver, Sotto accusa e Il silenzio degli innocenti. Dichiaratamente omosessuale
e madre di due figli.
Nel caso, avrebbe trovato le
risposte guardando Will & Grace: Non stupitevi di questa frase. Ho iniziato a vedere
quel telefilm più o meno alla stessa età di Silvestrino, ed è anche così che
sono cresciuta senza pregiudizi ne limiti mentali.