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Autore: saraanastacia    07/09/2011    1 recensioni
Solo 30 giorni, 30 giorni per cambiare una vita totalmente e per spegnerne un’altra.
Il tutore che sono obbligata a portare costantemente mi sta veramente facilitando le giornate ma è anche un pesante fardello da sostenere.
È come un marchio, riporta alla mente di tutti l’incidente e la perdita che ne è conseguita.
...Quando perdi un fratello è come perdere una parte di te, hai la netta sensazione che qualcosa si sia staccato come un arto amputato.
Genere: Dark, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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morte inaspettata
Spintoni, risse,insulti di qualsiasi tipo e genere sono all'ordine del giorno ormai.
Io e Maki ci guardiamo rassegante scuotendo la testa.
Nel giro di pochi giorni nel nostro liceo si è creata la baraonda totale, spero torni presto la normalità.
In palestra aleggia un'aria strana, Akira sembra avere perso il suo solito sorriso mentre Rukawa è incavolato nero ancora per la sconfitta.
Ogni volta che schiaccia il tabellone vibra per interminabili secondi, lasciando tutti ammutoliti ed esterrefatti ma qualcosa attira particolarmente la mia attenzione il modo in cui mi guarda, in maniera decisamente spudorata.
Però c'è qualcosa che non mi convince in lui e in quegli occhi blu scuro.
Sembra che il suo comportamento sia studiato nei minimi dettagli per fare innervosire qualcuno e osservando attentamente capisco di chi si tratta.
Quando il tipo con i capelli rossi fa casino e si mette ad imprecare verso Rukawa lui automaticamente mi attraversa con lo sguardo, facendo inveire ancora di più il compagno di squadra e qualcosa mi dice che il tutto non è casuale.
Non vorrei gettare ulteriormente benzina sul fuoco ma quei due si piacciono parecchio e capisco che sia meglio ammazzarsi di botte piuttosto che ammettere qualcosa.
Li guardo e scuoto la testa sempre più rassegnata, sembrano bambini delle elementari mentre fanno a botte in mezzo al campo sotto gli occhi attoniti di tutti.
Non si sono ancora ammazzati in tutto questo tempo evidente è il loro modo di comunicare e di avere un contatto.
Con passo felino mi avvicino al campo e mi butto in mezzo alla mischia trascinando Rukawa in infermeria.

“dovreste smetterla voi due o finirete per essere cacciati dalla squadra”
l'unica risposta che ricevo è uno sguardo glaciale al quale io rispondo in pieno.
“l'ho notato come lo guardi e come fissi me per fare saltare i nervi a quel poveretto,non sono stupida e nemmeno tu lo sei perciò datti una svegliata campione”
fa una smorfia appena gli poso il cotone con il disinfettante su una ferita, grande e grosso non riesce a contenersi,forse non è il ghiacciolo che tutti credono.
“non so come fare”dice di punto in bianco, non so bene a cosa si stia riferendo spero sempre si riferisca a il suo compagno di squadra.
“siamo nella stessa situazione credo, comunque dovresti dirglielo forse le cose cambierebbero non credi? Tanto peggio di così non credo possa andare, al massimo vi ammazzate di botte come sempre”
mi guarda orgoglioso e ferito allo stesso tempo allora il basket non è l'unico suo interesse.
“tu invece?”
“io?storia lunga e complicata e poi non sono qui per parlare di me”lo faccio a stento con Maki figuriamoci se apro i miei pensieri a questo bel tomo.
“allora cosa farai?” passano alcuni secondi prima di ricevere una risposta.
“domani gli passerò la palla”
evidentemente per lui quello era un gesto di pace e di grande rispetto almeno così la penso io.
“mi sembra una buona idea per iniziare, posso dirti una cosa?”
fa solo un piccolo accenno con la testa, una tazza vuota è più espressiva.
“hai notato che tra noi c'è qualcosa quando giochiamo a basket o sono solo io che ho visto qualcosa che non c'è?” non vuole essere una domanda a doppi fini lui non mi interessa minimamente, voglio solo conoscere i suoi pensieri.
“c'è alchimia sul campo da basket” sintetico ed incisivo come sempre.
“direi di si alchimia è la parola giusta, aver trovato qualcuno da sfidare mi stimola parecchio”
“amici/nemici?”mi porge la mano e io la stringo come a voler stringere un patto fra di noi.

Quando rientro in palestra seguita da Rukawa ho gli sguardi puntati addosso e io rispondo minacciosa ad ognuno di essi, niente e nessuno mi intimorisce tanto meno delle galline senza cervello che pensano solo all'aspetto e non capiscono niente di basket.
La gente molto spesso fraintende e vede solo ciò che vuole senza rendersi conto di quello che la circonda realmente.
Sento vibrare il telefono nella tasca del telefono è mia madre,strano che mi chiami a quest'ora ho un brutto presentimento.
“mamma cosa succede?”
“cara non so come dirtelo”la sento singhiozzare senza sosta è sconvolta.
“mamma mi stai facendo preoccupare”
“tuo padre ha avuto un incidente in macchina mentre rientrava in albergo e ...”
a quelle parole mi si gela il sangue, mi guardo intorno e cado sulle mie stesse ginocchia che non reggono il peso di quelle parole.
Ho ancora il telefono appoggiato all'orecchio con mia madre disperata dall'altra parte che urla e si dispera di fronte alla crudeltà del destino.
Come è strana la vita ti da e ti toglie tutto in un attimo senza nemmeno darti il tempo di capire e ragionare.
Maki seguita da Akira mi tirano su immediatamente io lascio il telefonino per terra mentre le braccia salde della mia amica mi stringono.
Sicuramente sono sbiancata di colpo mentre una massa informe di persone mi circonda chiamando il mio nome preoccupata, io non riesco ad emettere un suono.
Non me ne capacito, forse è soltanto un brutto sogno e presto mi sveglierò, forse è solo un'illusione ma tutto sembra così reale.
Sento le voci confondersi e sovrapposti formandone una sola che non comprendo per quanto mi sforzi di volerlo fare.
Non piango, non urlo, non emetto suono, guardo attonita i visi di persone preoccupate e spero che questo dolore immenso e sconvolgente non mi spezzi in due.
Non riesco a connettere in questo momento, non sento o provo nulla mi sembra di essere morta dentro, cosa farò adesso? E mia madre?
Mi manca l'aria, mi manca ogni cosa e mentre le mie mani tremano vistosamente cerco di capire qualcosa e di darmi un contegno.
“Maki portami a casa”
mi rendo conto che non riesco nemmeno a fare pochi passi senza inciampare nei miei stessi piedi, vado a zig zag sostenuta da Maki che non dice una parola, anche se non gli ho ancora detto niente ha capito perfettamente che la situazione è molto grave.
Mi blocco improvvisamente e guardo Maki vorrei dire qualche cosa ma è come se la mia voce fosse scomparsa del tutto.
“cosa ti succede Isobel mi stai facendo preoccupare”
“è morto mio padre”la mia voce priva di inflessioni sembra irreale, dirlo fa uno starno effetto, lo rende reale.
Maki non dice nulla e mi stringe forte ,solo lei ora può colmare questo vuoto immenso che mi divora la carne facendola sanguinare senza sosta.
Sanguina il cuore, sanguina l'anima e non so come fermare l'emorragia, prima mio fratello e adesso lui... il mio amato papà.
La vita è crudele, mi sta portando via tutto senza che io possa oppormi in alcun modo, lasciandomi solo l'amaro in bocca, ora non so come affrontare il domani senza affogare in questo oceano di dolore immenso.

Tre giorni, sono già trascorsi tre giorni e io sono qui immobile nel mio letto come se fosse il primo.
Non mangio, non bevo, ho spento il telefono e ho staccato quello di casa, i funerali sono oggi ma io non sono voluta partire per dargli l'ultimo saluto.
Mia madre non ha detto nulla è sempre stata dell'idea che ognuno ha libero arbitrio in queste cose, vorrebbe tornare subito ma la sentivo triste e riluttante per questo ho deciso di farmi forza e così gli ho detto di rimanere a lavorare se questo la faceva stare meglio.
Mi sembra di essere anestetizzata, dentro di me sento una grande calma quasi innaturale.
Non sento più il ginocchio, non sento più nulla se non il cuore strappato e fatto a pezzi calpestato da una vita spietata che non lascia possibilità di scelta.
Non posso stare qui ferma ad aspettare, devo alzarmi e reagire anche se è l'ultima cosa che tutti si aspettano da me.
Mi alzo, mi lavo, mi vesto ed esco.
Fuori diluvia e non mi interessa minimamente, incomincio a correre attraverso queste vie deserte il dolore al ginocchio è scomparso del tutto perciò incurante dei tuoni e dei lampi continuo la mia marcia solitaria.
Ho i pantaloni della tuta fradici per non parlare delle scarpe e la felpa.
Corro senza meta, alimentata dalla forza della disperazione non vedo nulla, la pioggia incessante e battente si staglia su Kanagawa senza dargli tregua.
Il cielo sembra piangere tutte le mie lacrime inespresse e trattenute, aumento il passo portandomi al limite che il corpo mi concede.
Senza fiato e con il cuore in gola mi accascio al suolo e guardo il cielo cupo sperando che la pioggia lavi le mie sofferenze.
Mi piace la pioggia, il suo scorrere imperturbabile mi da pace quella che io non ho più da molto tempo.
Vorrei morire anche io.
  
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