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Autore: effewrites    07/09/2011    13 recensioni
[COMPLETA!]
Dopo la disfatta di Crono, al Campo Mezzosangue sembra essere tornata la pace. Scott Walker ha quindici anni ed è un semidio, figlio di Apollo. Passa ogni estate al Campo, insieme ai suoi migliori amici Leighton e Alec. Fin'ora tutto sembra essere andato per il meglio, ma quando strane tenebre e agghiaccianti mostri iniziano ad attaccare, Chirone avverte i semidei che qualcosa di estremamente pericoloso si è risvegliato. E vuole vendetta.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Campo Mezzosangue'
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Abbiamo un deja-vu su una fragola d’oro.

 

Quando mi risvegliai la prima cosa che percepii fu il morbido calore del sole sulla mia faccia. Subito dopo sentii delle dita sottili e agili che sollevavano una garza dalla mia guancia. Un istante (o forse un’eternità) dopo non c’erano più, ed era sparito anche il sole. In compenso, un mormorio ovattato faceva da sottofondo.
Sentii il rumore di una porta che veniva chiusa, e allora aprii gli occhi.
Non mi ero sbagliato. Il sole illuminava ancora l’infermeria, ma non più direttamente il mio letto.
Mi guardai intorno constatando che la stanza era quasi completamente vuota. Oltre me e un paio di semidei addormentati, c’era Lena che se ne stava seduta su una brandina lì vicino, con i piedi penzoloni lungo il bordo e un’espressione enigmatica in viso.
Aveva un polso fasciato, ma continuava a muoverlo. La mano era chiusa a pugno, e ad intervalli di qualche secondo la apriva e delle scintille celesti le saettavano tra le dita.
Ogni tanto sospirava e chiudeva gli occhi.
«Come riesci a farlo?»
La Cacciatricesobbalzò e saltò giù dal letto, rifilandomi un’occhiataccia. Mi domandai se Lena fosse mai stata capace di guardare qualcuno senza dargli l’impressione di volerlo polverizzare sul posto.
«Non è carino spiare le persone»
«Non ti stavo spiando. Come riesci a creare quelle scintille?» le domandai insistendo su quel punto.
Lei inarcò le sopracciglia in quella che doveva essere un’espressione scettica e sorpresa allo stesso tempo.
«Fammi capire bene. Nessuna domanda su quello che è successo ieri? Non mi chiedi del perché sei finito in infermeria? Non ti interessa dell’attacco?»
Dei, come si faceva a farla smettere di blaterare?
Scossi la testa, sbuffando e passandomi una mano fra i capelli. «Lascia perdere» borbottai, ma la mia voce venne coperta dal suono delle grida di qualcuno appena fuori l’infermeria. Lena andò ad aprire la porta, e io scesi dal letto per seguirla.
Appena poggiai i piedi a terra mi assalì un conato di vomito, e dovetti risedermi. Diamine. Lanciai un paio di imprecazioni in greco, poi riprovai ad alzarmi. Stavolta riuscii a rimanere in piedi, e poggiandomi contro il muro arrivai fino alla porta che Lena aveva lasciato aperta.
Fuori vi erano Chirone, Alec e Leighton, Talia e un’altra Cacciatrice con la quale i miei due amici stavano litigando.
«Perché dovremmo credere che non sia stato qualcuno dei vostri ad evocare quei mostri? Lo sanno tutti che entro i confini del campo i mostri non possono entrare!» esclamò la Cacciatrice, velenosa.
«Che motivi avremmo avuto, razza di—»
«Leighton» la zittì Alec, evitando che la figlia di Efesto iniziasse a prendersi a capelli con la Cacciatrice.
«Mi parli di motivi, ragazzina? È così palese! Se quelle arpie fossero arrivate qualche istante prima, il duello tra il figlio di Apollo e Lena sarebbe andato alle ortiche, e il vostro ‘eroe’ sarebbe stato salvo dall’umiliazione della sconfitta!»
«Chiudi il becco, Phoebe!» esclamò Talia, con gli occhi celesti quasi fuori dalle orbite. «Come ti permetti di insinuare una cosa del genere! Nessuno al campo avrebbe messo in gioco la sicurezza di tutti per una sciocchezza come questa!»
Phoebe sembrò ferita da quelle parole. «Li difendi, Talia?»
«Penso che la nostra luogotenente abbia ragione» si intromise Lena, facendosi largo in mezzo al gruppo. Solo allora tutti quanti si accorsero della nostra presenza.
Alec e Leighton mi corsero incontro, e il figlio di Afrodite mi aiutò a tenermi in piedi.
Lena riprese a parlare: «Mi sembra assurdo che qualcuno possa aver attentato alla sicurezza del campo evocando dei mostri soltanto per far saltare un incontro»
«Senza contare il fatto che Scott ha vinto. Vinto, capito dolcezza?» disse Leighton, rivolta a Phoebe. «Con o senza mostri a guastare la festa»
«Basta così» esclamò Chirone, piazzandosi tra Leighton e Phoebe per evitare che le due si scannassero. Mente Talia prendeva da parte la Cacciatrice, il centauro si rivolse a me e a Lena. «Come state, ragazzi?»
«Io benone. È lui quello a cui hanno incasinato il cervello» mormorò lei.
«Incasinato il cervello?» dissi. Chirone annuì.
«Quelle che ieri sera hanno attaccato il campo si chiamano Litai, Scott. Ma per il bene di tutti sarebbe il caso di abituarci a riferirci a loro con il nome di Preghiere»
«Artemide le aveva chiamate così. Le aveva anche definite sue sorelle» mormorai, mentre i ricordi tornavano in superficie. Ugh. Avrei desiderato che rimanessero nascosti da qualche parte ancora per un po’.
«Esattamente. Vedete, ragazzi, secondo la leggenda le Preghiere sono figlie di Zeus, proprio come Artemide» ci spiegò Chirone.
Lena ebbe un fremito, e strinse i pugni. Aggrottai le sopracciglia.
«Ma, signore» disse Alec, con la mia stessa espressione in viso. «Quella Phoebe ha ragione. Come hanno fatto le Preghiere ad entrare al campo? E comunque, che motivo avrebbero avuto di attaccarci?»
«Non erano lì per attaccarvi. Il contrario, semmai»
«Che cosa?!» esclamai sbigottito.
«Non mi aspetto che voi capiate. Non ora almeno» disse enigmatico Chirone.
Con quella frase chiuse il discorso. Io, Alec, Lena e Leighton insistemmo perché ci dicesse qualcosa in più, ma fu tutto inutile. Chirone volle solo informarsi della mia salute e avvisarci del falò che si sarebbe tenuto quella sera stessa.
Lena se ne andò borbottando, Leighton decise che sarebbe andata a scaricare la tensione lavorando su alcune spade con i suoi fratelli e anche Alec trovò la sua scusa per sparire dalla circolazione.
Prima che anche Chirone si congedasse, però, mi venne in mente che potevo provare a chiedergli una cosa.
«Chirone, mi scusi» lo chiamai, titubante. «Io ho… volevo farle una domanda. Il pugnale di Lena, ieri sera… credo producesse elettricità. E stamattina l’ho vista che creava scariche elettriche con le dita»
Il centauro mi guardò con le braccia incrociate al petto, e mi fece cenno di continuare.
«Com’è possibile? Come fa?» domandai infine. Lui sorrise.
«Credo che tu possa arrivarci da solo, figliuolo»
Deglutii. C’era una cosa a cui avevo pensato, durante il dormiveglia, qualche ora prima. Ma mi sembrava un’assurdità. Se però avessi avuto ragione, forse sarebbe valsa la pena di andare a fondo nella faccenda.
«Il genitore divino di Lena è suo padre, vero?»
«Esatto, Scott. Vedo che cominci a capire» disse, alzando lo sguardo al cielo.
Osservai il suo viso. Sapevo che Chirone era davvero molto vecchio. Doveva avere qualcosa come un fantastiliardo di anni, o roba del genere, ma solitamente non li dimostrava mai. E invece adesso eccolo lì, ad osservare la distesa azzurra sulle nostre teste, con gli occhi che trasmettevano tanta stanchezza e rassegnazione.
«È impossibile. C’era un accordo» mormorai, sperando che Chirone abbassasse lo sguardo e ridesse, dicendomi che avevo capito male e che il genitore di Lena fosse stato, che ne so, una qualche divinità minore semisconosciuta. Speranza vana.
«Accordo che è stato infranto già due volte, se non erro. Con Percy Jackson e Talia» Chirone sorrise stancamente, forse divertito dalla mia incredulità.
 
«Aspetta, frena un attimo: stai dicendo che Lena Storm è figlia di Zeus?!»
«Alec, non urlare!» sospirai pesantemente, strofinandomi la fronte con una mano. Leighton e Alec mi fissavano con la stessa espressione scettica in viso.
«Chirone ti ha detto esplicitamente così?» domandò Leighton. Le rifilai un’occhiataccia.
«No, ma è palese che sia figlia di Zeus. Voglio dire, riesce a produrre elettricità dalle mani. E il suo pugnale… e poi, avete visto quanto somiglia a Talia, no?»
«Be’, sì. Ma Scott, non può essere figlia di Zeus. Appena qualche anno fa la profezia su uno dei figli dei Tre Pezzi Grossi è quasi costata la vita a Percy Jackson. E anche se la profezia ora si è compiuta, mi sembra surreale che Lena possa aver vissuto tranquillamente fino ad ora senza venir—»
«Ascolta, Leighton. Ricordi il figlio di Ade, Nico Di Angelo? Lui è nato decenni prima della profezia, ma rimanendo all’Hotel Lotus ha bloccato la crescita ed è rimasto al sicuro. Lena non può aver fatto la stessa cosa?» provai ad ipotizzare, ma quella teoria sembrava debole persino a me.
«No, è assurdo» disse Alec con un’alzata di spalle. Sospirai.
Stavamo camminando intorno al fuoco del falò, cercando un posto abbastanza appartato per poter parlare in santa pace senza dover temere orecchie indiscrete.
A quanto sembrava, solo un ristrettissimo gruppo di persone era a conoscenza del fatto che Zeus avesse un’altra figlia oltre Talia, e quel ristrettissimo gruppo contava me, Chirone, Alec, Leighton, ovviamente Talia e Artemide e forse qualche Cacciatrice.
«Perché non le parli?» propose Leighton, schivando un ragazzetto della casa di Ermes che per poco non le veniva addosso mentre correva.
«Parlare a Lena? Certo, perché no! Mi è sembrata proprio il tipo di ragazza disponibile a fare due chiacchiere in tutta tranquillità!» esclamai, alzando gli occhi al cielo.
Alec sghignazzò. «Invece io oggi l’ho vista parlare con alcune ragazze, alla mensa, e mi sembrava piuttosto bendisposta. Magari sei tu ad avere l’approccio sbagliato, Scott»
Ecco, perfetto. Ci mancava soltanto che si mettesse a farmi la predica.
I primi tempi mi aveva fatto davvero comodo avere per amico uno dei figli di Afrodite. Voglio dire, la loro madre è la dea dell’Amore! Se non sanno loro come trattare una ragazza allora siamo proprio rovinati. Era facile quindi avvicinare qualche tipa che mi interessava, se seguivo i consigli di Alec.
«Pazzesco. Quest’estate si prospetta per niente tranquilla» biascicai, nel tentativo di cambiare argomento. Trovammo un ciocco di legno un po’ in disparte, dove l’inquietante bagliore rossastro delle fiamme non arrivava. Lo utilizzammo per sederci. O almeno, io e Alec ci sedemmo. Leighton invece si avviò verso un paio di ragazze della cabina di Demetra che si stavano occupando di arrostire per bene i marshmallows vicino al fuoco.
«Quale estate è stata tranquilla, per noi?» rise Alec, provando a sdrammatizzare mentre seguiva la figlia di Efesto con lo sguardo.
Scossi la testa. Non mi andava tanto di scherzare.
Per tutta la giornata i ricordi avevano continuato a riaffiorare, ed ecco che mentre pranzavo rivedevo il viso straziante di quella Preghiera che avevo disintegrato, o mentre miravo al bersaglio con l’arco e la freccia nelle orecchie sentivo il ronzio della sua cantilena. Sospirai.
«Ripensi a quelle cose di ieri sera?» domandò il figlio di Afrodite, fissandomi con gli occhi socchiusi. Mi domandai se i figli di Afrodite riuscissero a leggere nella mente.
«Già. Ogni tanto mi sembra quasi di sentire ancora il loro canto. È frustrante»
«A chi lo dici» sospirò, poggiando le mani sulle ginocchia e guardando a terra. «Quella cantilena mi faceva pensare a cose… brutte»
Mi voltai di scatto verso di lui, accavallandomi un nervo del collo. Digrignai i denti per il dolore, ma cercai comunque di parlare. «Brutte in che senso?»
Alec mi guardò di sfuggita, come se stesse valutando se parlare o meno. Mi si strinse lo stomaco.
«Andiamo, Alec! Sono Scott, hai presente? Il tuo migliore amico da tre anni a questa parte. Puoi dirmi qualsiasi cosa» esclamai cercando di suonare disinvolto, ma in realtà mi dava fastidio che il mio migliore amico dovesse pensarci su due volte prima di confidarmi qualcosa.
«Lo so, lo so. È solo che…» mormorò, chiudendo poi gli occhi per qualche secondo. Si fece più vicino, e capii che l’avevo convinto a parlare. «Ti ricordi quando ti raccontai del litigio con mio padre?»
Annuii. Era successo l’anno prima, se non ricordavo male. Non ricordavo dettagliatamente i particolari, ma la storia più o meno era che un paio di mostri avevano attaccato Alec e suo padre mentre si trovavano a una mostra fotografica di quest’ultimo, causandone la tremenda furia.
Ovviamente non era stata colpa di Alec — quale idiota senza cervello avrebbe potuto pensarlo? — ma suo padre si era arrabbiato lo stesso con lui. Alec allora era scappato di casa, aveva preso un biglietto del pullman ed era venuto a stare qualche giorno da me. Era tornato a casa solo quando suo padre era riuscito a rintracciarlo tramite e-mail — sempre per la storia dell’attirare mostri, Alec non aveva un cellulare.
«Scott?»
«Sì. Ti ascolto»
«Ecco, l’altra sera, quando le tre Preghiere hanno cominciato a cantare mi è tornato in mente quell’episodio. Mi è montata una rabbia dentro verso mio padre, per averci messo così tanto a cercarmi e a preoccuparsi per me»
«Ehi, amico. A lui importa di te»
Questo, per brutto che possa sembrare, era uno dei motivi per cui io e Alec avevamo fatto amicizia. Nessuno dei nostri genitori faceva esattamente i salti di gioia nel realizzare di essere il padre o la madre single di un semidio adolescente.
«Di che parlate?»
Leighton si sedette in mezzo a noi, nonostante non ci fosse spazio, cercando di non fare cadere i lunghi bastoncini di legno su cui erano infilzati diversi marshmallows. Ne aveva presi tre, uno per ognuno di noi.
«Nulla di più importante dei marshmallows» esclamò Alec, addentandone uno. Leighton alzò gli occhi al cielo, ma rise.
«Roba da maschi. Capito. Dei, a volte mi sento emarginata nello stare con voi due!»
Per un po’ dimenticammo Preghiere, genitori frustrati e Cacciatrici scorbutiche, concentrandoci soltanto sui marshmallows abbrustoliti dal fuoco; purtroppo per me, la calma durò poco.
«Guarda chi c’è, Scott: la tua nuova amichetta!» mi canzonò Leighton, rubando l’ultimo marshmallow dallo spiedino di Alec.
Alzai lo sguardo, e vidi che anche alcune Cacciatrici di Artemide si erano unite al falò. Se ne stavano raggruppate come sempre per conto loro, anche se qualche ragazzina più bendisposta aveva fatto capannello insieme a qualche semidea del campo.
Lena, invece, se ne stava in disparte appoggiata contro un albero, con le braccia incrociate e un sorriso rilassato in viso, lasciato completamente scoperto per via della stretta coda di cavallo in cui aveva legato i capelli.
Odiai doverlo ammettere, ma mi accorsi che la luce prodotta dalle fiamme… non so, in qualche modo le addolciva lo sguardo. Ancora una volta mi sembrò che dietro al suo aspetto da ragazzina ci fosse una persona molto più matura, e mi ritrovai a domandarmi quanti anni avesse, e da quanti si fosse unita ad Artemide.
«Vado a parlarle» esclamai, ma Leighton mi afferrò per la maglia, trattenendomi.
«Woh, frena Casanova! Non dicevo mica sul serio quando prima ti ho suggerito di farlo!»
«Lascialo andare. Scommetto due dracme che la situazione degenera» sghignazzò Alec.
Borbottando qualcosa come «Età mentale di cinque anni», Leighton mi lasciò andare. Mi avvicinai a Lena tranquillo, forse anche un po’ spavaldo. Sul momento, però, non lo notai.
«Ehi!» la salutai.
Lei mi guardò con un espressione sorpresa. «Ciao!»
«Perché te ne stai qui tutta sola?» domandai, curioso.
Lei fece un sorrisetto e indicò con un cenno del capo le Cacciatrici che chiacchieravano con le semidee. «Non mi piace andare in giro ad arruolare nuove reclute»
Aggrottai le sopracciglia. Lei sospirò.
«Cercano di convincere altre ragazze ad entrare nelle Cacciatrici. Illustrano loro i vantaggi, sminuiscono i maschi, cose del genere. Detesto quando lo fanno. Se una vuole consacrarsi ad Artemide lo deve fare per propria scelta, non per costrizione. O per lavaggio del cervello»
«Per te cos’è stato? Tua scelta? Costrizione o lavaggio del cervello?»
Lena irrigidì i muscoli, e i suoi occhi grigi ebbero un guizzo. «Fatti gli affari tuoi»
Rimasi spiazzato. Aveva una doppia personalità, per caso? Tre secondi prima mi era sembrata tranquilla e addirittura simpatica! Dov’era finita l’altra Lena?
Ebbi appena il tempo di biascicare qualche scusa poco convinta, perché qualche istante dopo l’attenzione mia e di tutti i presenti al falò venne attirata dalla voce di una semidea.
Aguzzai la vista, e vidi una ragazza pallida come un lenzuolo con lunghi boccoli neri e una maglietta arancione del campo di almeno tre taglie più grande della sua, che scuoteva la mano mostrando a tutti qualcosa che a giudicare da come risplendeva alla luce del fuoco doveva essere argentato o dorato.
«Guardate che ho trovato!» esclamò con un ghigno divertito e subdolo in viso, e finalmente la riconobbi: si chiamava Riley, aveva diciassette anni ed era una delle figlie di Eris, la dea della discordia. «È una fragola d’oro
Si levò un «Ohhh!» generale, soprattutto da parte delle ragazze di Afrodite.
«Dove l’hai trovata?» domandò Jolene, una di loro, una ragazza afroamericana cui la maggior parte dei ragazzi del campo andava dietro.
«Nel bosco» disse spiccia Riley, liquidandola. Qualcuno provò a chiedere cosa ci facesse nel bosco, ma lei alzò una mano e zittì tutti.
«Stavo pensando, non è particolarmente bella?»
Alzò il frutto, in modo che tutti potessero ammirarlo. Era una fragola, su questo non c’era dubbio, e a giudicare da come veniva maneggiata doveva avere anche la consistenza di una fragola. Solo che era appena più grande del normale, ed era dorata. Come un lingotto d’oro tirato a lucido. Wow!
«E così mi son detta, “Riley, non credi che questo frutto così bello debba essere regalato anche alla ragazza più bella?”» Camminava con passi lenti e misurati intorno al fuoco, contenta di aver catalizzato tutta l’attenzione su di sé. Lena emise uno sbuffo di scherno, e vidi che osservava le ragazze di Afrodite che fissavano quella fragola con un desiderio assurdo.
«Riley, che diamine stai dicendo, in nome degli dei?» ridacchiò Alec. Lui e Leighton si erano alzati dal ciocco d’albero e si erano avvicinati. Lei si era seduta insieme ai suoi fratelli, lui se ne stava appoggiato ad un albero poco lontano.
«E chi meglio» riprese Riley a voce più alta, con un tono di voce suadente e basso, ipnotizzante. «Chi meglio di un figlio della dea dell’amore e della bellezza potrebbe riconoscere la più bella tra le semidee qui presenti?»
La figlia di Eris si avvicinò al mio amico, che quasi la superava in altezza nonostante la differenza d’età. Alzò la fragola tenendola tra due dita, sorridendo sorniona, e la consegnò tra le mani di Alec.
«Avanti, Alec. Regala la fragola a colei che reputi la più bella, tra le ragazze che vedi sedute qui tutto intorno»
Si sentì la risata cristallina di Riley, che si allontanò facendo svolazzare i capelli neri, negli occhi un barlume di quella che avrei detto follia se non avessi conosciuto la gioia che quella ragazza provava nel creare situazioni come queste.
Tra l’altro, perché mi sapeva di qualcosa già successo?
«Sembra un deja-vu» mormorai nel silenzio.
Lena, accanto a me, rise. «È un deja-vu. Mai sentito parlare del pomo della discordia?»
«C’entra una guerra, per caso?»
«Dei, Scott. Non riesco a credere che tu non lo sappia! Certo che c’entra una guerra. Anzi, la guerra. Quella di Troia. Elena, Achille, Paride… mai sentiti?»
Finalmente ricordai. Sì, il pomo della discordia. La mela d’oro. Fu Paride, se non ricordavo male, che dovette nominare la più bella tra Era, Atena e Afrodite. Con le conseguenze che tutti credo conoscano.
Deglutii. Non avevo un buon presentimento.
«Allora, figlio di Afrodite?» disse Riley. «Stiamo aspettando il tuo verdetto»
Parecchie ragazze adesso, non solo figlie d’Afrodite, si stavano sporgendo verso Alec o fremevano da sedute, sbattendo le ciglia nel tentativo di attirare la sua attenzione. Essere nominata “la più bella” sembrava essere diventato di colpo l’obbiettivo della vita di parecchie persone.
Alec si guardò intorno, sempre tenendo tra le mani la fragola d’oro. Notai il suo divertimento nel fissare lo sguardo su una ragazza a caso, per poi spostarlo proprio quando la poverina iniziava ad illudersi. Alzai gli occhi al cielo.
Alla fine, però, Alec iniziò a camminare spedito verso un albero lì vicino. Sentii molte persone trattenere il fiato, cosa che feci anche io quando mi resi conto di dove si stava dirigendo il mio amico.
Un silenzio tombale scese tutt’intorno quando Alec si fermò davanti a Leighton, prendendole la mano per poggiarci la fragola d’oro.
«Bon appétit » esclamò, dando le spalle alla figlia di Efesto e tornandosene al proprio posto con tutta la calma di questo mondo. Leighton, dal canto suo, osservava la fragola d’oro come fosse stato un alieno atterrato nel palmo della sua mano.
«Ma è assurdo!» esclamò Jolene alzandosi in piedi, fissando suo fratello con uno sguardo omicida. «Come puoi dare la fragola a lei?!»
«Hai qualcosa in contrario?» esclamò sostenuta una delle sorelle di Leighton, rossa di rabbia. «Leighton merita la fragola al pari di chiunque altro!»
Immediatamente attorno al fuoco si scatenò un tripudio di commenti e frecciatine al puro veleno.
Non avrei dato la fragola a Leighton. Voglio dire, non che non fosse bella — perché, cavolo, Leighton era bella. E sì, so che di norma i figli di Efesto non hanno esattamente un gran bell’aspetto, ma Leighton doveva essere l’eccezione che confermava la regola. Sapevo che era il risultato di uno strano miscuglio di razze — araba, spagnola, americana e francese, se non sbaglio — e di solito i ragazzi che hanno sangue di diverse etnie nelle vene hanno anche un aspetto particolare.
Leighton era molto carina, ma detto ciò, c’è da dire che in quel momento insieme a noi c’erano persone anche più carine. Jolene, per fare un esempio; qualche altra figlia di Afrodite; la stessa Riley era bella da togliere il respiro! Per gli dei, anche Lena avrebbe meritato quella fragola!
La situazione stava degenerando. C’erano figli di Afrodite da un lato e figli di Efesto dall’altro che minacciavano di farsi a pezzi a vicenda.
Per un attimo compatii il povero Paride, che si era trovato nella stessa situazione anni prima, solo che invece di doversela vedere con dei mezzosangue, be’… aveva dovuto sopportare l’ira di tre potenti dee, non so se mi spiego.
«Che sta succedendo qui?»
L’arrivo di Chirone mi fece tirare un sospiro di sollievo. Poco dopo però una camicia tigrata si fece largo dietro di lui, e mi demoralizzai di nuovo.
«Andiamo, Chirone, lasciamo che sfoghino la rabbia repressa. Abbiamo una partita di Pinnacolo lasciata in sospeso!» esclamò irato il Signor D.
Chirone non volle sentire storie. Leighton si fece avanti e gli mostrò la fragola d’oro, mentre con parole balbettate gli raccontava l’accaduto. Colsi un lampo di puro terrore negli occhi del centauro, e mi sentii sprofondare nel terreno.
«Andate a dormire, ragazzi. Riley, tu vieni con me. Leighton, Alec, anche voi dovreste seguirmi»
Mentre i semidei sgomberavano e il malcontento generale dilagava, mi domandai se fossimo mai destinati a passare una sera tranquilla senza né mostri, né duelli, né fragole d’oro.












L'angolo della Malcontenta: Porca zozza '-' per i miei standard, questo capitolo è piuttosto corposo òo maaaa tralasciamo. Uh, ero indecisa se aggiornare ora o domani :'3
Boh, questa è la prima nota a fine capitolo in cui davvero non so cosa dire '-'
Ahh forse qualcosa c'è!
Alec. C'è un barlume del suo passato in questo capitolo. Sappiate che questo ragazzo non ha avuto vita facile. Ma è comunque un gran bassshtardo :'3
C'è qualcuno che shippa segretamente Scott/Alec? *-* No, perché io lo faccio :'D E neanche tanto segretamente.
Ma boh, c'ho gente che preme per la Lenott (a proposito, grazie a Ella Sella Lella per aver coniato il termine :'D) e per la Alec/Leighton, quindi abbandono i miei propositi Scolec (?).
So che non importa a nessuno, ma il secondo nome di Leighton è Aisha, che è un nome arabo uu e sì, LeeLee è bella. Basta con questo luogo comune che i figli di Efesto debbano essere fotocopie del padre!
Leo Valdez è uno gnocco, ed è figlio di Efesto. Problemi? ùu

Oh, chi pensa che Riley sia figa? *Alza la mano* °w°

Il nuovo capitolo si dovrebbe chiamare "Lena fa un bagno inaspettato", ma potrebbe cambiare.

xoxo Eff

  
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