Fanfic su artisti musicali > All Time Low
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Autore: alessiasc    08/09/2011    4 recensioni
Questa storia è frutto della mia immaginazione (ma va?) e ha come protagonisti gli All Time Low e in particolare Alex Gaskarth.
«Dovresti anche smetterla di pensare a quella puttana, sai? Dovresti smetterla perché oltre a distruggerti, distruggi me, distruggi Rian e Zack. E la band. E distruggi anche il nostro sonno. "Lisa, Lisa", Lisa sto cazzo, Alex. Piantala, ti prego. (...) Con questo non ti sto criticando e non sono arrabbiato con te, lo sai bene. Ti capisco e vorrei fare qualcosa. Ma sai anche che non posso fare niente, se non prenderla e sbatterla giù da un monte. Cioè, sbatterla nel senso buttarla giù non sbatterla..sbatterla.. beh, hai capito. Se ti ha tradito, è cogliona lei. Ha perso tanto, ha perso te. Non c'è nessuno come te nel mondo, che valga quanto vali tu. E forse questo discorso avrei dovuto farlo un mese fa, quando l'hai scoperta. Ma te lo faccio ora e stammi a sentire: fregatene. Ti prego Alex, torna a vivere. Esci, bevi, scopa. Alex, cazzo, scopa con qualcuna che ti faccia dimenticare quella vacca. E, per l'amor di Dio, torna ad amare la musica come l'amavi un mese fa. Torna a scatenarti sul palco e sfogati là sopra»
Spero che vi piaccia, sono ben accetti commenti e critiche ;)
Rating ROSSO nei capitoli:
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Una settimana era passata. Eravamo a New York. Avevamo fatto tappa a New Haven e a Bridgeport ed eravamo nella grande mela da due giorni. Il concerto, il secondo in città, si sarebbe svolto quella sera stessa e Matt, quel gran figo, aveva anche organizzato un after-party con i fiocchi. O almeno così diceva.
Ero seduto sul letto della mia lussuosissima camera d'hotel e ripensavo a quella modesta in cui ci eravamo fermati ad Hartford. Pensai alla sbronza che ci eravamo presi e a quanto ero stato agitato al pensiero di arrivare a New York il giorno dopo, quando invece mancava quasi un'intera settimana.
«Jasey, say you mean it!» cantai, intonando la canzone. Le mie dita scorrevano velocemente sulle corde della chitarra e le pizzicavano. Ogni volta che da quel tocco usciva una nota mi sentivo più completo.
Ogni tanto, mi fermavo a chiedermi come mai avessi scelto proprio questo lavoro, questo impegno nella vita, ed erano esattamente momenti come questi a dare la risposta alla domanda. La musica mi faceva sentire completo. Vivo. Me stesso. E solo Lisa mi aveva fatto sentire così durante gli anni. Avere la musica, la mia musica, per ritrovare quel senso di pace, era la cosa più bella che potessi chidere. Anche meglio di riavere Lisa indietro. Anche meglio di.. tutto.
Jack bussò alla porta prima di entrare e sedersi affianco a me. Rimase in silenzio a guardarmi suonare e cantare fino a quando non appoggiai la chitarra a terra e mi girai a guardarlo, ovvero molto tempo dopo.
«Agitato?» mi chiese, sorridendo.
«Un po'... tu?» lui annuì. Tutte le volte che ci esibivamo più volte in una città, soprattutto una città grande e famosa come New York City, eravamo agitati. Credevamo che i nostri fans si aspettassero un grande show, ma quando salivamo sul palco, ed eravamo solo noi stessi, ci facevano sentire amati come sempre. Amavamo i nostri fans, ognuno di loro.
«Ho sentito Kate, sai?» mi disse, dopo una pausa di silenzio. Annuii. Poi analizzai la sua domanda-barra-informazione, e mi voltai verso di lui.
«Non che non lo so! Che ti ha detto?» lui alzò le spalle.
«Mi ha chiesto come sto..» era decisamente strano. Lo guardai e feci cenno di andare avanti con un'espressione confusa. «Cosa ti devo dire? Mi ha chiesto come sto! Dice che è in California, che farà un concerto in un piccolo locale a Los Angeles e che le manc...hiamo!» sorrisi. Era strano pensare a Kate e Jack insieme.
Non stavano insieme, oh, no. Erano amici. Che si piacevano. Però non era mai successo niente. Jack lo giustificava con un "se le cose andassero male complicheremmo la tua vita" e Kate con un "siamo sempre troppo distanti andrebbe a finire male", ma nessuno dei due ci stava male e, soprattutto, nessuno sapeva di piacere all'altro. Io ero il ragazzo nel mezzo.
«Wow. Come ti senti?» alzò di nuovo le spalle.
«Come al solito. Ho voglia di bere! Andiamo a farci una birra?» mi alzai, misi la chitarra nella custodia e, seguito da Jack, la portai fino all'entrata dove, su un carrello, c'erano già gli altri strumenti musicali che ci eravamo portati in stanza, pronti ad essere trasferiti nel backstage del concerto.
«Che fate, voi, venite?» chiesi a Zack e Rian. Loro annuirono, chiusero il gioco a cui stavano giocando e si alzarono. Buttarono i joystick sul divano e Rian spense la televisione.

Il bar era proprio affianco al teatro in cui ci saremmo esibiti. Era già sera, ma era presto. Mancava un'ora allo spettacolo. Avevamo giusto il tempo di bere una birra e dire due cagate, prima di prepararci. Ci sedemmo al bancone. Ordinai una Stella Artois, per rimanere in tema con la musica, e cominciai a berla appena il barista mi mise il bicchiere davanti. Mi guardai intorno mentre Jack, Rian e Zack cominciavano una discussione sicuramente senza nessun senso. Nessuno in quel bar aveva un aspetto particolarmente notabile, ma il mio sguardo si posò su una ragazza seduta con alcune amiche, girate di schiena, in un angolo. Era bionda, aveva i capelli lunghi fino alle spalle e forse un po' di più, gli occhi chiari. Sorrise e riuscii a vedere un bel sorriso sulle labbra di quella ragazza. Non era bella.
Certo, non era brutta, ma non era una gnocca. Era particolare. Aveva il viso non troppo magro, il collo sottile e.. due belle tette, in effetti.
Mi sarei avvicinato volentieri per scambiare qualche parola se Zack non mi avesse preso per la maglia dicendo che eravamo in ritardo e che dovevamo scappare. Prima di uscire dal locale, però, lanciai uno sguardo nella sua direzione e incrociai i suoi occhi. Mi sorrise e poi la sua immagine sparì dalla mia visuale.

Quella ragazza mi aveva un po' turbato. Non riuscivo a togliermi dalla testa quegli occhi. Non avevo un ricordo ben preciso del colore, li ricordavo semplicemente come due fari. Come quando ascolti una canzone, di cui non sai le parole, e ti rimane in testa tutto il giorno, e non riesci a dormire perché quella stupida canzone ti distrae dal sonno. Stupida, maledetta canzone!
Il concerto andò davvero bene, eravamo tutti carichi. Jack continuava a saltellare da una parte all'altra del palco, lanciando plettri ovunque. Quando arrivò il momento di Remembering Sunday e mi lasciarono solo sul palco mi sentii un po' abbandonato. Era una strana sensazione, e cercai di scacciarla via.
Ad un certo punto, ero riuscito a vedere quello sguardo tra il pubblico, ma non ci prestai troppa attenzione. Quante possibilità c'erano che fossero davvero quegli occhi?
Dopo il concerto, come promesso da Matt, ci fu l'after party. Io e gli altri tornammo in hotel per cambiarci. Mi infilai dei pantaloni bianchi a sigaretta e una maglia leggermente stretta nera. Infilai un cappellino grigio sulla testa e delle scarpe abbinate. Mi guardai allo specchio e mi passai una mano tra i capelli che spuntavano sulla fronte, per metterli in ordine. Gli altri mi urlarono di muovere il culo, così uscii e li raggiunsi.
L'after party era in un locale vicino a times square. Era uno di quei locali enormi, da vip - noi eravamo vip, cazzo! - e con il nome tutto illuminato, i buttafuori all'entrata e il tizio, ridicolo, con in mano l'elenco degli invitati che diceva «sì» «no, stronzo, non ci sei, vattene!» Ovviamente non era il nostro primo after party, ma era sempre bello vedere quanta organizzazione c'era dietro tutto quello che potevamo vedere e, soprattutto era bello sapere che era tutto per noi.
Entrammo dalla porta principale, e il tizio alzò la catenella che bloccava il passaggio per farci passare. Era un posto davvero grande, con le luci soffuse e da discoteca, il bar illuminato, i tavoli appartati, i bagni, e anche degli stanzini inutili che però così inutili forse non erano, a mio parere.
«Cazzo, Matt ha fatto un bel lavoro!» disse Rian, guardandosi intorno.
«Davvero! Guarda, c'è Vinny!» urlai. La musica sovrastava ogni cosa. C'era un remix di Stay Awake, e sentii la mia voce che da normale che era, diventava una serie di suoni metallici. Risi e presi Vinny, gli circondai le spalle con un braccio.
«Allora, co-organizzatore, figa la festa! Ti diverti?» lui annuì. Aveva aiutato Matt con tutto.
«Siete appena arrivati ragazzi, la festa è iniziata ora! E' pieno di fan, però sono tutte sopra i 17, penso..» lo guardai storto.
«Quindi mi stai dicendo che da ubriaco potrei andare con.. una tredicenne?» lui scosse la testa e scoppiò a ridere.
«Niente sotto i 16, giuro!» risi e gli sfregai la testa con le nocche. Lui si lamentò e ci trascinò verso il bar. Ordinai un mojito e una piña colada. Li presi entrambi, uno in una mano e l'altro nell'altra, e cominciai a girare per la pista da ballo osservando la gente che ballava. C'era davvero tanta gente.
Alzai il bicchiere pieno di mojito e ne bevvi un po'. Poi un altro po' fino a finirlo tutto. Una ragazza mi si avvicinò. Era bassina, con i capelli lunghi neri, lisci come spaghetti, gli occhi marrone chiaro, tendenti al verde e le labbra rosee, abbastanza carnose. Aveva l'accento inglese.
«Ciao!» ricambiai il saluto e appoggiai il bicchiere vuoto su uno dei vassoi che teneva in mano un cameriere che passava tra la folla. Sfiorai il braccio alla ragazza e le chiesi il nome.
«Christine!» esclamò lei. Bevvi qualche sorso di piña colada, e rimasi lì con lei a parlare qualche minuto fino a quando anche il secondo bicchiere fu svuotato.
«Senti Christine ti va di ballare?» le chiesi. Lei annuì, soddisfatta. Ballai con lei per qualche canzone e l'atmosfera si fece più calda. Lei cominciò a muoversi su di me a ritmo di musica. Le presi i fianchi e accompagnai i suoi movimenti. Ad un certo punto lei alzò lo sguardo e mi baciò a stampo. Si fece tutta rossa in viso e abbasso gli occhi. Le presi il viso tra le mani e cominciai a baciarla. Il mio stomaco fece una capriola mentre lei si appendeva ai passanti della cintura dei miei pantaloni.
Le baciai la guancia e il collo e le morsi l'orecchio. Lei fece lo stesso, poi mi avvicinò di più a se. «Bagno?» sussurrò.
Poi si allontanò e, prima di scomparire tra la folla, si girò verso di me e mi fece uno sguardo provocante. La seguii. Nel tragitto notai Rian e la sua ragazza, Cassedee, seduti su un divanetto che amoreggiavano. Poco più in là, Jack flirtava spudoratamente con una biondina, e dall'altra parte della sala, Zack era con Matt e Vinny in compagnia di un gruppo di ragazze che non facevano altro che ridere. Sorrisi e seguii Christine fino a dietro la porta del bagno. Mi abbassò i pantaloni in un millesimo di secondo, non feci in tempo nemmeno a chiudere la porta a chiave che lei era in ginocchio davanti a me e mi stava abbassando i boxer.
Feci un sospiro prima che cominciasse a toccarmi tra le gambe. Quando lo mise in bocca pensai di morire dal piacere e dalla sorpresa. Appoggiai la schiena al muro e le presi la testa tra le mani accarezzandole i capelli. Perché, perché non erano tutte così le ragazze, che ti conoscevano e dopo un'ora erano già in un bagno a farti un pompino? Avrei voluto dirle qualcosa come «Dovrebbero essere tutte come te!» ma non riuscivo a parlare.
La testa cominciò a girarmi, e mentre venivo nella sua bocca sentii le gambe cedere. Ero brillo e sessualmente quasi soddisfatto, la serata poteva continuare.
   
 
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