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Autore: __Aivlis    09/09/2011    2 recensioni
Odio il freddo e costante mutare delle cose; e anche ciò che muta diventa parte integrante del lento scorrere dei giorni, e tutto sa di niente. Non c'è vetta che non valga la pena del viaggio, e l'unica cosa che sento di auspicarmi è che questa non sia l'eccezione che tutti colgono. Non un'altra monotona scia di invisibili emozioni, voglio che tu sia per me il tocco di rosso sulla mia tela immacolata; ciò che è immobile ma tutto muove. E non dirmi che sarai l'unico, dimmi che sarai il solo. Dimmi che questa sarà l'unica volta in cui "finalmente" sarà la parole d'ordine. E una nuova vita mi accoglie tra il verde dei suoi rami, e nuovi colori tempestano l'immacolato, e lo fanno vivo. Spero solo che ne sarà valso il viaggio.
Eloyn.
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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© Amor Vincit Omnia

Avvertimenti. La canzone che ha fatto da musa a questo capitolo è “Little Lion Man” dei Mumfor and Sons, quindi se volete calarvi meglio nell'atmosfera vi consiglio di ascoltarla.

Weep for yourself, my man,
You'll never be what is in your heart
Weep Little Lion Man,
You're not as brave as you were at the start
Rate yourself and rake yourself,
Take all the courage you have left

Così Jimmy aveva toccato il fondo, ma quando lo fai in una maniera così irrevocabilmente sbagliata non ti vengono concesse seconde possibilità per risalire.
« Jimmy », cominciò. La sua voce rimbombava per tutta la chiesa, così che tutti potessero sentire ciò che un cuore affranto come il suo aveva da dire. Per Zacky, stare davanti ad un pubblico senza un chitarra in mano era tutta un'altra cosa. Non gli era mai piaciuto stare al centro dell'attenzione in quel modo, figuriamoci farlo per un motivo come quello. Aveva la gola secca. « ...era il mio migliore amico ». Le parole che aveva tracciato sul foglietto che ora si stava rigirando in mano cominciavano già a diventare sfocate; aveva gli occhi colmi di lacrime. « ...e.. non saprei immaginarmi senza di lui ».
Era stata un'idea del pastore, quella del foglietto.
Allora il suo sguardo incontrò quello di Eloyn, fra le prime file di panche, dall'alto della sua postazione, e la vide soffrire nel rimbombo delle sue parole.
Zacky tornò a guardare il foglietto stropicciato e umido di sudore, chiuse un attimo gli occhi. Cadde una lacrima e il rumore sordo del suo impatto con la carta cadde insieme a lei. Un piccolo schianto ignaro al mondo, una tragedia nella testa di Zacky. L'inchiostro si disperse a macchia d'olio un po' attorno; impregnava tutto, come faceva la perdita di qualcuno.
Quel momento era dannatamente sbagliato.
Sì, era stata un'idea del pastore, quella del foglietto. Scrivere il discorso su uno stupido foglietto. Parole già pensate. Pochi impulsi; niente istinto. Cosa doveva dire? Cosa voleva dire? Era Jimmy, cazzo; niente al mondo avrebbe dovuto portarglielo via.
Ripiegò il foglietto; stava tremando.
« Addio Jimmy » e le sentiva, le lacrime tra le ciglia. Umide. Scomode.
E in quel preciso istante, in quella chiesa, Jimmy morì. E tutta quella consapevolezza gli si scaraventò addosso. Fece parte del suo essere per la prima, vera volta.
Volse lo sguardo alla vetrata attraversata da un fascio di luce e molti ricordi gli si affollarono in testa.

« Io non arriverò ai trent'anni, Zacky, ve l'ho sempre detto »
« Ma cosa stai dicendo? »
« Mi ci vedi da vecchio? A stare fermo su una poltrona senza fare niente, senza poter più suonare? Vivrò per sempre, nel cuore di chi mi vuole bene, ma non supererò i trenta. »

Le parole del suo amico gli risuonavano ancora in testa da quel lontano pomeriggio estivo, forse appartenente ad una vita diversa.
Quel fascio di luce che attraversava la vetrata colorata di quella piccola chiesa, quello era l'addio di Jimmy.
« Addio » sussurrò di nuovo, ora per se stesso.
Poi si voltò di nuovo e scese i pochi gradini che lo separavano dalle panche; attraversò la navata sotto lo sguardo di quegli automi rovinati e sfiniti dal dolore. Quegli occhi lucidi che lo seguivano in silenzio.
In quella chiesa si soffocava, c'era aria consumata. Dolore consumante. Uscì dalla chiesa senza neanche voltarsi a guardare indietro.

*
« Scusate.. », venne interrotto da un'altra lacrima. Tirò su col naso.
Gli sguardi di tutti, attoniti, su di lui. Gli sembrava che quelle persone non avessero più aria da respirare. Ma il suo dolore non apparteneva al loro, era distante anni luce da quella chiesa. Spinto un po' oltre il confine del reale.
A dirla tutta il suo cuore aveva perso un battito quando Zacky aveva interrotto il suo discorso.
Non capì perché lo aveva fatto, perché se ne era andato in quel modo. Non lo capì finché non si trovo al suo posto, di fronte a tutta quella gente che si aspettava qualcosa da lui. Difronte a Jimmy, che si aspettava qualcosa di più da lui.
Brian non era mai stato un tipo riflessivo. A lui bastava la musica. Senza troppi perché. Ma quel momento era diverso.
Erano solo un branco di energie confuse dal dolore di quella perdita, davanti a lui. Accomunati da quella stessa perdita e da quello stesso sconforto. Occhi arrossati e visioni sfocate e soffocate. Volti congelati in quell'espressione di dolore. Niente più.
« Non credo ci sia molto da dire.. Jimmy manca a tutti; è un dato di fatto. » fece un respiro profondo e continuò. «  .. ce lo aveva detto, non avrebbe superato i trent'anni. E aveva ragione su questo come su tutto il resto.. »
Ripensò a quel pomeriggio sulla spiaggia in cui Jimmy gli aveva detto che tutti tradiscono e tutti vengono traditi almeno una volta nella vita. E quell'errore piccolo e insignificante per gli altri ma scomodo per lui gli pesava addosso nonostante fosse passato del tempo e avessero chiarito tutto.
L'aveva tradito, ed era una cosa che non si sarebbe mai perdonato. Jimmy aveva bisogno di un amico che gli stesse vicino, e invece lui cosa aveva fatto? Si era quasi scopato Chelsea a sua insaputa. Gli si strinse lo stomaco, perché sapeva che ora non poteva più nascondersi da Jimmy.
« Perciò, Jimmy.. ti chiedo scusa per non essere stato l'amico perfetto. Ti voglio bene. »
Scese gli scalini e si rimise seduto, in attesa che qualcun altro, come lui, salisse su quel palchetto e lasciasse qualche parola a Jimmy. Per Jimmy.


Proprio non ce l'aveva fatta a rimanere in quella maledetta chiesa. Aveva iniziato a dire qualche parola e poi non era riuscito a continuare. Si chiedeva cosa volesse la gente da lui, cos'altro fosse rimasto da dire? E più di tutti, si chiedeva cosa avrebbero significato quelle parole senza Jimmy. Cosa voleva dire il mondo, senza Jimmy? E allora quel fottuto bigliettino con quelle inutili parole era andato a far compagnia alla massa di rifiuti ospitata dal cestino del parco della chiesa.
Aveva preso la sua macchina e il primo luogo che gli era venuto in mente era stato l'albero in mezzo al parco cittadino. Non un albero qualsiasi, ma l'unico albero degno di quel nome. Si era fermato in un bar a prendere due birre e aveva guidato dritto fino alla sua meta. E ora era lì, avvolto nei ricordi, con la cravatta allentata e senza giacca, e si sentiva come dieci anni prima, fece finta di essere lo Zacky bambino che aveva costruito una casa su quello stesso albero, fece finta di stare lì ad aspettare Jimmy, come sempre, come tutti i pomeriggi estivi in cui Jimmy faceva sempre, puntualmente tardi agli appuntamenti.
Stappò la prima birra e sorrise ricordando quei momenti a cui non aveva mai dato troppa importanza e che adesso gli sembravano come oro.
Ora la casetta di legno che avevano montato non c'era più, l'avevano tolta arrivati a venti anni, sotto l'obbligo dei loro genitori che si sentivano d'impiccio alla società tenendo quella casetta ancora lì, inutilizzata, nel parco pubblico. Effettivamente, ora che ci pensava, era strano che non gli avessero detto di toglierla prima, non era sicuro che fosse una cosa proprio legale. L'avevano fatto perché costruire una casa sull'albero in casa propria non faceva figo. Nessuno di loro era intenzionato a rimanere nel recinto di casa quando c'era un mondo da scoprire, tanto meno uno come Jimmy, che non riusciva a stare fermo un attimo. Un artista. E Zacky lo sapeva da sempre che era destinato a qualcosa di grande.
Sentì dei passi avvicinarsi all'albero, abbassò lo sguardo e vide l'ultima persona che si sarebbe mai aspettato di vedere. Joel Madden stava salendo le scalette di legno sull'albero per raggiungerlo.
« Me la offri una birra? » gli chiese, ridendo. E Zacky si chiese come facesse a essere sempre felice, anche in un momento come quello.
Zacky gli porse la birra senza dire niente non appena gli fu accanto.
« Perché non sei rimasto in chiesa? »
« Perché ho visto come te ne sei andato.. ». Joel gli parlava come se fosse tutto ovvio e semplice, la naturale conseguenza di tutto. Ma per Zacky non era così, e mentre l'altro gli parlava cercando di guardarlo negli occhi, lui stava fermo e lo ascoltava guardando dritto davanti a sé, la stessa visuale di dieci anni prima.
« A te che importa, la fai sempre facile.. »
« Non la faccio facile, Zacky.. Non sono felice, e dopo tutti questi anni di amicizia dovresti almeno averlo capito. »
Poi, all'improvviso, qualcosa si accese in Zacky, come una scintilla che gli fece capire qualcosa in più, di tutta quella faccenda.
« Io non ho mai capito, Joel. Non ho mai capito niente e nessuno, è questa la verità. Jimmy aveva bisogno di qualcuno che gli stesse vicino, di una spalla che lo sorreggesse, perché quella cazzo di malattia lo stava distruggendo, e io non avevo capito niente. »
« No, Zacky! Questo non te lo permetto! Non puoi cominciare a fare tu la parte della vittima! Quelle lasciamole ai film di serie B, per piacere.. non è colpa di nessuno se Jimmy ci ha lasciati.. »
Zacky stette zitto, perché in realtà non era sicuro di ciò che Joel gli stava dicendo.
« Cosa intendete fare? Con gli Avenged Sevenfold, intendo. »
« Non si sa, nessuno lo sa. Non abbiamo parlato più. Brian ieri sera non dava segni di vita, e neanche stamattina. Matt se n'è andato subito, l'ho rivisto oggi ma non ne abbiamo parlato e Johnny aveva una brutta cera perché ieri sera si è ubriacato con Silvie. Quindi non lo so, ma io non ho intenzione di andare avanti. »
« Non può finire tutto così. Cosa te ne fai adesso di tutte quelle belle parole che hai sempre predicato? Una montagna di CD con incise frasi che per te adesso non valgono più niente? Ti sei dimenticato cosa vuol dire stare vicino a qualcuno fino alla fine? Me lo avevi detto tu stesso quando hai scritto il testo di Until The End, che ci saresti sempre stato per i tuoi amici, fino alla fine, ricordi? »
Forse aveva ragione, forse. Ma proprio non ce la faceva. Aveva solo pochi ricordi sfumati delle sue emozioni prima di tutto.
Si alzò in piedi e scese le scale sull'albero.
« Adesso dove vai? », gli chiese Joel quando fu abbastanza lontano da dover urlare per farsi sentire.
« A casa, salutami gli altri. Io mi ritiro. » e da lontano aveva alzato un braccio in segno di saluto.
Ora era tutto diverso, e lui non era disposto a mettersi in gioco in quelle condizioni. Sarebbe andato a casa e ci si sarebbe chiuso dentro con se stesso aspettando che le cose cambiassero. Aspettando Jimmy, in qualche modo.

*

“Ciao Johnny, ti starai chiedendo cosa sia questo pezzetto di carta, e avrai subito la tua risposta.
Me ne vado da Huntington. Anzi, probabilmente quando leggerai questa lettera me ne sarò già andata da un po'. Dormivi così bene che non ha voluto svegliarti, tutti meritate un po' di riposo in questo momento. No, in realtà avevo paura che avresti cercato di farmi rimanere, ma non voglio.
Quando sono venuta qui pensavo di trovare qualcosa di assolutamente fantastico, la vita che avevo sempre immaginato. E così è stato. E' stato un sogno, ma si sa che i sogni fanno presto a diventare incubi, e per dimenticare gli incubi ci vuole qualcosa di drastico. Beh, questo è il mio modo di reagire e spero che potrai perdonarmi. Non lo considero un addio perché voi stessi mi avete insegnato che il mondo riserva sempre molte sorprese, e chissà che un giorno non ci rincontreremo e scopriremo che siamo fatti per stare insieme, ma mi rendo conto che questo non è il nostro momento. Probabilmente non sapremo mai se siamo fatti l'uno per l'altra, ma sappi che sei stato importante, almeno per quel poco tempo che ci è stato concesso.
Saluta tutti gli altri e dì ad Eloyn che non sarei riuscita a dirle addio di nuovo, né tanto meno a scriverle una lettera. Dille che mi dispiace, che le voglio bene e di perdonarmi se può.
Scusami, dal profondo del cuore.
Ti voglio bene.
Silvie”

Quando Johnny finì di leggere quella lettera non spese neanche una lacrima in più. Sapeva già che Silvie non sarebbe rimasta ad Huntington, perché non era fatta per la California, ma aveva sempre cercato di negarlo a se stesso sperando che per una volta si stesse sbagliando. E invece no, se ne era andata, e con lei tutto ciò che di buono c'era per lottare ed andare avanti. Capì che le disgrazie non arrivano mai da sole ma sempre in compagnia, e non c'era affermazione più vera di quella.
Se non ricordava male, qualche giorno prima Silvie le aveva confidato il suo sogno nascosto, la vita che avrebbe voluto ma che non sarebbe mai stata in grado di avere. Strano, come anche lei era sempre stata strana, ma il suo sogno era andare a vivere in Norvegia, e questo faceva già capire bene perché non si trovasse bene lì ad Huntington. Per un solo secondo, l'idea che Silvie stesse davvero andando in Norvegia gli sfiorò la mente e gli fece pulsare il cuore in gola di un solo battito. E allora decise di non pensarci, perché tanto qualsiasi supposizione avessee fatto sarebbe stata vana: aveva deciso di lasciarla libera, e così avrebbe fatto, pur andando contro se stesso e contro tutti gli altri, anche facendosi del male, se sarebbe stato necessario, ma se Silvie voleva tornare, lo avrebbe fatto da sola.
Piegò il foglio e se lo mise nel portafoglio. Poi prese il suo cellulare e fece il numero di Eloyn. Dopo qualche squillo rispose.
« Johnny.. »
« Ehi, El.. »
« Dimmi.. »
Come glie lo avrebbe detto? Si sentiva in colpa per essere lui l'unico a saperlo, non ne aveva il diritto
« Silvie se n'è andata.. »
« Come sarebbe se n'è andata? »
« E' andata via da Huntington, mi ha lasciato una lettera, non ho potuto fare niente per fermarla. Ha scritto di dirti che non sarebbe riuscita a dirti addio di nuovo, che ti vuole bene e di perdonarla se puoi. »
« Ma, dove è andata? »
« Non lo so, ma va bene così. Lei qui non voleva rimanerci, si vedeva. »
« Ma aveva trovato te.. »
« Evidentemente non ero un buon motivo per farla rimanere. »
« ... »
« ... »
« Hai provato a chiamarla al cellulare? »
« No, non voglio fare niente per farla tornare, sarebbe infelice e non voglio.. »
« Tornerà, ne sono sicura. »
« Lo spero.. »
Eloyn sapeva che Silvie sarebbe partita, tutti lo sapevano ma tutti avevano fatto finta di niente. Era solo un altro tassello che tornava al suo posto. In fin dei conti la morte di Jimmy stava sortendo lo stesso effetto di una scossa di terremoto, susseguita da degli assestamenti di terreno. E in quel momento Eloyn si sarebbe aspettata di tutto.
Interruppe la chiamata con Johnny e mise il cellulare sul tavolino. Sospirò guardandosi intorno. Era stanca, stanca di tutto e di tutti, e avrebbe voluto spegnere le sue emozioni, spegnere i sentimenti, tutto, e mettersi a letto per non uscire mai più.
Dopo che Zacky era uscito dalla chiesa in quel modo, non si era più fatto sentire e nessuno l'aveva più sentito. L'unica persona con cui pareva aver parlato era Joel che era poi tornato al funerale dando l'ennesima brutta notizia a tutti.
« Ho parlato con Zacky ed è davvero distrutto. Se n'è andato dicendo di dirvi che è stato un piacere ma che lui si ritira. L'ho visto davvero affranto, non so, magari ha bisogno di stare un po' da solo per riflettere »
Li il mondo era crollato ancora per tutti. Era la fine, la fine degli Avenged Sevefold e delle loro vite insieme. Sembrava l'apocalisse e infondo non c'era poi così tanta differenza. Se non altro tutti si erano messi un po' l'anima in pace con Zacky, si fidavano e sapevano che era un uomo responsabile. Secondo loro, entro una settimana avrebbe cambiato idea. Sapevano che ci aveva messo l'anima, in quel gruppo. Quindi gli unici a preoccuparsi realmente sembravano essere Eloyn e Brian. Dal canto suo, Eloyn non lo aveva mai visto così distrutto da quando lo conosceva, ed era forse per questo che si preoccupava così tanto. Invece Brian si preoccupava per punto preso, perché era sempre stato l'unico a sostenere fermamente che Zacky in quelle condizioni non era padrone delle proprie azioni. Nonostante questo, a entrambi era stato dato il divieto implicito da parte di Matt di fare qualsiasi cosa che lo avrebbe coinvolto. Infondo Matt gli aveva chiesto solo un po' di pazienza, tre o quattro giorni per farlo riprendere e a quel punto avrebbero potuto fare qualcosa per aiutarlo. Erano passati due giorni ed Eloyn era molto più preoccupata del previsto.
Si passò le mani in volto per stropicciarsi gli occhi. Aveva addosso la maglia dei Misfits di Zacky che aveva ancora il suo profumo, e così si sentiva un po' protetta; era quasi come averlo lì e sentire che la stava abbracciando, anche se non era proprio la stessa cosa.
Si stiracchiò la maglia e salì le scale per andare in camera. Quella casa era diventata soffocante da quando era morto Jimmy. Chelsea vagava come uno spettro e non sembrava dare segni di vita, nonostante Eloyn avesse provato in tutti i modi a farla reagire. Poi aveva deciso che non poteva sempre stare a curare gli altri quando la prima ad avere problemi era lei stessa, e aveva rinunciato.
Si era stesa sul suo letto da qualche minuto quando qualcuno bussò alla sua porta, ed Eloyn si meravigliò di vedere Chelsea entrare in camera con una luce diversa negli occhi. Er, in un certo senso, più viva.
« Avanti »
Una chioma rossa si fece lentamente spazio tra la confusione che regnava in quella camera.
« Eloyn, ti devo parlare. »
Subito lo sguardo di Eloyn ricadde sulle sue scarpe e sul suo abbigliamento
« Vai da qualche parte? »
« Sì, era di questo che volevo parlarti. »
Forse era perché in quei giorni i contatti con le persona erano stati ridotti al minimo, o forse perché in quel periodo un “ti devo parlare” poteva benissimo trasformarsi in una bomba a mano, ma quelle parole fecero preoccupare Eloyn e non poco. Sentì il suo stomaco contorcersi.
Non disse niente, si limitò a guardarla negli occhi in attesa di spiegazioni.
« Sarò breve, me ne vado da qui. »
« Come? »
« Vado in Italia da degli zii. »
« Tu non puoi lasciarmi qui da sola. »
Eloyn stava andando in panico. Già una vita in quel posto sarebbe stata dura, ma un vita in quel posto senza Chelsea sarebbe stata un inferno. Lei era la persona con cui tutto era iniziato, non esisteva Huntington Beach senza Chelsea, era una realtà che non riusciva a concepire.
Sentì i suoi occhi inumidirsi di lacrime e il mento tremarle. Sbatté le palpebre e due lacrime le caddero sulle gambe incrociate.
« Non fare così, questo non è un addio »
« Ma.. ma come faccio io senza di te? E poi, l'Italia? Proprio così lontano dovevi andare? Io non ce a faccio senza di te, Chelsea » le disse mentre la abbracciava. Intanto l'altra si era seduta sul letto insieme a lei e si era lasciata trascinare dal pianto singhiozzante di Eloyn. « Non puoi abbandonarmi anche tu.. » aveva sussurrato Eloyn.
« Infatti non lo sto facendo, è solo che questo non è più il mio posto, perché ovunque vado c'è Jimmy, e se continuò così va a finire che ci lascio la vita. »
« Ma non è giusto.. »
« Non sempre ciò che è giusto è ciò che ci fa bene, Eloyn. »
« Tu mi avevi promesso che niente ci avrebbe mai divise. »
« E sarà così, questo non è un addio, Eloyn. Io tornerò, solo non so quando, non so quanto tempo mi ci vorrà per assimilare tutto. »
« Giurami che tornerai. »
« Te lo giuro. Ma ora devo andare, ho l'aereo tra tre ore. »
« Salutami l'Italia » le disse infine cercando di ostentare quanta più naturalezza aveva in corpo, cercando di farle vedere che aveva preso bene la notizia mentre invece stava lentamente morendo dentro. Non voleva farla partire con rimorsi e rimpianti. Quel periodo era come vivere in un universo parallelo in cui tutto può davvero accadere. E un'altra parte di se se ne stava andando.
« Tu salutami gli altri.. »
Che partisse senza dire niente agli altri era una cosa che a Eloyn non importava, però l'aveva fatta pensare.
« Chiamami quando arrivi »
« Certo »
Lei non ce l'avrebbe mai fatta ad andarsene in quel modo, a rinunciare a Zacky o a ciò che in quei giorni stava diventando.
La vide scomparire dietro la porta della camera, si rimise con la testa sul cuscino e guardò il soffitto, le veniva ancora da piangere. Si sdraiò su un fianco e dopo qualche minuto si addormentò.

*

Magari il solito locale sulla costa lo avrebbe aiutato a tirarsi un po' su. Alla fine dei conti, una partita a biliardo da solo con se stesso, alle tre della mattina, con una buona birra in mano e chiuso nel suo stesso dolore lo avrebbero fatto tornare come quello di prima. Ma anche lui, in cuor suo, sapeva che il vecchio Brian non sarebbe mai tornato. Sentiva quella malinconia stagnata nelle sue ossa, una voragine all'altezza dello stomaco che non si sarebbe mai rimarginata.
A pezzi, ecco come si sentiva. Era un periodo brutto per tutti ma Brian era convinto che nessuno di loro si sentisse sbriciolato come lui. Per prima se n'era andata Michelle, con tutta la sua bellezza e il suo essere semplicemente lei. E il suo profumo aveva lasciato la sua casa per far spazio al meno sopportabile odore di tabacco. Così aveva dovuto fare i conti con se stesso e assaporare tutta la malinconia di una casa vuota di tutto se non di Brian. E per Brian convivere con se stesso era sempre stata un'impresa ardua.
Poi se n'era andato Jimmy, lo aveva lasciato solo con i suoi casini. Aveva il problema e l'unica persona che sarebbe stata in grado di risolverlo era proprio Jimmy, ma l'aveva lasciato lì, a guardare se stesso e il resto come i cocci di una vita in rovina. Inutile dire che tutto questo non aveva mai fatto parte dei suoi piani, ma che poteva farci? Assolutamente niente. Si stava arrendendo, tutto qui.
Entrò nel locale senza neanche far caso a chi sedeva sui tavoli all'ingresso, si diresse subito al bancone per ordinare la solita birra. Prese il bicchiere in mano e si diresse nella sala da biliardo ma arrivato sull'uscio della porta dovette arrestarsi per focalizzare bene.
Una chioma di capelli castani e biondi gli sostava davanti, appoggiata al biliardo con la stecca in mano, intenta a calcolare la prossima mossa. Conosceva bene quei capelli e il profumo che impregnava la stanza, ora così pungente sul suo naso.
« Michelle.. »
Lei si voltò di scatto, come presa da un brivido freddo e sgranò gli occhi. Quegli occhi. Quanto gli erano mancati in quelle notti. Solo ora capiva l'effetto che gli facevano, l'effetto che lei gli provocava.
« Ciao Brian ».
« Che ci fai qui? »
La prima volta che Michelle aveva esso piede in quel locale era stato dieci anni prima.
« Non è più solo la tua tana. Dovrai condividerla anche con me. »
Era stato lui a portarcela.
Ma non c'era malizia nei suoi occhi, solo malinconia e tristezza. In quel momento, Brian capì che erano tutti superstiti della stessa nave che affondava.
« Sai che non ho mai avuto problemi a dividere qualcosa con te »
Si diresse verso il muro a lato e prese anche lui una stecca. Con la mano libera iniziò a grattare il gesso blu sulla punta.
« Io invece ho sempre avuto problemi a dividere te con qualcuno »
Brian fu felice di vedere che none era cambiata di una virgola. Faceva sempre lo stesso genere di battute e sempre con la stessa punta di acidità mista a rabbia. Non che fosse successo spesso che Brian la avesse tradita, ma la gelosia che Michelle gli riservava era una di quelle cose che lo facevano sentire come fosse a casa in qualsiasi posto si trovasse.
« E' acqua passata, dovresti averlo capito »
Brian stava cercando in tutti i modi di sembrare disinteressato all'argomento, e lo era veramente, complice la sua stanchezza di combattere contro un mondo che correva inesorabilmente più veloce di lui; anche il tempo che passava aveva assunto un'importanza del tutto relativa.
Una delle cose che aveva fatto da quanto quella valanga di eventi gli si era scaraventata addosso era stato ripromettersi di allontanare da sé le cose che lo facevano stare male e avvicinare, invece, quelle che lo facevano stare bene. Nonostante Michelle non rientrasse precisamente in nessuna delle due categorie, Brian capiva che infondo quella posizione di stallo tra le due parti faceva scaturire  cose che in certi sensi potevano essere considerate positive. Michelle era da sempre la cosa più bella che gli fosse mai capitata, ma era stata anche la sola persona al mondo ad averlo ferito, e nonostante questo, stava zitto e a volto basso; infondo era stato lui ad iniziare quella battaglia e sarebbe stato lui a doverla finire. Stava abbassando l'ascia di guerra e ammettendo le sue colpe ancora una volta. Era stanco di piangere, di provare a risolvere situazioni scomode, era stanco di tutto. Aveva fatto il suo meglio per farsi perdonare e avrebbe sicuramente continuato di quella scia ma arrivati a quel punto, si era detto, sarebbe stata Michelle a dover prendere una decisione.
« Quello che ho capito è che finché lei sarà tra i piedi non ci sarà occasione di recuperare nessun rapporto »
Dopo quella frase, agli occhi di Brian Michelle si era come ridestata. Aveva appoggiato l'estremità della stecca sul pavimento e l'aveva impugnata nei pressi dell'altra estremità mentre il braccio libero si posizionava sul suo fianco in tono di sfida. Secondo il linguaggio del corpo di Michelle, quello che ormai Brian conosceva a memoria, stava cercando di comunicare in modo serio. Era davvero intenzionata a risolvere quella situazione, e prese Brian in contropiede.
Lui stette li ad osservarla per qualche secondo in attesa che il suo cervello connettesse con la bocca e pensò che le condizioni che Michelle gli stava imponendo, in una realtà diversa, sarebbero state infattibili. Fortunatamente, Chelsea se n'era andata, ed era notizia ormai comune a tutti.
« Sei fortunata, Chelsea se n'è andata l'altro giorno »
« Per festeggiare il nuovo anno? »
« Nessuno di noi ha festeggiato il nuovo anno e penso che neanche lei abbia avuto voglia di farlo. Se n'è andata perché l'unica persona che ha mai amato era Jimmy »
Certi messaggi impliciti non erano troppo difficili neanche per una come Michelle, abituata ad essere sempre chiara e precisa in quello che faceva. Ma l'espressione contrariata di Michelle, con la bocca socchiusa e le sopracciglia alzate, esprimevano il suo risentimento verso qualcosa che la metteva in crisi.
« Ti amo, Michelle »
Era inutile, per quanto Michelle cercasse di farsi enigmatica, non c'era niente che sfuggisse all'occhio attento di Brian. Sapeva sempre quando e dove colpire per far breccia nel suo cuore, che lei lo volesse o no.
La vide riprendere fiato e fare un respiro profondo.
« Anche io ti amo Brian, ma cerca di capirmi »
« Lo sto facendo. O meglio, l'ho fatto fino a qualche settimana fa. Ma adesso basta, non sei più al centro della scena. Jimmy è morto e nella mia vita non c'è più spazio per giochetti da adolescenti. Io ti amo e ti voglio indietro, adesso sta a te. Puoi decidere di perdonarmi o di dirmi addio, ma se lo fai è per sempre »
Brian non era uscito di casa con l'intento di mettere un punto alla situazione. Se era per questo, quando era uscito di casa non si aspettava neanche di vedersi Michelle giocare a biliardo in quello che era da sempre il suo locale di fiducia. Ma in quel momento l'aveva vista e aveva deciso che non voleva più giocare, capiva di essere arrivato ad un punto in cui abbandoni il tuo essere bambino, finalmente. E grazie alla concatenazione di certi avvenimenti, il dolore che un rifiuto di Michelle gli avrebbe potuto causare, non sarebbe stato neanche lontanamente paragonabile al dolore che stava attualmente sentendo dentro di se. In poche parole: non aveva più niente da perdere, e di conseguenza, in qualsiasi modo sarebbe andata a finire, ne sarebbe valsa la pena.
Lei lo guardava con un espressione addolorata in volto. Ad un tratto si avvicinò a lui e lo guardò negli occhi. Brian si sentì svenire quando lei avvicinò il suo volto a lui. Non resistette, le prese il viso tra le mani e la bacio, prima delicatamente, poi con più passione e fu solo felice di aver avuto indietro ciò che era suo di diritto, la donna della sua vita.

*

“Il numero da lei chiamato potrebbe essere spento o non raggiungibile...”. Era la quinta volta nel giro di dieci minuti che quella voce, ormai fastidiosa, le rispondeva al posto di Zacky. Alle prime telefonate, Eloyn era convinta che fosse solo un caso,  quando invece arrivò alla quinta chiamata le mani avevano già cominciato a tremarle. Decise di cambiare meta. Prese di nuovo il cellulare e scorse la rubrica fino al nome di Brian. Pochi squilli e la voce dal tono basso del ragazzo le rispose: « Pronto? »
« Sì, Brian.. Zacky ha il telefono staccato e i tre giorni di divieto sono finiti esattamente due ore fa »
« Mh, ok. Io credo che andrò a casa sua, tu rimani lì, poi ti faccio risapere »
« No, Brian. Vengo con te! »
Eloyn non sopportava i soliti comportamenti da Brian. Secondo lui le cose importanti e che implicavano uno sforzo fisico o psicologico maggiore dovevano essere fatte solo e solamente da maschi, o meglio, da lui. Il suo volerla escludere anche da quella faccenda la stava mandando in bestia. Non sentiva Zacky da quattro giorni e aveva anche staccato il cellulare. Come faceva a non volergli dare un cazzotto?
« Eloyn, non è per volerti escludere, è solo che ti senti agitata »
« E' perché sono agitata, Brian! »
« Credo sia meglio che tu resti lì... »
« No »
« Eloyn... »
« Mi sto vestendo... »
« Ah, fa come ti pare! »
Eloyn richiuse il telefono e lo gettò sul letto mentre con la mano libera si infilava una scarpa. Finì di vestirsi a tempo record e prese la macchina. In meno di dieci minuti era davanti a casa di Zacky, ma Brian sembrava averla preceduta.
Entrò in casa senza bisogno di bussare; la porta era già aperta. Attraversò lo stretto corridoio e sentì delle voci lontane provenire dal bagno, prima confuse e mano mano che si avvicinava si facevano più chiare.
« Cazzo Zacky! »
Era Brian che aveva urlato dal bagno, e sembrava molto preoccupato.
« Bri? », gli aveva urlato dal corridoio, camminando a passi lenti sperando di non arrivare mai alla porta del bagno. Aveva una sensazione orribile in tutto il corpo, sentiva che le mancava l'aria.
« Eloyn, sei tu? »
« S-sì.. »
« Chiama un'ambulanza! »

*

Note. Il testo ad inizio pagina è tratto dalla canzone che vi ho detto prima, mi sembrava ci stesse bene con il capitolo. Ovviamente è dedicata a Zacky.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e mi scuso immensamente per il ritardo.
Ringrazio tutti, come sempre, per aver letto tutta la fic fino a qui e in particolare VansVengeance, alexxx_fire_inside ed HelixDeath. Ringrazio anche SilentMoon ; dato che non ho fatto in tempo a risponderti lo faccio qui, ti dico solo “mai dire mai” e che tutto in questa fiction può accadere. Quindi non vi resta che continuare a leggere. ^^
Alla prossima!
   
 
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