Capitolo 7- Emozioni
-
Ne avevo bisogno- rispose lui senza guardarla negli occhi.
-
Mi hai usata!- esclamò la ragazza furente.
Ma
la sua rabbia non era indirizzata a Edward, bensì al suo
cuore. Stupido,
stupidissimo cuore che quando lui aveva posato le labbra sulle sue
aveva perso
un battito.
Cretino
di un cuore che si era illuso che quel ragazzo fosse vero, che non
fosse un
miraggio.
In
quel momento davanti a lei era tornato un ragazzino. Un ragazzino
adorabile,
certo. Ma pur sempre troppo piccolo per lei.
Si
sentì umiliata, tradita.
Perché
i suoi sentimenti non avevano un posto dove andare: dovevano rimanere
dentro di
lei, intrappolati nella consapevolezza che non sarebbero mai diventati
altro
che flebili emozioni senza fondamento.
-
Forza, andiamo di sopra. Ti preparo l’omelette- disse lei
sorridendogli. Del
resto, con l’Edward bambino si sentiva molto più a
suo agio, riusciva a
considerarlo solo un cucciolo da accudire e da amare.
-
Scusa…
-
Vieni qua- disse lei abbracciandolo come avrebbe fatto con un
fratellino
minore.
-
Non farlo mai più.
-
Okay- lo portò su e la serata si svolse più o
meno come quella precedente.
Per
la prima volta nella sua vita, Edward si sentiva amato. E amava. Da
morire.
Gli
era dispiaciuto dover baciare improvvisamente Bella, ma non aveva altra
scelta:
non la voleva assalire, non le voleva succhiare il sangue.
E
poi si sentiva così bene quando lei gli riservava tutte
quelle attenzioni… era
bello essere piccolo: si sentiva accettato dalla persona alla quale
teneva.
Anche
se per lei non era altro che un bambino…
Bella
stava seduta sul letto, a pensare.
Cosa
stava facendo? Perché la sua vita, sempre monotona e
ripetitiva, era stata
sconvolta talmente tanto da quel bambino?
E’
che… non era flessibile ai cambiamenti. Tantomeno a questi cambiamenti…
-
Bella, posso entrare?- domandò una voce da fuori alla
camera.
-
Aspetta, accendo la luce- si sporse al limitare del letto e la
lampadina sul
comodino si accese.
-
Okay, adesso entra- lui aprì timidamente la porta e venne
verso di me.
-
Posso parlarti?- disse.
Ecco
di nuovo quella parte di lui che non sembrava affatto
infantile… A volta la
sorprendeva ritrovarsi faccia a faccia con quell’espressione
seria, piena di
risentimento e consapevolezza.
-
Mi dispiace per prima, ma ci sono cose che non potresti capire e che
non voglio
che tu capisca… va bene?
-
Edward, non capisco di cosa tua stia parlando. Se ti dispiace per
prima, non ti
preoccupare. Ti… ti assicuro che è tutto a posto.
Non… te ne faccio una colpa.
-
Bella…- si mise in braccio a lei, sul limitare del letto. La
ragazza si sforzò
di sorridere, senza pensare al fatto che quel bambino così
dolce fino a due ore
prima era un ragazzo fatto e finito, pronto a baciarla.
La
mano sinistra di Bella scivolò sul fianco, toccando il
comodino.
-
Io ti devo dire una cosa.
-
Ehi, ho detto di non preoccuparti- sussurrò sdraiandosi con
il bambino sempre
abbracciato a lei.
-
Ma io te la dirò comunque- insistette lui.
-
Bella…- in quello stesso momento la mano sinistra, che prima
era scivolata
dolcemente sul bordo del letto, si mosse senza volerlo, toccando
l’interruttore
della luce e facendo piombare la stanza nella penombra.
L’unica
luce proveniva dal corridoio.
Chiuse
gli occhi, dapprima incosciente di quello che stava per succedere. Poi
sentì un
peso che la schiacciava.
Lui
si mosse un po’, ancora inconsapevole di esser tornato adulto
ma lasciando a
Bella un po’ di respiro, guardandola negli occhi.
-
… tu mi piaci. Davvero. Cos'altro devo fare per
dimostrartelo?
-
Edward, chiedi scusa a tutte le lettrici per essere erotico.
-
Io non sono erotico.
-
Sì, Edward. Lo sei.