Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In
realtà non sono più sicura che si tratti di un
solo sogno, anzi, probabilmente si tratta di tre sogni staccati.
Tuttavia, la somiglianza delle atmosfere mi induce spontaneamente ad
unirli.
E' mattina. Sono in un bus scolastico,non molto diverso dagli autobus
di linea - forse un po' più piccolo. Il cauto arancio
dell'esterno e i sedili rosso scuro si fondono nella mia mente con il
grigio da giorno piovoso che scorgo dai finestrini. Sono con una
bambina delle elementari, una ragazzina delle medie e una maestra (io
ho la mia età e non ha molto senso la mia presenza
lì); ci troviamo, l'una accanto all'altra, in piedi,
aggrappate alle sbarre, nonostante i posti a sedere siano vuoti.
D'altra parte, il tragitto è breve: siamo dirette verso i
luoghi storicamente o paesaggisticamente rilevanti del mio paese. Di
tutti, ne ricordo uno.
Siamo in una zona di montagna - ma, parliamoci chiaro, tutto il mio
paese è costituito da zone di montagna. Il cielo
è limpido, c'è tanta pietra, dal selciato - il
terreno era pavimentato o asfaltato - spunta erbetta fresca (cielo!, mi
sembra di essere Virgilio o qualcuno del genere a scrivere qualcosa di
bucolicheggiante come "erbetta fresca", ma, per quanto mi ripugni usare
un'espressione simile, era proprio erbetta fresca). L'oggetto della
nostra attenzione è una non meglio definibile roccia
marmorea, squadrata, poco lavorata o resa ruvida dal tempo, su un
fianco della quale, leggermente inclinato, stanno pietre quadrate, in
file, sulle quali era probabilmente inciso qualcosa. La struttura, per
quanto singolare, in apparenza non presenta particolari motivi
perché ce ne interessiamo; a quel punto, la maestra chiama
un prete. Nel mio inconscio, i preti sono depositari di antiche
conoscenze e tradizioni: tale penetrata convinzione, seriamente messa
in difficoltà di recente per cause che non sto a spiegarvi,
mi deriva dalla lunga permanenza nel mio paese di un parroco, ora
morto, che ha messo tanta passione (che termine ipocrita, passione!
Sembra proprio che oggi non sia in grado di scrivere qualcosa di
passabile) nel suo ruolo da finire per trascenderlo e per conoscere il
mio paese meglio dei suoi abitanti. Il prete, insomma, solleva una
lastra di pietra che copre la fila di sassi più bassa -
eccoci iniziate ai segreti del paese come i membri di una misteriosa
setta -, poi la maestra toglie l'ultima pietra a destra di tale fila,
che, ci spiega con un tono da vecchio saggio, è denominata
"pietra di san Tommaso": tolta quella, è possibile muovere
le altre come nel gioco dei Quindici e creare spazi vuoti in cui
inserire altre pietre "o, ad esempio, un quadro" (e ne incastra uno,
anch'esso molto bucolico, ma un po' più alpino, come
esempio). La lastra viene rimessa al suo posto, sulla fila
più bassa, a suggellare il segreto.
Non ricordo esattamente cosa succede dopo: mi resta solo l'immagine di
una ferita sulla mia gamba, fattami inciampando su del filo spinato in
un'occasione di una parata stile Columbus Day, e di una casa vicina
dall'atmosfera marroncina in cui sono entrata per curarmi. Le mie
compagne, maestra compresa, prendono a deridermi a tal punto che mi
allontano, orgogliosa e risentita.
Sono in giro per il paese, è pomeriggio, si avvicina il
tramonto. Va detto che tutte queste cose che vedo non sono disposte
né appaiono come nella realtà, ma sono vicine, in
una stradina secondaria, solo pietra e intonaco. Stavolta i punti
chiave non sono i luoghi rilevanti del punto di vista culturale, ma
quelli che mi danno l'idea di una spensieratezza felice - il campetto
di calcio, l'anfiteatro in cui i ragazzini giocano a pallone e dove,
nei nero tardi pomeriggi invernali, mi è tanto caro andare a
delirare con la mia migliore amica, le case dove andavo a giocare da
piccola, i gruppetti di adolescenti che parlano attorno a una moto.
Contemplo tutta questa meraviglia di un grigio quasi bianco, appena
rosé-lavanda per il tramonto - anche il cielo è
grigio, ma più vicino all'azzurro cupo che assume verso sera
che a una giornata piovosa. Non sono sola, ma non ricordo chi
c'è con me: una ragazza, comunque.
Infine, sono in un labirinto di pietra, una pietra di colore
più scuro e intenso che negli altri sogni. Un ragazzino che
conosco, con una maglia rossa, mi conduce fuori con una leggiadria tale
che mi sembra stia inseguendo una farfalla.