Il
suono della vita.
Un
pianto disperato dopo il primo respiro, quello che ti brucia la gola e
i
polmoni e che fa gioire chi ti è intorno.
Poi un
altro.
Due
vite nate a pochi momenti di distanza.
Le
lacrime sul volto di un padre, di una zia, di un amico…
addirittura lacrime
nascoste negli occhi di una nonna a cui non avresti mai creduto se non
le
avessi viste.
Il
primo ad alzarsi è Jack, pronto ad entrare in sala parto per
vedere i suoi
bambini appena nati e per dare un bacio a Liz, stremata e ancora mezza
sedata
per il cesareo.
Ed io sto
qui, circondata dalla mia famiglia adottiva, con i bambini che ridono e
che
corrono attorno e ti tirano i pantaloni per essere presi in braccio.
Quanti
anni sono passati dalla prima volta che ho preso in braccio il primo
nipotino?
I
gemelli di Constance ormai sono grandi, talmente grandi che guidano
già la
macchina.
Elise
ha dieci anni e la stessa calma di Matt, se avesse dovuto sopportare
due
Jessika a quest’ora sarebbe un santo. In compenso Alex ha
preso tutto da sua
madre e non sta fermo un attimo. Magari è solo
perché è ancora piccolo e a
cinque anni sono tutti dei piccoli mostri.
Eppure Rose,
l’ultima Danson fino a pochi minuti fa, ha la stessa
età della piccola peste ed
è un angioletto.
C’è
da
dire però che Catherine, la sorella maggiore di Rose, si fa
sentire forte e
chiaro anche se è di pochi anni più grande.
Povero
il mio cognatino. Circondato da donne. Pure il gatto è
femmina. E il criceto. E
tutti i vari pesci rossi che le bambine lo obbligano a comprare ad ogni
luna
park… anche quelli si presume che siano femmine dato che lo
seguono sempre da
dietro il vetro della boccia.
Finalmente
Jack torna in sala d’aspetto accompagnato da
un’infermiera che l’aiuta a
reggere i due bambini… o meglio bambine date le copertine
rosa che le avvolgono.
“Sono
femmine… tutte e due.” Il suo tono è
estasiato e disperato allo stesso tempo.
Mr.Gelosia
avrà delle belle micette da pelare tra qualche anno.
Ci
riversiamo tutti a vedere le due nuove meraviglie appena nate. Hanno la
testa
piena di capelli e le manine strette a pugno vicino al viso.
Nonna
Margareth è la prima che riesce a prendere in braccio una
delle nipotine,
l’altra bimba viene rapita da Nonna Daisy.
Come
cambiano le persone quando inizi a sfornagli bebè.
Dieci
anni fa non avrei mai creduto di vederla con le lacrime agli occhi e il
sorriso
sulle labbra e invece…
“Luke,
tesoro, spero che anche voi vi decidiate presto a farmi un
nipotino.” Come se
il lavoro dovesse farlo tutto lui.
Mio
marito mi guarda. Ha forse paura che salti al collo della mia adorata suocera?
Per
stavolta lascerò il bisturi nella borsa.
Lascio
una carezza sulla piccola testa di ognuna delle mie bellissime nipotine
per poi
chiedere all’infermiera se è possibile entrare per
salutare la neo mamma.
Sfortunatamente
per me Liz si è addormentata e le visite sono rimandate.
Gli
altri sono tutti impegnati a fare versi alle bimbe e a congratularsi
con Jack
per l’ottimo lavoro. Se Liz fosse qui li avrebbe
già mangiati, tutto il lavoro duro
è toccato a lei.
Mi
allontano dalla sala d’aspetto.
Fa
abbastanza caldo e ho paura che i miei cani soffrano a stare chiusi in
macchina
nonostante i finestrini aperti e il parcheggio all’ombra.
Faccio
scattare la chiusura centralizzata e salgo sul sedile posteriore. Per
fortuna
la temperatura non è eccessiva e i miei bimbi mi salutano
allegri dal
bagagliaio.
Argo mi
lecca la mano che ho allungato per accarezzarlo. Il mio vecchietto ha
quasi
dodici anni, ma è ancora un cucciolone.
Maja,
un cane lupo, è più contenuta e si limita a farsi
accarezzare tra le orecchie.
Fra le
loro gambe ci sono Golia, un bassotto, e Botolo, il volpino che mi ha
regalato
mia suocera. In realtà Botolo non è il suo vero
nome, ma è veramente troppo
stupido per essere chiamato in altra maniera.
Mi
accoccolo sul sedile, portandomi le ginocchia al petto.
Gli
unici bambini che sono mai riuscita ad avere hanno sempre avuto pelo,
zampe e
coda.
Come
è
possibile che non mi riesca la cosa più naturale del mondo?
Dovrebbe
essere facile… tutto va bene, sia io che Luke non abbiamo
problemi sul lato
fisico figuriamoci su quello sessuale, eppure…
La
lingua bagnata di Argo mi lecca la faccia mezza nascosta fra le
ginocchia.
“Sì,
lo
so… sono felice per Liz e Jack.” Parlare con gli
animali è sempre stato un sintomo
di pazzia, ma non ho mai detto di essere normale.
Passo
qualche minuto in silenzio, limitandomi a coccolare Golia che si
è spostato
sulle mie gambe e Botolo che scorrazza sul sedile accanto a me.
“Ehi.”
La voce di Luke mi fa tornare nella realtà.
“Ehi…”
Cerco di rispondergli senza singhiozzare come una bambina.
Gli
faccio posto facendo scendere Botolo per terra.
Luke mi
si siede accanto passandomi un braccio sulle spalle e stringendomi a
sé.
“Sopra
hanno iniziato le scommesse per i nomi.”
“Basta
che non le chiamino Genoveffa e Anastasia…” Mi
asciugo le lacrime cercando di
sorridere, ma tutto quello che ottengo è una smorfia.
“Domani
passiamo a trovare Liz dopo il controllo, ok?” Mi stringe
più forte e mi tira
verso di lui finché non gli finisco seduta in braccio.
“Giuro
che se mi da altri ormoni la sterilizzo!” Adoravo la mia
ginecologa, ma con
tutti gli ormoni che sto prendendo rischio di uscire fuori di testa.
“Lo
sai
che è solo questione di fortuna… presto saremo in
tre.” Luke cerca di consolarmi
sempre, ogni volta che ho una di queste stupide crisi di pianto. So
meglio di
lui come funzionano queste cose, sono io il dottore tra i due!
“Siamo
già in tre.” Dico indicando Golia che ci guarda
giocoso in mezzo a noi.
“Beh…
quattro allora.”
“E
Botolo?”
“Cinque?”
“Argo.
E prima che tu dica sei c’è anche Maja.”
“Sette
dunque.”
“Non
pensi a Mr.Potato tutto solo a casa?” Penso al mio bellissimo
e cicciottoso
gatto che sicuramente ci sta aspettando dormendo sul divano.
“Va
bene! Saremo una grande e felice squadra di football!” Ogni
volta riesco ad
esasperarlo.
“Sai…
Loise ha detto che in clinica c’è
un’adorabile Shiba che i padroni non vogliono
più…”
“Quando
ho detto che saremo uno in più non mi riferivo di certo ad
un altro cane!” Mi
pizzica un fianco, ma so già che domani dopo la visita
andremo a comprare una
nuova ciotola.
“Allora
come stai mammina?” Mi sistemo sulla sedia vicino al letto di
Liz. Alla fine
sono dovuta andare da sola alla visita. I soci di Luke
l’hanno trattenuto in
un’estenuante riunione che non è ancora finita.
Liz è
bellissima e stravolta.
“Voglio
un triplo cheeseburger grondante schifezze e una porzione gigante di
patatine
fritte.” Dice sconsolata guardando il semolino scondito che
le hanno portato
per pranzo.
“Il
modo migliore per ritornare in forma!” Ridiamo, lei in modo
contenuto per via
dei punti del taglio cesareo che le tirano un po’.
“Che
ti
ha detto Lia?” Io, Liz e Jess andiamo dalla stessa dottoressa
e con quante
volte ci ha visto nel corso degli anni ormai ci diamo del tu.
“Tutto
nella norma… niente che non vada. Il mio stupendo e
accogliente utero continua
a rimanere vuoto per volontà divina.”
“Vedrai
che la prossima volta sarà quella giusta.”
Appoggia la mano sulle mie.
Per lei
è facile parlare, solo ieri ha sfornato due bimbe che
scoppiano di salute.
“Già…”
La prossima volta. Perché non è andata bene la
prima… o la seconda?
La
prima volta ho scoperto di essere incinta troppo tardi…
ormai stavo già avendo
un aborto in corso.
Le
seconda, il ricordo più doloroso, il feto non è
riuscito ad arrivare vivo al
quinto mese… Ormai sono passati più di due
anni… ma il pensiero dei miei
bambini continua a perseguitarmi. Ogni volta mi chiedo se avessi potuto
fare
qualcosa per salvarli e ogni volta mi rispondo che ormai è
troppo tardi.
“Sarah,
avete mai… ecco… pensato
all’adozione?” Cara Liz. La mia dolce cognata che
si
preoccupa sempre.
“Speravamo
in qualche miracolo, ma penso che ormai non ci sia altra
soluzione…” Se entro
l’anno non fossi rimasta incinta, avremmo provato anche con
l’inseminazione
artificiale. In realtà è quella la nostra ultima
spiaggia.
“Non
dire così. Avete ancora tempo per provare. Non mi pare che
tu abbia la dentiera
e che cammini con un bastone!”
“Senti
questo suono? È il mio orologio biologico che si sta
scaricando!”
Il suo
“Scema!” viene coperto dalla suoneria del mio
cellulare.
“Riunione
finita. Ti aspetto in ufficio,
tra un’ora ho un cliente.”
“Devo
andare tesoro. Sbaciucchia le mie nipotine ben bene.” Mi
chino su Liz per
lasciarle un bacio sulla guancia.
“Mi
lasci tutta sola così presto?” Mette su il
broncio. Purtroppo Jess ha il turno
in clinica dato che io sono dovuta andare alla visita, i nonni sono ad
occuparsi delle altre nipotine e Jack ha avuto un imprevisto a lavoro.
“Vado
a
scopare mio marito in ufficio e torno. Ci vediamo tra
un’oretta.” Le dico
controllando l’orologio.
Fare
l’amore con Luke è sempre stata una delle cose
più belle del mondo per me.
Anche
adesso che ci limitiamo a scoprirci a malapena e ci nascondiamo nel suo
ufficio… No, non è eccitante. È solo
piacevole perché lui è l’uomo che amo.
Ormai
scopare è diventato più un dovere che un piacere.
Ogni pausa è buona per
provarci.
Poche
coccole, pochi preliminari.
Solo
lui dentro di me che spinge per venire.
“Che
vuoi per cena?” Stringo le dita sulle sue spalle.
“Sarah…
non è il momento.” Mi da un pizzico sulla coscia
coperta dalle autoreggenti.
“Pensavo
di fare il polpettone.” Appoggio la fronte sulla sua,
reprimendo un gemito.
“Sa…Sarah!”
Mi rimprovera e geme nello stesso momento.
“Scusa.”
Mi alzo da lui, cercando di sistemarmi come meglio posso.
Raggiungo
il piccolo bagno privato per pulirmi meglio che con i fazzolettini che
avevo in
borsa.
“Per
che ore finirai stasera? Magari ordino una pizza invece di fare il
polpettone.”
Esco
dal bagno e lo trovo a sistemare delle carte sulla scrivania.
“Non
credo di fare in tempo per cena, tornerò stasera
tardi.”
Continua
a sistemare i suoi fogli senza nemmeno alzare il suo sguardo su di me.
Non
c’è
mai stata una sola volta che Luke non sia tornato per cena o comunque
poco più
tardi e adesso…
Vado
verso di lui a passo spedito e faccio girare la sedia di pelle per
averlo
finalmente faccia a faccia.
Lo
schiaffo che gli arriva sulla guancia risuona per tutto
l’ufficio.
Si
porta una mano sul punto in cui l’ho colpito guardandomi come
se fossi una
pazza appena scappata dal manicomio.
“Tu
prova anche solo a pensare di tradirmi e giuro che ti
ammazzo.”
Sono
una stronza, un’egoista e sicuramente non sono del tutto sana
di mente. Ma non
c’è mai stata una volta in cui abbia temuto un
tradimento da parte di mio
marito.
Ora…
ogni cosa mi spaventa. Ogni minimo ritardo o chiamata a cui non
risponde mi fa
diventare sospettosa.
La
colpa è tutta mia, degli ormoni e di questa situazione di
merda.
Continua
a fissarmi e io sento gli occhi riempirsi di lacrime.
Prende
la cornetta del telefono in mano e preme il numero della sua segretaria.
“Janine
disdici tutti gli appuntamenti del giorno.” Dice serio.
“Ma
signor Danson io…”
“Niente
ma. Fai come ti ho detto e prenditi il resto della giornata
libera.”
“S-sì
signore.”
Sbatte
il telefono sulla scrivania e si alza di colpo.
Non
diciamo una parola mentre mi prende per un braccio e mi trascina fuori
dall’ufficio.
Nessuna
parola neanche quando mi sbatte dentro la macchina.
Rimaniamo
in silenzio per
tutto il tragitto fino a
casa e, quando entriamo nel garage, anche i rumori esterni si spengono.
I
rumori delle macchine che passano, le urla dei bimbi che giocano nei
cortili,
gli abbai dei cani che sono rimasti nel giardino.
Una
volta che la saracinesca è chiusa solo silenzio.
Non
scendo dalla macchina, ma Luke ci mette un attimo a sbattere lo
sportello
dietro di se e ad aprire il mio.
Non è
né gentile né premuroso, mi stringe il braccio
facendomi male.
Non
accende le luci in casa, non chiude le porte dopo averle spalancate per
arrivare in camera da letto.
Sbatto
contro di lui quando si ferma.
Mi
spinge sul letto e non posso fare a meno di rabbrividire sotto il suo
sguardo
duro.
Mi
ritrovo paralizzata, con le lacrime che mi si asciugano sulle guance.
Luke va
verso il canterano accosciandosi per aprire l’ultimo cassetto
in basso.
Evito
di parlare o di muovermi. Poche volte l’ho visto
così incazzato.
Si
rialza dopo aver spostato i vari strati di vestiti, si gira e in pochi
passi mi
è sopra.
Afferra
i miei polsi e me li blocca sopra la testa, nell’altra mano
le manette di pelle
che mi ha regalato qualche anno fa.
“Non
hai idea di quanto tu mi abbia fatto incazzare.” La sua voce
è bassa e roca, ma
non in modo sensuale. È quasi cattiva.
“L-Luke
io…”
“STAI
ZITTA!” Mi urla addosso.
Mi
mordo le labbra, ingoio i singhiozzi e aspetto.
Il
cuoio mi stringe i polsi fin quasi a farmi male. Chiude tutte le fibbie
stringendole al massimo.
“Tradirti.
Tsè. Solo perché sei diventata
un’isterica rompicoglioni. Che eri una stronza
svitata lo sapevo già dalla prima volta che ti ho
vista.” Mi strappa la
camicetta e i bottoni schizzano lontano da noi.
Mi
agito sotto di lui cercando di scappare, ma la catena delle manette mi
tiene
legata alla testiera del letto.
Vorrei
picchiarlo e scappare. Vorrei che i problemi non esistessero. Vorrei
che
andasse tutto bene.
Invece
mi ritrovo a morderlo e urlare, a piangere come una disperata
soffocando dai
singhiozzi.
“Se
dobbiamo impazzire così per avere un
figlio…” scuote la testa “Piuttosto
riempio casa di cani.”
E la
paura a questo punto scompare.
Mi
accascio sul letto col fiatone e il viso stravolto.
“Da
oggi basta prendere stronzate. Basta sveltine inconcludenti. Basta
impazzire
dietro al calendario e alle fasi lunari. Ti darò il permesso
di farlo solo
nell’evenienza che tu diventi un licantropo.” Mi
accarezza il viso,
asciugandomi le lacrime che hanno smesso di scendere.
“Adesso
ci penso io a te.”
E quel
giorno pensò a me. Mi dominò, mi sottomise e mi
amò in tutti i modi possibili.
Fu solo per volontà divina
se quel
giorno non persi del tutto la testa.
~°~
La
prima volta che ho incontrato mia moglie mai avrei pensato che lo
sarebbe
diventata.
Sapevo
che ci saremmo potuti divertire insieme, ho capito al primo sguardo che
tipo di
donna fosse… sia.
Non è
cambiata poi molto nel corso degli anni.
È
sempre esuberante e folle, con lo sguardo malizioso e il suo carattere
fiero e
irrefrenabile.
L’ho
vista disperarsi per delle stronzate e trattenere le lacrime quando
invece aveva
tutto il diritto di sfogarsi.
Lei lo
dice sempre che non è mai stata normale e forse è
proprio questo che mi ha
attirato inevitabilmente nella sua rete.
Pensa
di essere lei quella caduta in trappola, quando invece sono io che non
ho
potuto fare a meno di lei dalla prima carezza.
Sarebbe
esagerato dire che è stato amore a prima vista, quello
è venuto dopo, col
tempo.
L’alchimia
che ci ha legati dal primo sguardo però è ancora
presente.
Non
abbiamo mai perso l’affinità che ci lega, ma come
tutti abbiamo avuto i nostri
alti e bassi.
L’ultima
discesa è stata forse la peggiore.
Era
così accecata dall’idea di avere un figlio che si
stava distruggendo, e con lei
stava distruggendo anche noi. Non gliel’ho permesso. Le ho
fatto ricordare che
non è la sola a comandare.
Ha
rischiato di spezzarsi e io l’ho legata,
l’ho tenuta insieme… l’ho tenuta con me.
È
riuscita a tornare in se… anche se per poco tempo.
Un po’
come adesso che sta correndo da tutte le parti urlandomi contro.
“Dov’è
la borsa? Ahaaa… E le chiavi? Oddei santissimi!”
Si appoggia al tavolo di
cucina, soffiando aria tra i denti stretti.
“Respira
e non agitarti.” Le dico poggiando il borsone vicino alla
porta.
Sono
calmo, molto più di quanto mi aspettassi; almeno uno dei due
deve mantenere una
parvenza di lucidità mentale e lei non è
mentalmente stabile nemmeno in una
situazione normale.
“Tranquillo
adesso mi calmo. Deve solo uscirmi un’anguria dalla
vagina!” La mia piccola
scaricatrice di porto sta cercando di contenersi con i termini, ma io
sono solo
la cavia, sono le infermiere che dovranno lavarsi le orecchie dopo.
Le
passo un braccio intorno alla vita e piano piano riusciamo ad arrivare
alla
porta.
“Ce la
faccio. È passata.” Prende un gran respiro e si
trascina verso la macchina
barcollando sotto al peso del suo bellissimo pancione pieno di vita.
Mentre
siamo in macchina diretti verso l’ospedale inizia il giro di
chiamate.
Sua
madre, che avvertirà le sue sorelle e Liz e Jess che si
preoccuperanno di
avvertire mio fratello e Matt.
“Potresti
avvertire anche mia madre cortesemente?” Chiedo quando ha
già buttato il
cellulare sul cruscotto.
“Sto
già abbastanza male così, non peggioriamo la
situazione!” Sbuffa affondando nel
sedile e accarezzandosi il ventre teso.
Seleziono
il numero dal bluetooth della macchina e aspetto che mia madre mi
risponda.
“Ti
odio.” Sibila Sarah chiudendo gli occhi.
“Dimmi
Luke.”
“Mamma
stiamo andando in ospedale.” Inutile girare intorno alla
questione, anche
perché siamo quasi arrivati e non ho voglia di perdere tempo.
“Me lo
dici solo adesso? Come pensi che riuscirò ad arrivare in
tempo? Cielo sono
sempre l’ultima a sapere le cose.”
Cerco
di trattenere le risate mentre Sarah fa il verso a mia madre.
“Spero
per voi di riuscire a trovare un volo a breve. E di a Sarah di
aspettarmi. Non
ho mai perso la nascita di una delle mie nipoti.”
“Certo
Daisy. Vedrò di mettermi un tappo nella
to…” Non fa in tempo a finire la frase
che mia madre ha già attaccato.
“Luke!”
Jack e Liz sono finalmente arrivati con tutta la loro banda.
Mia
suocera sta facendo avanti e indietro da più di
mezz’ora e le mie cognate sono
svaccate sulle poltroncine accanto a me a leggere riviste.
“Non
vi
siete persi niente tranquillo.” Mi alzo per salutare Liz e le
bambine.
“Zio
non è ancora nata la cuginetta?” E’
Catherine a parlare, non vede l’ora di
avere una cuginetta femmina dato che le sorelle di Sarah hanno avuto
solo
maschi.
“Non
ancora piccoletta.” Le scompiglio i capelli e rischio di
rimetterci una mano.
La più grande delle mini Danson ha una cura maniacale per i
suoi capelli.
“Luke
perché non sei dentro con Sarah?” Liz si sistema
una delle gemelle in braccio.
Quelle
due nanerottole sono identiche, non so come facciano a riconoscerle.
“C’è
Jess con lei. Non ho avuto tempo di entrare.” Appena
è arrivata mi ha
praticamente spinto fuori dalla camera.
“Ti
fai
mettere sotto da una donna adesso?” Ghigna il mio simpatico
fratello.
“Fratellino
fino a prova contraria sei tu quello sommerso dalle doppie X.”
“LUUUUUUUUUUUUUUUUKE!”
Le
porte della camera si spalancano facendo uscire una Jessika tutta
scompigliata.
“Ti
vuole.” Barcolla fino a noi e si lascia cadere sulla
poltroncina che avevo occupato
fino a poco fa.
“Non
l’avrei mai detto.”
L’infermiera
mi porge uno dei camici usa e getta e mi obbliga a indossarlo prima di
entrare
nella stanza di Sarah.
“Si
faccia coraggio! E non faccia caso a quello che le
dirà.” Con queste parole la
donna mi lascia in pasto alla bestia.
“Ehi
baby.” Mi avvicino al letto dove Sarah sta respirando
affannosamente.
“Non
ti
avvicinare a me maledetto bastardo!” Mi ringhia contro
alzandosi a sedere di
scatto.
“Vuoi
che esca?” Faccio per rialzarmi dalla sedia che Jess aveva
lasciato li vicino.
“No…”
Un lamento disperato.
Devo
ricordarmi che adesso è particolarmente instabile e che devo
solo assecondarla…
o potrei uscirne con qualche appendice in meno.
“Fa
tanto male…” Si lamenta e si sposta verso il bordo
del letto per farmi posto.
Mi
siedo vicino a lei passandole un braccio intorno alle spalle e
stringendola
forte.
Una
nuova contrazione le spezza il fiato e rischia di spezzare anche la mia
coscia
che è stata presa di mira dalla sua mano.
“Dov’è
quella fottuta infermiera con la mia drogaaa?” Butta fuori
tutto il fiato che
ha in corpo con un nuovo urlo che richiama la povera donna che
è costretta ad
assistere ad uno spettacolo del genere praticamente ogni giorno.
“Signora
le ho già detto che non possiamo fare l’epidurale.
Ormai è troppo tardi.” Cerca
di restare calma. Questa donna deve avere dei nervi d’acciaio.
“Io
voglio la mia droga! Sedatemi come un ippopotamo!” Si lascia
cadere sui cuscini
una volta che la scarica di dolore è passata.
“Scordati
di provare anche solo a pensare di riavvicinarti alle mie
gambe.” Soffia come
un gatto isterico.
Nonostante
il viso stravolto dal dolore e i capelli tutti appiccicati e bagnati
dal
sudore, penso che sia bellissima.
Ma non
credo sia il caso di dirglielo in questo momento.
“Tutto
quello
che vuoi baby.” Dicevano che ai matti bisogna sempre dare
ragione, penso che il
concetto valga anche per le donne in travaglio.
Sono
passate già tre ore e nostra figlia non ha ancora deciso di
venir fuori.
Nel
mentre Sarah mi ha fatto ripassare tutto il Parthenon. Ha nominato
anche
qualche Dio minore di cui ignoravo l’esistenza.
“Che
Zeus la fulmini quella maledetta stronza!” L’amore
per la sua infermiera non è
cresciuto nel tempo.
“Vuoi
un po’ d’acqua?” Prendo il bicchiere sul
comodino e glielo avvicino al viso.
“Spero
ci sia della morfina dentro.”
Liz si
offre di darmi il cambio per una piccola pausa.
In sala
d’aspetto mi guardano tutti come se fossi il solo
sopravvissuto ad un disastro
nucleare.
I miei
suoceri sono i primi a chiedere notizie, ma decidono che ho bisogno di
un caffè
e di sedermi un momento prima di avere risposta.
L’unica
cosa che riesco a dire è: “Spero che vi basti un
nipotino solo.”
“Allora
come andiamo?” Lia, la ginecologa di Sarah, entra tutta
sorridente. I guanti di
lattice schioccano quando ha finito di infilarli.
“Fai
uscire questo alien da meeeeeee!” Stringe forte la mia mano
che ormai è
diventata insensibile da quante volte l’ha stritolata.
Lia si
sistema tra le gambe di mia moglie e inizia ad armeggiare sotto al
camice.
“Direi
che ci siamo quasi. Tornerò tra una
mezz’oretta.” Si alza tutta sorridente e mi
lascia di nuovo solo con l’ultima versione di Emily Rose.
“Ahaaaaaaaaa!
Harry Potter salvami tu!” E’ passata più
di un’ora da quando Lia è uscita e
solo pochi minuti fa si è degnata di rifarsi viva.
“Dai
su
un’altra bella spinta che vedo la testa!”
“La
testa? Quello è un pallone da football!” Sarah
è stremata ed io non posso fare
altro che starle vicino.
La
preoccupazione è l’unica cosa che sento in questo
momento.
Sono abituato
a controllare le mie emozioni davanti ai clienti e in tribunale, ma
adesso non
riesco a nascondere il tremito delle mie mani.
Ma –
mi
dico – se Jack c’è passato tre volte, ce
la posso fare anch’io.
Sarah
continua a spingere, urlare e imprecare.
Non
credo di aver mai sentito tanti improperi tutti in una volta.
“Non
ce
la faccio…” Sfinita si lascia andare contro i
cuscini.
Gli
occhi pieni di lacrime e il respiro grosso.
“Dopo
tutto quello che abbiamo passato ti arrendi così? Non vuoi
vedere il nostro
piccolo alien?” Le sposto i capelli appiccicati sulla fronte
e dopo un debole
sorriso riprendere a spingere.
“Adesso.
Una bella forte ed è tutto finito.” Lia
è concentrata sul bambino.
Non
m’interessa se sia maschio o femmina, basta che si sbrighi a
nascere.
Tutti
sono convinti che sarà una femmina data la propensione di
mio fratello nel
procreare solo bambine, ma noi non abbiamo voluto sapere il sesso.
Quando
sento che l’urlo di mia moglie viene coperto da un pianto
ancora più disperato
lascio andare il respiro che non mi ero accorto di trattenere.
“Congratulazioni,
è un maschietto!” Lia mi porge mio figlio
– Mio
Figlio! – avvolto da un panno e ancora sporco di
sangue e altro.
Con
mani tremanti lo prendo e lo porto su Sarah che allunga le mani per
accoglierlo
sul suo seno.
“Ciao
piccolo alien.” Sta piangendo, ma stavolta di gioia.
È un
piccolo sgorbietto tutto rosso e pieno di capelli tutti appiccicati
sulla
testa.
Solamente
io e Sarah possiamo pensare che sia la cosa più meravigliosa
del mondo.
“Avete
già scelto il nome?” Lia ci guarda sorridendo.
“Allen.
Allen Jackson Danson.” Diciamo ad una sola voce.
Infondo,
se non fosse stato per quello scapestrato di mio fratello e per Liz non
ci
saremmo mai incontrati.
*°*
Le
strade sono quasi deserte quando il SUV grigio si lascia la
città alle spalle
per andare a chiudersi nel garage della villetta.
I cani
corrono per il cortile contendendosi qualche gioco che risuona nella
calda sera
di Los Angeles.
Le
chiavi girano nella toppa e Luke può già sentire
l’allegra risata di suo figlio
risuonare nelle orecchie e nel suo cuore.
Apre la
porta e davanti a lui la cosa più bella di sempre:
“E’ tornato papà!” Dice sua
moglie con il loro bambino in braccio che allunga le braccine paffute
per farsi
prendere da lui.
Lo
prende e lo stringe al petto mentre Sarah gli circonda la vita in un
abbraccio
pieno di amore.
Perché
è quello che ora sta stingendo tra le braccia: puro amore.
Il loro
bambino nato per amore.
NdA
E che
ve lo dico a fare?
Sono
dell’idea che certe cose non vadano mai tirate troppo per le
lunghe, ma quando
i personaggi hanno ancora qualcosa da dire non possiamo non ascoltarli.
Questa
OS è nata perché Sarah e Luke avevano bisogno di
trovare la loro felicità e chi
sono io per dirgli di no?
Abbiamo
avuto anche una piccola parentesi su Liz e Jack che hanno sfornato la
bellezza
di quattro bimbe e Jess e Matt che si sono limitati a due!
Nonna
Daisy, alias la Signora Danson, si fa riconoscere sempre, ma al cuore
di nonna
non si comanda!
Non ho
approfondito molto, soprattutto perché (per mia fortuna) non
mi sono mai
ritrovata in una situazione del genere. Non sono un dottore e ho
sicuramente
scritto una sequela di boite senza fine.
Grazie
per essere arrivati fin qui… e con questo Sarah, Luke e il
piccolo Allen vi
salutano!