Welcome To
( Green Day )
“Dear mother,
Can you hear me whining?
It's been three whole weeks
Since that I have left your home
This sudden fear has left me trembling
Cause now it seems that I am out here on my own
And I'm feeling so alone
Pay attention to the cracked streets
And the broken homes
Some call it the slums
Some call it nice
I want to take you through
a wasteland I like to call
my home
Welcome To Paradise”
19 Dicembre
Il
concerto poi è terminato bene, andando esattamente come avevo previsto. Tranne per il fatto che ho dovuto cantare io, ma questo
possa posso anche definirla una cosa secondaria; All’uscita da scuola Stevo ha
offerto una pizza a me, Andrea e mio fratello, conclusione perfetta per una
giornata più che dignitosa. Sicuramente meglio di molte altre…anche se da
quando sono arrivata qui, non ho più avuto nemmeno una
delle mie crisi maniaco depressive che piacciono tanto a mio padre. Del tipo
che quando era una mattinata no mi alzavo, inveivo un po’ tra le pareti di casa
e andavo a prendere il suo giornale dalla cassetta della posta facendolo in
mille pezzi. Ormai si era abituato alla cosa, facendosi spedire apposta due
copie di quel giornale che adora tanto, in modo da poterlo leggere comunque nonostante la mia sfuriata. Non ho mai capito
esattamente per quale motivo me la prendessi, o
cadessi nella depressione più totale, la mattina mi alzavo così e basta. Ora
non capita più. Speriamo che duri e che non sia solo un periodo di quiete prima
della tempesta vera e propria. In ogni caso, le vacanze di Natale, le Sospirate
vacanze di Natale, sono finalmente arrivate…questa è
l’ultima mattina in cui ho dovuto aprire gli occhi alle 6.30, quando fuori
delle coperte c’è un gelo assurdo e la luce del sole non è ancora entrata dalle
finestre. Eh no, da domani, per una quindicina di giorni, via
libera al riposo più totale e al completo relax. Compiti a parte si intende.. a quelli penserò dopo il 25, prima sono
argomento tabù. Spero solo che non ci riempiano come dei
dannati, perché questi giorni di calma me li voglio godere un po’ anche io.
Pensieri su pensieri, come mio solito… alzo lo
sguardo dal pavimento, dirigendolo verso la porta della mia classe, che
stranamente è ancora chiusa. I
casi a questo punto sono due: o sono arrivata in anticipo di parecchio rispetto
a quanto pensassi (mi sono alzata nuovamente prima di Lou oggi. Mi sono messa
in testa di lasciare da soli lui e Andrea sull’autobus per venire qui…credo che quei due stiano maturando qualcosa..) oppure
si doveva entrare un’ora dopo e nessuno mi ha avvisato. Però è strano che non
l’abbiano detto anche ad Andrea...e lei non mi ha mandato
alcun messaggio in proposito. Boh, sinceramente chissene importa. Magari hanno
cancellato la mia classe e tutti quelli che ci stavano dentro, facendomi un grande favore. Ma grande davvero..anche se purtroppo ai
miracoli non posso e non voglio crederci, alimentano troppo le speranze. E, come dice Red nel film de “Le
Ali della Libertà”, la speranza può uccidere un uomo. Mh. Personalmente ci
credo, anche se il film è ambientato in un carcere.
Pace. Ok, alla fine qui non ci voglio rimanere. Corridoio deserto, altre classi
già chiuse e impegnate nella lezione…Mi allontano, sgusciando lungo le scale
recandomi al piano sotto terra, dove si trova l’aula di musica e il bar, da cui
arriva un delizioso profumo di brioches appena tirate
fuori dal microonde. Sì bè,
non si può certo pretendere che te le cucinino al momento, ma anche solamente
calde e fragranti vanno benone. Al cioccolato, alla
crema, alla marmellata..Dio, qua ci rimango secca per abuso incontrollato di
calorie e grassi. Fortuna che riesco a metabolizzare in
maniera decente tutto quello che ingurgito, altrimenti adesso come adesso sarei
alta centosettanta centimetri e peserei centodiciotto chili. Un po’ come
la professoressa Ruini, più o meno..poi si lamenta ogni mattina che le fanno male le gambe e i
piedi..se imparasse a fare un po’ di movimento e
magari infilare delle scarpe da tennis invece che quelle con i tacchi per
venire a scuola, starebbe sicuramente meglio. Bah. Entro nel locale trovandovi
solo qualche ragazzo che non conosco intento a fare
colazione alla buon’ora, insieme ad un paio di
professori del corso di quinta classe, che da me non sono mai venuti a far
lezione; non accenno il minimo saluto, se non a Leo, dietro il banco stracolmo
di brioches, intento a preparare un caffè lungo o un cappuccino, come suo solito. Quando mi
mandano fuori dalla classe o semplicemente c’è
l’intervallo, preferisco passare il tempo qua sotto con lui. E’ un uomo
simpatico, ha sempre la battuta pronta e, cosa ben importante, tiene sempre la
radio accesa su una stazione che propone solo musica anni
“Ehi Dam, fuori dalla
classe già a quest’ora?” Leo mi concede uno dei suoi sorrisetti
comprensivi e insieme divertiti, servendo velocemente un caffè
al professore davanti alla macchinetta dell’espresso, per poi dedicarmi tutta
la sua attenzione, indicandomi con un dito. Probabilmente si è accorto solo
adesso della maglietta che ho indosso, perfettamente in tema con gli ultimi
scontri politici, facilmente riscontrabili sia nelle televisioni che sui giornali. Qui in Canada è tutta un’altra cosa, ma
io, da brava adolescente americana, sono rimasta attaccata alla politica del
mio paese di origine e anche loro qui sanno bene
cos’ha significato l’elezione di George Bush. E la mia bellissima maglia
rossa con la scritta in giallo “Io Non ho votato Mr. Bush”
è una cosina davvero spettacolare. Ricordo che mi padre non voleva farmi andare
in giro con quella, temendo che qualche gruppetto di ragazzi scemi e con il
cervello in pappa decidesse di pestarmi per benino, così me la portavo a scuola
e la mettevo sopra gli altri vestiti quando lui non mi
poteva vedere..ahh, bei tempi. “No no Leo…i miei compagni non ci sono e
nemmeno il Winter…entreranno un’ora dopo forse, non
lo so sinceramente..” Alzo appena le spalle,
indicando una scatolina sulla mensola alle sue spalle, piena di caramelle.
Senza neanche bisogno che gli dica qualcosa me ne
prende due e io gli lascio 50 centesimi sul bancone. Frutta frutta,
caramelle alla frutta. *Son tutte buone, son tutte
belle, le caramelle!* Ecco, ogni tanto mi viene da cantare da sola, nella mente..segno
di squilibrio mentale o solo un calo di zuccheri? Mah. Che
poi mi vengono tutte canzoni italiane. Colpa di Alex
tutto questo, che fin da quando siamo nati io e mio fratello ci ha inculcato
per bene la cultura italiana, essendovi nata prima che i suoi genitori, i miei
nonni, emigrassero in America. Una storia che fa molto “Padrino” a dir la verità, dato che la mia famiglia da parte materna
arriva proprio da Corleone..e io ho sempre sognato
andarci un giorno, affascinata più dal film e da Marlon
Brando che dai suoi racconti sulla terra natia. Per questo che Lou ha questo
nome..diminutivo
di Luca, cento per cento italiano. Per me ha scelto mio padre, un nome da
maschio perché all’inizio si pensava che fossimo due gemelli dello stesso
sesso, non ho ancora capito bene per quale motivo non si sono resi subito conto
che eravamo eterozigoti e non omozigoti. Comunque,
alla mia nascita, qualche minuto dopo Lou, il nome era ormai deciso, così me lo
sono tenuto. Pace anche qui, finchè mi piace va tutto
a posto. Certo, se avessero pensato a George come
nome forse non avrei accettato la cosa, ecco. Leo mi
rifila le due caramelle gommose, che io vado ad aprire repentinamente,
infilandomene una metà in bocca. Adoro il sapore della fragola e il suo profumo
che si spande non appena estraggo il dolciume dal suo pacchettino di carta…ok
parte il delirio, decisamente si nota che è mettina presto e che come al solito ho fatto fatica ad
addormentarmi ieri sera. Bip Bip.
Ah, eccolo finalmente il messaggio che mi aspettavo. Anzi no, non è Andrea adesso che guardo bene, sul display
appare il nome di Stevo. Inarco un sopracciglio, masticando la mia caramella,
che mi si attacca al palato e faccio una fatica immensa a staccarla senza dover
usare le dita (odio quando le goleador fanno così
<< nd Jimmy) *Dam,
raggiungimi subito in cortile, all’uscita ovest. Devi vedere una cosa che non
puoi perdere..* Ecco adesso si che sono curiosa.
Saluto Leo con un gesto veloce della mano, sistemandomi la borsa a tracolla, praticamente precipitandomi lungo il corridoio, salendo poi
le scale a due gradini alla volta. Per poco non prendo dentro una coppia di
ragazzi diretti verso il bar, ma non sto nemmeno a girarmi e scusarmi, loro non
dicono niente io non dico niente. Finalmente raggiungo
l’uscita ovest della scuola, che da direttamente sul giardino e sul corridoio
che porta alle palestre, e trovo Stevo che mi aspetta appoggiato ad una
colonna, braccia conserte al petto e un sorrisino stampato in faccia che non
promette nulla di buono. Nella tasca dei pantaloni, neri e lunghi fino alle
caviglie, tiene come al solito le sue inseparabili
bacchette, mentre la maglia verde che indossa finisce per andare a coprire la
cintura borchiata. La sua preferita oserei dire. Mi
avvicino senza far rumore, tentando di prenderlo di sorpresa, ma lui si è già
accorto della mia presenza da un pezzo, perché si volta di scatto, senza
nemmeno salutarmi, afferrandomi per un braccio e cominciando a trascinarmi lungo
il vialetto asfaltato che divide il giardino in due parti pressocchè
uguali “Ehi ehi
con calma..mi vuoi dire dove cavolo stiamo andando?” Mi guarda con
occhi luccicanti, rallentando appena l’andatura, ma fortunatamente, lasciandomi
andare “c’è una cosa che devi vedere,
vedrai che poi mi ringrazierai..lo sai che sono il
genio del pettegolezzo io, no?” Ah ecco, ho capito. Qualcun altro di cui
sparlar un po’. Capita spesso quando ci troviamo da
soli io e lui, le comari della scuola. E’ anche un passatempo divertente, ci
sono stati giorni in cui arrivavamo addirittura a fare le caricature dei
personaggi che ci capitavano sottotiro..come quando Marine di terza C ha litigato con il suo
ragazzo, due mesi fa. Oddio, quella si che è stata una
scenata clamorosa, da piazza pubblica in piena Napoli. Lei che è arrivata
addirittura a tirargli un ceffone in faccia, prendendolo con tutte e cinque le
dita, mentre lui le urlava dietro non so bene quale colorito insulto. Ho ancora a casa la vignetta che Stevo mi ha regalato. Gran
momento. Non chiedo nient’altro al mio caro Portinaio, senza nemmeno immaginare
chi saranno le vittime della nostra spiata quest’oggi.
Ci fermiamo poco più avanti, dove cominciano i tavolini e le panchine sistemate
apposta per permettere agli studenti di consumare il loro pranzo all’esterno
durante la bella stagione. Ora non c’è quasi nessuno, in parte perché fa troppo
freddo, in parte perché la maggior parte dei ragazzi e delle ragazze a quest’ora ha lezione. Mi fa segno
di non parlare mentre si appiattisce contro un albero,
rimanendo quasi in tinta grazie alla maglia verde che indossa..mi sorprendo a ridacchiare nell’immaginarmelo come un
albero. Poi passa. Passa quando segue la direzione del suo dito, che mi indica uno dei tavolini, quello più lontano da noi. Un
ragazzo e una ragazza, seduti vicini. Così vicini che quello
che si dicono possono sentirlo solo loro. “Ma…” Mi guarda con un sorriso che va da
orecchio ad orecchio, stringendomi un braccio attorno alle spalle “che ti avevo detto io? Dovevi
per forza vederli…non sono bellini?” Prima di rispondere rimango un
istante ad osservare mio fratello e Andrea seduti a quel tavolino. Mi sorprende
un po’ la cosa e ci rimango di sasso quando si
baciano. Ahhhhhhhh! Lo sapevo, lo sapevo
che quei due covavano qualcosa! “Ma tu
guardali…mio fratello e la mia migliore amica..questa è bella..” appoggio la testa alla spalla di Stevo, continuando ad
osservare la felice ed ignara coppietta “Il
fratello di Andrea andrà in brodo di giuggiole, puoi scommetterci…devo dirglielo
appena possibile, sai quante spettegolate ci facciamo io e quello là..” alzo lo sguardo verso di lui, imbronciandomi “così mi tradisci con uno sconosciuto?”
Sorride, scompigliandomi i capelli e ricevendo in cambio una gomitata nel
fianco. Scuote la testa “tranquilla,
presto potrai spettegolare con noi..quando
saprà di Andre e tuo fratello vorrà sicuramente
conoscervi..si potrebbe fare a Capodanno..” Alza
le spalle, lasciando implicita la domanda. E l’invito.
Lo tiro per la maglia, in modo da allontanarlo leggermente dall’albero. Meglio
lasciarli soli quei due, fare i terzi, e quarti, incomodi non mi sembra proprio
il caso al momento. “sì, si potrebbe
fare, ma adesso filiamo prima che ci becchino..”
Così
ci dileguiamo, rientrando alla Base. Giusto in tempo per sentire la campanella
della seconda ora suonare e vedere i miei compagni già raggruppati di fronte
alla classe, nell’attesa che venga aperta. Saluto
Stevo con un cenno della mano, ricordandogli di non dire una sola parola ad
Andrea o Lou riguardo a quello che abbiamo visto, poi dedico
la mia scarsa attenzione ai miei compagni di classe. Su Mark in particolare,
che è l’unico ad avere il mio numero di cellulare, si sa, per le emergenze. “Sai Mark…è stato piacevole arrivare questa
mattina e scoprire che si entrava un’ora dopo…” Butto lì, cercando di
mantenere la calma il più possibile, ma lasciando volutamente intendere quel
tono ironico che mi piace tanto usare con le persone che non conosco bene. Lui
alza appena le spalle, assumendo un’espressione quasi tenera…da classico senso
di colpa. Si guarda un po’ in giro, controllando quasi che nessuno ci stia
ascoltando, poi mi sussurra qualcosa, allungando il collo verso di me “Scusa..volevo avvisarti ma..” Lo guardo invitandolo ad andare
avanti, ma nel preciso istante la voce del professore Whitemore mi costringe, anzi ci costringe tutti, a voltarci
e zittirci. Ho pensato fin dall’inizio che quest’uomo
deve essere per forza una specie di antidiluviano, un
sire vampiro…ogni tanto con Stevo e Andrea ci mettiamo a fantasticare sui suoi
impensabili super poteri, come ad esempio la materializzazione. Non
dimenticherò mai quel giorno che l’ho visto entrare in una classe e uscire da
un’altra dopo cinque minuti…ci sono rimasta secca. In ogni caso, entriamo in classe, zitti come mosche. Questo sì che è uno con le
palle, persino io riesco a farmi mettere in soggezione..penso capiti a tutti una
volta nella vita. Lancio un’occhiata a Mark di quelle che significano tutto e
niente, ma lui recepisce comunque il messaggio.
Abbiamo da fare una chiacchieratine io e lui appena
finite le lezioni…
“Quindi, fate tutti
gli esercizi da pagina
Dall’espressione
contrita del suo viso capisco subito che è seriamente dispiaciuto per la
situazione e dentro di me riesco persino a farmelo piacere; certo, non ha avuto
le palle per dire di no all’Oca Regina, ma non posso certo biasimarlo per
questo. Quella è capace di trasformarsi in un’arpia e certamente avrebbe fatto in modo di rovinargli la vita, almeno a
scuola. Gli concedo un raro sorriso, il primo sincero ad un mio compagno di
classe, prima di rialzarmi lasciando l’aula e scendendo le scale verso il
giardino. Andrea sicuramente si sarà già mangiata la sua brioches
e sarà uscita fuori per fumarsi una sigaretta, come fa praticamente
tutti i giorni; quando arrivo, alcuni studenti stanno già rientrando, mentre la
mia migliore amica se ne sta in un angoletto a
fumarsi quello che rimane del mozzicone fra le labbra. Non si può dire che sia la classica fumatrice incallita e dipendente
dal fumo, ma quando è nervosa o in uno stato emotivo particolarmente teso,
diventa peggio di come era Alex fino a cinque anni fa. Lei sì che si fumava
almeno un pacchetto al giorno, roba che ti porta ad
avere i polmoni dello stesso colore del catrame. “Bè, ti ho lasciata da sola per cinque
minuti…che è successo?” Chiedo, osservandola negli occhi per qualche istante,
prima di allungare una mano, togliendole la sigaretta dalla bocca, buttandola
per terra e spegnendola con la suola delle All Stars. Lo faccio quasi sempre, è una mossa a cui ormai è abituata. “Mi ha appena telefonato mio fratello…è
agitato per qualcosa e come al solito è riuscito a
passarmi tutto il suo nervosismo…” alza gli occhi al cielo, infilando le
mani nelle tasche dei jeans, mentre cominciamo ad avviarci verso le scale
dell’entrata nord. “Quale cosa?” mi
impiccio un po’, giusto per saperne di più. Quando è così vuol dire che c’è in ballo qualcosa di serio e se non mi informo
io che sono la sua migliore amica, detto da lei, che ci sto a fare? Alza la
mano, sventolandola per aria con un gesto vago “Mah, un progetto che ha in ballo da mesi ormai…ed è praticamente
arrivato alla fine diciamo…” fa una pausa, mentre io annuisco, saltando
anche gli ultimi due gradini e ritrovandomi sul corridoio dove si trova la
nostra classe. Tutto ad un tratto si illumina,
prendendomi sotto braccio “Mi ha detto
Stevo che ti ha accennato alla storia del Capodanno assieme…ti prego, dimmi che
ci sei, non mi lasciare da sola con loro..” le ho
sorriso di rimando, alzando appena le spalle “Sai che per me non c’è problema…ma credo che a questo punto dovrò
portarmi dietro anche Lou..” lo butto lì, solo per
vedere quale tipo di reazione avrà al nome di mio fratello, ma per questo non
batte ciglio. E’ furba la mia amichetta, furba
parecchio. Se non vuole lasciare intendere una cosa,
non la lascia intendere. Va comunque in brodo di
giuggiole, all’idea che passeremo l’ultimo dell’anno insieme e l’ultima cosa
che mi dice, all’orecchio, prima di entrare in classe è “Te l’ho mai detto che ti adoro?”
25
Dicembre 2000
La
mezzanotte è passata solo da cinque minuti, ma noi siamo già qui a mettere mano
ai regali. Nessuno in famiglia è particolarmente religioso,
specie mio padre che in Dio credo abbia smesso di crederci e sperarci
ormai da parecchio tempo. Io sinceramente, dopo l’abbandono di
Alex, non ho più trovato una scusa valida per avere fede. Forse ho
fiducia in un Dio che appare diverso da come lo mostra
“Perché ho
come l’impressione che a me toccherà cacciare i soldi per farti giocare?” butta lì mio padre, mentre mi metto a saltare per
casa con la mazza appoggiata ad una spalla, rischiando anche di prendere dentro
il ventilatore al soffitto. Raramente mi sono sentita così felice in vita mia,
forse solo quando per il mio decimo compleanno mi sono
ritrovata davanti la chitarra. Sì ecco, forse l’emozione è quasi al pari di
quella volta. Prendo il cellulare, componendo il numero di Andrea
ad una velocità supersonica e non appena mi risponde non faccio nemmeno in
tempo a salutarla “Io ti adoro. A te e a quell’altro scemo…anzi che dico, io vi amo!” Scoppia a
ridere dall’altra parte, nel sentire il mio entusiasmo e mentre mi calmo riesco
giusto a sentire delle voci in sottofondo, che cantano canzoni di Natale.
Almeno anche lei sembra starsi divertendo. “sono
contanta che ti sia piaciuto il nostro regalo, ma
devo ammettere che inizialmente l’idea è stata di tuo fratello…ah, grazie per
le scarpe, credo che ci andrò a dormire stanotte…” Ride ancora e non posso
fare a meno di imitarla. Come regalo le ho preso un
paio di scarpe All Stars, quelle a cui faceva la posta davanti al negozio da
almeno quattro mesi.
Sono
felice? Sì, lo sono. Per adesso. Grazie Canada, grazie
nuova casa, grazie nuova scuola e nuovi amici. E’ il primo Natale che passo
avvertendo in casa questa sensazione di allegria quasi
palpabile..speriamo solo che duri.