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Autore: alister_    26/09/2011    12 recensioni
E' dura essere una giovane scrittrice in erba, se il tuo editore ti obbliga a scrivere qualcosa che venda. Specie se quel ''qualcosa che venda'' è una sdolcinata e banale storia d'amore che non hai alcuna intenzione di scrivere. E soprattutto se sei una single incallita e inacidita del tutto incapace di portare a termine un compito simile.
Come si può porre rimedio ad una totale inesperienza in campo amoroso? Tra esperimenti fallimentari, idoli delle teenager e film di qualità scadente, romanzetti rosa e tentativi di vita sociale si snoda la storia della scrittrice più cinica e nevrotica di tutti i tempi!
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Questa notte ho sognato che mi arrivava una mail di eLLy che mi chiedeva notizie della storia: probabilmente era la mia coscienza a farsi sentire, perché mi sento parecchio in colpa ad aver lasciato a languire questa storia per... Oddio, non voglio sapere quanto. Se la maturità poteva essere una buona scusa, è anche vero che siamo alla fine di settembre e che io, fino ad ora, ho scritto una quantità considerevole di fan fiction. Ad essere onesti, non sono molto motivata a scrivere questa storia – è nata per scherzo, non mi aspettavo di continuarla – e il calo di commenti dell'ultimo capitolo mi aveva demotivata. Perciò, benché tutto quello che troverete di qui in poi fosse già stato deciso mesi fa, solo ora ho avuto voglia di finire e pubblicare il capitolo.

Sono pessima con le long fiction, me rendo conto da sola e capisco se non ve la sentite più di seguire questa storia; tuttavia, sono decisa a finirla, anche dovessi metterci un altro anno, perché non mi piace lasciare in sospeso ciò che ho iniziato e perché se lo meritano tutte le meravigliose persone che l'hanno apprezzata fino a questo momento.

Per farmi perdonare dell'attesa, vi ho fatto un piccolo regalino, che capirete leggendo il capitolo.

E, intanto, visto che me l'ero dimenticato perfino io, vi rinfresco la memoria su ciò che è successo in precendenza:

 

Nei capitoli precedenti:

Sempre bloccata con il suo ipotetico romanzo rosa, nonostante le dritte datele da una fan particolarmente brillante, la scrittrice fa suo malgrado la conoscenza del nuovo acquisto della sua casa editrice: l'autore de “L'amore di noi due”. Benché tenti in ogni modo di evitarlo e gli dimostri ogni due per tre l'antipatia che prova nei suoi confronti, si trova a dover accettare un suo invito a cena. Nel corso della serata, la nostra protagonista incontra di nuovo l'affascinante avvocato conosciuto qualche tempo prima e inizia a sospettare che il suo collega “scrittorucolo” non sia poi così idiota come pensa. La lettura del suo nuovo romanzo, un fantasy dal titolo “Antropomorfo”, conferma i suoi sospetti.

Ancora dubbiosa sul da farsi per affrontare l'incubo del libro “commerciale”, la scrittrice tenta con scarso successo di usare il suo tempo libero per fare i conti con sé stessa e con le sue scelte di vita, ma affrontare le proprie debolezze non è così facile come sembra...

 

 

 

 

 

 

Il sole si eclissava tristemente dietro il profilo degli alti grattacieli.

Era solo un giovedì pomeriggio come un altro. Seduta sulla metro, fissavo apatica le immagini nebulose che mi passavano davanti agli occhi.

Nei miei pensieri, c'era solo un volto....

 

-Scusa, che cosa staresti facendo?-, domando, con una punta di irritazione.

Colto sul fatto, il colpevole alza le mani dalla tastiera e si volta a guardarmi con un sorriso angelico.

-Stavo riempiendo la tua pagina bianca con il mio talento-.

Sbuffo, e mi rimpossesso del mouse.

Mi è bastato allontanarmi un minuto per prendere dei piatti perché l'ospite indesiderato si prendesse la libertà di toccare il mio pc: sacrilegio. Come se il fatto di essersi presentato dal nulla per cena non bastasse già ad irritarmi. E, per di più, ha portato del cinese: credo che si diverta a rendersi detestabile.

Del resto, sapevo che il momento sarebbe inevitabilmente giunto. Anzi, mi ritengo fortunata ad esser riuscita a trascorrere indenne ben quattro giorni da quando ho ammesso di aver letto il suo manoscritto.

-Non prenderti troppe libertà-, gli dico, facendolo spostare dalla mia postazione di scrittura.

Lui contrattacca con la sua solita, sfavillante esibizione di denti bianchi: -Credevo ti servisse una mano, dato che il blocco persiste, a quanto pare-.

-Fatti i cazzi tuoi-.

-Come siamo sboccate. Ti ho punta sul vivo?-

Gli scocco un'occhiataccia e mi sistemo sul divano senza degnarlo di una parola.

Sul piccolo tavolino ho già posato le buste del disgustoso take away e un paio di piatti e bicchieri.

-Ceniamo in salotto?-, chiede, alzando un sopracciglio.

Evidentemente le mia abitudini spartane non fanno per lui. Perso nei suoi ristoranti di lusso, non riesce ad apprezzare la bellezza di una bel pasto davanti alla tv.

Lo ignoro e prendo il telefono.

-Che fai?-

-Ordino una pizza. Tu mangiati pure quella merda-.

Fa una smorfia. A quanto pare il mio linguaggio sboccato lo infastidisce: buono a sapersi.

Compongo a memoria il numero del mio portapizze di fiducia – lo chiamo talmente di frequente che il volantino ormai non mi serve più a nulla – e ordino una normalissima Prosciutto e Funghi. Niente pizze dal nome eccentrico, a casa mia.

Lo sguardo dell'ospite sgradito si tiene fisso su di me mentre parlo con il gentilissimo gestore della pizzeria: non posso a fare a meno di sentirmi a disagio. Odio la gente che mi fissa, e, perdipiù, lui lo fa in un modo particolarmente fastidioso. Mi guarda come se fossi un esemplare di qualche rarissima specie animale mai vista prima. Non sono di certo il tipo di donna che frequenta di solito, però potrebbe anche evitare di squadrarmi così.

-Comincia pure senza di me-, gli intimo quando riaggancio. Dopo un attimo di esitazione da improbabile gentiluomo, tira fuori dal sacchetto del take-away delle bacchette e comincia a mangiare – con la destrezza di un personaggio dei manga – del riso di cui, sinceramente, non mi interessa conoscere gli ingredienti. Che ci posso fare, oltre che con le persone, sono diffidente anche con il cibo.

Cala un silenzio gravoso. Dato che lui sta mangiando, toccherebbe a me intavolare una conversazione, anche se la cosa non mi entusiasma. Decido di tagliar subito la testa al toro, saltando sciocchi convenevoli che non sarebbero di nessuna utilità per nessuno.

-So perché sei qui-, gli dico. Alza lo sguardo dal suo piatto per guardarmi, spiazzato: evidentemente, nel suo mondo patinato di rolex e macchine sportive, non si usa parlare francamente. -E so anche cosa vuoi che ti dica-, continuo, senza dargli tempo di interrompermi con una delle sue affermazioni affettate. -Sì, ho letto il tuo libro. No, non è male. Sì, credevo scrivessi solo idiozie. No, non riesco a capacitarmi di come tu possa essere lo stesso autore di quelle stronzate per teenager-.

Torno a respirare.

L'idea di averlo in casa – seduto sul mio divano, vicino al mio pc, ai miei libri, ai miei vestiti – mi rende terribilmente nervosa. Sta invadendo la mia privacy, più di quanto abbia fatto finora, e la cosa mi irrita da impazzire. Il mio piccolo e disordinato appartamento è il mio porto sicuro da quel mondo da cui preferisco tenermi in disparte: non per niente, è davvero raro che inviti da me, non solo perché mi manca la voglia di rendere presentabile anche solo il soggiorno, ma soprattutto perché considero casa come un luogo intimo, che preferisco tenere per me. Sono andata a vivere da sola presto, nonostante sia da sempre in ottimi rapporti con i miei genitori, proprio per avere i miei spazi.

Già, tra le altre cose, sono anche una misantropa. Ma credo che neppure se fossi la più socievole delle scrittrici mi farebbe piacere avere Satana in salotto.

Il fatto è che è chiaramente venuto a caccia di complimenti, e ciò che mi irrita maggiormente è che li meriterebbe, solo che la mia lingua si rifiuta categoricamente di articolare frasi più lusinghiere di quelle che mi sono appena uscite di bocca. La mia speranza è che si accontenti e si alzi presto dal mio divano.

Non mi è mai passata la tendenza ad illudermi.

-Tutto qui?-, chiede infatti lui, posando le bacchette sul bordo del piatto. -Nessuna analisi approfondita delle tematiche? Nessun excursus sull'introspezione dei personaggi? Niente di niente? E io che ti ho pure offerto la cena!-

-Una cena che non sto mangiando-, bofonchio seccata.

Il diavolo sorride. In quel baluginare di denti bianchi leggo tutta la sua ostinazione: non se ne andrà fino a quando non avrò appagato il suo ego. Dannazione, cosa mi tocca fare. Qualcuno mi ricordi per quale motivo gli ho aperto la porta.

-D'accordo!- sbuffo. -La trama è avvincente. Contro ogni previsione, sai scrivere senza utilizzare quel registro patetico da struggimento amoroso. L'idea di ambientare la storia in un universo dove le creature antropomorfe sono state perseguitate dalla razza originale da te introdotta (quelli con il nome impronunciabile che fa molto fantasy) non sarà delle più innovative, ma funziona. Il protagonista, Salihv, ha tutti i tratti dell' “escluso” della situazione. Di nuovo, la trovata dell' ultimo uomo solo contro tutti non brilla per originalità, ma il tema della discriminazione è un evergreen che riesce sempre a toccare il cuore dei lettori, quindi ci sta. Il tratto distintivo del libro è l'immedesimazione totale nella psiche del personaggio principale, i cui sentimenti sono tratteggiati molto bene: è un solitario, un disadattato, e questo gli causa sia una forte aggressività nei confronti del prossimo, che un pesante senso di solitudine. Le figure di contorno non sono male, ognuno ha una caratterizzazione ben definita. Nel complesso, la lettura è avvincente, ed è questa la cosa più importante-.

Pare soddisfatto. Sorride compiaciuto mentre si versa un bicchiere d'acqua. A questo punto, però, tocca a lui rispondere alle mie domande.

-Senti un po'-, gli dico, con il mio tono più sgarbato, -ora che ti ho detto quello che volevi sentirti dire, mi vuoi spiegare per quale motivo al mondo mi hai stalkerato fino ad adesso perchè leggessi il tuo romanzo? Immagino che di gente felice di adularti ce ne sia ovunque, quindi perchè prenderti la briga di smontare i miei pregiudizi?-. Non riesco a trattenere una nota più acida del solito nel ripensare alla pseudo paternale che mi ha fatto in macchina qualche sera fa.

-Forse mi piacciono le sfide-, risponde, sibillino.

-O forse il mio editore ti paga un extra per aiutarlo a rendere la mia vita un inferno-, rilancio io.

-Forse-. La sua risata suona fastidiosamente evasiva.

-Sul serio-, gli dico, e cerco di evidenziare il concetto con uno dei miei sguardi carichi di sottintesi.

Sospira.

-Forse-, riprende il gioco ma, nonostante stia sorridendo, capisco che ora è serio, -ti invidiavo-.

Eh?

Sgrano gli occhi. Temo di aver dipinta sul viso un'espressione esagerata di sorpresa, una di quelle che ti solito si trovano tra le vignette dei fumetti.

Che cos'avrebbe Mister Abbronzatura da invidiare a me?

-Guadagni il triplo di me, hai milioni di fan adoranti, puoi permetterti qualsiasi cosa e, perdipiù, non hai un editore che ti costringe a scrivere quello che non vuoi-, elenco. -Scusa ma mi riesce un po' difficile credere che tu mi invidi-.

Sospira di nuovo, passandosi la mano tra i capelli in un gesto molto teatrale e narcisistico. Quei movimenti calcolati mi fanno dubitare della sua sincerità: probabilmente la sua è l'ennesima presa in giro.

Poi, però, riprende a parlare con tono dimesso, privo di fronzoli.

-Ho letto i tuoi libri. Sfondare nel mondo dell'editoria, al giorno d'oggi, non è facile, eppure tu ci sei riuscita da giovane, con un romanzo originale, che ti ha aperto le porte-.

Le mie sopracciglia si inarcano ancora di più.

-Non c'è bisogno che ricambi i complimenti, eh-, gli dico.

Sorride ancora, il sorriso di circostanza di chi fatica a trovare le parole. In quanto a me, faccio parecchia fatica a seguirlo: non ho idea di dove voglia andare a parare.

I miei dubbi si elevano alla massima potenza quando riprende a parlare:

-Quando avevo sedici anni, avevo una cotta mostruosa per una ragazza della mia classe-.

Spalanco gli occhi. Non faccio in tempo ad interromperlo con un eloquente “e allora?”, perché continua subito il racconto.

-Era seduta nel secondo banco, fila della finestra, e teneva quasi sempre i capelli color miele raccolti in una coda di cavallo. Ah, il mio cuore di adolescente palpitava per lei! Il primo amore, senza dubbio. Parlavo di lei tutto il giorno: i miei amici non sentivano altro nome che il suo-.

Eccolo tornato al tono melenso da romanzo rosa. A quanto pare è una sua caratteristica naturale che esula dallo stile scrittorio: deve sforzarsi di non usarlo, non il contrario.

-Un bel giorno, entrai in classe come le altre mattine, ma capii subito che c'era qualcosa di diverso. Capii di cosa si trattava non appena lo sguardo mi cadde su quel famoso secondo banco. Proprio lì dove l'avevo tante volte ammirata, la ragazza che bramavo stava scambiando dolci effusioni con il mio migliore amico. Sì, lo stesso amico a cui avevo tante volte confessato il mio amore-.

Oddio, che triste delusione d'amore. Vuoi piangere? Serve un fazzoletto? Possiamo passare oltre?

-Come si dice, oltre al danno, anche la beffa: il mio amico, fino ad allora uno spirito libero, divenne tutto d'un colpo il più scodinzolante dei fidanzati. Stare in sua compagnia era un'esclusiva della sua fidanzata. Arrivavano insieme a scuola, passavano la ricreazione del loro angolino di fiducia, al suono della campanella se ne andavano insieme senza neppure salutare gli altri. E, ovviamente, il pomeriggio lo passavano studiando insieme. Almeno così dicevano-.

Già, conosco il tipo. Di coppiette smielate di ragazzini in calore ne giravano parecchie anche nel mio liceo: un motivo in più che mi aveva fatto desistere dal cercare un fidanzato.

Il mio collega, ormai perfettamente calato nel ruolo di primadonna dello spettacolo – che sembra calzargli a pennello – prosegue il suo monologo. Dovizia di aggettivi e espressioni patetiche, comunque, il suo tono sembra essere abbastanza serio.

-Li odiavo. Erano terribilmente fastidiosi, e irritanti: urtava la mia sensibilità il solo fatto di saperli insieme, ma loro rincaravano la dose ogni giorno esibendosi in ogni tipo di smanceria. Il loro comportamento melenso, le loro frasi piene di nomignoli stucchevoli mi sembravano troppo assurdi per essere veri. Credevo quasi che da un momento all'altro sarebbero scoppiati a ridere, rivelandoci di essersi presi gioco di noi fino a quel momento. Invece erano terribilmente seri, così persi l'uno per l'altro da fissarsi per tutte le lezioni senza neppure accorgersi dei richiami degli insegnanti-.

Una pausa, un sospiro. Per quanto sia quasi del tutto sicura che, almeno in questo caso, non stia fingendo, devo ammettere che sa come tenere un contegno drammatico: avrà forse aspirazioni da attore?

-Ognuno, si sa, esorcizza le delusioni in modo diverso. Io scelsi di farlo avvalendomi della cosa che più mi divertiva: scrivere. Così iniziai a parodiare i loro comportamenti improbabili mettendo nero su bianco ogni loro atteggiamento da fidanzatini. I regalini, gli sguardi da passerotti innamorati, le frasi esageratamente romantiche che si dedicavano a vicenda: tutto finiva sul mio quaderno degli appunti, che si arricchiva di aneddoti anziché di chiarimenti sulle varie materie. Concentrarsi era impossibile con un tale spettacolo a pochi metri, e l'unica cosa che mi evitasse di provare dolorose fitte di gelosia era ironizzare su carta l'intera situazione-.

Si ferma per bere un sorso d'acqua. Il filo del discorso comincia a sfuggirmi: anzi, a dire il vero non ricordo neppure da dove sia uscita fuori tutta questa digressione.

Quanto riprende a parlare, la mia confusione aumenta.

-A vent'anni inviai ad alcune delle case editrici più importanti (sono sempre stato uno che pensa in grande) una copia del mio manoscritto, la prima bozza di quello che è ora “Antropomorfo”. Dovetti attendere più di un anno, prima di ricevere risposta. Che usassero questo o quel giro di parole, la risposta era sempre questa: il mio lavoro non era abbastanza commerciale per aspirare alla pubblicazione. All'epoca non ero certo il migliore degli scrittori, ma non mi rendevo conto di quanta strada avessi ancora da fare: non la presi bene, anzi. Mi sentivo così preso in giro che ripresi i quaderni in cui avevo annotato tutta la love story dei mie compagni di classe: ricopiai il tutto al pc, sistemai alcune cose qua e là, diedi un filo conduttore alla storia... E inviai il tutto a una casa editrice-.

Un'altra pausa teatrale. Sento che sta per arrivare il colpo di scena, e ho seriamente paura che stia per dire quello che sospetto.

-Quello fu il primo libro che pubblicai-.

Ecco, come temevo. Ora la sua lunga storia ha un senso, e intuisco anche la ragione per la quale me l'ha raccontata: farmi capire che non è l'idiota che credevo. E darmi anche uno spaccato di quanto schifo faccia il settore editoriale, credo: dovrei sentirmi almeno un po' rincuorata?

-Solo ora ho potuto dare alle stampe “Antropomorfo”- conclude, dopo aver finito il suo bicchiere d'acqua. -L'ho rimaneggiato al lungo, in questi anni, tra una pubblicazione e l'altra, e ci tenevo ad avere un parere... Imparziale. Ormai le case editrici mi pubblicherebbero anche un saggio sul comportamento delle zebre, perché sanno che basta il mio nome a far comprare un libro a milioni di ragazzine. Volevo essere sicuro di aver fatto un buon lavoro-.

Si stringe nelle spalle, e, per la prima volta, lo vedo davvero senza la solita maschera di facciata. Mi sembra fragile, insicuro e soprattutto sincero. Forse, in fin dei conti, potremmo davvero essere amici.

-Non mi fidavo degli editori. E' stata la tua opinione a convincermi di aver scritto qualcosa di valido. Per questo ti ringrazio, Anita-.

Ora mi chiama anche per nome? Calma, pseudo collega, ho detto che potremmo essere amici, non che lo siamo.

Lascio correre perché nel frattempo suona il campanello, e l'arrivo del portapizze interrompe quel momento imbarazzante di rivelazioni e confidenze.

Mentre vado ad aprire, con il portafoglio stretto tra le mani, mi torna in mente la storia della mia fan, e per qualche secondo, prima che la porta si spalanchi, mi prendo il lusso si sperare ci sia un tizio interessante ad attendermi sul pianerottolo.

Supposizione errata: nella foga dei miei viaggi mentali ho dimenticato che ormai conosco a menadito tutti i fattorini della mia pizzeria di fiducia che, com'è logico, sono tutti adolescenti smilzi e con problemi d'acne.

Sorrido mio malgrado al quindicenne allampanato che mi porge il mio cartone e gli rifilo una mancia extra per scusarmi tacitamente di essere stata delusa dalla sua faccia pallida e anonima.

Quando torno in salotto, il mio nuovo-quasi-amico è di nuovo piazzato davanti al mio pc.

Dal logo di Facebook che intravedo da lontano, sono certa che sta facendo qualche cazzata che mi farà subito passare ogni neonata simpatia nei suoi confronti.

 

 

 

 

Nota finale:

Se siete arrivati fino alla fine, grazie!

Spero la storia vi piaccia ancora, e spero anche che mi farete sapere che cosa ne pensate.

Colgo l'occasione per ringraziare Gaea (che si è presa la briga di commentare capitolo per capitolo, come ogni autrice sogna) ed Alice in Heartland per le recensioni, a cui, per mancanza di tempo, non ho risposto prima d'ora.

Infine, vi ricordo la mia pagina Facebook, dove troverete aggiornamenti, curiosità eccetera :D

   
 
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