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Autore: Shade Owl    02/10/2011    2 recensioni
Xander, Alis e Jo sono i classici emarginati sociali delle superiori, in una scuola nel Montana, e chiunque sia disposto a dar loro confidenza viene ben presto degradato ai più infimi livelli, come accade a Nadine, loro amica.
L'arrivo di uno strano ragazzo, tuttavia, sembra preannunciare qualcosa di sconvolgente, nelle loro vite...
Genere: Avventura, Dark, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di demone'
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Il giorno dopo, Bull non si fece rivedere a scuola. I suoi amici dissero che era andato dal dentista per un controllo odontoiatrico, ma non seppero o non vollero specificare di che genere. Il Ragazzo che Faceva Paura, invece, era ancora lì dove l’avevano lasciato, identico a prima, senza nemmeno i segni che i denti di Bull gli avevano lasciato sulla mano, ora perfettamente indenne.
Per tutto il tempo che li separò dal rientro a scuola il giorno dopo (insomma, per tutto il pomeriggio e la sera), i quattro non ne avevano parlato nemmeno tra di loro, ma quando gli passarono accanto e lo videro di nuovo lì, imperterrito ed indifferente a tutto, trovarono il coraggio di fare congetture:
- Secondo voi chi è?- sussurrò Alis, gettandogli un’occhiata di sbieco mentre attraversavano la strada.
- Non lo so, e non voglio saperlo!- rispose Jo - Quello fa davvero paura! Ha steso Bull e la sua banda senza farsi un graffio! I casi sono due, o è Superman o è Brainiac…- gemette tra sé - Tu che ne dici, Xander?-
Lui non rispose, né guardò il ragazzo. Sinceramente, non aveva idea di che risposta potesse dare: le emozioni del giorno prima gli erano bastate, e non desiderava provarne ancora, specialmente visto il livido che gli stava colorando il mento in quel momento. Già spiegarlo ai suoi genitori era stato un problema…
 Tuttavia, non poteva dimenticare che quello strano tipo silenzioso l’aveva aiutato. Era ancora indeciso, e non sapeva se provava più paura o gratitudine.
Ad interrompere il suo filo di pensieri fu Nadine, che era ferma ad aspettarli davanti al portone di scuola. Su di lei non era comparso alcun segno della manata, tranne forse un leggero rossore. Magari Bull aveva avuto il buonsenso di trattenersi.
- L’avete già ringraziato?- chiese senza alcun preambolo.
I tre la guardarono come se fosse ammattita.
- Cosa?- esclamò Jo - Ringraziarlo?-
- Sì.- annuì lei, stupita - Ci ha aiutati, ieri pomeriggio. Non ve ne sarete dimenticati, vero?-
Jo esitò.
- Bhè…- balbettò - No… certo che no…- e borbottò qualcosa sulla fretta.
- Il fatto è che ci fa un po’ paura.- spiegò Xander - Ci avrà anche dato una mano, ma hai visto la sua faccia, quando ha minacciato Bull di ucciderlo.-
- Oh, andiamo!- sbottò Nadine - Siete troppo intelligenti per credere ad una cosa del genere.-
- Non è che ci crediamo…- intervenne Alis - È solo che… ci inquieta, ecco! Quante persone minacciano qualcuno in quel modo?-
Nadine sbuffò.
- Lui ci ha aiutati, e noi lo ringrazieremo!- dichiarò perentoria.
Afferrò Xander per un braccio e lo riportò dall’altro lato della strada. Dopo essersi scambiati un’occhiata a metà tra l’esasperato e lo spaventato, Alis e Jo si affrettarono a seguire gli amici.
Nadine non mollò il braccio di Xander finché non furono vicini al ragazzo. Questi non diede segno di averli visti o sentiti, ma voltò pagina e continuò a leggere.
- Ciao.- disse Nadine. Lui la degnò a malapena di uno sguardo, aggrottando la fronte - Io sono Nadine Wilson.- continuò lei - E questi sono i miei amici Xander, Alis e Jo.- lui gettò una vaga occhiata a Xander ma, per il resto la ignorò di nuovo, come se lei fosse invisibile - Ecco…- insistette, ora leggermente irritata dal suo atteggiamento - Noi volevamo ringraziarti per ieri.-
Ancora, il ragazzo continuò a leggere il suo giornale, senza degnarli di uno sguardo. Si udì a fatica un leggero grugnito, tanto per far capire che aveva sentito.
- Va be’…- sbottò Nadine, decisamente seccata - Volevamo ringraziarti. Ora che l’abbiamo fatto, addio.-
I quattro si voltarono e Jo, Xander ed Alis si scambiarono un’occhiata sollevata: almeno, non avevano subito danni.
- Timothy Anderson.-
Il suono della sua voce li gelò. Tutti e quattro si voltarono di scatto, così velocemente che Xander si fece male al collo: a parlare era stato indubbiamente lui, anche se non aveva alzato gli occhi dal suo giornale.
- Ehm… come, prego?- chiese Nadine.
- È il mio nome.- spiegò lui - Ma potete chiamarmi Timmi.-
I quattro guardarono stupiti il ragazzo, che continuò imperterrito a leggere il suo giornale.
- C’è qualcosa che possiamo fare per ringraziarti?- chiese Nadine, incoraggiata da quello che pareva un lampante successo.
Timmi si strinse nelle spalle.
- No.- rispose, voltando pagina.
La campanella suonò.
- Ecco… ora noi dovremmo entrare.- disse timidamente Alis, facendo capolino da dietro Xander.
- Andate, allora.- rispose tranquillamente Timmi - Tanto sarò ancora qui, stasera.-
I quattro lo guardarono stupiti: non c’era alcun dubbio, era un invito a tornare da lui.

Come aveva detto, Timmi era ancora lì.
- Ma si muove, almeno?- chiese Jo, guardandolo dall’altro lato della strada.
- Boh…- rispose Xander.
Erano andati in laboratorio, quel giorno, e l’unica finestra che c’era mostrava proprio quel tratto di strada dove il ragazzo leggeva il giornale: c’erano stati per un’ora, e l’unico movimento che gli aveva visto fare era quando doveva girare pagina.
- A me fa ancora paura.- disse Jo.
- Sì, ma… ci ha invitati a tornare da lui, no?- disse Alis.
- Non senza Nadine!- esclamò il ragazzo, che non pareva desideroso di avvicinare Timmi troppo presto.
Contava sicuramente sul fatto che la ragazza avesse, alla fine delle lezioni, un’ora di palestra in cui si esercitava con squadra di pallavolo, per due giorni di fila alla settimana (senza contare i finesettimana, che passava quasi sempre agli allenamenti), e dunque si attardava sempre un po’ prima di uscire. E, siccome quello era uno di quei giorni, si aspettava di avere un margine leggermente più ampio del solito.
Tuttavia, Nadine li raggiunse dopo pochi minuti. Non si era nemmeno data la pena di cambiarsi la maglietta, ma si era semplicemente infilata i pantaloni sopra gli shorts ed era corsa fuori. Aveva ancora la fascia di spugna attorno alla fronte. Non si era neanche fatta la doccia, pur di uscire prima, e si vedeva: era parecchio sudata e ansante.
- Allora, andiamo?- chiese.
Nessuno rispose.
- Forza…- sbottò - Io non credo che sia pericoloso.-
- Eh… speriamo…- rispose sarcastico Xander, ma fu il primo ad attraversare la strada.
- Ciao.- lo salutò Nadine, quando l’ebbero raggiunto.
Stavolta Timmi mise via il giornale e si alzò dalla moto, guardandoli tutti e quattro direttamente.
- Che onore!- esclamò la ragazza, facendo un inchino - Hai riposto il tuo giornale per noi non una, ma ben due volte!-
Jo mugolò, quasi per avvertire Nadine di non prenderlo in giro. Tuttavia, Timmi fece una smorfia che poteva essere interpretata come un sorrisetto ironico.
- Sì, lo ammetto.- disse - Ultimamente mi sono separato poco dai giornali. Ma è da un pezzo che non so come vanno le cose nel mondo, dovevo aggiornarmi. Sapete…- strizzò l’occhio - … non vorrei restare indietro.-
Pur restando leggermente intimorito da quel tipo, Xander si sentì confortato dal fatto che sapesse fare anche dei gesti amichevoli come strizzare un occhio o scherzare, e un po’ della sua paura si dissipò.
- Allora… chi sei?- chiese, facendosi un po’ di coraggio.
Timmi lo guardò negli occhi e subito Xander sentì il coraggio venire meno. Tuttavia, non abbassò lo sguardo.
- Mi pare di avervelo detto.- rispose.
- Ci hai detto il tuo nome.- precisò Nadine - Ma ancora non sappiamo chi sei davvero.-
Timmi fissò il suo sguardo negli occhi di Nadine, che si sentì avvampare leggermente.
- Giusta osservazione.- annuì lui - Ma se vi dicessi chi sono, fareste fatica a crederci.-
Alis inarcò un sopracciglio da dietro gli occhiali.
- In che senso?- si arrischiò a chiedere.
- Nel senso che non ci credereste.- insistette lui - Meglio che vi facciate bastare le risposte che ho già dato a quel cretino ieri. E farete bene a prenderle anche sul serio…- aggiunse tra sé.
Jo si fece avanti: pur avendo paura di Timmi, non gli andava di essere preso in giro.
- Senti, vuoi deciderti a darci qualche spiegazione, per piacere?-
Timmi lo guardò un momento, poi fece una cosa inaspettata: gettò indietro la testa e rise.
Jo strabuzzò gli occhi ed assunse un’espressione che per poco non fece ridere anche Xander.
- Come mai ridi?- chiese Nadine.
- Bhè…- sbuffò Timmi, riprendendosi - Se davvero volete estorcere informazioni a qualcuno, evitate almeno di chiedere “per piacere”. Suonerà più minaccioso, sapete…-
Nessuno gli rispose.
- Allora, chi sei?- insisté Nadine.
Lui la guardò.
- Dunque…- sembrava che soppesasse le parole - Diciamo che, per adesso, sono quello che vi ha aiutati l’altro giorno.-
Lei sospirò.
- E perché l’avresti fatto?- chiese, decidendo di lasciar perdere.
Timmi inarcò un sopracciglio.
- Che c’è, vi dispiace?-
- No!- esclamò Nadine, spazientita - Ma non capisco perché sei venuto in nostro soccorso… nemmeno ci conosci! Insomma… deve esserci un motivo!-
- Ah, bhè… i motivi sono tanti.- disse lui - Il primo è che mi sembrava che quello meritasse una ripassata, e a me andava di suonarle a qualcuno.-
- Come?- esclamò Jo - Hai pestato sei ragazzi e hai rotto quattro denti… perché ti andava di fare a botte?-
- È uno dei motivi, sì.- annuì.
Xander lo guardò negli occhi con quello che sperava fosse uno sguardo deciso.
- E quali sono gli altri?- chiese.
Timmi lo osservò con un’espressione neutra e tranquilla per almeno un paio di minuti. Nei suoi occhi Xander vide quello che pareva sincero interesse.
- Gli altri, benché meno nobili, ti riguardano tutti.- rispose infine.
 
Accompagnati da Timmi e Nadine, Xander, Alis e Jo camminavano verso casa: Timmi non aveva voluto aggiungere altro che un “vedrai” a ciò che aveva già detto, dopodiché aveva insistito per portare tutti a casa.
Siccome non avevano ragioni per rifiutare e perché tanto erano certi che l’avrebbe fatto lo stesso, non rifiutarono. Siccome la casa di Alis era la più vicina, passarono prima da lei, che li salutò con un “ciao” un po’ preoccupato ed un po’ stanco; poi accompagnarono Jo, quindi toccò a Xander.
- Tu come farai?- chiese a Nadine, prima di entrare nel portone.
Lei infatti abitava praticamente dall’altra parte della città e, senza un mezzo di trasporto, avrebbe impiegato minimo un paio d’ore a raggiungere la sua casa. Prima che potesse rispondere, intervenne Timmi.
- La porto io.-
Tutti e due si voltarono a guardarlo.
- Come?- chiese lei.
- Inizia a fare tardi.- spiegò Timmi, voltandosi ed avviandosi verso la scuola, le mani in tasca - Ed il prossimo autobus passa tra quasi un’ora. Non mi sembra il caso di lasciarti a piedi proprio adesso.-
- Guarda che so badare a me stessa!- gli protestò dietro lei, rossa in faccia.
Timmi mosse una mano quasi a dire “come ti pare”, senza voltarsi.
- Per me dovresti aspettare l’autobus.- disse Xander, tirando fuori le chiavi di casa.
- Non sono così stupida da rifiutare un passaggio per una questione di orgoglio.- rispose Nadine.
- No è per l’orgoglio che te lo dico.- ribatté pacato lui.
- Non dirmi che ti fa ancora paura!- fece lei, stupita.
Xander si strinse nelle spalle.
- Un po’.- ammise, entrando nel portone - E poi, è comunque un estraneo, no?-
Sospirando esasperata, lei si allontanò.
 
- Non ho un secondo casco.- disse Timmi, sganciando quello che aveva dalla catena - Ma ho la testa dura.- e lo passò a Nadine.
- Grazie.- disse lei, indossandolo.
Montarono entrambi e partirono. Nadine si strinse a Timmi per resistere all’accelerazione, ed il lungo codino del ragazzo ondeggiò nell’aria.
- Ma ti tingi i capelli?- gli chiese.
- No.- gridò lui in risposta, per farsi sentire sopra il rombo del motore - Li ho così punto e basta.-
Continuarono ad andare per qualche minuto, quando Nadine si accorse di non aver detto a Timmi dove abitava.
- Non sai la strada!- esclamò - Come sai dove andare?-
- Lo so perché conosco il percorso dell’autobus. Lo sto seguendo a ritroso. Dimmi dove devo fermarmi.-
Stupita, Nadine lo fece accostare accanto ad un baracchino parapioggia dopo circa una decina di minuti.
- Grazie.- gli disse, levandosi il casco e porgendoglielo - Ma hai davvero imparato a memoria il percorso dell’autobus?-
Lui annuì senza sorridere.
- Pazzesco… e perché l’avresti fatto?-
Timmi si strinse nelle spalle.
- Un giornale, io, lo finisco in un’oretta.- spiegò - Dovevo pur passare il tempo.-
- E l’hai passato studiando il percorso che l’autobus fa da casa mia fino a scuola?-
- No. Ho studiato il percorso dalla stazione centrale a scuola e ritorno.- rispose.
Ora Nadine spalancò la bocca, la richiuse e scosse la testa: era allibita.
- Quindi tu… cioè… hai… insomma… questa è una cosa….- balbettò, incapace di trovare una qualsiasi parola adatta.
- Non lo è, quando hai una memoria eidetica.- la contraddisse Timmi - Ricordo tutto ciò che vedo.- Nadine lo guardò per qualche minuto.
- Davvero non ti capisco.- disse - Sei un tipo strano: aiuti gli altri senza motivo, ti studi le cose più impensabili, non rivolgi la parola praticamente a nessuno… mi fai venire mal di testa, accidenti!-
Lui la guardò con quella che le parve una lieve sorpresa in faccia.
- Non la pelle d’oca?- chiese.
- No!- esclamò lei - Perché dovresti?-
Timmi non rispose e cominciò ad infilarsi il casco.
- Ehi, senti…- provò Nadine - Ti va un… un caffè?-
Il ragazzo si voltò a guardarla, il casco mezzo infilato.
- Io non bevo caffè.- rispose.
- Allora… una cioccolata calda! A tutti piace la cioccolata calda!-
Timmi rimase immobile per un po’, vagamente stupito.
- Perché vuoi prendere da bere con me?-
- Bhè… voglio sdebitarmi in qualche modo.-
- Ho già detto che non ce n’è bisogno.-
- Lo so, ma… voglio farlo lo stesso.-
Lui rimase in silenzio un altro po’.
- I tuoi genitori si staranno chiedendo dove sei.- osservò.
- No. Ho detto loro che avrei fatto tardi. Se mi va di tornare ancora più tardi, basta che gli telefono per dirgli che ceno fuori.- rispose lei.
Il ragazzo inarcò un sopracciglio.
- E non obbietteranno?-
Nadine scosse la testa.
- Non tanto. Si fidano di me.-
Timmi si tolse il casco.
- E si fiderebbero di me?-
 
Dieci minuti dopo, i due si erano rintanati in un bar dall’aspetto pulito e luminoso, dove Nadine andava spesso, siccome il posto era carino e non stava nemmeno tanto lontano da casa sua. Sedevano al lucido banco di formica, con due belle tazzone di cioccolata fumante davanti: Timmi ne aveva ordinata una normale, mentre Nadine l’aveva voluta allo zabaione con la panna, a cui aveva aggiunto delle stelline di zucchero e polvere di cacao.
- Che senso ha…- commentò Timmi - … prendere una cioccolata tanto complicata? Non ne basta una normale?- chiese.
- Ma questa è normale.- rispose Nadine.
- Ci hai messo la panna, le stelline di zucchero ed il cacao… e poi non è nemmeno cioccolata!- insisté lui - È zabaione caldo! Non ha niente a che fare con la cioccolata!-
Nadine, anziché spazientirsi, rise.
- Sei proprio strano, lo sai?-
- Ah, io sarei quello strano?- sbottò lui, buttando giù qualche sorso di cioccolata fumante.
Lei strabuzzò gli occhi: doveva essere praticamente bollente, quella roba, e lui la mandava giù come se fosse aranciata. Tuttavia, non fece commenti e prese qualche cauto sorso dalla sua osservando nel frattempo il nuovo e strano amico.
- Sai…- disse, quando ebbe posato la tazza - … per qualche motivo, ho idea che tu ci conosca bene… tutti e quattro noi. Insomma, Alis, Xander, Jo e me. Ho ragione?-
- No.- rispose lui, separandosi dalla sua, lo sguardo fisso davanti a sé - Conosco soltanto Xander. Voialtri, senza offesa, non m’interessate affatto.- fece una pausa, riflettendo - Di te, per esempio, so solo che non puoi avvicinarti ai ragni senza svenire.-
Lei lo guardò stupita.
- Cosa?- chiese - Ma tu… come fai a sapere…?-
- Sono stato davanti a quella scuola per più di due settimane.- rispose Timmi - Avrò pure imparato qualcosa. Una volta ti ho vista, mentre eri alle prese con un ragno.-
Quasi fosse stato sempre lì, pronto ad uscire, le balenò davanti agli occhi il ricordo di un ragno che si era arrampicato sulla maniglia del portone della scuola, poco più di una settimana prima. Lei era stata presa da una crisi isterica e ad Alis c’erano voluti dieci minuti buoni per calmarla, malgrado l’aiuto di un’insegnante.
- Sì, bhè… ecco…- balbettò imbarazzata, avvampando - Io… insomma, è aracnofobia… ha origini infantili… da piccola, sai… sono caduta in una fossa e… ero in campagna, capisci… ed era piena di ragni… la fossa, non la campagna… insomma, ci sono rimasta per ore…-
- Non ti vergognare.- disse lui - Non c’è motivo.-
Nadine interruppe il balbettio incoerente.
- Ah no?-
- No.- sorseggiò ancora la cioccolata - Solo gli stupidi non hanno paura.-
- Quindi io…- chiese Nadine - … cosa sono?-
- Non lo so.- ammise Timmi - Come ho detto, non ti conosco. Comunque, come si dice in tanti film pieni di cliché, i coraggiosi non sono coloro che non hanno paura, ma bensì coloro che affrontano le paure. Non c’è bisogno di vincerle, basta saperle affrontare. Ne conosco un po’, di gente così.-
- Ah…- fece lei, stupita - E tu lo sei? Coraggioso, intendo.-
Timmi non rispose subito, ma continuò a bere la sua cioccolata.
- No.- disse - Non sono coraggioso. Posso farlo pensare, ma non lo sono per niente.- sospirò, prese un altro sorso e continuò - Il tuo amico Xander è coraggioso.- disse a sorpresa.
- Xander?- esclamò lei.
Il ragazzo annuì.
- Lui ha affrontato due volte le sue paure: la prima quando mi ha difeso davanti ad un’intera banda di mocciosi viziati e molto più forti di lui. La seconda, invece, quando ha sostenuto il mio sguardo, pur avendo paura di me.-
Nadine sbuffò una risata.
- Lui non ha paura di te.- mentì - È solo che… non ti conosce, ecco.-
- Neanche tu mi conosci.- replicò Timmi - Eppure mi parli come parleresti ad un tuo amico.- la guardò - Inoltre, menti per farmi stare meglio.-
- Cosa?- chiese lei, avvampando ancora.
- Tu mi hai detto che Xander non ha paura di me, mentre io so che non è vero.- spiegò, facendo un sorrisetto - Io non gli piaccio. Gliel’ho letto negli occhi, so che gli faccio paura, e lo stesso vale per gli altri. Tuttavia, non è una cosa imprevista.- tornò alla sua cioccolata, ormai quasi finita - Tanti hanno paura di me.-
- E… come mai?-
Lui la guardò con un’espressione metà incredula, metà divertita.
- Scusa, ma ieri ascoltavi o eri distratta?-
- Già…- borbottò lei - Scusa… ho fatto una domanda stupida.-
Timmi scosse la testa.
- Non importa. C’è tanta gente che non tiene conto di molte cose importanti, in giro… alcuni nemmeno ripensano alle tragedie passate, ma solo a ciò che temono nel presente.-
- Per esempio?-
- Mmmh…- fece lui, pensieroso - Ecco… per esempio… una strage che è avvenuta una ventina d’anni fa.- rispose - Fu ribattezzata come “la Carneficina di Sleepy Creek”: un’intera cittadina distrutta, più di mille persone morte e nessun sospettato su cui indagare.- sorseggiò ancora la cioccolata - Ha fatto molto scalpore, un tempo, e poi più nessuno a lavorare sul caso: hanno lasciato perdere, dichiarando che la pista era fredda.- scosse la testa - Tuttavia, nessuno ci ripensa mai. Tutti preferiscono aver paura di ciò che vedono e non capiscono, anziché di quello che non vedono ed è apparentemente lontano da loro… anche se magari potrebbe essere nascosto tra la folla.-
Calò il silenzio, rotto solo dal chiacchiericcio lì attorno.
- Chi è che avrebbe paura di te?- chiese alla fine Nadine.
Timmi si strinse nelle spalle.
- Tutti.- rispose, evasivo.
- Ma chi sono questi tutti?- insisté lei.
Lui sospirò, apparentemente scocciato.
- Inizio a odiare le cioccolate calde, sai?- disse, anche se aveva un’espressione paziente - Vedi, quello che ho fatto ieri lo faccio spesso. A botte, intendo. Alla lunga, la cosa tiene lontane le persone.-
- Mi sembra una cosa un po’ triste.- osservò Nadine.
Il ragazzo scosse la testa.
- Ci sono abituato. E poi, tutto sommato, non posso dargli torto. L’isolamento è più di quel che merito.-
Seguì un istante di silenzio. Poi, senza esitazione e senza nessun preavviso, Nadine diede a Timmi uno schiaffo.
- Non ti azzardare mai più a ridirlo.- ringhiò.
Lui, un po’ sorpreso, un po’ divertito, si stava massaggiando la guancia e non rispose subito.
- Sai cos’è successo all’ultima persona che mi ha schiaffeggiato?- chiese.
- Non me ne frega un bel niente di quello che è successo all’ultimo idiota che ti ha colpito.- disse lei, abbassando la mano - Se ti azzardi a ridire una cosa del genere…-
Lui la guardò.
- Perché, cos’è che ti da fastidio?-
- Nessuno merita l’isolamento, chiunque sia.- rispose lei, scuotendo leggermente la testa - Di certo, non tu.-
Timmi sbuffò una risata priva di allegria.
- Tu non sai cos’è che merito. Non sai nemmeno chi sono.-
- E allora dimmelo!- esclamò lei.
Timmi sospirò.
- A tempo debito.- disse. Siccome lei continuava a guardarlo, continuò - Ti prometto che lo saprai. Anche se non dovrei dirtelo, sono certo che presto o tardi lo verrai a sapere.-
- Ah, sì?-
- Sì. Che io lo voglia o no. Dubito di poterci fare granché, se ho capito che tipo è quello Xander.-
Per qualche minuto ancora rimasero nel bar, poi Nadine tornò a casa, alquanto confusa: chi era Timothy Anderson, e cosa ci faceva lì? E, soprattutto, perché non meritava niente di meglio dell’isolamento?
   
 
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