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Autore: Shade Owl    01/10/2011    3 recensioni
Xander, Alis e Jo sono i classici emarginati sociali delle superiori, in una scuola nel Montana, e chiunque sia disposto a dar loro confidenza viene ben presto degradato ai più infimi livelli, come accade a Nadine, loro amica.
L'arrivo di uno strano ragazzo, tuttavia, sembra preannunciare qualcosa di sconvolgente, nelle loro vite...
Genere: Avventura, Dark, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sangue di demone'
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Xander Donovan era un ragazzo prossimo a compiere quindici anni, mingherlino, un po’ basso e leggermente pallido. Per questo, per il suo aspetto gracile e malaticcio, alcuni compagni di scuola lo prendevano spesso in giro. Inutile dire quanto la cosa gli desse fastidio. I suoi capelli neri, corti e lisci, inoltre, gli davano un aspetto ancora più cupo e sottile, così che molti gli avevano dato il nomignolo di “vampiro”.
Tuttavia, non avrebbe mai provato a contestare seriamente gli insulti, né era mai stato un tipo propenso a rispondere ad una provocazione. In parte, per evitare di prenderle (i compagni in questione erano tutti piuttosto grossi), ma soprattutto per una mera questione di disinteresse alle forti emozioni: non gli piacevano i film horror, ai parchi divertimenti non saliva mai sulle montagne russe, e ad Halloween non si mascherava più dall’età di cinque anni. Voleva soltanto starsene tranquillo.
Da parte sua Alis Heter, una dei suoi migliori amici, continuava a dirgli di ignorare le provocazioni continue facendo il superiore. Il suo motto era “aspetta sulla sponda del fiume”. Una cosa snervante, ma non stupida, secondo lui.
Tuttavia, la cosa non era affatto facile: quasi ogni giorno, dalla mattina al pomeriggio, i compagni della scuola lo prendevano di mira con scherzi idioti, frecciatine e battute varie, senza risparmiare l’utilizzo della parola “vampiro”: armadietto imbrattato con vernice spray, petardi nel vassoio del pranzo, colla o tempera per dipingere sulla sedia, fischi lungo i corridoi… idiozie d’ogni genere, insomma.
L’altro suo migliore amico, Jonathan “Jo” Paige, invece, era un tipo più irruento, che sognava sempre di diventare un grande avventuriero o un esploratore come Indiana Jones o Flynn Carsen, e non mancava mai di meditare tremende vendette contro quei bulli che li prendevano sempre in giro. Idee divertenti, ma non realizzabili, purtroppo.
Per farla breve, erano il classico gruppetto di emarginati che poteva essere scovato in ogni scuola americana, osteggiati dai “popolari” e ignorati da tutti gli altri.
Xander e Jo si erano conosciuti ai tempi delle elementari, e qualche tempo dopo era arrivata anche Alis.
Le ragioni del legame che aveva con i due ragazzi erano, originariamente, accademiche: Jo non era mai stato un tipo studioso, e Xander aveva qualche difficoltà nelle materie scientifiche, soprattutto geometria e fisica, ed un bel giorno si erano decisi a chiedere l’aiuto di quella secchiona occhialuta e fanatica di computer seduta in fondo all’aula. Dopo qualche tempo ci si erano affezionati, e alla fine erano diventati amici.
Tutti e tre facevano squadra da molti anni, fin da prima delle superiori, ed erano ormai praticamente inseparabili. Se qualcuno vedeva uno di loro da solo nei corridoi, subito tutti si chiedevano che fine avessero fatto gli altri, perché era raro che si separassero.
Ma in fondo si sa: i deboli, da sempre, fanno gruppo.
 
Era mattina presto, e Xander, Alis e Jo si stavano recando a scuola. Siccome abitavano nelle vicinanze, a soli due o tre isolati di distanza dall’istituto, andavano a piedi quasi tutti i giorni, incrociandosi circa a metà strada, come in effetti successe quel giorno.
- Ciao, ragazzi.- li salutò Alis, arrivando, mentre puliva le lenti degli occhiali nella maglietta.
Aveva lunghi capelli rossi e ricci, quel giorno raccolti dietro la testa in una coda. Non era una brutta ragazza, ma gli enormi occhialoni rotondi, simili a fondi di bottiglia, sciupavano un po’ il suo aspetto. Erano il suo tratto distintivo, scomodo e brutto, ma immancabile. Senza, non vedeva niente.
- ‘Iorno.- rispose Jo, sbadigliando immensamente - Ah, che sonno…- borbottò poi.
Era leggermente più alto e robusto di Xander, ed aveva i capelli biondi un po’ lunghi, che anche lui teneva insieme in una piccola coda.
- Ciao. Dormito bene?- chiese Xander, mentre tutti e tre riprendevano a camminare.
- Oh, sì… bene…- disse Jo, quasi in catalessi per il sonno che aveva - … tenendo conto del fatto che oggi c’è il compito di algebra, un’interrogazione di storia e due ore di geografia…-
- Finiscila!- lo redarguì Alis - La colpa è tua, e lo sai. Se non avessi passato la notte a leggere Ratman, ora saresti stato pronto.-
- Certo…- rispose lui, insofferente - Pronto al suicidio…-
Xander ignorò i suoi amici che bisticciavano, ormai abituato a scene del genere, ben deciso a non immischiarsi.
Raggiunsero il marciapiede di fronte alla scuola, i due che continuavano a discutere tra di loro, quando Jo si distrasse improvvisamente a metà di una replica, guardando qualcosa che si trovava apparentemente davanti a loro, sul marciapiede.
- Che c’è, ti ho lasciato senza parole?- chiese allegra la ragazza.
Lui scosse la testa e fece cenno col capo di guardare. Xander ed Alis si voltarono in quella direzione e videro che c’era qualcuno, appoggiato ad una moto blu, che leggeva un giornale dall’aspetto un po’ spiegazzato.
Era un ragazzo, un tipo che non avevano mai visto prima, vestito con una maglietta verde pallido, talmente tanto pallido che pareva scolorita a furia di lavaggi con la candeggina, sopra la quale portava una specie di gilet bianco e di stoffa leggera, ma tanto lungo che l’orlo gli arrivava quasi alle caviglie, ed un paio di jeans altrettanto consunti ed alquanto sfilacciati ai bordi. Nei passanti, al posto della cintura, era infilato una specie di drappo candido, simile ad una bandana, i cui capi pendevano per una decina di centimetri dal nodo, posto sul fianco sinistro. Le sue mani erano infilate in un paio di mitene, di quelle senza le dita, che si usano prevalentemente quando si vogliono tener calde le mani ma bisogna usare oggetti come penne o cellulari, di un acceso verde acido, quasi fossero ancora nuovi.
Quell’abbigliamento strano, un po' trascurato e ribelle, lo identificava tremendamente con il classico tipo assai poco raccomandabile, di quelli che è meglio non incontrare nei vicoli, quando si è da soli, o ai quali sarebbe stata bene tra le mani una spranga, una catena o un coltello a serramanico. Anche esteticamente non aveva un’aria amichevole: il suo volto era leggermente spigoloso e dall’aria matura, i muscoli del corpo rigidi e duri, come se fossero fatti di ferro, tanto che lo si notava anche a distanza; la sua espressione, invece, appariva distaccata, fredda e seria. Era quasi… minacciosa, come se fosse arrabbiato per qualcosa. Eppure, stava solo leggendo la pagina sportiva del giornale. I suoi piccoli, acuti occhi neri brillavano di una luce sveglia ed attenta, quasi fosse pronto a scattare al minimo segnale, come un animale da preda appostato per la caccia, una cosa che Xander trovò alquanto inquietante. Ad attirare la loro attenzione però, prima della sua espressione o dell’aura di timore che il ragazzo evocava, furono i suoi capelli: erano dello stesso colore della maglietta, di un verde pallido e senza sfumature, incredibilmente arruffati. Dalla nuca partiva un lunghissimo e sottilissimo codino di capelli, che arrivava quasi fino a terra, ed era avvolto con molta cura in una benda bianca che lasciava fuori appena un ciuffo in fondo.
- Chi è quello?- chiese sottovoce Jo, guardando il ragazzo.
Non sembrava essere molto più vecchio di loro, pur superando lui di tutta la testa in altezza. Doveva avere al massimo diciassette, forse diciotto anni, ma sicuramente non frequentava la loro scuola, o l’avrebbero già visto. Xander si strinse nelle spalle.
- Non lo so.- rispose.
- È lì da una settimana.- disse una voce dietro di loro.
I tre si voltarono, e videro una ragazza di un anno più grande di loro, alta quanto Jo, con una chioma di arruffati capelli biondi e grandi occhi verdi. Il suo bel volto ovale, dai tratti dolci, era aggrottato in un’espressione di sincera curiosità. Si chiamava Nadine Wilson e, a giudicare dall’autobus che si allontanava dietro di lei, era appena arrivata.
A differenza della maggior parte dei suoi coetanei, Nadine non li prendeva in giro come facevano gli altri. Talvolta, anzi, dava ai tre una mano con lo studio quando necessario, passava del tempo in casa loro e, di quando in quando, li invitava fuori per una passeggiata. Purtroppo, non avevano molti passatempi in comune, né tantomeno amici, e questo, unito alla barriera dell’età, riduceva le occasioni di vedersi. In tutta la scuola, in ogni caso era quella che più probabilmente avrebbero considerato un’amica, pur essendo una classe avanti.
- È lì da una settimana, dici?- chiese Alis.
Nadine annuì.
- Sì. L’ho visto la prima volta qui davanti, ed era sempre in quello stesso posto.- lo guardò per qualche altro minuto - Se ne sta lì mentre entriamo, ed è ancora lì mentre usciamo. Prima non ci ho fatto molto caso, ma poi ho cominciato ad osservarlo: non rivolge mai la parola a nessuno, e una volta ho visto due ragazzi chiedergli se aveva un accendino.-
- E lui che ha fatto?- chiese Jo.
Nadine si strinse nelle spalle.
- Ha preso e se ne è andato.- rispose - Quei due si sono offesi a morte, a dir poco. C’è un sacco di gente, che non vede l’ora di prenderlo a pugni.-
I quattro rimasero a fissare il ragazzo, in silenzio, per circa un minuto. Poi, siccome la campanella suonò dall’interno della scuola, si affrettarono ad entrare.
 
Per un’altra settimana il “Ragazzo che Faceva Paura”, come l’aveva soprannominato Jo, rimase lì al suo posto, imperterrito, a leggere il suo giornale. Era già lì quando Xander e i suoi amici arrivavano a scuola, ed era ancora lì mentre se ne andavano, proprio come aveva detto Nadine. Per tutto quel tempo, non rivolse mai la parola a nessuno, e quei pochi che provarono a chiedergli qualcosa non ottennero altra risposta che il silenzio ed un’occhiataccia.
I ragazzi più grandi, gli stessi che sfottevano Xander, cominciavano ad irritarsi per l’atteggiamento di superiorità di quello strano tipo, e si scambiavano sovente dei sussurri riguardo a piani per fargli sciogliere la lingua. Loro tre si tennero bene al largo da tutto questo, già abbastanza impegnati a starsene fuori dai guai senza il bisogno di immischiarsi in faccende a cui erano estranei. Inoltre, da quando quel silenzioso lettore di giornali aveva cominciato a farsi vedere, le prese in giro erano diminuite: i ragazzi della squadra di football erano troppo impegnati ad avercela con lui per badare a loro. Questo poteva essere considerato solamente come un netto miglioramento, che lo rese stranamente più simpatico (ma non meno sinistro).
Poi, un giorno, accadde qualcosa di totalmente inaspettato, che dimostrò loro come, assurdamente, la più stupida delle idee possa dar vita a qualcosa di molto più grande.
Era una giornata grigia e fredda, di autunno inoltrato tendente all’inverno, una di quelle giornate che fanno rimpiangere il caldo e le zanzare dell’estate(okay, forse le zanzare no), specialmente in uno stato del nord come il loro, dove la temperatura scendeva parecchio, verso novembre. Xander, Jo ed Alis, ancora una volta, stavano entrando a scuola, gettando un’occhiata di sbieco al Ragazzo che Faceva Paura, il quale non aveva ancora cambiato il suo abbigliamento, apparentemente immune al freddo incipiente, e passando per raggiungere il portone sentirono uno stralcio di conversazione provenire da un piccolo gruppetto di studenti poco lontano da loro:
- … e poi, riempiamo di botte… vedremo, se si degnerà di rivolgerci la parola…-
Xander si fermò a guardarli: ancora non gli andava di immischiarsi, ma il suo senso dell’onore gli impedì di passare oltre.
- Mi sono proprio rotto…- sbuffò uno dei ragazzi di quel gruppo - Questa volta sul serio… lo facciamo nero…-
- Sì… dopo la scuola, che non c’è nessuno…-
- Perché non lo lasciate in pace?- chiese Xander, in un improvviso scatto di altruismo (subito il suo cervello cominciò a gridare: “SCEMO, SCEMO, SCEMO…”).
Dietro di sé, sentì Jo ed Alis gemere.
Quando capirono che parlava con loro, i ragazzi si voltarono: tra di loro, Xander riconobbe alcuni dei giocatori della squadra di football, ovvero i soliti studenti che lo prendevano in giro.
- Scusa, vampiro… stai parlando con noi?- chiese uno di loro, suscitando le risate degli altri.
Si chiamava Thomas Bull, ed era il capitano della squadra. Grosso, alto e stupido, non si faceva scrupoli a maltrattare chi riteneva gli fosse inferiore, quindi praticamente l’intero istituto. Aveva dei corti capelli castani tenuti su da barili di gel e gli incisivi alquanto grandi. Gli occhi, piccoli e ottusi, brillavano di una luce maligna ed arrogante.
- Sì, dicevo a voi.- rispose Xander, con più coraggio di quanto non se ne sentisse: ora che vedeva tutti quegli energumeni, si sentiva molto meno sicuro, ma andò avanti lo stesso - Non capisco proprio che fastidio vi possa dare: sta solo leggendo, non mi pare una cosa grave. Non ne vale la pena, no?-
Bull scosse la testa.
- Non pretendo che una nullità come te possa capire, ma non possiamo certamente lasciare che un estraneo ci tratti con un atteggiamento così arrogante per poi fargliela passare liscia.- spiegò - Se non ha il coraggio di parlarci…-
- Tu parli di coraggio, ma volete affrontarlo in…- contò velocemente - … dieci contro uno? Proprio una grande audacia, mi sembra.-
Stavolta si era spinto decisamente troppo in là: Bull avanzò e lo afferrò per il colletto della maglietta, ringhiando sommessamente per la rabbia.
Alis trattenne rumorosamente il respiro e Jo si fece avanti per dare manforte all’amico, imitato però dai compagni di Bull. La rissa era sul punto di scoppiare, e le possibilità non erano a loro favore. In quel preciso momento, per fortuna, risuonò la voce di Nadine:
- Che sta succedendo, qui?-
Era appena scesa di corsa dall’autobus, aveva i capelli arruffati ed il fiatone: si era certamente precipitata lì non appena si era accorta di quanto stava per accadere, attraversando di gran carriera la strada per fermare sul nascere la catastrofe.
Tutti si voltarono verso di lei, poi di nuovo verso Bull: il ragazzo aveva una cotta per Nadine da anni, ma lei non aveva mai ceduto ai suoi tentativi di invitarla ad uscire. Dapprima con garbo, dopo poche settimane aveva cominciato a rispondergli con frasi talmente brutte che pareva incredibile che una persona tanto bella potesse conoscerle.
Tuttavia, Bull non si sarebbe mai arrischiato a picchiare qualcuno davanti a lei: ciò avrebbe azzerato le sue possibilità, che già non erano proprio elevatissime.
- Niente.- rispose con disinvoltura, lasciando stare Xander - Stavamo solo parlando.-
- Ceeeerto…- mormorò Nadine, sarcastica - E immagino che avessi afferrato Xander solo per essere sicuro che ti sentisse bene, vero?-
Bull si strinse nelle spalle, poi entrò a scuola.
- Grazie.- disse Xander, quando anche l’ultimo dei compagni di Bull si fu dileguato.
Nadine agitò la mano, come a dire che non era niente, ed entrò anche lei. Mentre si voltava per seguirla, Xander vide qualcosa che lo costrinse a girarsi di nuovo: il Ragazzo che Faceva Paura non aveva solo alzato gli occhi dal giornale, ma si era anche staccato dalla moto. In quel momento era ben ritto in piedi, e stava guardando fisso fisso Xander, con uno sguardo talmente penetrante che sembrava passarlo da parte a parte.

All’uscita da scuola, Alis sbadigliò sonoramente.
- Che stanchezza…- borbottò - Ho proprio voglia di farmi una bella dormita…-
- A chi lo dici…- rispose Jo - Ma domani abbiamo biologia… se non ci prepariamo, questa è la volta che ci rimanda.-
- Speriamo di no!- esclamò Alis, assumendo un’aria terrorizzata - Tremo a quello che mi farebbero i miei se dovessi ripetere l’anno!-
- A te?- sbuffò lui - Ma se sei l'unica ad avere sempre A! Pensa a ciò che faranno a noi!- scosse la testa - A sentire i miei genitori, la fotosintesi clorofilliana mi condizionerà tutta l’esistenza…-
- Già.- concordò Xander - Certe volte la scuola è proprio una…-
Purtroppo, i suoi amici non seppero mai cosa fosse la scuola: mentre metteva un piede sulle strisce pedonali per attraversare, una moto gli passò davanti con la velocità di un fulmine, evitando di travolgerlo solo per un pelo.
- EHI!- gridò, incespicando indietro, mentre Jo ed Alis si affrettavano ad aiutarlo.
Il motociclista frenò sgommando e tornò indietro, facendo un’inversione ad U che lasciò i segni delle ruote sull’asfalto, mentre altri quattro o cinque centauri lo raggiungevano. Sul suo casco c’era un adesivo a forma di testa di toro.
- Bull…- sbottò Xander, rialzandosi - E ti pareva…-
Bull si tolse il casco, avvicinandosi a piedi al trio. In giro c’erano ormai soltanto pochi ragazzi che si erano attardati dopo la fine delle lezioni, ma non ci volle tanto per vederli sparire: a nessuno di loro piaceva quando quelli della squadra di football pestavano gli altri, né a quelli della squadra piaceva lasciare testimoni in giro, e quindi se la filarono subito. A scuola, loro la facevano da padroni.
Bull, rabbioso e ringhioso come quella mattina, si mise di fronte a Xander, così vicino che quasi lo spingeva con il petto largo come un barile. Il ragazzo sentì le gambe chiedere a gran voce di essere usate per scappare immediatamente, ma non riuscì a muoverle. Quasi gli venne il torcicollo per restituire l’occhiata che l’altro gli lanciava.
- Oggi ti sei salvato per un pelo, sai?- disse Bull, guardandolo dall’alto in basso - Piccolo verme… Ora ti insegno io a fare l’arrogante con me…-
Xander sentì odore di alcool nel suo alito. Prima che potesse sottrarsi, il bestione gli mollò un pugno al mento che lo fece cadere di nuovo a terra. Visse la caduta come al rallentatore, sentendo a malapena il grido di Alis e le proteste furiose di Jo, mentre tante piccole stelle gli esplodevano davanti agli occhi, lasciandolo leggermente intontito. Toccò il suolo con una pesantezza sproporzionata alla velocità di caduta, o almeno così gli parve. Senza lasciargli il tempo di riprendersi completamente, Bull lo afferrò per il colletto e lo trasse in piedi.
- Come farai, ora?- ringhiò - Non c’è Nadine a proteggerti, o sbaglio?-
- No.- disse una voce aspra ed ostile che veniva dalla sinistra di Xander, mentre una mano afferrava il polso di Bull - Però ci sono io.-
I due si voltarono: il Ragazzo che Faceva Paura era intervenuto.
 
Bull lasciò andare Xander, che cadde di nuovo a sedere, e si allontanò stupito dal ragazzo, il quale mollò la presa sul suo polso e mise le mani sui fianchi, fronteggiando a testa alta il gruppo.
- Finalmente ti sei smosso di lì!- esclamò Bull, superata la sorpresa iniziale - Era da un pezzo che volevo suonartele.-
- Ah, ma davvero?- chiese senza alcuna passione il ragazzo - E come mai?-
- Perché così almeno avresti smesso di fare l’arrogante!- rispose l’altro - Sempre ad ignorarci… ti avrò chiesto mille volte se avevi un accendino, e tu ti sei a malapena degnato di guardarmi!-
Un sorriso incurvò le labbra del ragazzo, come se quelle parole lo divertissero… ma, a guardarlo bene, si capiva che, in realtà, non era affatto rallegrato: si trattava più che altro di una specie di smorfia animalesca, come quelle che fanno i predatori quando stanno per colpire, quando sanno di avere una preda ignara a loro disposizione. In ogni caso, Xander ebbe ancora più paura di lui.
Probabilmente Bull la pensava allo stesso modo, perché quando parlò, la sua voce ebbe un tremito.
- Ma che hai da sorridere?-
Lui scosse leggermente la testa.
- Sorrido perché penso che non sai chi stai provocando.- rispose piano.
Bull inarcò un sopracciglio.
- Cosa?- sbottò - Ma… ma chi accidenti ti credi di essere?-
Il suo ghigno si fece ancora più largo e minaccioso. Si sporse leggermente in avanti, fissando l’altro dritto negli occhi.
- L’ultimo anello della catena alimentare.- rispose in un sibilo venefico.
Bull sgranò gli occhi.
- Che?- esclamò - Ma chi diavolo…- balbettò.
Lui si limitò a sogghignare ancora, attendendo una replica.
- Oh, accidenti!- sbottò Bull - Ma chi cazzo sei?-
Stavolta, le labbra gli si arricciarono tanto che quasi scoprì i denti.
- Credimi, grassone… tu non vuoi saperlo.-
In un istante, la paura scomparve dal volto di Bull, sostituita dalla rabbia. I suoi compagni si scambiarono occhiate stupite e scrocchiarono le nocche.
- Cos’hai detto?- ringhiò - Che cazzo hai detto?-
Il ragazzo non rispose, si tolse il ghigno dalla faccia e tornò eretto, riassumendo la sua espressione di sempre. Bull perse del tutto la pazienza.
- Ora ti faccio vedere io!- esclamò.
Tirò al ragazzo un pugno grosso come un pallone da football. Senza scomporsi troppo, quello lo bloccò con la mano, afferrò il braccio di Bull e lo sollevò in aria, facendolo atterrare per terra di schiena. Il tutto, con la destra ancora appoggiata sul fianco. Tutti lo guardarono sbalorditi.
- Ancora?- chiese al boccheggiante capitano della squadra sportiva che cercava di rialzarsi.
Con un ringhio, quello si gettò addosso al suo avversario, imitato da tutti i suoi amici, riavutisi dal momento di sorpresa. Finì che si ritrovarono in una mischia confusa, dove non si capiva né chi era sopra né chi era sotto.
- Oddio!- esclamò Alis - Così l’ammazzeranno!-
- Non se li ammazzo io prima.- disse una voce che li fece sobbalzare.
Accanto a loro c’era il ragazzo, che guardava con blando interesse la mischia che aveva davanti. Ed era totalmente illeso.
Ma come diavolo ha fatto? Pensò Xander.
Il ragazzo scosse la testa, sospirando, ed afferrò per la collottola il primo che gli capitò a tiro dal mucchio, lo sollevò e lo stese con un solo pungo. Fece lo stesso con altri due, prima che i restanti tre si rendessero conto di ciò che era effettivamente successo.
- Ma cosa…?- balbettò Bull, rialzandosi stupito: aveva un labbro sanguinante ed un occhio pesto, mentre il ragazzo era illeso - Ma tu eri qui sotto!-
Lui non rispose, ma si strinse nelle spalle, quasi a dire che non era un suo problema. Sembrava divertirsi parecchio, nonostante l’apparente indifferenza.
Infuriandosi sul serio, Bull e gli ultimi suoi amici rimasti in piedi fecero per lanciarsi su di lui, ma di nuovo echeggiò la voce di Nadine, finalmente di ritorno dagli allenamenti di pallavolo nella palestra della scuola.
- EHI!- gridò, avanzando verso di loro. Tutti si voltarono a guardarla, tranne il Ragazzo che Faceva Paura, giusto in tempo per vederla uscire dalla scuola con la borsa da ginnastica a tracolla - Cosa state facendo?- chiese avvicinandosi. Gettò uno sguardo al ragazzo, che la ignorò completamente e si appoggiò al muro dietro di sé, poi si rivolse a Bull - Che stavate facendo?- ripeté.
- Niente.- sbottò Bull - Noi…-
- Stavate facendo a botte?-
Il bestione esitò.
- Io…-
- Tu ora te ne ritorni a casa!- esclamò Nadine - E non riprovarci mai più, capito?-
- Tu non hai l’autorità per mandarmi da nessuna parte!- protestò Bull.
- Non è una questione di autorità!- replicò lei - È una questione di buon senso… una cosa che tu non hai!- lo guardò con odio - Ti credi tanto forte solo perché sei grande e grosso?- attese una risposta che non venne - Mi fai schifo.- aggiunse infine, in un tono più calmo.
Xander capì che Bull, già alticcio ed arrabbiato con lui e con il Ragazzo che Faceva Paura, non avrebbe mai sopportato una simile offesa davanti ai suoi amici. Infatti, senza esitare, diede a Nadine un ceffone che risuonò per la strada e le fece scivolare a terra la borsa, costringendola ad indietreggiare di un passo.
Quel che successe dopo fu talmente rapido che nessuno riuscì a rendersene veramente conto: la cosa sicura fu che, un attimo dopo, Bull giaceva a terra con la bocca sanguinante, sputando incisivi, mentre il Ragazzo che Faceva Paura incombeva su di lui, una mano con le nocche sbucciate e ancora stretta a pugno, abbandonata lungo il fianco. I compagni di Bull guardavano attoniti la scena.
Senza curarsi più di tutti loro, il ragazzo si inginocchiò ed afferrò il colletto della maglietta di Bull, avvicinandolo al suo viso furente. - Se tu…- disse, scandendo bene le parole, con un tono talmente freddo che fece rabbrividire Xander  - … o i tuoi amici riprovate a fare una cosa del genere…- fece una pausa ad effetto - Io vi ammazzo.-
Sottolineò la parola con uno sguardo gelido, che spaventò a morte Jo e Xander, i quali si scambiarono un’occhiata spaventata.
Il primo deglutì sonoramente; Nadine si teneva la guancia e guardava incredula e leggermente spaventata la scena; Alis invece se ne stava in disparte, palesemente impaurita, e tirava debolmente Jo per una manica, quasi cercasse di convincere l’amico ad andarsene.
Apparentemente ignaro dell’effetto suscitato, il ragazzo continuò a guardare Bull, ancora steso a terra e senza incisivi. Ora più che mai, sembrava capace di mantenere la promessa fatta.
- O… okay…- biasciò Bull, sputando sangue - Va bene… come vuoi tu…-
Soddisfatto, il ragazzo annuì, lo tirò in piedi e gli porse un pacchetto di fazzoletti.
- Pulisciti la bocca.- disse.
Poi tornò a prendere la sua moto, la fece partire e se ne andò.
   
 
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