Crossover
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Autore: Hikary    02/10/2011    2 recensioni
[Wicked ~ Musical/Bookverse]
Per/per colpa di Sammy ♥
Una fic al mese per dodici mesi ; una canzone per ogni capitolo, gentilmente suggerita dalla darling x)p
Meravigliosamente random, 100% crossover, alto contenuto Fiyeraba.
Enjoy!
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Libri
Note: Missing Moments, Otherverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Song: Invece no – Laura Pausini
Verse: bookverse – ma visti i recenti trascorsi teatrali londinesi ho quasi il dubbio che sia musicalverse...
Timeline: MM tra City of Emeralds e la robaccia del Vinkus.
Character e/o pairing: Elphaba, Madre Vanvera ( o Vanvera in generale), novizia ( chiamata ex novo Aelita) ; Fiyeraba.
Desclaimer: nonostante sia quasi certa di conoscerla meglio di Laura dal momento che mi sono dimenticata di copiare il testo ergo ho dovuto scriverlo a mano mentre ascoltavo la canzone, ho il forte sospetto di non possedere questa canzone ùù

Aelita é un personaggio di Code Lyoko.

( Volevo iniziare con una sequela di maledizioni alla Sam, ma in realtà questa canzone é bellissima/dolcissima/tenerossissima/shippabilissima/Fiyerabissima ora che l'ho sentita *-* E guardate il video perché é bellissimo! ).


Fading love life



« C'é una cosa che devi sapere. »

Nel letto su cui si era seduta la monaca – sorella Aelita, non più novizia da un anno o poco meno – se ne stava accovacciata una strana creatura che ricordava solo vagamente una giovane donna: occhi spettrali, velati di apatia, un viso verde e sbiadito. A quelle parole, strinse compulsivamente il lenzuolo al petto e guardò altrove, ostinandosi a non ascoltare.

« C'é una cosa che devi proprio sapere. » ripeté.

Aelita lanciò un'occhiata nervosa alla porta della stanzetta.

« Io voglio sapere. »

Un cigolio proveniente dal corridoio la fece sussultare.

Dio Innominato, che angoscia!, borbottò tra sé.

« Avanti, Madre Vanvera. »
« Aelita..? » una vecchia rugosa in carrozzella avanzò fino dentro la camera, con un movimento sorprendentemente rapido per le sue condizioni « Aelita, vuoi smetterla di tormentere la nostra povera sorella? Aelphaba, mia cara, come ti senti oggi? »

La giovane reclinò leggermente il capo, spostando lo sguardo sulla vecchia.
Aelita sbuffò.

« Mi chiedo perché vi ostiniate a parlarle come se potesse rispondervi! E perché l'abbiate chiamata Aelphaba, con tutti i nomi che ci sono a questo mondo! »
« Perché se fosse mia figlia questo sarebbe il suo nome. Ed é un nome piuttosto grazioso, non trovi? »
« E' il nome di una santa! »

La ragazza si alzò dal letto e uscì, piuttosto seccata.

« Non prestarle attenzione. E' giovane, ma non quanto vorrebbe; é devota, ma non quanto dovrebbe. Conoscere la tua storia le darebbe l'impressione di averne una; perché il tempo passa e lei non uscirà più da questo convento. Il tempo passa. » ripeté « Tic toc. Tic toc. Lo senti l'orologio, mia piccola Fae? »

Elphaba provò l'impulso di tapparsi le orecchie, ma non si mosse. La vecchia aveva avuto molta cura di lei, come promesso; ma quel verso, quel suono ossessivo che faceva – quel suo parlare di tempo e orologi – era a dir poco spaventoso.
E quando erano sole, la chiamava Fae.
Non sempre, di tanto in tanto. Però abbastanza da svegliarla.

Chiuse gli occhi, cercando di ignorarla, e di addormenrsi di nuovo. Quando riusciva nel suo intento,  il mondo circostante spariva per molte, molte ore; era la prima volta in due anni che restava cosciente così a lungo, per ben tre giorni.
Quando chiudeva gli occhi, sognava Fiyero.


[ Forse bastava respirare
solo respirare ..un po'...
fino a riprendersi ogni battito
e non cercare un attimo per andar via -
non andare via.
Perché non puo essere abitudine Dicembre senza te
chi resta qui spera l'impossibile. ]


C'erano momenti in cui sentiva la sua voce, altri in cui riusciva davvero a vederlo.
Non era mai triste Fiyero, non era mai arrabbiato. Nemmeno se adesso era morto per colpa sua.

“ Fae”, le diceva, “ mi manchi”.
“ Mi manchi anche tu”, avrebbe voluto rispondere. Invece la sua voce, a differenza di quella di lui, rimaneva strozzata in fondo alla gola, impendendole di parlare.
A terrorizzarla, all'inizio, era stato soprattutto il freddo; la sua vecchia casa era gelida, il suo vecchio letto era gelido, ma si era abituata ad avere lui accanto. Perfino Galatino, ne era sicura, aveva apprezzato il suo supporto termico, nonostante sbuffasse come un Gatto quando non riusciva a trovare un posto abbastanza comodo in mezzo a loro due.

L'abbracciava di spalle, nel cuore della notte, baciandola nell'incavo del collo.

« Stai tremando. »
« Un'ottima scusa per abbracciarmi, mh? »
« Può darsi » aveva ammesso lui, baciandola ancora « però tu stai davvero tremando. »
« Oh, in questo caso può darsi che tu non mi stia stringendo abbastanza... »

Le ridevano gli occhi mentre Fiyero le copriva il viso di baci con la massima serietà.

« Che mancanza imperdonabile, amore mio. » aveva commentato, scuotendo il capo, e l'aveva stretta molto, molto più forte.

Tremava spesso sotto le coperte di quel letto troppo piccolo, da quando era al convento.
Aspettava che lui tornasse, che venisse a stringerla.
L'unica a venire, invece, rimaneva sempre Vanvera.


[ E invece no, non c'é più tempo per spiegare
per chiedere se ti avevo dato amore
io sono qui e avrei da dire ancora...ancora... ]


Lei gli sarebbe mancata così tanto?

Elphaba aprì un occhio per controllare Vanvera: era ancora lì, a ticchettare tra sé.
Deicisamente inquietante.

« Lo so che sei sveglia, piccolina. Non si imbroglia la vecchia svitata. »

Elphaba richiuse l'occhio.

L'avrebbe sognata?
O sarebbe semplicemente tornato da Sarima...?

Sarima...
Vedova del padre di tre bambini.

Perché Fiyero, perché sei venuto da me?
Perché non era rimasto con i suoi figli, con il suo popolo? Non gli mancava nulla, nel Vinkus.
E invece no, l'aveva seguita, l'aveva costretta a farlo tornare, l'aveva...

Elphaba dovette trattenersi dal pensare ancora. Se avesse pianto – e sentiva le lacrime pericolosamente vicine – non avrebbe potuto evitare di muoversi per asciugarsi le guance.
Ricordava bene il dolore causato da quei due rigagnoli sottili e infuocati.
Lui era bravo ad asciugarle le guance prima che iniziassero a scottare.
Si domandò se gli avesse mai detto quanto quel piccolo gesto la facesse sentire bene.
Probabilmente no.
Probabilmente aveva ucciso il padre di quei bambini per niente.


[ Perché si spezzano tra i denti le cose più importanti
quelle parole che non osiamo mai.
Mi faccio un tuffo nel dolore per farle risalire,
riportarle qui,
una per una qui. ]



« Sarebbe davvero carino da parte tua se tu volessi parlarmi. »


Elphaba riuscì a non sussultare nel dormiveglia.
Vanvera era ancora lì?
Forse erano passate anche tre ore da quando si era imposta di non sentire più nulla – il suo coma personale.
Iniziò a domandarsi cosa fosse più doloroso: sognare Fiyero o pensare a lui.
Nemmeno nei sogni riusciva a parlargli – a dirgli la verità – tantomeno a toccarlo. Era un incubo, era una punizione divina per la sua ingordigia?
Aveva privato Sarima di Fiyero e non si era nemmeno degnata di dimostrargli quanto lo amasse – quella era l'unica certezza, averlo amato di più.

« Ti amo tanto, Fiyero, ma tu non capisci... »

Era una bugia.
Lui capiva, capiva più di chiunque altro al mondo avesse mai anche solo tentato di capire.
Capiva di non poter chiedere perché ad ogni cosa e che alcune volte doveva soltanto asciugarle le lacrime e stringerla forte; capiva che c'era un senso nel cucinare torte che non avrebbe mai mangiato, quanto rinnegare un Dio Innominato e obbedire a degli ordini anonimi.
Forse non capiva gli intrighi di Morrible, ma capiva lei.
Lei, che in fondo era un singolo individuo egoista e sentimentale come tutti, perciò lo amava per questo.

« Io ti amo. »
« E di questo che si tratta, allora. Ti amo anch'io. »


[ Le senti tu?
Pensano e si posano per sempre su di noi
e se manchi tu io non so ripeterle,
io non riesco a dirle più. ]


E ora?
Ora che non era più una freccia, ma una creatura viva, lui l'aveva abbandonata.
Costruirsi un'anima non era servito a nulla; la sua anima apparteneva solo a lui, ad Elphaba non era rimasto che il guscio vuoto.

« Oppure, mia povera Fae, potresti almeno ascoltare. »

La sedia si mosse verso il letto, fermandosi proprio accanto.
Con Vanvera così vicina al proprio viso, Elphaba non osava muoversi. Inaspettatamente, la vecchia allungò le mani e le afferrò i polsi, scoprendole le braccia.

« Chi può fare questo, piccola mia? Chi può farti sanguinare senza lasciare ferite sul corpo, uh? »

Elphaba digrignò i denti.

« Sangue, tanto sangue... Me lo ricordo bene. E tu? Chi ti ha fatto sanguinare il cuore, mia adorata Fae? »

Basta!, pregò silenziosamente Elphie, basta, basta, basta!


[ E invece no, qui piovono i ricordi
e io farei di più di ammettere che é tardi.
Come vorrei poter parlare ancora...ancora... ]


Si liberò con uno strattone dalla presa della donna e iniziò a strofinarsi le guance, facendo più danni che altro. Santa Lurlina, non era nemmeno capace di asciugare le proprie lacrime!

Ti odio vecchia pazza, ti odio! Perché non mi hai lasciata crepare, eh?
Dio, chi ti ha chiesto di tenermi in vita? Chi?!

« Allora ci sei. »

Elphaba sollevò gli occhi.
Per un attimo, l'ondata di rabbia e disperazione che rovesciò sulla vecchia sembrò farla esitare un poco; ma si riprese subito.

« Fa tanto male cara, lo so. Ma ripulito quel sangue, non ne uscirà altro. Guarda i polsi, cara: nessuna ferita, nemmeno l'ombra. Il tuo corpo é sano. Hai tanto da vivere, ancora. »

Vanvera sospirò.

« C'é una cosa che dovresti sapere, se qualcuno potesse saperla e spiegartela; ma quel qualcuno potresti essere soltanto tu e tu non lo sai. Perciò temo rimarrà un mistero. Ma credo comunque sia giusto che tu sappia quel che c'é da sapere. »

Spinse la carrozzella verso la porta.

« Ovviamente non c'é bisogno, piccola mia, che io ti preghi di aspettarmi qui, non é vero? »

Stordita da quel discorso insensato, Elphie realizzò di essere sola dopo diversi minuti. Quando fu certa che Vanvera non sarebbe tornata tanto presto, strinse contro di sé il cuscino, raggomitolandosi su se stessa, e iniziò a singhiozzare.

Quel corpo, quello stupido corpo... non serviva più.
Niente e nessuno l'avrebbe riportata indietro, a quando era troppo giovane per pentirsi di aver abbandonato la vita. A prima di reincontrare Fiyero.

C'erano ancora tante cose da dire, così tante cose da fare...ma solo con lui.
Quel vuoto non era vivere; Elphie non riusciva più a sopportare una vita in cui non esisteva.


[ Invece no, non ho più tempo per spiegare
che avevo anch'io - io - qualcosa da sperare davanti a me
qualcosa da finire insieme a te. ]


Che corpo, che vita..?
Dovevi lasciarmi morire Vanvera, lo sai bene..!

Il bruciore alla guance, curiosamente, non faceva male quanto ricordava.
Anzi, era assolutamente irrisorio. Elphaba si chiese perché le facesse tanta paura l'idea di piangere; maledette lacrime, bruciano come fuoco!, aveva detto una volta. Ora le sentiva appena. Il suo corpo si muoveva lentamente, in modo goffo, anche mentre era scosso dai singhiozzi.

Non sono capace.. Non ci riesco!
Io...non...

Cercò di respirare.
Doveva calmarsi, per quando Vanvera fosse tornata.

Se torno ad essere una persona io...io...
...non posso facela.

I momenti in cui si ripeteva che lui non sarebbe rimasto per sempre erano niente in confronto a quello che stava passando. Se l'avesse saputo felicemente riunito a Sarima, forse se ne sarebbe fatta una ragione – pur senza smettere di amarlo.
Era questo, dunque, l'umano egoismo a cui si era sottratta per tanto tempo?
Amare una creatura più di qualunque cosa al mondo?
Suonava così dolce, così meraviglioso.

La porta si aprì cigolando.
Elphaba riconobbe i passi leggeri di Aelita e subito si rannicchiò nella sua posizione usuale.
Chiuse gli occhi – ma non vide Fiyero.
La seguiva Vanvera, a giudicare dal rumore. E c'era una terza persona; i suoi passi suonavano in maniera davvero insolita.

« C'é una cosa che dovresti sapere. » iniziò Aelita.

La sentì sbuffare.

« Fae, aprì gli occhi. » s'intromise Vanvera, con un tono più deciso del solito. « Apri gli occhi, più tardi dormirai finché ne avrai voglia. Non lo rivedrai più, finché non aprirai gli occhi. »

Non si chiese nemmeno come o perché sapesse; le bastò la certezza che non stesse mentendo.


[ Forse mi basta respirare, solo respirare ...un po'. ]


Sotto lo sguardo sbigottito di Aelita, Elphaba spalancò prontamente gli occhi.
Quel che vide, la lasciò esterrefatta.
Appeso al braccio di sorella Aelita, penzolava un bambino paffuto. Dimostrava si e no due anni e l'aria non era propriamente sveglia. Gli occhi erano scuri e intensi, anche se poco vivaci.

« Lui é Liir. » disse Aelita e spinse sgarbatamente il bambino verso il letto.

Liir si aggrappò al lenzuolo, cercando di non cadere.
Quando fu abbastanza vicino da vederle il volto – ancora rigato di lacrime e sangue – anziché allontanarsi sgranò gli occhi, come per metterla a fuoco.

« Dove ci sei tu, ci sarà anche lui. » sentenziò Vanvera.


[ Forse é tardi... ]


Turbato dalle lacrime, Liir tese una manina timida ma incredibilmente ferma verso la sua guancia, asciugandola con naturalezza, come se non avesse mai fatto altro in vita sua.
Un gesto piccolo e terribilmente familiare.
E proprio all'altezza del petto, che fosse per paura o sgomento, Elphaba sentì il proprio cuore battere. Non sapeva bene, non ancora, perché; eppure batteva.


[ ...forse invece no. ]


Notes
A metà fanfic ho cominciato a scrivere “ Yackle” anziché “ Vanvera”, non so bene perché XD
Awww, prima o poi sapevo che sarebbe arrivata la death!fic *-* Immaginavo una cosa più spontanea, non proprio della serie “ la Sam mi da una canzone e mi dice di scrivere quello che voglio purché sia una death!fic Fiyeraba bookverse con finale pseudo-speranzoso”  ...ma va bene così XD
Riferimenti a tutta la parte di City of Emeralds ovviamente.

- Elphaba é accolta in convento da una novizia innominata & un po' scazzata perché vorrebbe andare a pregare con le altre suore, dato che é un giorno di fiesta!
- a differenza del primo dialogo, di mia creazione, le frasi che ricorda Elphaba sono citazioni del libro ( abbiate pietà di me e non fatemi scrivere le pagine xD) ; idem per le lacrime che bruciano come fuoco ( vabbé, é la scena del primo bacio, potrei trovare la pagina al primo colpo aprendo il libro XD)
- freccia o dardo é il modo in cui Elphaba si definisce parlando del suo “ lavoro” nella lovvosissima scena dell'olio di cocco *W*
- quando Elphaba arriva al convento é sporca di sangue, presumibilmente di quello di Fiyero; ed é sporca sulle braccia, quindi tutte le monache le controllano i polsi per capire se si é tagliata le vene (almeno, io l'ho sempre vista così ùù). Poi mi piace pensare che Vanvera sia “ soddisfatta” che lei non abbia tentato il suicidio dopo aver scoperto della morte di Fiyero, ma questi sono miei problemi mentali XD
- sì, tutto ciò che scrivo su baby!Liir e mommy!Elphie sono speculazioni campate per aria e me ne vanto xD
- le seghe mentali sull'anima sono le solite di Elphie. Il discorso sull'essere una persona lo fa quando ricorda di aver curato Tibbett morente. Quello sul non esistere lo fa spesso, in particolare quando si parla di infedeltà coniugale ( se quei due vendessero scuse per amanti preconfezionate, saprei che regali fare a natale a certa gente... )
- il discorso sull'amare qualcuno più di ogni altra cosa/ecc. me lo ha ispirato – tenetevi forte! - Glinda dopo aver rivisto il musical l'altra sera ( scena della stazione ovviamente).
- Vanvera la chiama Fae perché vanvera sa tutto di tutti in tutti i momenti e se penso che compare nei libri dopo e magari avrà una personalità o delle caratteristiche come i comuni mortali o una divinità qualunque mi viene la depressione ç_ç

( Meno male che le note non sono a pagamento XD).

Grazie a Beatrix – per troppe cose oltre che per i commenti (L) – e a Scaramouche ( voglio commenti sul libro girl, as soon as possible ...o diventerò minacciosa XD).

'See you!

SPOILER!
La sola idea di aver scritto “ come un Gatto” riferendomi a quel piccolo bastardo peloso di Malky mi ha fatta gongolare per circa un secolo xD


  
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