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Autore: FairyCleo    04/10/2011    2 recensioni
"Dean Winchester era stato spezzato tante volte: quando era morta sua madre; quando era morto suo padre; quando Sam aveva esalato l' ultimo respiro tra le sue braccia; quando Alastair lo aveva torturato fino a non lasciarne che qualche minuscolo brandello di carne; quando Jo ed Hellen si erano sacrificate per salvare lui e suo fratello; quando Sam aveva sconfitto il Diavolo, sacrificando la propria vita per il bene dell' universo. [...]
Castiel giaceva in quello stato di incoscienza da tre giorni, ormai, e non accennava a destarsi.
Avrebbe potuto fare tenerezza, sembrare la bella addormentata in attesa del bacio del suo principe azzurro, se non fosse stato per le catene che cingevano i suoi polsi.
Quelle, erano l' unica risposta certa che Dean si era dato ad una delle mille domande postesi nell' ultimo straziante periodo: Castiel aveva perso la sua fiducia.
E che un demone lo scuoiasse vivo, non l' avrebbe mai più riconquistata".
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
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Dark Night


La corsa disperata che aveva intrapreso lo aveva portato in quello che sembrava un parco cittadino.
Era stanco e sudato, e la bruciatura sul petto lo stava facendo impazzire di dolore.
Ma che cos' era quell' essere?
Che cosa voleva da lui?

' Sappi che ti troveranno ' .

Le sue parole continuavano a riecheggiargli nella testa, ma una frase in particolare gli stava dando tormento.
La frase che aveva pronunciato con maggior rabbia, con maggior disprezzo.

' Tutti i tuoi peccati sono mortali '.

Si stava sforzando di ricordare, ma niente.
Era come se le sue memorie fossero state bloccate, messe dentro una serie di scatole cinesi chiuse con un lucchetto.
E lui non aveva la chiave.

Si sentiva stupido ed inutile.
Dean avrebbe affrontato quella creatura, non sarebbe scappato come un coniglio.
Ma lui non era Dean. Non lo sarebbe mai stato.
La paura aveva preso il sopravvento.
Non era stato in grado di affrontarla.
Così come non era in grado di affrontare quello che non ricordava.
Se l' avesse fatto adesso, probabilmente ne sarebbe stato completamente sopraffatto.
Ma perché curarsene, dopotutto?
Era più che evidente che fosse diventato un mostro.
E lui uccideva i mostri.

Si era fermato nei pressi di una panchina, lasciandosi cadere pesantemente su di essa.
Aveva il fiato corto, e il petto gli doleva da morire.
Gli occhi resi lucidi dalle lacrime.
Possibile che gli esseri umani fossero in grado di perdere tanti liquidi?
Forse, lui era un umano difettoso.
Era stato un angelo difettoso, perché avrebbe dovuto essere un essere umano venuto bene?

Aveva preso un bel respiro e, facendosi coraggio, aveva cominciato a spostare i brandelli bruciacchiati della camicia che si stavano fondendo con la sua pelle.
"Aahh...".

Aveva lasciato che un gemito disperato scappasse dalle sue labbra.
Era tardi ormai: alcuni residui di stoffa erano diventati tutt' uno con alcuni lembi della propria epidermide, e non aveva potuto evitare di provare dolore.
Stava per affrontare un piccolo, personalissimo inferno.

Si era strappato dalla camicia un pezzo di stoffa abbastanza grande da farne un piccolo fagotto, che ora stava mordendo tra le lacrime.
Facendosi coraggio, aveva ricominciato quella terribile, crudele operazione, cercando di concentrarsi su qualcos' altro che non fosse il dolore.

Era più facile a dirsi che a farsi.
Si stava strappando la pelle a mani nude, dopotutto.

La luna era coperta da una spessa coltre di nubi.
C' era odore di pioggia nell' aria.
Presto il cielo avrebbe riversato sulla terra le sue lacrime, e lui non aveva la minima idea di dove ripararsi.
Era solo, ferito e stanco, in un luogo di cui non conosceva neppure il nome.

Il vento si stava alzando, facendo muovere le cime dei pini avanti e indietro, rendendole simili a bestie minacciose.
Si stava alzando, e stava  portando con sè i suoi gemiti disperati.
Erano le sue stesse lacrime a lavargli il petto.

Se non avesse fatto quello che aveva fatto, probabilmente non avrebbe mai incontrato quella creatura.
Se non avesse fatto quello che aveva fatto, probabilmente non si sarebbe ustionato.
Se non avesse fatto quello che aveva fatto, probabilmente ora sarebbe a casa di Bobby, a discutere con Dean e Sam su come sedare la guerra civile in Paradiso.

La guerra civile in Paradiso.

Era autunno.
Si trovava nel giardino di una villa.
Le foglie avevano formato un variopinto tappeto sull' erba, e un uomo... un uomo che lui conosceva bene, le stava rastrellando fino a farne un cospicuo mucchietto.
Dean.
Ma Dean non si era voltato a dargli il benvenuto.
E non perché ce l' avesse con lui, ma perché si era reso invisibile ai suoi occhi.
Osservava il suo protetto da lontano, nonostante avesse un disperato bisogno di parlargli, di sentire la sua voce, di avere il suo aiuto.
Ma non si sarebbe mostrato.

Dean aveva sofferto troppo.
Aveva portato per troppo tempo sulle spalle il peso dell' intero universo.
Non poteva accollargli anche quella responsabilità.
Non avrebbe sofferto anche a causa sua.

Stava per voltarsi e andare via, quando qualcuno aveva attirato la sua attenzione.
Una figura avvolta in un elegante abito scuro.
Una figura a lui conosciuta.
Una figura malvagia: Crowley.


"NOOOO!".
Aveva urlato talmente forte da farsi scivolare il fazzoletto dalla bocca.
Gli occhi sganati e il viso madido di sudore.

Che cos' era quel ricordo?
Perché non era andato da Dean?
E Crowley...

"Che cosa ho fatto?".

Non lo sapeva.
Non ancora.

In lacrime, si era chinato in avanti, aprendo il borsone, per cercare una camicia pulita.
Le mani gli tremavano, e il velo di lacrime e il buio che regnava in quel posto rendevano più difficile quell' operazione.

Finalmente era riuscito a trovarla, estraendo inavvertitamente, insieme ad essa, un' altra cosa che gli sarebbe stata molto utile: una coperta.
"Bobby...".
Doveva essere stato Bobby.
Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il vecchio cacciatore.

Facendo attenzione, si era sfilato la vecchia camicia, lasciandola scivolare sui fianchi.
Aveva indossato l' altra, facendo molta attenzione a non farla entrare in contatto con il petto.
Non sapeva quante altre camicie avesse a sua disposizione, e non voleva rischiare di macchiare anche quella.
Erano cose di Dean.
Erano cose che avevano addosso ancora il suo odore.
E non voleva rovinarle.

Aveva fame e sete.
La gola era secca e gli doleva, ma non aveva la forza di mettersi a cercare una fontana.
Ce ne sarebbe stata sicuramente qualcuna in quel parco, ma avrebbe atteso l' indomani.

Le prime gocce di pioggia stavano facendo capolino.
Stanco e provato, si era messo in ginocchio, valutando quanto alta fosse la panchina.
Lo era abbastanza per potervisi stendere sotto.
Non avrebbe dormito in una posizione molto comoda, ma non si sarebbe svegliato completamente zuppo.

Facendo molta attenzione a non ferirsi ulteriormente, era scivolato al di sotto di essa, coprendosi il petto con ciò che rimaneva della sua vecchia camicia per non far entrare in contatto la camicia con la coperta.
Stava usando il borsone come cuscino, coprendosi come meglio poteva.

La notte sarebbe stata lunga e buia.
Per questo Castiel aveva chiuso gli occhi in fretta, posando una mano sull' elsa del pugnale di Raffaele.
Perché essa, era l' unica cosa che avrebbe potuto proteggerlo.

Continua...

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Salve a tutti!!
Perdonatemi, sto proprio facendo la pigrona...
Ho avuto l' infuenza, e non aveva la forza di mettermi a scrivere...
Ma ora sono tornata, e spero di non abbandonarvi mai più!
Che dire?
Questo secondo episodio di Supernatural mi ha lasciata più perplessa del primo.
Cass è morto? Non è morto?
Non lo so...
L' importante è che per noi continui a vivere nelle nostre menti, nelle nostre storie e nei nostri cuori.
Grazie a tutti coloro che leggono e recensiscono, e anche a coloro che leggono in silenzio!
Al prossimo capitolo...
Un bacione!
Cleo
   
 
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