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Autore: unleashedliebe    07/10/2011    7 recensioni
2008, il tour dei Tokio Hotel viene interrotto a causa dei problemi alla gola del cantante Bill Kaulitz.
“-Tu sei musica- sussurrai guardandolo negli occhi, mentre il suo viso si apriva in un sorriso innamorato.
-Sembri un’illusione- sussurrai. -Sono qua, al tuo fianco- mormorò caldo, rabbrividì.
-Sei bello, troppo. È normale domandarsi se esisti veramente, sai? Tanta perfezione in una persona non è ammessa. Tu, tu sei l’eccezione alla regola Bill-"

L’amore colpisce all’improvviso, non si è padroni di scegliere la persona di cui ci si innamora, succede e basta. Questo Bill e Mel lo sanno bene.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO VII (C)

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Lo sguardo del dottore tradiva i suoi pensieri, nonostante usasse una voce pacata e tranquilla, riuscivo a capire che in realtà fosse agitato e preoccupato; nel giro di dieci minuti mandò a chiamare i miei genitori e le infermiere, per proseguire con i soliti esami di routine.
C’ero già passata l’anno prima, stessa modalità. Sapevo già cosa sarebbe potuto succedere..

Ero preparata, circa.

-Abbiamo chiamato tua madre, non può venire. Domani ti raggiungerà tuo padre- m’informò Rossella.
-Perfetto- sussurrai sarcastica, la donna ignorò il mio tono, infilandomi una siringa nel braccio.
-Effetto sedativo, ora riposati- intervenne il dottore, coprendomi con la coperta, mentre piano  tutto attorno a me diventava opaco e vacuo. Mi assopì.

Lentamente prendevo coscienza del mio corpo, tutto indolenzito, percependo dei chiacchiericci all’esterno della camera. Mi concentrai per capire chi parlasse e di cosa.

-Dottore, la situazione com’è?- la voce calda e profonda che non sentivo da un po’, comunque l’avrei riconosciuta tra mille, mio padre.
-Si sta ripetendo ciò che è successo l’anno scorso, ora però la faccenda è leggermente più critica poiché è debole a causa della leucemia che avanza. Dobbiamo tenerla sotto controllo- riconobbi il primario.
-Quindi.. non ci resta che.. sperare- disse mio padre a fatica.
Mi si strinse il cuore, non volevo sentire quelle cose, ma non riuscivo a staccare l’orecchio dal discorso, quasi volessi far più male di quello che già sentivo.
-E’ forte Mel, ha lottato quattro anni, e continua a lottare; speriamo il suo corpo non smetta di farlo ora-
Mio padre trattenne il respiro, lanciando un’occhiata all’interno della stanza e agitandosi, notando m’ero svegliata.
-Piccola! Da quanto sei sveglia?- entrò sedendosi affianco al letto.
-Oh, ho appena aperto gli occhi-, il mio tono era appena udibile, preferì mentire che far capire avessi seguito il discorso.
-Sh, non ti sforzare. Torna a riposare- sussurrò dolce, accarezzandomi la guancia.
Cercai di sorridere, uscì una specie di smorfia non definita.
-Ora vado fuori, devo sistemare alcune cose col dottore e poi portare le valigie all’albergo, torno in serata-
Salutai alzando poco il braccio – gesto che mi costò una fatica immane – e tornai con la testa al cuscino.

Avevo bisogno di scrivere, dovevo far chiarezza, mettere i pensieri su carta e ragionare.

Non avevo abbastanza forza.
Odiavo stare così, odiavo quella sensazione.
Come se ci fosse un alieno dentro di me, che controllasse il mio corpo.
Diciassette anni e un’anima dipendente da un fisico debilitato, fragile.
Diciassette anni e la voglia di sfondare, conoscere, esplorare.
Diciassette anni e la voglia di amare.
Diciassette anni e la voglia di vivere.
Diciassette anni e un epilogo sempre più vicino.
Diciassette anni buttati al vento, passivamente.
Avevo diciassette anni e mi sentivo già sfinita, sciupata da una realtà che mi andava stretta.

Chiusi gli occhi, estraniandomi da tutto.
In quel momento ero Mel, un’adolescente allegra, dai lunghi capelli ricci e occhi splendenti.
Indossavo un paio di jeans strappati e una camicia scozzese, ai piedi un paio di consumate converse.
Una borsa a tracolla in spalla, mano stanca dopo un pomeriggio trascorso a firmare autografi.
Nonostante tutto ero energica, pronta per vederlo, per vederli. Correvo, spingevo, sorridevo;
ero sotto a un palco grande, mi univo alle altre che urlavano “Wir wollen Tokio Hotel!”. Un momento di silenzio e poi sarebbe iniziata la serata più bella di sempre.

-Ehi Mel, ci sei?- crack, brusco ritorno alla razionalità, scossa dalla voce dell’infermiera.
-Si Rossella, ci sono.. più o meno- risposi lieve, mentre si avvicinava a me.
-Devo farti un’iniezione- annuì, -sedativo?- domandai, lei accennò un sì colpevole.
-Che palle, sembro un orso che va in letargo a comando- mugugnai sentendola ridere.
-Questa mi è nuova piccola, dopo me la segno! Mettiti tranquilla-
Un minuto dopo caddi ancora addormentata.

Bip, bip, bip.

Questa volta nessuna voce mi svegliò, fu il bip della macchina che avevo affianco a disturbare il mio sonno.
Girai lentamente la testa, sentendomi subito girare tutto, socchiusi gli occhi e colsi l’ora dalla sveglia: erano le tre di notte. Perfetto, l’orologio biologico era andato a farsi friggere. Sentivo l’odore della colonia di mio padre all’interno della camera, probabilmente m’aveva assistito tutta la serata, e ora stava riposando in albergo. Fantastico, notte fonda, sveglia e con nessuno attorno.
Posai una mano sulla mia fronte, sentendola bollente. Perfetto.
Provai ad alzarmi per appoggiarmi alla tastiera del letto, ma fui presa alla sprovvista da un attacco di tosse.
La gola bruciava da morire, sentì una lacrima scendere.

Tossivo. Lacrimavo.

Presa alla sprovvista premetti il pulsante accanto al letto, facendo accorrere il medico poco dopo.

Mi mancava il respiro.

-Mel! Rilassati, prova a espirare e ispirare!- intervenne un’altra infermiera – Rossella aveva finito il suo turno. Cercai di fare come suggeritomi, non riuscivo. Li guardai spaventata, sentendomi soffocare.

Tosse, ancora tosse.

-E’ embolia polmonare! Intubatela e somministrate trombolitici, in fretta!- era allarmato.
La stanza si era riempita, tutto attorno a me si muovevano frenetici, mentre io osservavo tutto immobile.
Poi mi sentì meglio, ci fu un ultimo colpo di tosse, i muscoli si rilassarono e le palpebre si chiusero..


Un giorno dopo  

-Dottore, come sta? Sono accorsa appena possibile-
-Signora, era andata in embolia polmonare, abbiamo fatto il possibile, lo stadio era già avanzato. Dobbiamo vedere la situazione nelle prossime ore, inoltre la febbre non scende, stia procedendo anche con delle trasfusioni. Lei e suo marito potete tornare in albergo, se ci sono novità avvertiamo-

Due giorni dopo

-Ancora niente?- domandò una voce maschile.
-No, i segnali vitali sono stabili, la febbre sta scendendo. Probabilmente risente ancora dell’effetto dei farmaci, ha subito anche un intervento impegnativo, parecchio per il suo corpo.
-Signori Bauer, Mel sta lottando, dobbiamo solo sperare non smetta-, s’intromise Rossella.
Sospirarono.

Tre giorni dopo

-So cosa state per chiedere, ancora nulla purtroppo. Sta bene, ora sta a lei scegliere quando svegliarsi-
-Piccola, ti prego, non farci stare così in pensiero-
Percepì qualcosa che sfiorava la mia mano, riconobbi la voce di mia madre e quella del dottore.
Provai a rispondere, ma gli stimoli che mandavo erano inutili, non riuscivo a muovere  muscolo, ero impotente. Sentì una sensazione di bagnato sulla mia fronte, in seguito avvertì le labbra di mamma su essa, leggere. Non piangere per favore, pregai, consapevole non mi avrebbe sentito.
-Mel, c’è un ragazzo fuori per te. Io e papà torneremo domani, non farci brutte sorprese-
Non badai alle ultime parole, troppo concentrata su “c’è un ragazzo fuori per te”.
Sentì la porta aprirsi e dei passi trascinati avvicinarsi al letto. La prima sensazione che provai fu delusione, non era Bill, lui si muoveva con delicatezza ed eleganza, perciò immaginai fosse Tom, non conoscevo molti ragazzi in effetti. Lo sentì schiarirsi la voce, imbarazzo?
-Ehm.. sono Tom- se avessi potuto sorridere, l’avrei fatto.
Il mio pensiero non poté che  andare verso Bill, da quanto dormivo? Come stava? Era stato operato?
-Probabilmente sono l’unica persona che ti aspettavi qui, beh.. sorpresa!-
-…-
-Okay, sapevo che non avresti risposto, ma parlare da solo è più difficile del previsto. Sono qui soprattutto per Bill, l’hanno operato l’altro ieri; volevo farti sapere che è andato tutto bene, intervento perfetto, non ci resta che aspettare un’altra settimana per sentire la sua voce; quindi ti conviene darti una mossa e svegliarti. Sì, so che avevo detto dovevi stargli alla larga, e so che eri d’accordo con me, che sei d’accordo con me! Non ho cambiato idea, e non la cambierò.. non voglio sembrarti cattivo, ma le mie idee si sono fatte ancora più decise dopo quello che ti sta succedendo. Non gliel’ho detto, ma continua a chiedermi di te, non può uscire ma so che, appena gli sarà possibile, verrà qui. Rigiro sempre le domande, sono bravo, credo che abbia capito c’è qualcosa che non va, come posso dirglielo però? Mel non si sveglia da tre giorni perché ha rischiato di morire, non posso. È fragile, mio fratello, non sopporterebbe.
Perciò datti una mossa e alza quel sedere da quel materasso!-

Registrai con calma tutte quelle informazioni, soffermandomi sulla frase “è andato tutto bene”: il cantante era in salute, sarebbe tornato a cantare.
Dovevo farmi forza, dovevo lottare per sentire quella voce. Mel, non mollare! Ascolta Tom e schioda il sedere dal letto.
Mi sforzavo, era difficile. Sentì la mia mano racchiusa in un’altra, molto più grande e calda. Da chitarrista.

-Se ci fosse Bill qui sai cosa ti direbbe? “Nimm meine Hand, wir fangen nochmal an”, prendi la mia mano e iniziamo un’altra volta- momento di silenzio.
-Sto diventando diabetico da far schifo, svegliati o dovrai pagarmi un costoso appuntamento dal dentista per curare le carie che mi stanno uscendo-

Concentrati Mel, concentrati!

Feci forza sulle dita, provando a muoverle, ciò che ottenni fu una piccola pressione su quelle del ragazzo.
Ancora, racchiusi la mano a pugno, incastrando con me l’altra.

-Mel!-

Ultimo sforzo, ce la potevo fare.

-Kaulitz- sussurrai, aprendo gli occhi a fatica. Venni colpita da una luce e fui costretta a richiuderli subito, sbattendo velocemente le palpebre per riabituarmi ai colori.
-Era ora che ti svegliassi eh!- borbottò, sentì un cellulare vibrare –Aspetta un secondo.. oh ma guarda che coincidenza! È Bill!-  notai un sorriso dolce sul suo viso, man mano che leggeva si affievolì.
-T-tutto b-bene?- ogni sillaba era un’impresa.
-Giudica te: “Brutto coglione! Perché non me l’hai detto di Mel? L’ho scoperto da un’anoressica che spettegolava! Ti rendi conto? Ma che cazzo!”-
Oh, bella schifezza. Il piano di tenerlo all’oscuro era miseramente fallito.
-Che gli rispondo?- domandò guardandomi. Gli indicai il mio cellulare, abbandonato sul comodino.


“Bill..
tre a zero per me.
Mel”


Sotto lo sguardo confuso di Tom glielo inviai, certa che lui avrebbe capito.

...

...* * * 

...

NdA: Eccomi qua, non sono sparita! Scuola - compiti - studio, ecco le cause della mia assenza prolungata, vi chiedo scusa nuovamente! Vi prometto però che non sparirò, tengo troppo a questa fanfiction per lasciarla in sospeso! 
Questo capitolo è più corto degli altri, ma non sapevo come allungarlo, ho preferito focalizzare tutta l'attenzione su ciò che sta succedendo a Mel; paura eh? Per ora sta bene (per ora..!). Cosa succederà con Bill? Al prossimo per saperlo ;D
Grazie a tutte quelle che mi seguono nonostante i miei ritardi, grazie a tutte quelle che commentano e a chi legge soltanto (: 
Fatemi sapere cosa pensate anche di questo, fa solo piacere!
Unleashedliebe

   
 
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