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CAPITOLO VII (C)
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Lo sguardo del dottore tradiva i suoi pensieri, nonostante
usasse una voce pacata e tranquilla, riuscivo a capire che in
realtà fosse agitato e preoccupato; nel giro di dieci minuti
mandò a chiamare i miei genitori e le infermiere, per
proseguire con i soliti esami di routine.
C’ero già passata l’anno prima, stessa
modalità.
Sapevo già cosa sarebbe potuto succedere..
Ero preparata, circa.
-Abbiamo chiamato tua madre, non può venire. Domani
ti raggiungerà tuo padre- m’informò
Rossella.
-Perfetto- sussurrai sarcastica, la donna ignorò il mio
tono, infilandomi una siringa nel braccio.
-Effetto sedativo, ora riposati- intervenne il dottore, coprendomi con
la coperta, mentre piano tutto attorno a me diventava opaco e
vacuo. Mi assopì.
Lentamente prendevo coscienza del mio corpo, tutto indolenzito, percependo dei chiacchiericci all’esterno della camera. Mi concentrai per capire chi parlasse e di cosa.
-Dottore, la situazione com’è?- la voce
calda e profonda che non sentivo da un po’, comunque
l’avrei riconosciuta tra mille, mio padre.
-Si sta ripetendo ciò che è successo
l’anno scorso, ora però la faccenda è
leggermente più critica poiché è
debole a causa della leucemia che avanza. Dobbiamo tenerla sotto
controllo- riconobbi il primario.
-Quindi.. non ci resta che.. sperare- disse mio padre a fatica.
Mi si strinse il cuore, non volevo sentire quelle cose, ma non riuscivo
a staccare l’orecchio dal discorso, quasi volessi far
più male di quello che già sentivo.
-E’ forte Mel, ha lottato quattro anni, e continua a lottare;
speriamo il suo corpo non smetta di farlo ora-
Mio padre trattenne il respiro, lanciando un’occhiata
all’interno della stanza e agitandosi, notando
m’ero svegliata.
-Piccola! Da quanto sei sveglia?- entrò sedendosi affianco
al letto.
-Oh, ho appena aperto gli occhi-, il mio tono era appena udibile,
preferì mentire che far capire avessi seguito il discorso.
-Sh, non ti sforzare. Torna a riposare- sussurrò dolce,
accarezzandomi la guancia.
Cercai di sorridere, uscì una specie di smorfia non definita.
-Ora vado fuori, devo sistemare alcune cose col dottore e poi portare
le valigie all’albergo, torno in serata-
Salutai alzando poco il braccio – gesto che mi
costò una fatica immane – e tornai con la testa al
cuscino.
Avevo bisogno di scrivere, dovevo far chiarezza, mettere i pensieri su carta e ragionare.
Non avevo abbastanza forza.
Odiavo stare così, odiavo quella sensazione.
Come se ci fosse un alieno dentro di me, che controllasse il mio corpo.
Diciassette anni e un’anima dipendente da un fisico
debilitato, fragile.
Diciassette anni e la voglia di sfondare,
conoscere, esplorare.
Diciassette anni e la voglia di amare.
Diciassette anni e la voglia di vivere.
Diciassette anni e un epilogo sempre più vicino.
Diciassette anni buttati al vento, passivamente.
Avevo diciassette anni e mi sentivo già sfinita, sciupata da
una realtà che mi andava stretta.
Chiusi gli occhi, estraniandomi da tutto.
In quel momento ero Mel, un’adolescente allegra, dai lunghi
capelli ricci e occhi splendenti.
Indossavo un paio di jeans strappati e una camicia scozzese, ai piedi
un paio di consumate converse.
Una borsa a tracolla in spalla, mano stanca dopo un pomeriggio
trascorso a firmare autografi.
Nonostante tutto ero energica, pronta per vederlo, per vederli.
Correvo, spingevo, sorridevo;
ero sotto a un palco grande, mi univo alle altre che urlavano
“Wir wollen
Tokio Hotel!”. Un momento di silenzio e poi
sarebbe iniziata la serata più bella di sempre.
-Ehi Mel, ci sei?- crack, brusco ritorno alla
razionalità, scossa dalla voce dell’infermiera.
-Si Rossella, ci sono.. più o meno- risposi lieve, mentre si
avvicinava a me.
-Devo farti un’iniezione- annuì, -sedativo?-
domandai, lei accennò un sì colpevole.
-Che palle, sembro un orso che va in letargo a comando- mugugnai
sentendola ridere.
-Questa mi è nuova piccola, dopo me la segno! Mettiti
tranquilla-
Un minuto dopo caddi ancora addormentata.
Bip, bip, bip.
Questa volta nessuna voce mi svegliò, fu il bip
della macchina che avevo affianco a disturbare il mio sonno.
Girai lentamente la testa, sentendomi subito girare tutto, socchiusi
gli occhi e colsi l’ora dalla sveglia: erano le tre di notte.
Perfetto, l’orologio
biologico era andato a farsi friggere. Sentivo
l’odore della colonia di mio padre all’interno
della camera, probabilmente m’aveva assistito tutta la
serata, e ora stava riposando in albergo. Fantastico, notte fonda,
sveglia e con nessuno attorno.
Posai una mano sulla mia fronte, sentendola bollente. Perfetto.
Provai ad alzarmi per appoggiarmi alla tastiera del letto, ma fui presa
alla sprovvista da un attacco di tosse.
La gola bruciava da morire, sentì una lacrima scendere.
Tossivo. Lacrimavo.
Presa alla sprovvista premetti il pulsante accanto al letto, facendo accorrere il medico poco dopo.
Mi mancava il respiro.
-Mel! Rilassati, prova a espirare e ispirare!- intervenne un’altra infermiera – Rossella aveva finito il suo turno. Cercai di fare come suggeritomi, non riuscivo. Li guardai spaventata, sentendomi soffocare.
Tosse, ancora tosse.
-E’ embolia polmonare! Intubatela e somministrate
trombolitici, in fretta!- era allarmato.
La stanza si era riempita, tutto attorno a me si muovevano frenetici,
mentre io osservavo tutto immobile.
Poi mi sentì meglio, ci fu un ultimo colpo di tosse, i
muscoli si rilassarono e le palpebre si chiusero..
Un
giorno dopo
-Dottore, come sta? Sono accorsa appena possibile-
-Signora, era andata in embolia polmonare, abbiamo fatto il possibile,
lo stadio era già avanzato. Dobbiamo vedere la situazione
nelle prossime ore, inoltre la febbre non scende, stia procedendo anche
con delle trasfusioni. Lei e suo marito potete tornare in albergo, se
ci sono novità avvertiamo-
Due giorni dopo
-Ancora niente?- domandò una voce maschile.
-No, i segnali vitali sono stabili, la febbre sta scendendo.
Probabilmente risente ancora dell’effetto dei farmaci, ha
subito anche un intervento impegnativo, parecchio per il suo corpo.
-Signori Bauer, Mel sta lottando, dobbiamo solo sperare non smetta-,
s’intromise Rossella.
Sospirarono.
Tre giorni dopo
-So cosa state per chiedere, ancora nulla purtroppo. Sta bene,
ora sta a lei scegliere quando svegliarsi-
-Piccola, ti prego, non farci stare così in pensiero-
Percepì qualcosa che sfiorava la mia mano, riconobbi la voce
di mia madre e quella del dottore.
Provai a rispondere, ma gli stimoli che mandavo erano inutili, non
riuscivo a muovere muscolo, ero impotente. Sentì
una sensazione di bagnato sulla mia fronte, in seguito
avvertì le labbra di mamma su essa, leggere. Non piangere per favore,
pregai, consapevole non mi avrebbe sentito.
-Mel, c’è un ragazzo fuori per te. Io e
papà torneremo domani, non farci brutte sorprese-
Non badai alle ultime parole, troppo concentrata su “c’è
un ragazzo fuori per te”.
Sentì la porta aprirsi e dei passi trascinati avvicinarsi al
letto. La prima sensazione che provai fu delusione, non era Bill, lui
si muoveva con delicatezza ed eleganza, perciò immaginai
fosse Tom, non conoscevo molti ragazzi in effetti. Lo sentì
schiarirsi la voce, imbarazzo?
-Ehm.. sono Tom- se avessi potuto sorridere, l’avrei fatto.
Il mio pensiero non poté che andare verso Bill, da
quanto dormivo? Come stava? Era stato operato?
-Probabilmente sono l’unica persona che ti aspettavi qui,
beh.. sorpresa!-
-…-
-Okay, sapevo che non avresti risposto, ma parlare da solo è
più difficile del previsto. Sono qui soprattutto per Bill,
l’hanno operato l’altro ieri; volevo farti sapere
che è andato tutto bene, intervento perfetto, non ci resta
che aspettare un’altra settimana per sentire la sua voce;
quindi ti conviene darti una mossa e svegliarti. Sì, so che
avevo detto dovevi stargli alla larga, e so che eri d’accordo
con me, che sei d’accordo con me! Non ho cambiato idea, e non
la cambierò.. non voglio sembrarti cattivo, ma le mie idee
si sono fatte ancora più decise dopo quello che ti sta
succedendo. Non gliel’ho detto, ma continua a chiedermi di
te, non può uscire ma so che, appena gli sarà
possibile, verrà qui. Rigiro sempre le domande, sono bravo,
credo che abbia capito c’è qualcosa che non va,
come posso dirglielo però? Mel non si sveglia da tre giorni
perché ha rischiato di morire, non posso.
È fragile, mio fratello, non sopporterebbe.
Perciò datti una mossa e alza quel sedere da quel
materasso!-
Registrai con calma tutte quelle informazioni, soffermandomi
sulla frase “è andato tutto bene”: il
cantante era in salute, sarebbe tornato a cantare.
Dovevo farmi forza, dovevo lottare per sentire quella voce. Mel, non mollare!
Ascolta Tom e schioda il sedere dal letto.
Mi sforzavo, era difficile. Sentì la mia mano racchiusa in
un’altra, molto più grande e calda. Da
chitarrista.
-Se ci fosse Bill qui sai cosa ti direbbe? “Nimm meine Hand, wir fangen
nochmal an”, prendi la mia mano e iniziamo
un’altra volta- momento di silenzio.
-Sto diventando diabetico da far schifo, svegliati o dovrai pagarmi un
costoso appuntamento dal dentista per curare le carie che mi stanno
uscendo-
Concentrati Mel, concentrati!
Feci forza sulle dita, provando a muoverle, ciò che
ottenni fu una piccola pressione su quelle del ragazzo.
Ancora,
racchiusi la mano a pugno, incastrando con me l’altra.
-Mel!-
Ultimo sforzo, ce la potevo fare.
-Kaulitz- sussurrai, aprendo gli occhi a fatica. Venni colpita
da una luce e fui costretta a richiuderli subito, sbattendo velocemente
le palpebre per riabituarmi ai colori.
-Era ora che ti svegliassi eh!- borbottò, sentì
un cellulare vibrare –Aspetta un secondo.. oh ma guarda che
coincidenza! È Bill!- notai un sorriso dolce sul
suo viso, man mano che leggeva si affievolì.
-T-tutto b-bene?- ogni sillaba era un’impresa.
-Giudica te: “Brutto
coglione! Perché non me l’hai detto di Mel?
L’ho scoperto da un’anoressica che spettegolava! Ti
rendi conto? Ma che cazzo!”-
Oh, bella schifezza. Il piano di tenerlo all’oscuro era
miseramente fallito.
-Che gli rispondo?- domandò guardandomi. Gli indicai il mio
cellulare, abbandonato sul comodino.
“Bill..
tre a zero per me.
Mel”
Sotto lo sguardo confuso di Tom glielo inviai, certa che lui avrebbe
capito.
...
...* * *
...
NdA:
Eccomi qua, non sono sparita! Scuola - compiti - studio, ecco le cause
della mia assenza prolungata, vi chiedo scusa nuovamente! Vi prometto
però che non sparirò, tengo troppo a questa
fanfiction per lasciarla in sospeso!
Questo capitolo è più corto degli altri, ma non
sapevo come allungarlo, ho preferito focalizzare tutta l'attenzione su
ciò che sta succedendo a Mel; paura eh? Per ora sta bene
(per ora..!). Cosa succederà con Bill? Al prossimo per
saperlo ;D
Grazie
a tutte quelle che mi seguono nonostante i miei ritardi, grazie a tutte
quelle che commentano e a chi legge soltanto (:
Fatemi sapere cosa pensate anche di questo, fa solo piacere!
Unleashedliebe