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Autore: Kat Logan    14/10/2011    14 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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Minako, dalla faccia ormai conosciuta, era passata senza problemi dalla portineria e aveva salito di corsa le numerose scale del palazzo.
Preferiva salire le rampe a piedi, piuttosto che ritrovarsi intrappolata in ascensore con persone poco raccomandabili.
Quando arrivò alla porta dell’appartamento che frequentava da lungo tempo, la trovò socchiusa.
Chiamò il nome del fidanzato ma non ebbe alcun tipo di risposta.
Entrò facendo piano, non voleva sorprenderlo e spaventarlo se stava dormendo o era sovrappensiero.
Non arrivarmi mai alle spalle, non vorrei farti del male Mina! La sua voce che si raccomandava con lei le rimbombò in testa.
Chiuse la porta alle sue spalle e lo sguardo vagò per l’intera stanza. L’unica luce accesa proveniva dal cucinotto disabitato.
Regnava una strana calma per quelle stanze e un silenzio inquietante era sovrano.
Minako appoggiò la borsa al divano dirigendosi verso la luce.
Ad ogni passo lento ed incerto che compiva, il suo cuore pulsava più violentemente all’interno della sua cassa toracica.
Solitamente canta come un pazzo o fischietta mentre cucina…
La paura di trovarlo ferito o peggio, morto, l’attanagliò formandole un nodo in gola.
Deglutì a fatica e si decise a varcare la soglia della cucina.
Non c’è.
Il pavimento era pulito. Il fornello spento e il mestolo abbandonato sul piano in marmo.
Ispezionò tutto quanto intorno a sé, non c’erano segni di lotta, il ché la rese appena più tranquilla.
“Non è da lui uscire senza lasciarmi un biglietto e soprattutto lasciando una zuppa di miso in quello stato”. Ragionò ad alta voce, sapendo alla perfezione le abitudini del ragazzo e la sua ossessione maniacale per la cucina.
Spinse l’interruttore della luce, illuminando il resto dell’abitazione.
Guardò sul tavolo in vetro nero della sala. Nessun biglietto.
Che mi abbia mandato un messaggio e non me ne sia accorta?
Controllò il cellulare ma non vi trovò alcun sms da leggere.
“Strano, molto, molto strano”.
Si sedette sul divano, pensierosa. Non accese ne la televisione, ne la radio. Voleva rimanere vigile e all’erta. Attenta ad ogni rumore proveniente dall’esterno, anche se in cuor suo sperava solo di sentire al più presto i passi familiari di Akira, che veloci si dirigevano verso di lei.
 
 
*
 
 
“L’orario di visita è terminato dalle otto!” Disse l’infermiera informando Setsuna che non poteva procedere oltre.
“Le dico che io posso entrare!” rispose la donna cercando di mantenere in equilibrio una serie di pesanti fascicoli che teneva stretti, in una pila pericolante, tra le braccia.
Non voleva risultare sgarbata, ma quello non era il momento migliore per fermarsi a discutere.
“Sono l’ispettore Setsuna Meiō, una mia collega è ricoverata nella stanza 12B di questo piano, la prego non mi faccia tirare fuori il distintivo o rischio di spargere ovunque documenti molto importanti!”
La donna rimase un momento in silenzio a riflettere.
Senza distogliere lo sguardo da Setsuna prese in mano la cornetta bianca del telefono e fece per chiamare qualcuno mentre il Dott. Chiba fece la sua comparsa nel corridoio fino a raggiungerla.
“Buonasera Ispettore!” le sorrise gentilmente infilando una penna nel taschino del camice.
“Buonasera Dottor…” Setsuna barcollò appena sui tacchi.
“L’aiuto io, aspetti!” disse lui prendendole la parte di fascicoli pericolanti.
“Cavoli pesano! Deve stare attenta alla schiena!”
“La ringrazio dottore, se fosse stato per l’infermiera starei morendo schiacciata da questa roba!”
L’uomo si rivolse alla donna che li stava guardando male sentendosi presa in causa. “Quando vede l’ispettore lo faccia passare senza preoccuparsi, ha del lavoro importante da svolgere. Non le faccia perdere troppo tempo, garantisco io per lei!”
L’infermiera sbuffò e annuì con un cenno del capo, innervosita dal fatto di esser stata ripresa dal primario.
“Certo che è tardi…” disse Mamoru sbirciando l’orologio da polso, “Sono le due di notte!”
Setsuna si fermò nel bel mezzo del corridoio “Io sono abituata a lavorare ad orari assurdi ma…cavolo! Non ci avevo pensato! Rei è sveglia? Non vorrei disturbarla…”
“Non si preoccupi!” intervenne il giovane, “la stava aspettando! Non vedeva l’ora che venisse a trovarla!”
Le guance di Setsuna presero colore all’improvviso per quella rivelazione.
“Dovete essere molto amiche…”
Amiche...
La donna rispose con un verso soffocato che non assomigliava ne a un “si” umano ne a un “no”.
“Non riceve molte visite. E’ importante però per un paziente la presenza di qualcuno che gli stia accanto!” continuò il dottore fermandosi davanti alla porta chiusa della stanza.
“Comunque se tutto va bene, domani la dimetteremo!”
“Di già?”
“Si è tutto a posto. Abbiamo fatto tutti i dovuti controlli e si riprende bene. Uscita dovrà fare attenzione ai punti della ferita d’arma da fuoco e usare le stampelle, ma non c’è motivo di tenerla in ospedale”.
“Capisco…”
Il Dottor Chiba aprì la porta e la fece entrare “vi auguro un buon lavoro signore!”
“Anche a lei!” risposero in coro Setsuna e Rei.
Non appena rimasero sole la mora la salutò entusiasta.
Alla visita del suo superiore gli occhi sembrarono brillarle.
“Ciao Setsuna! Che bello sei qui! E a quanto pare…hai portato un po’ di lavoro da fare!”
“Già ehm…” la donna poggiò le scartoffie imbarazzata, “Perdonami, non ho tenuto conto dell’orario!”
“Non sono stanca! Non c’è problema! Mi annoio qui!” disse raggiante Rei mettendosi composta sul letto.
“Ha interrogato la sorella di Michiru?” domandò poi, pronta a sapere tutte le novità del caso.
“Si, questa mattina…e ti dirò di più, con lei ho trovato la starter della corsa!”
Rei dovette soffocare un gridolino di sorpresa “Sul serio?!”
L’ispettore annuì con un vigoroso gesto del capo.
“Ami pensa che sia fuori discussione il fatto che Michiru appartenga a un giro losco o sia nella Yakuza, concordo con lei, non mi sembra il tipo. Fedina penale pulita, nessun precedente… Non ha niente della criminale! Quindi direi di abbandonare questa ipotesi…”
Com’è sexy quando fa il suo mestiere…
Rei si diede un pizzicotto sotto la coperta candida per non perdere la concentrazione e non lasciarsi andare a quei tipi di pensieri.
“E dell’altra ragazza che mi dice? Come mai era li con lei?”
Non pensare a cose che non riguardino il caso Rei, accidenti!
“Minako Aino, è così che si chiama. Frequenta alcuni corsi della facoltà di medicina, sembra molto amica di Ami, tuttavia non sembra a conoscenza dell’esistenza di Michiru. Forse la loro è realmente un’amicizia legata solo al fatto di frequentare la stessa università…le ho chiesto di quello Yakuza moro…”
E poi quel taglio degli occhi, quelle iridi così profonde…le sue espressioni quando fa le sue supposizioni e si concentra…
“Sostiene di non conoscere neppure lui, di essere estranea alla faccenda. Mi ha spiegato di essere una di quelle ragazze che non vuole una relazione stabile, così se li trova belli e pericolosi per una notte di divertimento folle, e scappa la mattina dopo senza lasciare spiegazioni!”
Rei aveva completamente abbandonato il filo del discorso persa nel contemplare la bellezza di Setsuna.
“Beh l’ultima frase l’ho aggiunta io, non ha detto propriamente così…sembrava sincera, è un tipo un po’ strano a dire il vero. Però non so…il fatto che frequenti l’ambiente delle corse…magari dovrei tornare a farle qualche domanda.”
Lo sguardo della mora si era fermato sulle labbra rosse per il rossetto dell’ispettore.
“Rei mi stai ascoltando?”
Nessun segno di vita.
La sua espressione accigliata! ah la rende così…
“Rei?”
Seria, matura. E’ bella da impazzire! E poi quelle labbra…
“Rei?! Ti sei incantata?”
Vorrei baciarle, vorrei fossero mie!
Setsuna si alzò bruscamente dalla sedia, avvicinandosi come un fulmine alla ragazza e scuotendola leggermente “Ti senti bene?!”
Il suo tono preoccupato riscosse Rei dai suoi sogni ad occhi aperti.
“Eh?!” la guardò e sentì il calore delle sue mani su di lei.
“Mi hai fatto preoccupare, non rispondevi più e pensavo ti stessi sentendo male!”
L’ho fatta preoccupare. Sono importante per lei.
La presa leggera non accennò a diminuire. Le sue dita sembravano incollate alla sua pelle come se non ci fosse posto più adatto a loro di quello.
“Scusami!”
“A cosa stavi pensando?” le domandò sospirando l’altra.
La mano di Rei scivolò su quella di Setsuna appoggiata al suo braccio.
Il contatto le provocò una scarica di adrenalina.
“A te”.
Rischiò di soffocare nel dire quelle due semplici parole ma non riuscì a trattenersi oltre, perché stare in silenzio a guardarla stava diventando una tortura troppo grande da affrontare da sola.
 
 
*
 
 
“Dovrebbe consegnarmi la sua pistola signore.” Disse il bodyguard all’entrata del club a luci rosse in cui era stato scortato dal gorilla che l’ era andato a prelevare dal suo appartamento.
Akira esitò un momento sfiorando il grilletto.
Non gli piaceva rimanere disarmato, soprattutto non quando il capo chiamava.
Guardò torvo l’uomo dall’espressione impassibile che aveva avanzato quella richiesta e gli cedette l’arma.
“Ha altro addosso?” domandò con lo stesso tono piatto.
“Le mutande!” disse Akira irriverente.
“Molto divertente…le ripongo un’altra volta la domanda prima di perdere la pazienza…”
“Non ho altro” lo interruppe.
Viva il senso dell’umorismo eh?!
“Niente coltelli o altri oggetti contundenti?”
“Senta, vorrei fare veloce. Ho una vita sociale, una ragazza che probabilmente mi aspetta e le assicuro che si arrabbierà molto quando tornerò senza averla avvisata”.
L’altro non sembrò prestargli molta attenzione, si limitò a squadrarlo un altro momento e posando le dita sull’auricolare che aveva all’orecchio informò chi di dovere con un “arriva, è pulito”.
Akira oltrepassò il nastro che gli aveva bloccato l’entrata fino a quel momento seguito dall’uomo che lo aveva invitato a non rifiutare quell’incontro.
Il gioco di luci soffuse del locale rendeva poco chiara la vista. Era piuttosto affollato e su un divano bianco, circondato da tre uomini, quello che si spacciava per l’Oyabun, lo stava attendendo intrattenuto da una ragazza semi svestita che ballava una lenta danza per lui.
Quanta scena, per qualcuno che non è il vero capo.
Il ragazzo sapeva bene che spesso e volentieri il vero volto di chi stava dietro all’organizzazione veniva visto da gente che non aveva più potuto raccontare l’esperienza, o da pochi “eletti” la cui bocca era cucita.
Nemmeno la stessa Haruka gli aveva mai svelato di chi si trattasse realmente, forse per proteggerlo o forse per proteggere se stessa da chissà quali minacce.
“Wakagashira – hosa, Akira Aoki, di Tokyo” si presentò il moro come di prassi, avvicinandosi al secondo di turno,dell’Oyabun che facevano le sue veci.
L’uomo dal completo bianco come il sofà sul quale stava comodamente seduto, drizzò la schiena e poggiò le mani sulle propria ginocchia per sottolineare la sua posizione di superiorità.
“Signor. Aoki…” sussurrò prima di accendersi un sigaro e tirare una lunga boccata di fumo.
“Desidera un drink?”
“Sto bene così, la ringrazio!” E non mi fido a bere con questa allegra compagnia.
La pseudo ballerina del locale si sedette accanto all’uomo di cui non era permesso chiedere il nome massaggiandogli le spalle.
“Preferisce una ragazza all’alcol?” domandò con un sorriso storto.
“No, mi basta la mia!”
“E allora perché la sta fissando?”
“Mi distrae”, disse secco.
“Vattene, hai fatto abbastanza!” disse quello cacciandola malamente via.
Un vero gentiluomo!
“Per cosa mi ha fatto chiamare?” domandò impaziente Akira.
Più tempo trascorreva disarmato più s’innervosiva.
“Ha fretta?”
“Abbastanza, ho delle cose da fare…”
“mmh…capisco…” questa volta le sue labbra abbandonarono il sigaro per posarsi su un bicchiere contenente un liquido ambrato, “allora alle numerose cose che ha da fare…” disse sorseggiando l’amaro per poi farlo girare nel bicchiere, “aggiunga di chiedere il riscatto per la ragazza!”
Siamo già al punto di contrattare per Michiru. Spero che suo padre abbia i soldi.
“Ovviamente, accetteremo solo il pagamento…un no è fuori discussione!”
Akira annuì impercettibilmente conscio che se Yoshio non avesse pagato questa volta, sarebbe finita male per lui. Oppure quella ad essere uccisa sarebbe stata Michiru, a seconda della voglia di chi era al comando.
“Hai capito bene?” si rassicurò l’uomo fissandolo negli occhi.
“Si, signore!”
“Non ho più molta pazienza…”
E’ lui a non averne, tu sei solo una pedina nel suo gioco quanto me.
Akira si alzò, pronto ad abbandonare quel posto.
“Aoki?!” la voce dell’uomo lo fermò prima che potesse compiere un altro passo per allontanarsi. Sentì del metallo freddo appoggiarsi alla sua tempia senza avere il tempo di vederlo o sentirlo in anticipo.
Pistola alla testa! Fa sul serio!
Il moro deglutì immobile.
Morire questa sera non è nei piani.
“Anche se sei un sottoposto, tieni al guinzaglio quella randagia di Haruka Ten – ō. Sta rischiando di compromettere la tanto amata wa. Non le conviene…”
“D’accordo…” disse a denti stretti “signore”.
“Metti giù quell’arma!” disse con un gesto secco il finto Oyabun rivolgendosi alla guardia che stava puntando la pistola contro il capo di Akira.
“Portatemi buone notizie!” sorrise soddisfatto, richiamando l’attenzione di una cameriera in giarrettiera alla quale sussurrò qualcosa nell’orecchio.
“Sarà fatto!”
Bastardo.
Akira voltò le spalle alla tavolata di gentiluomini  che l’aveva intrattenuto, augurandosi di arrivare alla porta d’uscita e recuperare ciò che gli apparteneva in un nano secondo; e soprattutto con le sue gambe.
Uscì veloce, fermandosi senza guardare in faccia il bodyguard all’ingresso e recuperando la pistola.
Una fitta nebbiolina stava scendendo offuscando le luci della città.
Svoltò l’angolo allontanandosi dal locale.
Lo sfrecciare veloce di due automobili, le risate di due persone che camminavano sul marciapiede, una donna con un cane smanioso di cambiare percorso al guinzaglio.
Compì qualche altro passo. Voleva fare veloce, voleva arrivare al più presto a casa. L’unica cosa che in quel momento desiderava con tutto se stesso era vedere il viso di Minako.
Barcollò portandosi una mano alla fronte perlata di sudore nonostante la bassa temperatura di ottobre.
Un crampo allo stomaco lo sorprese provocandogli una forte nausea.
Ci risiamo!
Venne scosso da un brivido per poi abbassare il capo e rimettere i succhi gastrici che lo presero alla sprovvista.
Vomitò dalla tensione come da ragazzino. Come se quella fosse stata la prima volta nella sua vita a vedersela brutta.
Un altro conato lo assalì.
E’ che questa volta ho qualcosa da perdere.
 
 
*
 
 
Nella piccola biblioteca del padre di Haruka era calata l’oscurità.
Nessuna delle due si era premurata di accendere la luce e una volta che la bionda si fu calmata e il suo pianto si fu placato, avevano continuato a stare li dentro al buio.
Si erano sistemate sul pavimento, una accanto all’altra fino a che, tra una parola e un’altra Michiru si ritrovò Haruka tra le braccia.
Ormai non avevano più nulla di un rapitore e di un ostaggio.
Ma allora che cosa siamo?Si chiese Michiru mentalmente.
Era tanto importante avere una risposta? Definirsi?
Sospirò cercando di muoversi il più piano possibile, per non svegliare l’altra, che dopo averle domandato quali fossero i suoi autori preferiti, si era addormentata appoggiando la testa al suo petto e il suo respiro pesante sembrava aver preso lo stesso ritmo del battito del suo cuore.
Michiru non aveva idea di che ore fossero, ma di certo doveva essere tardi.
“Haruka, prenderai un raffreddore se rimani a dormire sul pavimento…” le disse piano, passando le dita affusolate tra le ciocche bionde.
L’altra non rispose continuando a rimanere beatamente nei suoi sogni.
L’aprirsi della porta d’ingresso attirò però l’attenzione di Michiru che rimase in ascolto.
Ci fu un susseguirsi di lievi suoni tra cui l’accendersi della luce, l’appoggiare qualcosa e un’imprecazione a bassa voce.
Una donna?
“Ma che diavolo…”  l’ombra a cui apparteneva la voce si avvicinò all’entrata della biblioteca.
“Non…fare…un passo!” Haruka aveva aperto gli occhi ed era sveglia pronta a sparare.
“Sono Minako!” la testa dai lunghi capelli biondi si sporse guardandole.
“Cosa facevate al buio? E…Wow! Haru non sapevo avessi così tanti libri!”
“Chi ti ha invitata qui dentro? Che ore sono? Perché non sei con Akira a dormire o a fare quel che fate?”
“Ben svegliata! Scusate il disturbo! Oh ciao Michiru! Che maleducata!” Minako fece un cenno di saluto con la mano alla ragazza, poi portò le mani dietro la schiena e abbassò la testa con fare dispiaciuto e preoccupato.
Un momento, perché è qui senza Akira? Quei due sono sempre insieme! SEMPRE.
Haruka sembrò agitarsi e si alzò stiracchiandosi, porgendo poi la mano a Michiru.
“Ehm…” le dita della visitatrice si torturavano tra loro, senza darsi tregua, quasi a volersi massacrare e la voce aveva perso il timbro allegro che la contraddistingueva.
“Scusatemi per l’orario sono le tre e mezza. Ho aspettato tutto questo tempo Akira, ma non è rientrato. Non mi ha lasciato detto nulla e io non so più cosa fare. Non è da lui…non è…”
“COSA?! AKIRA E’ SCOMPARSO?”
“Oddio, Haruka non dirmi…” la mano di Minako andò a coprire le labbra che di li a poco avrebbero lasciato trapelare la sua disperazione. “Che non ne sai nulla nemmeno tu. Tu sai sempre dov’è…questo vuol dire che…GLI E’ SUCCESSO QUALCOSA!”
La ragazza si era recata li per ricevere buone notizie e invece vi trovò solo terreno da fertilizzare con le proprie paure.
“Maledetto Daisuke, vuoi vedere che…”
“E’ peggio!” la voce di Akira echeggiò nella stanza.
Minako gli corse in contro gettandosi tra le sue braccia come se non lo vedesse da mesi.
Finalmente è qui! E’ vivo.
“Ehi, Mina…così mi farai soffocare, stringi meno piccola…” gli disse lui, con voce calda accarezzandole la testa.
“Mi hai fatto spaventare, io ho aspettato ma tu…” strinse le mani in due pugni colpendolo sul petto arrabbiata, “tu non arrivavi, sei uno stupido! Sei andato via senza dire niente ed io ho provato ad essere forte ma poi…”
“Shht…puoi piangere se ti va, ma è tutto ok!” gli sorrise il moro stringendola un po’ di più tuffandosi con il naso nei suoi capelli profumati.
Alzò poi lo sguardo e puntò i suoi occhi di ghiaccio in quelli di Haruka, che nell’aria aveva già percepito l’ondata di guai in arrivo.
“Non hai una bella cera…siediti!” lo invitò la collega mentre si assicurava scrupolosamente che la porta fosse chiusa e non ci fosse nessuno in ascolto dall’esterno.
“Michiru, ti ha fatto mangiare questa bestia?” s’interessò il ragazzo accennando un sorriso mentre spostava la sedia da sotto il tavolo e vi posava sullo schienale il cappotto in pelle nera.
“Ci siamo dimenticate a dire il vero…”
Minako notò l’espressione del suo ragazzo accigliarsi visibilmente.
“Non è possibile, Haruka! sei veramente un caso disperato! Io ho dovuto abbandonare la mia pietanza sul fornello, ma sono stato costretto! tu cosa diavolo avevi da fare di più importante?”
“Ehi, non ti scaldare, ti lamenti tu e non lei!” sottolineò la bionda mentre prendeva posto di fronte a lui.
“Vado a preparare qualcosa di veloce io!” si offrì Minako, “posso Haruka?”
“Certo, se riesci a recuperare qualcosa! usa quella cucina finché ti pare!”
“Vuoi darmi una mano, Michiru?” domandò poi alla ragazza, conscia che i due dovevano parlare di fatti che la riguardavano da vicino.
In risposta ebbe un gesto di assenso del capo dalla proprietaria dei capelli ondulati come i mare; e le due si diressero ai fornelli in silenzio ma con l’udito ben attento.
 
 
“Dove sei stato?” lo interrogò Haruka accendendosi una sigaretta e portandosi vicina il posacenere.
Era inquieta e aveva un estremo bisogno di nicotina dopo quella giornata.
“Ho avuto un incontro ravvicinato con…”
“Che cosa?!” lo interruppe brusca con gli occhi spalancati senza farlo finire.
“Abbassa la voce. Non voglio si preoccupi…” disse riferendosi a Minako che stava indossando un grembiule per non sporcarsi.
“Perché non mi hai chiamata?” sibilò Haruka sputando una nuvola di fumo che aleggiò tra loro per qualche istante.
“Perché volevano parlare solo con me, non era quello vero. Tranquilla.”
“Tranquilla niente, anche le brutte copie possono ammazzarti lo sai?”
“mi han fatto sudare freddo lo ammetto…” disse ripensando alla canna della pistola puntata alla tempia.
“Qual è stato il messaggio?”
Il coltello che Minako stava usando per tagliare le verdure che Michiru era riuscita a trovare nel frigo sembrò rallentare di colpo sul tagliere.
“Vogliono i soldi, Haru…”
Alcune rughe d’ espressione abitarono il viso della giovane, mentre le labbra si arricciavano in una smorfia corrucciata.
“Inoltre…”
Oh bene, altre cattive notizie in arrivo.
“Devi darti una calmata. Credo che siano a conoscenza dell’episodio di oggi e che lo trovino un problema, mantieni un basso profilo”.
Haruka spense vigorosamente la sigaretta nel posacenere.
“Torniamo alla questione più importante.”
Lo sfrigolio di qualcosa che veniva buttato in pentola la interruppe un momento.
“Dobbiamo andarci di persona giusto?”
Akira annuì con il capo.
“Non credi che ci sarà qualcuno della polizia, a sorvegliare il locale di Yoshio?”
Il nome del padre di Michiru venne detto con un tono più basso rispetto al resto della frase, quasi non udibile.
“Sanno chi siamo. O meglio, chi sono! Sarà un casino…”
“Andrò io! da solo!”
“Tu non vai da nessuna parte!” Minako si era intromessa nella discussione mentre Michiru era ancora nell’altra stanza a finire di riempire i piatti.
Lo sguardo era serio, quasi tagliente, come il coltello da cucina che stava ancora stringendo.
“Hanno dei sospetti anche su di te!” disse rivolgendosi ad Akira.
“Sta mattina mi hanno fatto delle domande…”
“Che cosa? No, Mina non mi piace questa cosa, tu non ci devi andare in mezzo!” Disse alzandosi di scatto.
“Siediti e calmati!” le ordinò la fidanzato spingendolo nuovamente sulla sedia.
“Se non volevo rischiare non mi sarei mai messa con te, chiaro?!” lo ammonì.
Ad Haruka mise quasi soggezione vederla comportarsi in quel modo. Non era abituata a quella risolutezza e a quel sangue freddo, fino a quel momento di lei aveva conosciuto solo la parte allegra, solare e chiaccherona.
“Mi hanno fatto delle domande. Sospettavano centrassi col rapimento e mi hanno chiesto anche di te…”
Michiru ripose i piatti su un vassoio.
“Penso proprio di aver fatto cadere ogni sospetto sul mio conto e ho detto di non conoscerti e di non aver nessun legame con questa storia. Inoltre, io…” si puntò l’indice al petto mentre appoggiava la lama che aveva stretto convulsivamente fino a quel momento.
“Sono amica di Ami, posso avvicinarmi a lei senza destare sospetti e farmi pagare!”
“CONOSCI AMI?” la domanda fu seguita dal rumore di vetri rotti che schizzarono sul pavimento.
Michiru era in piedi e alla frase, i bicchieri che voleva posare sul tavolo prima di servire la cena le erano caduti frantumandosi.
“Ecco perché amo la plastica!” sbuffò Haruka, alzandosi alla ricerca di una scopa.
“No, senti non te la svignare tu!”
“Akira, io qui sono la più innocua!” sottolineò Michiru vedendolo agitarsi.
“Ma non sono stupida. Credo possiate parlarne anche davanti a me, dato che si tratta di me e della mia famiglia!”
“Si ha ragione”. Disse Haruka pacata.
“Ti sei ammattita?” domandò il moro.
“Ehi, tanto lo verrebbe a sapere! E’ a conoscenza delle cose no? Non sarò io a raccontarle bugie.”
Sa tutto, tutto di me, del mio passato. E’ con me, sa ciò che rischia. Ha detto lei che ci siamo in mezzo in due.
Akira si barricò dietro al silenzio e all’espressione che comunicava apertamente un non capisco, ma mi adeguo.
“Sono amanti!” gli rivelò Minako senza curarsi del volume della sua voce.
“Noi siamo cosa?” Haruka rischiò di strozzarsi con la propria saliva.
“Possiamo tornare all’argomento principale e non perderci in stupidi gossip?”
“Puoi scappare finché vuoi dall’argomento Michiru. Ma cosa farai poi? Una volta che ti rilasceranno e tornerai dalla tua famiglia come ti comporterai, fingerai ancora che tra voi non c’è nulla?”
“Io qui ho finito!” Tossì Haruka. “Oh ma che avete poi fatto da mangiare?” chiese virando di proposito la questione.
“Spaghetti di soia con verdure, le uniche cose che abbiamo trovato!” si affrettò a rispondere Michiru, senza lasciare che i suoi occhi abbandonassero quelli della bionda che la guardava con aria di sfida.
“Allora?” rincarò la dose Minako.
Michiru non aveva una risposta alle domande di quella che le stava davanti tamburellando il piede.
Non aveva idea di ciò che sarebbe accaduto senza quelle persone nella sua vita. Poteva cancellare tutto in un attimo? Avrebbe potuto dimenticare e vivere come se non fosse accaduto nulla? Sarebbe andato tutto bene? Non sapeva cos’erano lei e Haruka.
Erano due esseri umani in una situazione che aveva dell’irreale e avevano trovato un punto d’incontro forse. Significava essere amanti? Era stata una dichiarazione la sua, mentre l’altra era in lacrime?
“Minako non insistere, sono affari loro!”
“Mangiamo?” Haruka portò in tavola quella cena anomala a tarda notte.
“Si, mi è venuta fame!” sorrise Akira ispezionando la pietanza.
“Non cominciare con le tue ossessioni in fatto di cucina eh?!” lo riprese la fidanzata.
“Su vieni a tavola Michiru!”
“Voglio parlare di questa faccenda, non mangiare!” disse in tono serio.
“Si, ma se ne parla meglio a stomaco pieno!” affermò Akira.
Haruka la prese per mano e la costrinse ad accomodarsi, sistemandole la sedia sotto al tavolo.
“uuuh come siamo galanti!” canticchiò la ragazza del moro.
“Tu sei autorizzata a parlare solo quando hai cose importanti da dirci come quella di prima!” spiegò l’altra bionda portandosi alla bocca le bacchette colme di cibo.
“Siete strani…” commentò Michiru fissandoli uno ad uno.
E anche questa sensazione lo è.
Minako rubò il piatto ad Haruka che le tirò uno scappellotto, mentre Akira rideva divertito della scena.
La sensazione di essere tra amici.
“Dai mangia!”
Quasi in famiglia.
“Ti faccio imboccare dalla tua ragazza se no!” la minacciò col sorriso Minako prendendosi gioco di lei ed Haruka.
Forse mi sveglierò domani mattina e mi accorgerò che è tutto un sogno. Che nessuno di loro esiste.
“Non lo so cosa farò!” disse decidendo di dare voce ai suoi pensieri.
Gli altri tre presenti la guardarono incuriositi, sopprimendo ogni tipo di azione che stavano compiendo.
Michiru prese la mano di Haruka e la guardò intensamente “Spero tu possa perdonarmi, io non lo so cosa farò dopo che sarà finito tutto quanto!”
L’altra sorrise silenziosa. Le aveva già detto nella biblioteca quello che avrebbe desiderato facesse.
Scappare, scappare il più lontano possibile.
Non aveva bisogno di alcun tipo di spiegazione.
 
Sarà come se fosse stato tutto solo un sogno?
 
 
 
 
L’angolo delle spiegazioni:
tre piccole note per chiarirvi eventuali dubbi.
 
Wa= quella che viene menzionata dal tipaccio nel club a luci rosse. E’ la “famosa” pace che l’Oyabun vuole mantenere all’interno della “famiglia”
 
Il mettere le mani sulle ginocchia= indica realmente una posizione di superiorità. Se lo yakuza appoggia le mani sul pavimento, invece, è un indizio della sua inferiorità rispetto a chi si trova davanti.
 
*Riguardo il finto Oyabun, non ricordo se l’avevo già scritto in uno dei capitoli precedenti. Ma solitamente il volto del vero capo non viene mai visto da nessuno. La sua identità deve rimanere nascosta. Per questo manda delle persone che si spacciano per lui (come in questo caso).
 


Come al solito sono a disposizione per eventuali chiarimenti o per parlare allegramente ;P 


Note dell’autrice:
Sono riuscita ad aggiornare abbastanza velocemente per fortuna, anche perché, da lunedì sarò impegnata con lo studio siccome sarà la settimana prima del mio esame, perciò non sono sicura di riuscire a pubblicare. Devo distrarmi il meno possibile (cosa molto ardua) perché essendo all’ultimo anno di università devo darmi una mossa con questi esami -.-“
L’ultima parte è priva di descrizioni perché essendo una scena corale (con più di due personaggi), penso che il definire troppo i particolari farebbe perdere il filo del discorso tra i vari protagonisti. Se qualcuno ha dei consigli su come affrontare questo tipo di scene sono ben accetti :D
Spero non vi siate annoiati!
La vostra kat vi augura un buon weekend come ormai tutti i venerdì!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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