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Autore: ellephedre    16/10/2011    11 recensioni
Il sogno della nuova Lady, principessa finalmente divenuta grande, era uno solo: rivederlo.
Per Helios le cose erano più complicate.
Sarò in grado di affrontare la realtà? Sarò quello giusto per lei?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Chibiusa, Helios/Pegasus | Coppie: Chibiusa/Helios
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
Capitoli:
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Sogno reale 2

 

 

Sogno reale

   

 

Autore: ellephedre

 

Disclaimer: i personaggi di Sailor Moon non mi appartengono. I relativi diritti sono di proprietà di Naoko Takeuchi e della Toei Animation.

 

   

2 - Incontro

   

Più si voleva dormire, meno era facile addormentarsi. Usagi aveva trascorso quell'ultima settimana a sfinirsi durante il giorno pur di poter crollare appena toccava letto la sera. Il suo corpo non le era stato di alcun aiuto in quell'impresa, rivelandosi più robusto di quanto lei avesse immaginato.

Per cominciare, aveva provato a correre attorno al perimetro di cinque chilometri del Crystal Palace. La prima sera era morta di sonno, ma nei giorni successivi, invece di stancarsi, aveva avuto sempre più energia.

"Così impari ad allenarti troppo" l'aveva redarguita Venus.

Scartate ulteriori sessioni di allenamento con Jupiter, nei successivi due giorni Usagi si era rivolta nell'ordine a Mercury e a Mars.

"Davvero desideri studiare lo spagnolo antico?" le aveva domandato Mercury, sorpresa. "Ma certo che ti aiuto!"

L'idea era stata quella di morire di noia dopo poche ore, ma la speranza si era rivelata vana: Mercury l'aveva messa a studiare con i suoi due figli più piccoli - bambini intelligenti tre volte la loro età - e naturalmente aveva chiamato a supporto anche il quartetto preferito di Usagi, le sue adorate amazzoni personali. Così la noiosissima sessione di studio si era trasformata in una favolosa lezione di classe trascorsa a lanciare bigliettini alle spalle dell'insegnante. Mercury ne aveva intercettato uno al volo, senza nemmeno girarsi.

"Ridammelo subito" aveva letto ad alta voce. "Che cosa devi restituire a tutti i costi alla nostra ParaPara, mia Lady?"

"Niente" aveva bofonchiato Usagi, nascondendo nel pugno un fermaglio a forma di margheritina bianca e gialla. Quel pomeriggio non le era rimasto che andare da Mars.

"Desideri esercitarti nell'arte della meditazione spirituale, mia Lady? Non è semplice, ma se vuoi provare..."

Usagi aveva insistito. Sarebbe andata da Venus per chiedere di divertirsi con lei in sfrenate sessioni di ballo - Venus non diceva mai di no ad un po' di sano divertimento - ma oltre a non essere sicura che il movimento l'avrebbe realmente stancata, aveva avuto una paura folle di incontrare di nuovo, prima del tempo, l'ultimogenito di lei.

Colui-che-non-voleva-più-nominare era uno sfacciato libertino di diciassette anni; Usagi lo conosceva sin da quando era un bambino con occhioni blu sfavillanti e capelli biondi morbidissimi - un adorabile pericolo vivente per il cuore di qualunque donna dai tre ai novecentonovantanove anni, grazie alle fossette nelle guanciotte paffute e ai sorrisi grandi e sinceri che sapeva produrre a comando. Da quando quel ragazzino aveva iniziato a crescere, la situazione era drasticamente peggiorata - o migliorata, secondo punti di vista che non erano i suoi.

"Lo sai che ho novecento anni più di te?" gli aveva detto lei la sera di una settimana prima, quando lui si era intrufolato in camera sua senza chiedere il permesso. Aveva rivisto in quel momento la sua politica sul bussare alla porta. Non deve farlo nessuno, ma lui sì!

Colui-che-non-voleva-più-nominare si era seduto sulla sedia della scrivania, al suo fianco, e l'aveva squadrata da capo a piedi con dolcissima attenzione. "A me sembra che abbiamo la stessa età."

In un certo senso, era così. Dopo la sua interminabile infanzia lei non era cresciuta di colpo, ma più lentamente rispetto alle persone normali. Colui-che-non-voleva-più-nominare l'aveva eguagliata rapidamente e da simil-cuginetto era passato ad essere suo amico, poi...

La ragione per cui non voleva più nominarlo era quella.

"Non ti sto chiedendo di metterci insieme," aveva ribadito lui con una smorfia divertita. "Facciamo solo qualche... esperimento tra noi." Aveva avvicinato la sedia alla sua, con calcolata astuzia. "Andiamo, Usa-chan. Chi c'è meglio di me per te? Non andrò mai a raccontarlo a nessuno. Siamo amici, no?"

Lo erano. Lo erano stati. Si era ancora solo amici quando uno dei due aveva voglia di sporgersi in avanti e sfiorare le labbra dell'altro ad occhi chiusi, assaporando il momento?

Non la spaventava l'idea di essere delusa da lui. Piuttosto, la terrorizzava la scoperta che aveva fatto quel giorno: voleva innamorarsi. Innamorarsi sul serio, tanto da voler vivere un'avventura folle come quella che le proponeva il figlio di Venus. Avrebbe voluto dirgli di sì - non aveva ancora scartato l'idea di farlo - giusto per sentir battere il cuore più forte e... sognare.

Da quando i miei sogni non ti includono più, Helios?

Se lo era chiesta di nuovo durante la sessione di meditazione con Mars, ponendo quella domanda solo a se stessa.

Grazie alla copertura fornita da una trasformazione con la penna lunare, qualche tempo prima aveva frequentato un istituto superiore comune - molto prestigioso, ma almeno aveva detto addio alle lezioni private. Aveva insistito per quell'esperienza normale con i suoi genitori e loro avevano finito con l'accontentarla.

Almeno in apparenza, aveva indossato i propri panni nell'andare ogni giorno in classe. Aveva chiesto alla penna di non cambiare il suo aspetto, facendo tuttavia in modo che nessuno potesse riconoscerla come la Lady della Terra, legittima erede al trono. Sua madre, per essere più sicura, aveva aggiunto un poco del suo potere a quella magia.

A scuola non erano state le lezioni ad attirare la sua attenzione, bensì i suoi compagni di classe. L'aveva divertita stare tra ragazze e ragazzi comuni, gustandosi le esperienze di una vita normale. Le chiacchiere durante la pausa pranzo, la paura per gli esami di fine trimestre, le rumorose lezioni di educazione fisica - trascorse a giocare malamente a pallavolo. Come una studentessa qualunque, si era presa anche qualche cottarella. Non se n'era preoccupata molto, aveva liquidato facilmente quei sentimenti passeggeri.

In fondo questa non è certo la mia vera vita. Non è Usagi a provare interesse per quel ragazzo carinissimo della terza sezione.

Forse. Ma non era stata la vera Usagi ad immaginare una relazione con un ragazzo, in un futuro non lontano? Una relazione reale - fatta di appuntamenti, discorsi faccia a faccia, il tutto condito dalla possibilità di vedersi e toccarsi. Helios come si legava al desiderio di quell'avvenire?

Non si lega.

Non aveva avuto il coraggio di ascoltare quella risposta, una verità inconfutabile. Conoscendola dentro di sé, un giorno era quasi arrivata ad accettare l'invito di un altro giovane che si era interessato a lei. Lui l'aveva invitata ad uscire insieme.

"Una sera di queste, ti va?"

Informate della notizia, le sue amiche di scuola si erano esaltate. "È una cosa seria!"

Io non voglio una cosa seria senza Helios, aveva pensato Usagi. Non voglio uscire con un ragazzo che non sia lui, non voglio neppure giocare ad amoreggiare con qualcuno che non sia il mio Helios.

Quel suo proposito stava venendo meno, glielo aveva dimostrato il figlio di Venus.

Fosse stato solo 'giocare', poi - non si sarebbe preoccupata tanto. Il punto era che era nato un bisogno nuovo dentro di lei, assieme a quella maturità che tanto a lungo aveva desiderato.

Perciò, in che cosa sto sperando?

In quale sogno aveva riposto tutte le sue speranze per tutto quel tempo? Helios sarebbe tornato da lei? Poteva farlo, ne aveva le capacità? Poteva almeno farsi rivedere una volta e dirle, 'Fanciulla. Ti amo ma non potrò mai essere un uomo vero"?

Lei si sarebbe messa il cuore in pace per qualche anno. Come faceva lui a non esserne sicuro?

Non lo avrebbe fatto uscire dalla sua vita solo perché messa di fronte a quella dura realtà. Affatto. Se anche il loro fosse stato destinato a rimanere un amore onirico, lei sarebbe stata felice. Lo avrebbe vissuto con tutta la sua anima, si sarebbe accontentata di vedere e amare Helios in sogno.

Certo, pianse, sentendo le guance rigate di calde lacrime. Magari non sarebbe durata per sempre, forse quel sogno era solo l'ultimo barlume della sua infanzia, una candela luminosa su cui avrebbero soffiato entrambi in futuro, dicendosi addio. Ma era una storia destinata a non cominciare mai se lui si ostinava a non entrare in contatto con lei.

Usagi era piena di speranze e desideri, ma non aveva più la forza di covarli tutta da sola.

Voglio un bacio, Helios.

Me lo prenderò da lui, se non vieni tu a darmelo.

... non sei geloso?

La stava ascoltando? Teneva ancora a lei?

Helios aveva sentito che quello era l'ultimo giorno in cui lei lo avrebbe aspettato in quel modo?

Dopo andrò avanti con la mia vita, devo diventare grande. Voglio diventare adulta, mi stai ascoltando?

In seguito non si sarebbe trattato più di una faccenda di baci e nemmeno di altre persone. Piano piano lei avrebbe dimenticato sempre più che cosa significava avere una mente di bambina. Lo sentiva, le era già capitato. Il traguardo della maturità era davanti a lei, quasi visibile, come una linea che non voleva ancora attraversare. A trattenerla c'era solo Helios.

Senza la stessa innocenza di un tempo, avrebbe mai potuto rivederlo?

Non farmi questo, Helios. Vieni da me.

Si addormentò.

Vieni stanotte.

    

Le sue mani, pensò Helios, sembravano a posto. Allungando le braccia davanti a sé fletté ripetutamente le dita, ammirando i suoi nuovi arti. Li aveva modellati sull'immaginazione della fanciulla; sembravano mani adulte, ma non si sentiva in grado di giudicarlo adeguatamente. In ogni caso era giunto il momento della sua prima prova, l'incontro tanto agognato con lei.

Gli era parso che oramai anche la sua Chibiusa desiderasse spasmodicamente rivederlo. Aveva sentito qualcosa di simile ad un richiamo da parte di lei, molto di recente. Lo avrebbe ascoltato con più attenzione se non avesse saputo che la voce della sua fanciulla gli avrebbe instillato maggior fretta, distraendolo irrimediabilmente dai suoi compiti. Per andarla a trovare quella prima volta, si era dovuto premurare di lasciare da parte i suoi doveri più importanti, portandoli perciò tutti a compimento. Altrimenti come sarebbe potuto andare da lei con mente libera, per dedicarsi solo a salutarla, a contemplarla, a stringerla?

Era agitato e felice. Il primo passo per diventare un essere umano.

Giusto.

Prese un immaginario sospiro e gli sembrò di sentire aria che fluiva dentro di lui.

Oh.

Concentrato, chiuse gli occhi. Li riaprì in un mondo di nuvole azzurre e rosa.

Aggrottò la fronte. I colori non gli dispiacevano, ma preferì dare a quel sogno le forme del suo caro Elysion. Visitare di nuovo quei luoghi con la sua fanciulla, in tempo di pace, sarebbe stato un ottimo modo per salutare degnamente il regno di cui era custode, la sua dimora. 

Non mi mancherà.

La meraviglia di quella sua esistenza da sogno era la mancanza del senso di colpa per il passaggio che stava per compiere. Il suo era un percorso naturale. Se solo - se solo! - gli fosse bastato saperlo, per essere sicuro che tutto sarebbe andato a posto.

Sentì la gola pesante - un altro sintomo di umanità? - e la schiarì con un colpetto di tosse.

Magnifico, si stupì. Tossire era solo quel semplice movimento?

Tornò concentrato. «Fanciulla» disse, mostrandosi a lei solo come una voce.

Lei si destò nel sogno. «Helios?»

«Fanciulla» sorrise lui.

Dall'ultima volta che l'aveva vista, lei era cambiata ancora. Si era fatta più grande la sua dolcissima fanciulla.

Lei balzò in piedi. «Helios!» Cominciò a correre disperata, infilandosi nel bosco vicino come una saetta. «Dove sei? Helios!»

La reazione lo sorprese. «Fanciulla!» Perché tanta agitazione?

L'anima di lei era così in pena che, per calmarla, lui dimenticò la sorpresa che voleva farle con la propria immagine. Si materializzò subito, seguendola senza ulteriori indugi. Prima che potesse prenderla per le spalle e girarla - la sua fanciulla si era fatta più bassa? - lei si voltò di scatto e gli sbatté contro, cadendo all'indietro.

«Chibiusa!» si preoccupò lui.

Coprendosi il naso colpito con una mano, lei spalancò gli occhi. «AHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!»

Helios sussultò e si ritrasse. «...fanciulla?»

Lei continuò a puntarlo con un dito. «AHHH!»

Cosa, perché?

Ah! Il suo aspetto! Non le piaceva, come aveva temuto.

Lei si coprì la bocca con le mani. «Helios...» sussurrò.

Le sue mani, pensò attonito lui. A vederle da vicino, le dita di lei si erano fatte lunghe e delicate. La sua fanciulla aveva unghie lucenti e indossava un pigiama bianco in due pezzi, con bottoncini a forma di rosa. Aveva ancora i capelli dello stesso colore saporito - saporito? - e il suo volto... Le sopracciglia si erano fatte più sottili, con una forma precisa. La linea delle sue guance aveva perso in rotondità, acquisendo grazia. La sua bocca si era fatta più scura, solo un poco di più. I suoi occhi erano dello stesso colore, tra il rosso del fuoco e la tonalità vivace della terra.

Helios non vedeva l'ora di vedere con i propri occhi umani ogni cosa, ma aveva in lei un'anteprima meravigliosa. «Sei più bella che mai, fanciulla.»

Lei non proferì parola.

«Chibiusa» tentò lui.

Ancora non la sentì dire niente.

Ebbe un ricordo. «Usagi.» Quello era il suo vero nome.

Lei annuì. «Ora mi chiamo Usagi.» Tremò col respiro. «Sei venuto da me.»

Naturalmente. «Sapevo che mi cercavi.»

Lei si appoggiò sulle ginocchia, cauta come un animale impaurito. Si sporse lentamente in avanti, le mani esitanti. «Mi dispiace per l'ultimatum» mormorò. «Che sciocca, hm?»

Ultimatum?

Lei lo sfiorò su una spalla e ritrasse di scatto la mano. «Sei... Sei come vero!»

Ci aveva provato, per lei. Avrebbero dovuto fare un lungo discorso in merito al suo nuovo fisico.

«Helios...»

La fanciulla - la sua Usagi - si trattenne dal toccarlo a stento, le mani a incorniciare la sua forma, come se temesse di scoppiare di gioia nell'accarezzarlo.

Gli voleva ancora bene come un tempo, capì lui. Il loro era un amore vero e puro.

«Helios!»

Si ritrovò a gestire lo slancio di lei tra le braccia. Non fu complicato, ma quando abbassò gli occhi per guardarla si ritrovò senza fiato. Lei gli aveva tappato la bocca con le labbra.

Non riuscì a respirare. Non poteva neanche pensare in quel modo. Quello era un bacio che non era un bacio, era strano, era troppo... Divenne un blocco di ghiaccio bruciato dalle fiamme e capì solo in quell'istante quanto poteva essere forte una reazione umana.

Tirò via Usagi per le spalle.

Lei divenne del colore dei propri occhi, un po' più rosa ma molto più imbarazzata. «Ah...»

    

«Ah...» Usagi stava avvampando da capo a piedi. Il suo primo bacio, il suo bacio con Helios! «Mi dispiace!» Sprofondò. Volle farlo, ma il laghetto cristallizzato sotto le sue ginocchia non accennò a volerla inglobare. «Sono stata terribile! Non abbiamo nemmeno parlato, ci siamo appena incontrati e io come una folle esaltata ti sono saltata addosso senza lasciarti nemmeno il tempo di-»

Le mani di lui la stringevano ancora per le spalle, mantenendola a debita distanza.

«Non ti ho nemmeno darti il tempo di... abituarti» terminò lei. Aveva esagerato, ma la reazione di Helios non era da meno. «Guarda che è stata colpa tua» si risentì.

«Come?»

«Sono giorni che ti ho dato questo ultimatum, ma sono anni che ti voglio rivedere! Lo sai benissimo, perché non sei tornato prima?»

«Cosa?»

«Perché sei qui solo adesso?! E sei così diverso e- Insomma, perché mi tieni lontana con le mani?» La forza della sua presa invece di diminuire era aumentata. «Non mi riconosci?»

Helios espirò profodamente. «Fanciulla... Certo.» Abbassò le braccia.

«Sono Usagi» gli ricordò lei.

«Usagi» annuì prontamente lui. «È naturale che ti riconosca, sento la tua essenza proprio come un tempo, come...» Non continuò. «Penso che, prima di parlare di altro, io debba spiegarti meglio il mio attuale stato.»

Cosa c'era da spiegare? Lei voleva un motivo per gli anni di separazione!

Helios si portò una mano al petto. «Questo corpo che vedi è in prova.»

Corpo? In prova?

«È la forma che mi sono dato sviluppando la coscienza che avevo di me, nonché raccogliendo i tuoi desideri.»

Ma certo, comprese Usagi. Per questo lui era diventato tanto... beh, perfetto oltre le parole. In realtà le sembrava cresciuto nell'unico modo in cui si era immaginata possibile vederlo adulto, ma... Sussultò. Quel corpo era solo in prova?

Helios le impedì di farsi vincere dal panico. «Potrò mantenere questa forma quando entrerò nella tua realtà, ma per il momento è come se la stessi solamente testando.»

Le aveva udito un'unica cosa. «Nella mia realtà?»

Lui annuì, cauto. «A breve. Quando avrò preso maggior confidenza con questa forma mortale, che adesso sto solo... sognando.»

Nella sua realtà?

«Per questo, fanciulla, ti devo chiedere se-»

Usagi non seppe se urlare o morire di felicità. «Diventerai umano!!!!» Si avventò contro di lui ed Helios divenne di nuovo un pezzo di roccia.

«Scusa!» Si tirò indietro. «Umano!» rise forte.

«Sì» confermò lui, con gioia contenuta. «Ma fanciulla... Usagi. Indosso questa forma, completa così come la vedi, solo da pochi momenti. Ho profuso molte forze nel perfezionarla. Mi sono impegnato per renderla il più reale possibile, ma ora è come se stesse diventando viva con te che mi sei accanto e io non so se...» Arrossì.

Meravigliata, Usagi si allungò a sfiorargli le guance.

«Non so molto di questo corpo» la pregò Helios, ritraendosi. «Non sono ancora pronto a... spremerlo, si dice così?»

Lei si abbandonò a una risatina.

Per la prima volta da quando lo aveva assalito, fu lui a sporgersi in avanti. «Usagi...» Le porse una mano e quando Usagi la prese si sentì... Si sentì...

Oh. Sei tornato da me.

Strinse le sue dita e chiuse gli occhi. Pianse una lacrima di felicità.

«Usagi.» Helios la abbracciò solo con la mano.

«È solo una lacrimuccia» giurò lei. «Per quanto mi sei mancato.»

Il pollice di lui la stava accarezzando.

Stiamo volando?

Le sembrava di vedere il mondo da sopra le nuvole, con le ali candide di lui dispiegate che la aiutavano a librarsi in aria, a crescere e a non avere più timore di nulla. Il suo migliore amico, che l'aveva conosciuta meglio di se stessa, era tornato da lei. Racchiuse le dita di lui tra le proprie, cercando di non stringerlo troppo. Niente briglie per te. «Perché sei rimasto lontano tanto a lungo? Non sentivi nostalgia di me?»

«Il tempo scorre diversamente in questo mio mondo» mormorò Helios, con quella sua voce nuova che non era più morbida e delicata come in passato.

Non più un bambino. Ma era rimasto giovane nell'animo.

Forse lei sbagliava a pensarlo, ma lo preferiva così: cresciuto e mai cambiato.

«Per me non è passato molto da quando eri piccola e volavamo insieme lassù.» Helios sollevò lo sguardo. «Nel cielo della notte.»

I loro ricordi, la loro storia.

«In questo tempo di separazione ho contemplato da lontano i tuoi sogni.»

Allora non si era solamente immaginata la sua presenza che la vegliava. «Non vedevi che mi mancavi?»

Helios abbassò lo sguardo sul laghetto trasparente che li sosteneva. Ne accarezzò le superficie con una mano larga e, quando colse l'immagine delle proprie dita, si fermò. «Era giusto lasciarti libera.»

Da lui?

Helios sembrò riempirsi di un peso. «Dovevi crescere. Fanciulla, avrei potuto essere solo un sogno per te. Un amico di un tempo caro, da conservare nella memoria come un ricordo amato. Non volevo impormi, rischiando di allontanarti dalla tua realtà.»

Quante sciocchezze. «Per me non sei mai stato qualcuno da relegare in memoria. Un ricordo non vive in ogni tuo sogno.»

«Lentamente» annuì lui, «ne ho preso consapevolezza.»

Quanto lentamente? Prima le parlava degli anni trascorsi come fosse stata solo qualche ora di lontananza, poi le lasciava intuire di aver speso un'eternità a riflettere su di lei, trasformandosi per incontrarla.

Lo giudicava ingiustamente. Non poteva comprendere cosa voleva dire vivere nel suo mondo. «Hai mai smesso di pensarmi?»

Helios inclinò la testa e le strinse piano la mano. «Mai.»

Solo questo contava. Anzi, contava solamente che avrebbero avuto moltissimo tempo per conoscersi e stare insieme.

«Era giusto che tu acquisissi esperienza, fanciulla.»

«Usagi.»

«Perdonami» sorrise lui. «Sei stata tanto a lungo la mia fanciulla...»

Voleva essere la sua fanciulla, la sua ragazza, mille cose per lui. Trattenersi dall'abbracciarlo con tutte le sue forze divenne una tortura.

«Volevo che avessi più amici» continuò Helios. «Volevo che vivessi e coltivassi tutti i desideri che potevi provare per altre persone-»

«Desideri?» avvampò lei. Per altre persone?

Lui fu sorpreso. «Sì. Desideri di amicizia e compagnia.»

Ah. «Quindi... tu conosci i miei desideri perché hai visto tutti i miei sogni?» Se aveva visto tutto, era necessario spiegargli molte cose.

Helios scosse lentamente il capo. «Nella realtà non esistono amici che possono leggerti nella mente, con accesso a tutti i tuoi desideri più profondi. Ho scelto di venire da te nel modo più normale possibile: non ho conoscenza dei tuoi ultimi viaggi onirici. Non saprei quantificare, in termini di tempo, da quanto non li osservo. Non molto, ma... abbastanza. Credo.»

Lei lanciò un urlo di gioia segreto. «Va bene.»

L'espressione di lui divenne mesta. «Nella realtà, noi... Noi non ci conosciamo che qui, in sogno. Il nostro sarà un rapporto anomalo. Io non so come reagirò nel trovarmi a vivere, non so se potrò essere... Non so se sarò ancora una persona che tu desidererai avere accanto.»

Era insicuro.

Usagi lo aveva percepito dentro di sé: lei era l'unica persona con cui Helios avesse mai fatto amicizia.

Tenendogli la mano, si adagiò sulla schiena. «Potremo fare così anche nella realtà. Cominciamo ora.»

Con una domanda nello sguardo, lui imitò la sua posizione. Sotto di loro, la superficie si fece morbida come un cuscino di piume.

«Iniziamo a parlare di noi. Che cos'hai fatto durante la giornata, a che cosa stai pensando... Comincio io. Helios, come passi il tuo tempo in questo mondo da sogno?»

Il viso di lui si aprì in un sorriso. «È complicato.»

«Non ha importanza. Spiegamelo, io voglio sapere di te.»

Lui si accese. «Io vorrei sentirti raccontare la tua vita.»

Come? «Non hai già visto i miei sogni?» I suoi ricordi non si facevano vivi tramite quelli?

«Sì, ma... erano immagini, sensazioni. Io desidero le tue parole. Le ho sognate.»

Avrebbe speso anni per lui, a raccontargli tutto ciò che voleva ascoltare. «Ho fatto la mia domanda per prima. Un po' per uno, un po' per notte.» Si rabbuiò. «Verrai tutte le notti, vero?»

«Sì. Ora posso.»

Ora?

«Ho avuto molte cose di cui occuparmi per trovare questo tempo da dedicarci.»

Oh. «Vedi? Sono curiosa. Parlami di te.» Parlami per sempre di te.

Helios perse lo sguardo in un ragionamento. Aveva occhi color ambra, del colore del miele. Li puntò felici al cielo. «I sogni sono come labirinti.»

I sogni, pensò lei, erano perfezione.

  


 

«Stanotte è cambiato qualcosa» esordì CereCere, raggiungendo le altre sotto l'edera che si arrampicava nel loro angolino segreto, un pezzo di giardino reale appartato, protetto da sguardi indiscreti. «Usagi è come rinata.»

«Qualche idea sul motivo?» JunJun tirò un ramo del rampicante e iniziò a torturarne le foglie, testandone la forza.

«Ho un'idea, ma non riesco a crederci.»

ParaPara scese con una giravolta dal palo vicino. «Mi piacciono le cose in cui non riesci a credere! Sono sempre fantastiche!»

VesVes non le badò. «Cos'è accaduto?»

«Usagi mi ha confidato di aver dato un ultimatum al suo Helios durante questa settimana.» Sarebbe stata restia a parlarne, ma non le sembrava più un segreto da nascondere. «Ieri era l'ultima notte in cui era decisa ad aspettarlo.»

JunJun strappò una fogliolina. «È una cosa così da lei.»

«È vero, ma ieri era molto delusa e stamattina invece non più. Brillava, era letteralmente raggiante. Deve averlo rivisto.»

«Lo avrà sognato.» VesVes scrollò le spalle. «Si autosuggestiona facilmente.»

CereCere avrebbe avuto un'opinione simile alla sua, se non fosse stato per un particolare. «Stamattina sono andata da lei per consolarla. Non l'avete vista, ieri era così piena di speranze che temevo... Be', quando sono entrata nella sua camera, stava ancora dormendo. E indossava un vestito.»

«Sarà stato un vezzo.»

«Ma ieri notte indossava un pigiama! E mentre la stavo guardando quel pigiama è ricomparso su di lei dal nulla.»

A ParaPara brillarono gli occhi. «Un sogno vivente!»

JunJun inorridì. «Il cavallo sta tornando da lei!» Conosceva bene il sogno di lui e Usagi che volavano nel cielo di notte, la loro amica vestita come una principessa. Usagi lo aveva raccontato più volte a tutte.

«Peccato.»VesVes non si era scomposta. «Oggi mi era venuta una certa idea sulla persona con cui potevamo combinarla. Lui, in fondo, ci stava già provando.»

CereCere drizzò le antenne. «Cosa?»

«Mi riferisco a Venus-chan.» VesVes si rifiutava di chiamarlo col suo nome: a lui dava fastidio sentirla usare quel nomignolo e proprio perciò lei lo teneva sulla punta della lingua tutte le volte che lo incontrava.

«L'altra sera, quando sua madre è venuta a parlare con la Regina, lui è sgattaiolato in camera di Usagi.»

CereCere si sentì svenire. «E tu glielo hai permesso?!? Secondo te cosa significa essere guardiane della principessa?!»

Non certo proteggere la sua virtù, pensò VesVes. «Sono amici. Inoltre a me piace lo stile deciso di lui.» Poteva rimproverargli molte cose, ma non la faccia tosta.

Sgranò gli occhi. «Eccolo.» Lo indicò in lontananza, mentre attraversava a larghe falcate i giardini, diretto verso l'esterno.

In un istante CereCere si era teletrasportata da lui. Nell'istante successivo lo aveva portato da loro, stretto in una morsa di ferro.

«Ehi!» si lamentò il malcapitato.

CereCere lo prese per il bavero della giacca azzurra. «Stammi bene a sentire, ragazzino. Si può sapere cosa diavolo ti passa per la testa?! Stiamo parlando della nostra Lady, di sua altezza la principessa, la venerata e adoratissima figlia dei nostri-»

«Arrabbiata sei ancora più bella, CereCere.»

Lei lo mollò con una spinta. «Poppante!»

«Ciao, Venus-chan» lo salutò VesVes.

«Ho un nome» dichiarò piccato lui, incrociando le braccia.

«A me non piace. Andiamo, tranquillizza CereCere: vero che l'altro giorno non hai defraudato la nostra principessa della sua innocenza? Se lo avessi fatto, per la tua incolumità ti consiglio il silenzio.»

Ignaro del pericolo che correva, il figlio di Venere scrollò le spalle. «Usagi mi ha convocato personalmente poco fa. Mi ha detto che desidera restare solo amici.» Sollevò un sopracciglio, il suo orgoglio intatto. «Sembrava contenta.»

ParaPara sollevò un paio di dita per salutarlo, con timidezza. «Si è innamorata.»

«Davvero? Peccato per me, ma per lei sarà un gran bene.»

Se c'era una persona che le faceva venire voglia di usare la sua palla, pensò JunJun, quello era proprio l'ultimo ragazzino di Sailor Venus. Lui aveva una faccia fatta per gli schiaffi; con una bella palla lo si poteva tramortire a dovere dopo il giusto numero di colpi, quindi portarselo via, ammanettarlo ad un letto e poi... Produsse una smorfia: Venere e le sue influenze la disgustavano piacevolmente.

«In che senso è un bene?» indagò CereCere.

«Mia madre mi ha parlato di Usagi e della sua tristezza. Secondo lei Usagi era troppo attaccata al ricordo di un certo Erioso...»

«Helios.»

«Ecco. Non so chi sia, ma mi sembrava un'ingiustizia: Usagi non deve rimanere ancorata al passato. Io, che sono più giovane di lei, ho sufficiente esperienza da sapere che il mondo va... gustato.» Lasciò indugiare lo sguardo su ParaPara, facendola avvampare. «Ho pensato di dare una mano a Usagi e farle tornare il sorriso.»

«Quanto sei altruista» sorrise tra sé VesVes.

«L'amore è il sale della vita» annuì lui, mordendosi le labbra. «Anche lo zucchero.»

CereCere continuò a fulminarlo con lo sguardo. «Cosa avresti fatto se sua maestà il Re ti avesse visto entrare in camera di sua figlia?»

«Lo avrei affrontato. Non vedi? Sono un eroe.»

Era un ragazzino, pensò CereCere. Si meritava una punizione. «Visto che non hai paura... Fungerai da specchietto per le allodole.»

«Cosa sono le allodole?»

CereCere lo ignorò e si rivolse alle altre. «Noteranno tutti molto presto che Usagi si è innamorata. Meglio che nessuno sappia per il momento di chi si tratta realmente.» Soprattutto perché non c'era ancora niente di reale in tutta quella faccenda. Usagi non doveva passare per pazza. «Perciò» continuò, «quando la Regina ci chiederà dove sia indirizzato l'interesse di sua figlia, noi indicheremo te.»

Il ragazzino mostrò un primo dubbio. «Se ci fosse stato qualcosa tra me e Usagi, io non avevo intenzione di parlarne a nessuno.»

Non era più un'opzione. «Se avremo bisogno di qualcuno da indicare, tu sarai il nostro uomo.»

«Posso essere l'uomo di tutte, ragazze, ma non a queste condizioni.»

JunJun lo colpì con un sassolino sulla giacca. «Rispetto, piccolo. Siamo le guardiane della principessa e siamo tutte più mature di te.»

«Non lei.» Un dito ammaliatore indicò ParaPara. «Ma grandi, piccoli... cosa conta? L'amore ci rende tutti uguali.»

Ma sapeva parlare di qualcosa di diverso? pensò abbattuta VesVes.

«E se proprio vi ritenete più mature di me, io sono qui apposta per imparare.»

L'ultimo figlio di Venere aveva un pensiero fisso. «Ti abbiamo scelto come capro espiatorio, rassegnati.»

«Che cos'è un capro?»

«Un animale che si può sgozzare» dichiarò felice CereCere. «Ora va'. Ti abbiamo informato, non abbiamo più bisogno di te.»

Lui riacquistò un briciolo di cervello. «Non lo farete, vero?»

«Oh, usarti come specchietto? Certo che sì.»

VesVes notò che Venus-chan si faceva seria. Lui ne era capace, quando voleva.

«Ebbene, se mia sorella è la dea dell'amore, io sarò il guerriero dell'amore!» Scomparve davanti a loro, un concentrato di fierezza.

«È stupido» decretò JunJun.

CereCere fece finta di non sentire il 'bellissimo' aggiunto da ParaPara.

«Meglio per noi.»

      


      

«Che cosa disturba il tuo sonno, amore mio?»

Udendo la domanda, Mamoru sbadigliò e si avvolse nelle coperte. Nella loro intima tranquillità, Usagi si trasformava in Serenity solamente quando aveva qualcosa da nascondere. Tutta grazia e parole dolci, lei cercava di sedarlo e massaggiare via le sue preoccupazioni proprio quando ne conosceva l'origine.

«Dimmelo tu» le disse lui.

«È qualcosa con cui posso aiutarti, tesoro? Mamo-chan mio?»

Mamoru rise.

Aderendo alla sua schiena, Usagi lo abbracciò forte. «Coraggio, raccontami tutto.»

«Non giocare con me, Usako.»

«Va bene. Oggi tre squadre di ingegneri sono venute direttamente da noi per sapere chi deve supervisionare la ricostruzione dei primi edifici lunari. So che ti disturba dover fare questa scelta-»

«No.»

«Non ti disturba?»

«Riprendiamo il discorso su cui non mi hai più detto nulla.»

«Il Pacifico? Mercury mi ha assicurato che l'operazione di pulizia procede a rilento ma a dovere-»

«No.»

«I ghiacci» piagnucolò lei. «Non ti piace come li ho risistemati sulle montagne.»

«Chibiusa.»

«Devo metterla sulle montagne?»

«Usagi.»

«Okay.» Sua moglie fece un attimo di silenzio. «Nostra figlia sta... bene.»

«È taciturna.»

«È una ragazza.»

«Tu parlavi sempre.»

«Lei ti somiglia di più. Quando ha da pensare lo fa in silenzio, da sola.»

Già. «Che cosa la preoccupa?»

«Saranno pensieri da ragazze. È come un'adolescente ora. Starà pensando al suo futuro.»

«Ha accettato il suo ruolo su questo pianeta.»

«Sì, be', mi riferivo al futuro in generale. Come dire, ad esempio all'idea di avere un ragazzo...»

«È ancora troppo piccola.»

Sua moglie fece una pausa pregnante.

«È molto più grande di un'adolescente comune.»

Sicuro, ma per molti versi Chibiusa era ancora giovane. La loro era una figlia speciale, che aveva vissuto un'infanzia tanto lunga da avere ancora l'innocenza di una bambina sotto molto aspetti.

«Non avrai paura che te la porti via un ragazzo, vero?»

Affatto, che sciocchezze. La loro piccola Usagi sapeva difendersi benissimo da sola.

«Oggi l'ho vista ridere.»

Come?

«Era felice. Avrà risolto la sua preoccupazione passeggera. Se domani riesci a cenare o pranzare con noi...»

Oh, senza dubbio. Voleva vedere sua figlia con i suoi occhi. «Quindi non c'è più nessun problema?»

Usagi scrollò piano le spalle. «Non posso saperlo, la nostra bambina ha diritto ai suoi segreti. Però adesso è serena.»

Era una cosa buona. Il giorno successivo Mamoru avrebbe cercato di concludere le sue riunioni più in fretta, per mangiare con la sua famiglia. Un tempo aveva pensato che col teletrasporto avrebbe risolto tutto. Quanto si era sbagliato: tolte le ore previste per gli spostamenti, per chiunque era semplicemente aumentata la mole di impegni. Quel loro mondo non si fermava mai e lui era il Re di tutti. Era un sovrano fiero, ma stanco.

Sbadigliò di nuovo.

Usagi lo spinse a sdraiarsi. «Dormiamo, su. Abbracciami.» Sistemò la testa contro il suo petto e canticchiò qualcosa sotto voce. Lui sorrise.

Stremati dalla giornata di lavoro, si addormentarono entrambi in breve tempo.

  


 

E sia, pensò Helios, deglutendo.

La sensazione della saliva che scendeva giù per la gola si faceva sempre più reale col passare dei giorni.

La sua fanciulla lo amava. Quel sentimento, da lui stesso condiviso, stava accelerando i tempi di ogni cosa. Di quel passo il suo sostituto sarebbe venuto a metterlo alla porta prima che lui se ne fosse reso conto. Si sarebbe ritrovato sulla Terra inerme, come uno sciocco, privo dell'esperienza necessaria a vivere come un essere umano comune.

Usagi lo avrebbe considerato ridicolo.

Una prova, si ripeté, era la chiave di qualunque successo.

Strinse forte le palpebre.

Mondo reale, allungò il proprio spirito oltre i sogni, sto arrivando a provarti.

Sperò che le sue guide lo avrebbero accolto altrettanto bene.

 

 

CONTINUA...

 


 

NdA- chi conosce la mia saga di Sailor Moon noterà che ho deciso di mischiare alcuni elementi da me concepiti all'interno di questa storia. Il teletrasporto per esempio, il fatto che le guerriere abbiano una famiglia e soprattutto un certo personaggio di cui mi sono divertita molto scrivere :)

Non ha un nome perché non lo conosco ancora - e mi sono divertita a trovare modi diversi per non menzionarlo. D'altronde, in questa fanfic lui è una spalla comica e tale rimarrà.

Se esisterà anche nella mia versione ufficiale? Se sì, passerà moltissimo tempo.

Da uno spoiler che ho lasciato nella pagina di Facebook, alcuni avranno intuito che con l'ultima frase di questo capitolo Helios si riferisce al Quartetto delle Amazzoni. Chi meglio delle migliori amiche della sua fanciulla per introdurlo nel mondo reale?

Ha pensato così, vedrete poi come gli andrà :D

 

Grazie delle impressioni che mi avete lasciato per il primo capitolo. Se voleste farmi sapere cosa pensate dell'evoluzione della storia, sarei molto felice :)

 

ellephedre

   
 
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