INTIMITA’. Il giorno si avvicina.
Capitolo
4
Idiota,
l'hai fatto scappare.
Emmet
formulò un unico pensiero, con la fronte aggrottata e un
ghigno sulla bocca
mentre sfrecciava davanti a me tagliandomi la strada per seguire la
scia dell'orso
che avevo inutilmente braccato.
Malgrado
la sete non riuscivo a concentrarmi come sempre e la caccia stava
rischiando di
finire con un nulla di fatto. Almeno per me.
Jasper
e Carlisle stavano seguendo una pista più a nord,
probabilmente un branco di
alci ed io ero rimasto con Emmet, catturato dall'odore della sua preda
preferita, il grizzly. Avevamo ingaggiato una gara il cui premio doveva
essere
lo sventurato animale ma, all'ultimo mi ero lasciato distrarre, o non
so cosa e
l'animale si era precipitato sotto ad un dirupo in preda al panico. La
sua fuga
sarebbe di certo stata breve, lo avrei atterrato in pochi secondi, ma
Emmet
aveva approfittato della disattenzione e aveva preso il mio posto nella
caccia.
Annusai
l'aria con disgusto. Nessun puma nei paraggi, o altro grosso felino.
Presi la
via lungo il fogliame intricato che portava alla cima del monte,
lasciando
Emmet alle prese con il suo orso. L'aria sibilava intorno a me,
sembrava
accarezzarmi la pelle, una sensazione che adoravo. La notte stava per
finire e
già si intravedeva il chiarore dell'alba nascere lungo la
linea dell'orizzonte
portando con sé l'inizio di un nuovo giorno. Sulla vetta mi
fermai ad osservare
il panorama. Era inutile, non riuscivo a cacciare. Sempre troppi
pensieri.
Troppi desideri.
Edward….
Mi
voltai per individuare la presenza di Carlisle. Sentivo che si stava
avvicinando attraverso il bosco ma fino a che non giunse nei pressi
della
radura dove mi trovavo non ne scorsi se non il pensiero, costantemente
rivolto
a me. Odiavo farlo preoccupare, ma sapevo anche che Carlisle amava
prendersi
cura di qualcuno e, sicuramente amava occuparsi di me.
Eccolo.
Ci scambiammo uno sguardo attraverso l'oscurità che andava
schiarendo. Vide la
mia posizione eretta, priva di ogni velleità predatrice e mi
si fece accanto.
"Tutto
bene?".
Annuii.
"Non
riesco a concentrarmi… e poi non ne ho davvero bisogno",
commentai.
Mio
padre mi osservò a lungo. "Qual è il problema?".
Sospirai.
Carlisle mi conosceva bene.
"Forse
sono un po' preoccupato per il matrimonio e …. tutto il
resto. Non faccio che
pensare a lei. Così non mi era mai successo, se non i primi
giorni in cui l'ho
conosciuta", gli dissi aprendomi del tutto. Con mio padre non avevo mai
avuto problemi a parlare di qualsiasi cosa, almeno fino ad allora.
E'
come pensavo, udii nella mia testa.
"Ovvio
che non so quanto rispecchi la realtà. Tu sei
così diverso da tutti, Edward…",
mormorò osservando il cielo per poi tornare a rivolgermi
l'attenzione. " Un
po' per colpa mia, che ti ho trasmesso la via dell'astinenza dal sangue
umano,
un po' per come sei fatto, credo che tu abbia sviluppato e accresciuto
al
massimo un controllo quasi totale su te stesso. Controllare la sete
equivale a
controllare gli istinti primari, tra i quali c'è anche il
desiderio sessuale.
Probabilmente, quando ti è capitato di provarlo lo hai
represso e messo sotto
stretto controllo come la sete, perché anch'esso
può generare in noi degli
eccessi. Non è difficile da gestire, ma devi essere abituato
a farlo. Devi
essertene data la possibilità. L'hai mai fatto?".
No,
di questo ero sicuro. Le parole di Carlisle mi risultarono
più che vere.
"Tu
pensi che io riesca a gestirlo?"
"Certo
che si! Riuscirai sicuramente, ho fiducia in te Edward. Se
c'è una persona che
può farlo, questa sei tu."
Alzai
le spalle, seguendo riflessioni interiori.
"Mi
sento come in balia di venti fortissimi che mi scuotono fino nelle
viscere. Non
so ben spiegarti, ma è così. Lasciarmi andare a
quelle…. sensazioni è fonte sì
di gioia, ma anche di grande turbamento"."Ti capisco e lo immaginavo.
Ma cosa ti spaventa di più?"
Sapevo
su cosa stava riflettendo, tutto mi era chiaro e decisi di essere del
tutto
sincero con lui. Nei giorni passati avevo parlato dei miei problemi con
Emmet e
Jasper ma a Carlisle non avevo mai detto niente.
"E'
come credi. Tutti lo sapete ormai da tempo. Bella si aspetta qualcosa
da me ma
io, io non so cosa aspettare da me stesso. Non lo so proprio. Emmet e
Jasper
hanno provato ad aiutarmi ma credo mi abbiano confuso ancora di
più le idee.
No, bè, una cosa l'ho capita… che non devo mai
smettere di pensare."
Carlisle
rise. Una risata argentina risuonò in quel piccolo spazio
tra i grandi abeti.
Alzai un sopracciglio, confuso.
"Scusami,
non volevo ridere di te", disse tornando serio."Comprendo le tue
paure".
"Sarebbe
meglio riderci sopra ma io…non ci riesco. Dimmi,
com'è per noi Carlisle? Emmet
mi ha detto qualcosa ma di lui mi fido poco"
"Il
sesso? Qualcosa di molto potente. Potente quasi come il desiderio del
sangue
umano".
Scossi
la testa. "Bè, allora aveva ragione. Perché io
non ne ho mai sentito il
richiamo così forte prima di conoscere Bella?".
"Mm..me
lo sono chiesto anch'io più di una volta in tutti questi
anni e sono giunto ad
una conclusione".
Lo
guardai pendendo dalle sue labbra.
"Perché
temi per lei. Perché ti senti diverso. Ci sono molti
perché, molte risposte,
molte possibili scelte ma non devi temerle".
"Ne
ho ben motivo…"
"In
questo la penso come Bella. Tu non vuoi farle del male e non glielo
farai. Lascia che
ciò che provi esca da te, non lo
imprigionare. Non fa parte della nostra natura…mostruosa,
credimi. E' forte,
si, è inebriante, è vero, ma non porta la morte,
bensì l'unione. Specialmente se
lo fai con la persona che ami".
Non
riuscii a sorridere, anche se sapevo che aveva ragione.
"Ma
se non so contenermi potrei comunque portare morte…. Non
riesco a non
pensarci…", dissi incapace di arrendermi del tutto alla sua
visione
ottimista. "Ho timore di liberare anche il mostro…".
Carlsisle
mi sorrise, per niente scalfito dalle mie parole. I suoi pensieri erano
tutti
positivi.
"Edward,
Edward… dovresti imparare a guardare a te stesso con un po'
più di indulgenza a
volte".
"Tu
lo fai? Sei sempre così…".
"Attento?
Certo, lo devo a tutti gli esseri umani che incontro ogni giorno. Ma
questo non
vuol dire che penso a me stesso come ad un mostro senza cuore. E non lo
penso
certamente di te, che sei la persona più bella che abbia
conosciuto".
Le
ultime parole di Carlisle mi strapparono un sorriso. Abbassai la testa.
Si, lo
sapevo. Lui credeva troppo in me.
"Sai
che ho detto la verità", disse ancora con occhi sinceri e
profondi.
Mi
passai una mano tra i capelli. "Si, lo so, lo so…"
"Edward…".
"Va
tutto bene. Ti ringrazio..".
"Sono
felice per te, molto felice. Sono orgoglioso di mio figlio.
Andrà tutto
splendidamente..tu lo
meriti",
mormorò abbracciandomi.
Lo
strinsi forte. Odorava di buono, odorava di pace. Era l'unico odore che
da sempre
aveva avuto il potere di tranquillizzarmi, che aveva calmato i miei
eccessi
iniziali di vampiro, le inquietudini di un giovane in balia di istinti
forti e
pericolosi. L'odore di mio padre. Perché mio padre lo era
davvero e non tanto
per il fatto di avermi salvato la vita, trasformandomi in essere
immortale,
quanto per tutto quello che in seguito aveva fatto per me. Lui era
sempre stato
presente, sempre.
Una
meteora attraversò il cielo in quell'istante ed alzammo gli
occhi per
osservarla.
"Bella…",
mormorai a me stesso.
"Vuoi
andare da lei?"
Scossi
la testa. "Prima è meglio se caccio…".
Dopo
un ultimo sguardo al cielo che stava facendosi sempre più
chiaro, corremmo nel
folto del bosco alla ricerca di una preda.
Rientrati
a casa ci riavvolse immediatamente l'eccitazione che ferveva per
l'imminente
data del matrimonio.
Mia
madre e Alice correvano qua e là, chi per l'organizzazione
della cerimonia, chi
per la ristrutturazione del cottage. L'unica meno impegnata era
Rosalie, che ci
venne incontro incollandosi ad Emmet come ad un francobollo.
Mi
feci una doccia. Il sole era già sorto e Alice aveva
preannunciato una giornata
priva di nuvole. Fantastico, proprio quello che ci voleva per placare
il mio
desiderio di lei. Non ero riuscito a farle visita durante la notte e
avrei
dovuto escogitare qualcosa. Mia sorella non voleva assolutamente che la
portassi a casa nostra, per non rovinare la sorpresa, diceva, ma non
potevo
neanche comparire a casa Swan, purtroppo.
Entrai
in camera mezzo nudo. Fortunatamente nessuno era nei paraggi, come la
mia mente,
tanto da scordarmi i vestiti da indossare.
Tre
giorni. Mancavano solo tre giorni.
Sospirai,
sedendomi sul bordo del letto. I capelli bagnati gocciolavano perle
d'acqua
lungo il collo, e seguivano la forma dei muscoli per finire assorbite dall'asciugamano legato in
vita. Le poche
parole che avevo scambiato con Carlisle avevano avuto l'effetto di
tranquillizzarmi
a proposito delle paure che avevo, ma non quello di calmare
l'eccitazione che
si faceva sempre più intensa. Ogni giorno di più.
Fui
distratto dalla mia immagine riflessa da una parte dei vetri delle
grandi
finestre della mia stanza. Rimandavano l'immagine di un giovane
assorto, in una
posa immobile, quasi una statua, ma i giochi di luce facevano si che la
mia
pelle non risultasse così bianca, ma riscaldata da un ocra
chiaro, più
naturale, quasi umano. Forse aveva ragione Carlisle quando diceva che
Bella mi
aveva irrimediabilmente cambiato e che in quel momento risultavo il
più umano
nella mia famiglia.
Continuai
ad osservarmi.
Dall'immagine
riflessa passai alle mani, mi toccai il collo. Il mio corpo non era
massiccio
come quello di Emmet, né estremamente muscoloso, ma privo di
ogni difetto come
quello di tutti i vampiri. Non avevo mai riflettuto così
tanto come in quel
periodo sul mio corpo. Bella lo adorava, lo sapevo, lo vedevo e non lo
capivo.
O meglio, lo capivo in parte. Ero bello, ad un occhio umano, ma
Passai
la mano lungo tutto il braccio, facendo scorrere le dita sulla pelle
come una
carezza. Rabbrividii. Mi sentivo caldo, morbido… normale. Ma
era relativo, Bella
non poteva percepirmi nello stesso modo. Feci scendere la mano lungo il
torace,
fino a posarla sulle gambe piegate. Al pensiero delle sue dita che mi
esploravano
sussultai e una fitta mi colpì lo stomaco. Come avrei potuto
resistere alle sue
carezze senza assalirla? Chiusi gli occhi, lasciandomi andare
all'indietro e
piombando di schiena sul copriletto dorato.
No.
Ci sarei riuscito.
Ma….anche
se avessi saputo dosare le mie carezze, come avrei potuto darle piacere
al
momento giusto? Ero freddo e forse anche troppo…duro per lei.
Sorrisi
a questo pensiero imbarazzante.
Mio
Dio. Ero a preoccuparmi di una cosa che non vedevo l'ora si avverasse.
Mi
sfiorai nuovamente la pancia con la punta delle dita. No, non era
affatto una
buona idea. L'immagine di Bella era troppo presente e l'eccitazione si
stava
imponendo troppo rapidamente per formulare qualsiasi pensiero potesse
servirmi.
Ok. Avevo
esagerato.
Mi
alzai immediatamente cercando cosa indossare, slip, pantaloni,
maglietta e
camicia. Non sarebbe stata la prima volta che cedevo al piacere, ma non
era
qualcosa che amassi fare. Come aveva detto Carlisle ero molto
controllato.
Troppo. Ricordai il periodo in cui mi ero allontanato da lui e da Esme,
gli
anni della ribellione. Avevo ucciso, bevuto sangue umano, ma non ero
mai stato
del tutto fuori controllo. Mai.
Solo
Bella aveva avuto quel potere su di me.
Mi
piegai in due improvvisamente, inginocchiandomi sul pavimento.
Pazzesco. Cosa
avevo innescato? Delle ripetute ondate di eccitazione mi agitavano il
corpo,
concentrate nel basso ventre e resistere era un'impresa impossibile.
Appoggiai
le mani per terra, stringendo i denti e aspettando.
Scimmietta,
non posso neppure pensarti, adesso?
Ecco,
arrivava. Lasciare andare, dovevo lasciare andare quell'energia.
Strinsi
le gambe, inutili altri gesti e un ringhio sordo mi squassò
il torace, uscendo
dalla gola.
Dio.
Libero.
Ansimai,
prendendomi la testa tra le mani.
Come
avrei resistito altri tre giorni?
Mi
rivestii in fretta. Forse era meglio se quel giorno non l'avessi vista.
No, ma
cosa andavo pensando? Avevo bisogno di vederla, al diavolo il mio corpo
inquieto e in ebollizione!
Mentre
uscivo dal retro, intercettai i pensieri di Alice che mi stava
cercando. Poco
educatamente non mi feci trovare e mi precipitai su per il pendio del
colle,
dirigendomi verso la mia radura. La nostra radura. Avevo bisogno di
stare da
solo.
Il
sole andava e veniva dietro le nubi, ancora basso sull'orizzonte. Era
ancora
molto presto.
Sentivo
addosso le sensazioni di poco prima, anche se la tensione si era del
tutto
calmata. Mi distesi sull'erba fresca.
Stupido,
Edward. Stare con lei è la gioia più grande che
tu abbia mai provato in tutta
l'esistenza, non lasciarti dominare da altri pensieri, né
distrarre dalla passione.
Tutto ciò avrà il suo corso, come la vita, come
le cose del mondo cui, bene o
male, appartieni.
Respirai
a pieni polmoni l'aria fresca della mattina. Stormi di uccelli
volteggiavano
sopra di me, le piume brillanti, colpite dai primi raggi del sole.
Desideravo
vederla, solo quello.
Improvvisamente
mi tornò alla mente una cosa importante da fare, qualcosa
che la riguardava da
molto vicino. L'orologio segnava le sette e mezzo. Potevo provare.
Cercai il
numero e composi la chiamata.
"Pronto,
Edward?", rispose subito la voce squillante.
"Seth,
si, sono io, scusa se ti chiamo così presto".
"Fa
niente, sono sveglio da un bel po'. Posso aiutarti?".
Poteva
farlo? Speravo proprio di si.
"Lo
spero. Dovresti fare una cosa per me, anzi, per Bella. So che lei ci
tiene
molto, ma non te lo chiederebbe mai… Così lo
faccio io al suo posto. Puoi
rintracciare Jacob e costringerlo a venire al matrimonio? Anche solo
per una
visita".
"Uao,
Edward. Proprio tu me lo chiedi?"
"Si,
proprio io, ti sembra strano?"
"Conoscendoti…no.
Bè, non so, posso provarci"
"Mi
faresti proprio un gran favore Seth"
"Si
si, vedrai che lo convinciamo! Ma…sei davvero sicuro? No,
perché Jake è un
casinista quando vuole".
Sospirai.
Certo che avrei preferito non ci fosse, ma ciò che Bella
amava io non potevo
odiare.
"E'
il mio regalo"
"Ah,
ok".
"Grazie
Seth, ci conto"
"Edward?"
"Si?"
"Sei
proprio una gran brava persona tu…".
Sorrisi
nel riattaccare. Se avesse potuto leggermi nel pensiero non avrebbe
avuto la
stessa opinione di me. Lo facevo per lei. Soltanto per lei.
Se
Jake fosse venuto ne sarebbe stata felice, si sarebbe sentita completa.
Ed io
volevo che fosse felice.
Intrecciai
le braccia dietro la testa, ritornando a guardare il cielo. La
telefonata con
Seth mi avevo messo di buonumore e non intendevo farmelo guastare col
pensiero
di Jacob Black.
Potevano
bastare già i problemi che avevo per conto mio e non volevo
attardarmi su
considerazioni pericolose per il mio fragile stato emotivo. E Jacob era
una di
queste.
Tornai
a guardare il cellulare. Prima di venire via da casa le avevo mandato
un
messaggio in cui le dicevo dove ero diretto. Sapevo che non mi avrebbe
raggiunto fin lassù, ma speravo mi dicesse di andarla a
prendere vicino a casa,
o che comunque avremmo trovato il modo di vederci.
Nessuna
risposta. Ma era ancora presto.
Il
sole si alzò nel cielo, fino a sfiorare le punte
più alte dei grandi alberi
nella parte bassa della radura. Gli insetti passeggiavano ignari su di
me,
immobile nell'erba. Avrei voluto che lei fosse lì.
Perché non chiamava e non
rispondeva al messaggio? Ormai sarà stata sveglia e in piena
attività.
Forse
stava facendo qualcosa che non voleva dirmi? Forse c'entrava Jacob?
Mm…no.
E poi, se fosse stato così, non avrei dovuto comunque
preoccuparmene.
Chiusi
gli occhi. Il tempo solitamente per me passava veloce, anche se non ne
ero mai stato
veramente consapevole. Ma l'attesa si stava facendo snervante.
Più dell'attesa,
il non sapere dove fosse o cosa stesse facendo.
Ripensai
a come ci eravamo lasciati il giorno precedente. Bella mi aveva
rimproverato, è
vero, diceva che ero troppo teso, mentre io le facevo notare che quella
preoccupata era lei, piena di ansie per la cerimonia. Ma,
effettivamente, io
per una cosa, lei per un'altra, eravamo tutti e due molto nervosi.
Presi
nuovamente il cellulare e la chiamai. Squillò a vuoto per
diversi secondi. Poi
riattaccai. Nessuna risposta. Che strano.
Il
momento di solitudine era finito, poteva bastare. Dovevo vederla.
Mi
alzai in fretta, intenzionato a scendere a valle e presi velocemente la
via del
ritorno. Ma non feci che pochi passi, relativamente alla mia
velocità, quando
captai odore di sangue umano. Mi bloccai ai limiti della radura, in
difesa.
Qualcuno stava forse salendo per il sentiero? Dietro un albero, rimasi
in
ascolto del rumore dei passi che ancora non udivo. Poi, ecco, iniziai a
distinguere i battiti di un cuore, un suono che aveva qualcosa di
familiare.
Poi mi colpì quel aroma delizioso che stuzzicò la
mia sete e mi illuminò in un
sorriso. Bella. Era lei.
Feci
appena in tempo a realizzare l'idea che me la vidi comparire in fondo
all'ultima discesa che portava alla radura, seminascosta nell'abetia.
Affannata
e rossa dalla salita, gli occhi bassi, fissi sul terreno, non si ero
accorta
che la stavo osservando.
Bella.
Fui
improvvisamente sommerso da un mare di dolcezza. Ma non le andai
incontro, non
volevo spaventarla né cedere a quella forte emozione. Mi
sedetti sul ciglio del
sentiero, in modo molto visibile, attendendo pazientemente che si
accorgesse di
me. Una curva, pochi alberi frammezzo ed eccola. Alzò gli
occhi e mi vide. Sorrise,
accelerò il passo. Le risparmiai gli ultimi metri e la presi
fra le braccia.
Finalmente.
"Edward…",
mi strinse forte.
"Che
ci fai qui? Perché non mi hai risposto?"
I
suoi occhi brillarono. "Volevo farti una sorpresa. Ho visto il tuo
messaggio…".
"E
se fossi già venuto via?"
"Mm…ci
avresti messo poco a ritornare…"
"Già..-
mormorai con il viso fra i suoi capelli-…avevo proprio
bisogno di vederti"
"Ed
io di fare una passeggiata in montagna"
La
guardai confuso.
"Scemo.
Se la montagna non va da Maometto…"
Risi.
Che stupido.
La
sollevai da terra stringendola delicatamente per la vita e lei mi cinse
il
collo con le braccia, baciandomi cautamente sulle labbra.
"Torniamo
nella radura?"
Ci
sedemmo nella parte più assolata del prato e la feci
stendere sulla mia felpa,
dato che l'erba era ancora umida dalla rugiada della notte. Poi
l'abbracciai,
odorando la sua pelle, il naso affondato tra il collo e la spalla.
"Tutto
bene?", chiese dopo un po'.
Annuii
senza muovermi.
"Edward?
Se continui non rispondo di me…".
Mi
aprii in un sorriso. "Ti basta così poco?".
"Tu
non ti rendi conto…"
"Neanche
tu…", replicai ridacchiando. Capivo cosa voleva dire ma non
poteva mettere
sullo stesso piano il mio il folle desiderio e il suo.
Mi
prese il viso tra le mani. "No, sul serio, stai bene?".
"Perché?",
chiesi senza capire.
"Alice
mi ha detto di averti visto strano".
"In
visione?"
"No,
questa mattina. Cos'è successo a caccia?".
A
mia sorella non sfuggiva proprio niente. Doveva avermi visto scappare
da casa
senza salutare nessuno. Sospirai. Che potevo dirle? Che morivo dal
desiderio di
averla? Che il mio corpo stava esplodendo?
"Bè,
no a caccia non è successo niente, tutto normale. Avevo
bisogno di stare un po'
da solo…".
"Oh,
allora ti ho disturbato…".
"Era
riferito alla mia famiglia. A volte sanno essere un po' ingombranti",
precisai, dicendo però una mezza verità."Non
vedevo l'ora di stare con
te…"
"Mm…anch'io
a dir la verità". Intrecciò le mani nei miei
capelli, guardandomi fisso negli
occhi. "In questi giorni non sono tranquilla fino a che non ti
vedo…"
"Solo
in questi giorni?"
"Bè,
in questi giorni di più… Ti amo"
Le
carezzai una guancia con il dorso delle dita. Si stava già
colorando di rosso.
"Ti
amo anch'io…"
"E?"
Abbassai
la testa. Era perspicace. Feci un mezzo sorriso, quello che le piaceva
tanto.
"Lo
sai bene. Non farmici pensare"
Alzò
gli occhi al cielo lasciandosi cadere sulla felpa, una mano nella mia.
"Non
puoi darmi nessuna indicazione su dove andremo? Alice vuole farmi anche
la
valigia…..sembra che io non possa più fare niente
da sola.. Ma è questo che
vuol dire entrare nella tua famiglia?".
Risi
del suo tono un po' scocciato e mi distesi accanto a lei.
"Un
po'…..si, purtroppo per te. La tirannia di mia sorella Alice
è totale per
quanto riguarda moda, viaggi e roba simile. Poi per il resto,
bè, ci
conosci…"
"E
il nostro viaggio?"
"Eh
no, di questo non ti dirò niente. E' una sorpresa".
"Non
mi piacciono le sorprese….", disse piagnucolando.
"Questa
ti piacerà…", mormorai avvicinandomi alle labbra
per baciarla. Rapidamente
le sue mani scesero dalle spalle verso i fianchi e si aggrapparono alla
camicia, sfilandola dai pantaloni. Poi si mossero calde e titubanti
sulla mia
schiena nuda. Gemetti, appeso ad un filo di controllo.
"Bella…",
sussurrai con voce roca, dedicandomi a piccoli baci sul collo e sulle
spalle.
Staccai una mano da terra e la posai sui suoi fianchi, carezzandoli,
insicuro.
Sentivo aumentare il fuoco che mi bruciava, ma la mente era ancora ben
consapevole di cosa stava facendo e azzardai un gesto ancora
più audace, dai
fianchi alla coscia, poi la presi da dietro sollevandola un po' verso
di me,
che le stavo sopra, sostenuto dall'altro braccio, fino a fare aderire
il suo
corpo al mio. Potente. Un calore impressionante sembrò
ustionarmi anche
attraverso i tessuti che cui separavano.
Bella
si aggrappò forte al collo e alla mia bocca. Quel momento
sembrò non finire
mai. Non volevo che finisse. Ma l'eccitazione cresceva, qualcosa dentro
di me
esultava e non potevo premettermelo. Sospirai, riportandola
delicatamente a
terra.
Premette
la faccia sul mio petto, rossa in viso. Aveva capito.
Mi
ci volle qualche minuto prima di potermi del tutto staccare da lei e
rimettermi
a sedere.
"Edward…",
disse dopo molto silenzio. "Passerà molto tempo prima di
poter tornare
qui, vero?".
La
radura. Vero. Mancava così poco che non avremmo
più avuto modo di farlo e poi…
poi saremmo partiti e dopodichè sarebbe stato ancora
più difficile poterci
tornare.
"Probabile..",
risposi alzando le spalle.
"Bè,
peccato… sono affezionata a questo posto. E' qualcosa che mi
mancherà".
Mi
voltai per guardarla bene in viso.
"Bella,
amore, spero di non farti mai mancare niente. Spero, voglio che tu
sia…felice
con me..", dissi in preda ad una strana emozione.
Sorrise
abbassando un po' gli occhi. "Quando dico che una cosa mi
mancherà non è
che un modo di dire…. Io voglio stare con te, dove.. non
è importante.."
"E
la tua casa? Non ti mancherà?".
"Dovunque
tu sia. Quella sarà la mia casa".
Ebbi
la sensazione dello scorrere di una lacrima lungo il viso, uscita
dall'angolo
dell'occhio. Invece era il suo dito.
Curioso.
Era già una parte di me.