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Autore: spilletta    22/10/2011    7 recensioni
Torniamo all'inizio di Breaking dawn.... Edward e Bella iniziano a scoprire una nuova intimità, per prepararsi alla fatidica prima notte. Dei brevi flash che ripercorrono le tre settimane prima del matrimonio, visti dagli occhi di Edward. La mia prima fanfiction...
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Breaking Dawn
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INTIMITA’. Il giorno si avvicina.
Capitolo 4

Idiota, l'hai fatto scappare.
Emmet formulò un unico pensiero, con la fronte aggrottata e un ghigno sulla bocca mentre sfrecciava davanti a me tagliandomi la strada per seguire la scia dell'orso che avevo inutilmente braccato.
Malgrado la sete non riuscivo a concentrarmi come sempre e la caccia stava rischiando di finire con un nulla di fatto. Almeno per me.
Jasper e Carlisle stavano seguendo una pista più a nord, probabilmente un branco di alci ed io ero rimasto con Emmet, catturato dall'odore della sua preda preferita, il grizzly. Avevamo ingaggiato una gara il cui premio doveva essere lo sventurato animale ma, all'ultimo mi ero lasciato distrarre, o non so cosa e l'animale si era precipitato sotto ad un dirupo in preda al panico. La sua fuga sarebbe di certo stata breve, lo avrei atterrato in pochi secondi, ma Emmet aveva approfittato della disattenzione e aveva preso il mio posto nella caccia.
Annusai l'aria con disgusto. Nessun puma nei paraggi, o altro grosso felino. Presi la via lungo il fogliame intricato che portava alla cima del monte, lasciando Emmet alle prese con il suo orso. L'aria sibilava intorno a me, sembrava accarezzarmi la pelle, una sensazione che adoravo. La notte stava per finire e già si intravedeva il chiarore dell'alba nascere lungo la linea dell'orizzonte portando con sé l'inizio di un nuovo giorno. Sulla vetta mi fermai ad osservare il panorama. Era inutile, non riuscivo a cacciare. Sempre troppi pensieri. Troppi desideri.
Edward….
Mi voltai per individuare la presenza di Carlisle. Sentivo che si stava avvicinando attraverso il bosco ma fino a che non giunse nei pressi della radura dove mi trovavo non ne scorsi se non il pensiero, costantemente rivolto a me. Odiavo farlo preoccupare, ma sapevo anche che Carlisle amava prendersi cura di qualcuno e, sicuramente amava occuparsi di me.
Eccolo. Ci scambiammo uno sguardo attraverso l'oscurità che andava schiarendo. Vide la mia posizione eretta, priva di ogni velleità predatrice e mi si fece accanto.
"Tutto bene?".
Annuii.
"Non riesco a concentrarmi… e poi non ne ho davvero bisogno", commentai.
Mio padre mi osservò a lungo. "Qual è il problema?".
Sospirai. Carlisle mi conosceva bene.
"Forse sono un po' preoccupato per il matrimonio e …. tutto il resto. Non faccio che pensare a lei. Così non mi era mai successo, se non i primi giorni in cui l'ho conosciuta", gli dissi aprendomi del tutto. Con mio padre non avevo mai avuto problemi a parlare di qualsiasi cosa, almeno fino ad allora.
E' come pensavo, udii nella mia testa.
"Ovvio che non so quanto rispecchi la realtà. Tu sei così diverso da tutti, Edward…", mormorò osservando il cielo per poi tornare a rivolgermi l'attenzione. " Un po' per colpa mia, che ti ho trasmesso la via dell'astinenza dal sangue umano, un po' per come sei fatto, credo che tu abbia sviluppato e accresciuto al massimo un controllo quasi totale su te stesso. Controllare la sete equivale a controllare gli istinti primari, tra i quali c'è anche il desiderio sessuale. Probabilmente, quando ti è capitato di provarlo lo hai represso e messo sotto stretto controllo come la sete, perché anch'esso può generare in noi degli eccessi. Non è difficile da gestire, ma devi essere abituato a farlo. Devi essertene data la possibilità. L'hai mai fatto?".
No, di questo ero sicuro. Le parole di Carlisle mi risultarono più che vere.
"Tu pensi che io riesca a gestirlo?"
"Certo che si! Riuscirai sicuramente, ho fiducia in te Edward. Se c'è una persona che può farlo, questa sei tu."

Alzai le spalle, seguendo riflessioni interiori.
"Mi sento come in balia di venti fortissimi che mi scuotono fino nelle viscere. Non so ben spiegarti, ma è così. Lasciarmi andare a quelle…. sensazioni è fonte sì di gioia, ma anche di grande turbamento"."Ti capisco e lo immaginavo. Ma cosa ti spaventa di più?"
Sapevo su cosa stava riflettendo, tutto mi era chiaro e decisi di essere del tutto sincero con lui. Nei giorni passati avevo parlato dei miei problemi con Emmet e Jasper ma a Carlisle non avevo mai detto niente.
"E' come credi. Tutti lo sapete ormai da tempo. Bella si aspetta qualcosa da me ma io, io non so cosa aspettare da me stesso. Non lo so proprio. Emmet e Jasper hanno provato ad aiutarmi ma credo mi abbiano confuso ancora di più le idee. No, bè, una cosa l'ho capita… che non devo mai smettere di pensare."
Carlisle rise. Una risata argentina risuonò in quel piccolo spazio tra i grandi abeti. Alzai un sopracciglio, confuso.
"Scusami, non volevo ridere di te", disse tornando serio."Comprendo le tue paure".
"Sarebbe meglio riderci sopra ma io…non ci riesco. Dimmi, com'è per noi Carlisle? Emmet mi ha detto qualcosa ma di lui mi fido poco"
"Il sesso? Qualcosa di molto potente. Potente quasi come il desiderio del sangue umano".
Scossi la testa. "Bè, allora aveva ragione. Perché io non ne ho mai sentito il richiamo così forte prima di conoscere Bella?".
"Mm..me lo sono chiesto anch'io più di una volta in tutti questi anni e sono giunto ad una conclusione".
Lo guardai pendendo dalle sue labbra.
"Perché temi per lei. Perché ti senti diverso. Ci sono molti perché, molte risposte, molte possibili scelte ma non devi temerle".
"Ne ho ben motivo…"
"In questo la penso come Bella. Tu non vuoi farle del male e non glielo farai.  Lascia che ciò che provi esca da te, non lo imprigionare. Non fa parte della nostra natura…mostruosa, credimi. E' forte, si, è inebriante, è vero, ma non porta la morte, bensì l'unione. Specialmente se lo fai con la persona che ami".
Non riuscii a sorridere, anche se sapevo che aveva ragione.
"Ma se non so contenermi potrei comunque portare morte…. Non riesco a non pensarci…", dissi incapace di arrendermi del tutto alla sua visione ottimista. "Ho timore di liberare anche il mostro…".
Carlsisle mi sorrise, per niente scalfito dalle mie parole. I suoi pensieri erano tutti positivi.
"Edward, Edward… dovresti imparare a guardare a te stesso con un po' più di indulgenza a volte".
"Tu lo fai? Sei sempre così…".
"Attento? Certo, lo devo a tutti gli esseri umani che incontro ogni giorno. Ma questo non vuol dire che penso a me stesso come ad un mostro senza cuore. E non lo penso certamente di te, che sei la persona più bella che abbia conosciuto".
Le ultime parole di Carlisle mi strapparono un sorriso. Abbassai la testa. Si, lo sapevo. Lui credeva troppo in me.
"Sai che ho detto la verità", disse ancora con occhi sinceri e profondi.
Mi passai una mano tra i capelli. "Si, lo so, lo so…"
"Edward…".
"Va tutto bene. Ti ringrazio..".
"Sono felice per te, molto felice. Sono orgoglioso di mio figlio. Andrà tutto splendidamente..tu  lo meriti", mormorò abbracciandomi.
Lo strinsi forte. Odorava di buono, odorava di pace. Era l'unico odore che da sempre aveva avuto il potere di tranquillizzarmi, che aveva calmato i miei eccessi iniziali di vampiro, le inquietudini di un giovane in balia di istinti forti e pericolosi. L'odore di mio padre. Perché mio padre lo era davvero e non tanto per il fatto di avermi salvato la vita, trasformandomi in essere immortale, quanto per tutto quello che in seguito aveva fatto per me. Lui era sempre stato presente, sempre.
Una meteora attraversò il cielo in quell'istante ed alzammo gli occhi per osservarla.
"Bella…", mormorai a me stesso.
"Vuoi andare da lei?"
Scossi la testa. "Prima è meglio se caccio…".
Dopo un ultimo sguardo al cielo che stava facendosi sempre più chiaro, corremmo nel folto del bosco alla ricerca di una preda.
Rientrati a casa ci riavvolse immediatamente l'eccitazione che ferveva per l'imminente data del matrimonio. 
Mia madre e Alice correvano qua e là, chi per l'organizzazione della cerimonia, chi per la ristrutturazione del cottage. L'unica meno impegnata era Rosalie, che ci venne incontro incollandosi ad Emmet come ad un francobollo.
Mi feci una doccia. Il sole era già sorto e Alice aveva preannunciato una giornata priva di nuvole. Fantastico, proprio quello che ci voleva per placare il mio desiderio di lei. Non ero riuscito a farle visita durante la notte e avrei dovuto escogitare qualcosa. Mia sorella non voleva assolutamente che la portassi a casa nostra, per non rovinare la sorpresa, diceva, ma non potevo neanche comparire a casa Swan, purtroppo.
Entrai in camera mezzo nudo. Fortunatamente nessuno era nei paraggi, come la mia mente, tanto da scordarmi i vestiti da indossare.
Tre giorni. Mancavano solo tre giorni.
Sospirai, sedendomi sul bordo del letto. I capelli bagnati gocciolavano perle d'acqua lungo il collo, e seguivano la forma dei muscoli per finire assorbite  dall'asciugamano legato in vita. Le poche parole che avevo scambiato con Carlisle avevano avuto l'effetto di tranquillizzarmi a proposito delle paure che avevo, ma non quello di calmare l'eccitazione che si faceva sempre più intensa. Ogni giorno di più.
Fui distratto dalla mia immagine riflessa da una parte dei vetri delle grandi finestre della mia stanza. Rimandavano l'immagine di un giovane assorto, in una posa immobile, quasi una statua, ma i giochi di luce facevano si che la mia pelle non risultasse così bianca, ma riscaldata da un ocra chiaro, più naturale, quasi umano. Forse aveva ragione Carlisle quando diceva che Bella mi aveva irrimediabilmente cambiato e che in quel momento risultavo il più umano nella mia famiglia.
Continuai ad osservarmi.
Dall'immagine riflessa passai alle mani, mi toccai il collo. Il mio corpo non era massiccio come quello di Emmet, né estremamente muscoloso, ma privo di ogni difetto come quello di tutti i vampiri. Non avevo mai riflettuto così tanto come in quel periodo sul mio corpo. Bella lo adorava, lo sapevo, lo vedevo e non lo capivo. O meglio, lo capivo in parte. Ero bello, ad un occhio umano, ma non mi aveva mai detto cosa provava nel toccarmi, come mi sentiva. Come un pezzo di roccia? No, sapevo di non essere una pietra ma… ero diverso. Eppure le piacevo.
Passai la mano lungo tutto il braccio, facendo scorrere le dita sulla pelle come una carezza. Rabbrividii. Mi sentivo caldo, morbido… normale. Ma era relativo, Bella non poteva percepirmi nello stesso modo. Feci scendere la mano lungo il torace, fino a posarla sulle gambe piegate. Al pensiero delle sue dita che mi esploravano sussultai e una fitta mi colpì lo stomaco. Come avrei potuto resistere alle sue carezze senza assalirla? Chiusi gli occhi, lasciandomi andare all'indietro e piombando di schiena sul copriletto dorato.
No. Ci sarei riuscito.
Ma….anche se avessi saputo dosare le mie carezze, come avrei potuto darle piacere al momento giusto? Ero freddo e forse anche troppo…duro per lei.
Sorrisi a questo pensiero imbarazzante.
Mio Dio. Ero a preoccuparmi di una cosa che non vedevo l'ora si avverasse.
Mi sfiorai nuovamente la pancia con la punta delle dita. No, non era affatto una buona idea. L'immagine di Bella era troppo presente e l'eccitazione si stava imponendo troppo rapidamente per formulare qualsiasi pensiero potesse servirmi.
Ok. Avevo esagerato.
Mi alzai immediatamente cercando cosa indossare, slip, pantaloni, maglietta e camicia. Non sarebbe stata la prima volta che cedevo al piacere, ma non era qualcosa che amassi fare. Come aveva detto Carlisle ero molto controllato. Troppo. Ricordai il periodo in cui mi ero allontanato da lui e da Esme, gli anni della ribellione. Avevo ucciso, bevuto sangue umano, ma non ero mai stato del tutto fuori controllo. Mai.
Solo Bella aveva avuto quel potere su di me.
Mi piegai in due improvvisamente, inginocchiandomi sul pavimento. Pazzesco. Cosa avevo innescato? Delle ripetute ondate di eccitazione mi agitavano il corpo, concentrate nel basso ventre e resistere era un'impresa impossibile. Appoggiai le mani per terra, stringendo i denti e aspettando.
Scimmietta, non posso neppure pensarti, adesso?
Ecco, arrivava. Lasciare andare, dovevo lasciare andare quell'energia.
Strinsi le gambe, inutili altri gesti e un ringhio sordo mi squassò il torace, uscendo dalla gola.
Dio.
Libero.
Ansimai, prendendomi la testa tra le mani.
Come avrei resistito altri tre giorni?
Mi rivestii in fretta. Forse era meglio se quel giorno non l'avessi vista. No, ma cosa andavo pensando? Avevo bisogno di vederla, al diavolo il mio corpo inquieto e in ebollizione!
Mentre uscivo dal retro, intercettai i pensieri di Alice che mi stava cercando. Poco educatamente non mi feci trovare e mi precipitai su per il pendio del colle, dirigendomi verso la mia radura. La nostra radura. Avevo bisogno di stare da solo.
Il sole andava e veniva dietro le nubi, ancora basso sull'orizzonte. Era ancora molto presto.
Sentivo addosso le sensazioni di poco prima, anche se la tensione si era del tutto calmata. Mi distesi sull'erba fresca.
Stupido, Edward. Stare con lei è la gioia più grande che tu abbia mai provato in tutta l'esistenza, non lasciarti dominare da altri pensieri, né distrarre dalla passione. Tutto ciò avrà il suo corso, come la vita, come le cose del mondo cui, bene o male, appartieni.
Respirai a pieni polmoni l'aria fresca della mattina. Stormi di uccelli volteggiavano sopra di me, le piume brillanti, colpite dai primi raggi del sole.
Desideravo vederla, solo quello.
Improvvisamente mi tornò alla mente una cosa importante da fare, qualcosa che la riguardava da molto vicino. L'orologio segnava le sette e mezzo. Potevo provare. Cercai il numero e composi la chiamata.
"Pronto, Edward?", rispose subito la voce squillante.
"Seth, si, sono io, scusa se ti chiamo così presto".
"Fa niente, sono sveglio da un bel po'. Posso aiutarti?".
Poteva farlo? Speravo proprio di si.
"Lo spero. Dovresti fare una cosa per me, anzi, per Bella. So che lei ci tiene molto, ma non te lo chiederebbe mai… Così lo faccio io al suo posto. Puoi rintracciare Jacob e costringerlo a venire al matrimonio? Anche solo per una visita".
"Uao, Edward. Proprio tu me lo chiedi?"
"Si, proprio io, ti sembra strano?"
"Conoscendoti…no. Bè, non so, posso provarci"
"Mi faresti proprio un gran favore Seth"
"Si si, vedrai che lo convinciamo! Ma…sei davvero sicuro? No, perché Jake è un casinista quando vuole".
Sospirai. Certo che avrei preferito non ci fosse, ma ciò che Bella amava io non potevo odiare.
"E' il mio regalo"
"Ah, ok".
"Grazie Seth, ci conto"
"Edward?"
"Si?"
"Sei proprio una gran brava persona tu…".
Sorrisi nel riattaccare. Se avesse potuto leggermi nel pensiero non avrebbe avuto la stessa opinione di me. Lo facevo per lei. Soltanto per lei.
Se Jake fosse venuto ne sarebbe stata felice, si sarebbe sentita completa. Ed io volevo che fosse felice.
Intrecciai le braccia dietro la testa, ritornando a guardare il cielo. La telefonata con Seth mi avevo messo di buonumore e non intendevo farmelo guastare col pensiero di Jacob Black.
Potevano bastare già i problemi che avevo per conto mio e non volevo attardarmi su considerazioni pericolose per il mio fragile stato emotivo. E Jacob era una di queste.
Tornai a guardare il cellulare. Prima di venire via da casa le avevo mandato un messaggio in cui le dicevo dove ero diretto. Sapevo che non mi avrebbe raggiunto fin lassù, ma speravo mi dicesse di andarla a prendere vicino a casa, o che comunque avremmo trovato il modo di vederci.
Nessuna risposta. Ma era ancora presto.
Il sole si alzò nel cielo, fino a sfiorare le punte più alte dei grandi alberi nella parte bassa della radura. Gli insetti passeggiavano ignari su di me, immobile nell'erba. Avrei voluto che lei fosse lì. Perché non chiamava e non rispondeva al messaggio? Ormai sarà stata sveglia e in piena attività.
Forse stava facendo qualcosa che non voleva dirmi? Forse c'entrava Jacob?
Mm…no. E poi, se fosse stato così, non avrei dovuto comunque preoccuparmene.
Chiusi gli occhi. Il tempo solitamente per me passava veloce, anche se non ne ero mai stato veramente consapevole. Ma l'attesa si stava facendo snervante. Più dell'attesa, il non sapere dove fosse o cosa stesse facendo.
Ripensai a come ci eravamo lasciati il giorno precedente. Bella mi aveva rimproverato, è vero, diceva che ero troppo teso, mentre io le facevo notare che quella preoccupata era lei, piena di ansie per la cerimonia. Ma, effettivamente, io per una cosa, lei per un'altra, eravamo tutti e due molto nervosi.
Presi nuovamente il cellulare e la chiamai. Squillò a vuoto per diversi secondi. Poi riattaccai. Nessuna risposta. Che strano.
Il momento di solitudine era finito, poteva bastare. Dovevo vederla.
Mi alzai in fretta, intenzionato a scendere a valle e presi velocemente la via del ritorno. Ma non feci che pochi passi, relativamente alla mia velocità, quando captai odore di sangue umano. Mi bloccai ai limiti della radura, in difesa. Qualcuno stava forse salendo per il sentiero? Dietro un albero, rimasi in ascolto del rumore dei passi che ancora non udivo. Poi, ecco, iniziai a distinguere i battiti di un cuore, un suono che aveva qualcosa di familiare. Poi mi colpì quel aroma delizioso che stuzzicò la mia sete e mi illuminò in un sorriso. Bella. Era lei.
Feci appena in tempo a realizzare l'idea che me la vidi comparire in fondo all'ultima discesa che portava alla radura, seminascosta nell'abetia. Affannata e rossa dalla salita, gli occhi bassi, fissi sul terreno, non si ero accorta che la stavo osservando.
Bella.
Fui improvvisamente sommerso da un mare di dolcezza. Ma non le andai incontro, non volevo spaventarla né cedere a quella forte emozione. Mi sedetti sul ciglio del sentiero, in modo molto visibile, attendendo pazientemente che si accorgesse di me. Una curva, pochi alberi frammezzo ed eccola. Alzò gli occhi e mi vide. Sorrise, accelerò il passo. Le risparmiai gli ultimi metri e la presi fra le braccia. Finalmente.
"Edward…", mi strinse forte.
"Che ci fai qui? Perché non mi hai risposto?"
I suoi occhi brillarono. "Volevo farti una sorpresa. Ho visto il tuo messaggio…".
"E se fossi già venuto via?"
"Mm…ci avresti messo poco a ritornare…"
"Già..- mormorai con il viso fra i suoi capelli-…avevo proprio bisogno di vederti"
"Ed io di fare una passeggiata in montagna"
La guardai confuso.
"Scemo. Se la montagna non va da Maometto…"
Risi. Che stupido.
La sollevai da terra stringendola delicatamente per la vita e lei mi cinse il collo con le braccia, baciandomi cautamente sulle labbra.
"Torniamo nella radura?"
Ci sedemmo nella parte più assolata del prato e la feci stendere sulla mia felpa, dato che l'erba era ancora umida dalla rugiada della notte. Poi l'abbracciai, odorando la sua pelle, il naso affondato tra il collo e la spalla.
"Tutto bene?", chiese dopo un po'.
Annuii senza muovermi.
"Edward? Se continui non rispondo di me…".
Mi aprii in un sorriso. "Ti basta così poco?".
"Tu non ti rendi conto…"
"Neanche tu…", replicai ridacchiando. Capivo cosa voleva dire ma non poteva mettere sullo stesso piano il mio il folle desiderio e il suo.
Mi prese il viso tra le mani. "No, sul serio, stai bene?".
"Perché?", chiesi senza capire.
"Alice mi ha detto di averti visto strano".
"In visione?"
"No, questa mattina. Cos'è successo a caccia?".
A mia sorella non sfuggiva proprio niente. Doveva avermi visto scappare da casa senza salutare nessuno. Sospirai. Che potevo dirle? Che morivo dal desiderio di averla? Che il mio corpo stava esplodendo?
"Bè, no a caccia non è successo niente, tutto normale. Avevo bisogno di stare un po' da solo…".
"Oh, allora ti ho disturbato…".
"Era riferito alla mia famiglia. A volte sanno essere un po' ingombranti", precisai, dicendo però una mezza verità."Non vedevo l'ora di stare con te…"
"Mm…anch'io a dir la verità". Intrecciò le mani nei miei capelli, guardandomi fisso negli occhi. "In questi giorni non sono tranquilla fino a che non ti vedo…"
"Solo in questi giorni?"
"Bè, in questi giorni di più… Ti amo"
Le carezzai una guancia con il dorso delle dita. Si stava già colorando di rosso.
"Ti amo anch'io…"
"E?"
Abbassai la testa. Era perspicace. Feci un mezzo sorriso, quello che le piaceva tanto.
"Lo sai bene. Non farmici pensare"
Alzò gli occhi al cielo lasciandosi cadere sulla felpa, una mano nella mia.
"Non puoi darmi nessuna indicazione su dove andremo? Alice vuole farmi anche la valigia…..sembra che io non possa più fare niente da sola.. Ma è questo che vuol dire entrare nella tua famiglia?".
Risi del suo tono un po' scocciato e mi distesi accanto a lei.
"Un po'…..si, purtroppo per te. La tirannia di mia sorella Alice è totale per quanto riguarda moda, viaggi e roba simile. Poi per il resto, bè, ci conosci…"
"E il nostro viaggio?"
"Eh no, di questo non ti dirò niente. E' una sorpresa".
"Non mi piacciono le sorprese….", disse piagnucolando.
"Questa ti piacerà…", mormorai avvicinandomi alle labbra per baciarla. Rapidamente le sue mani scesero dalle spalle verso i fianchi e si aggrapparono alla camicia, sfilandola dai pantaloni. Poi si mossero calde e titubanti sulla mia schiena nuda. Gemetti, appeso ad un filo di controllo.
"Bella…", sussurrai con voce roca, dedicandomi a piccoli baci sul collo e sulle spalle. Staccai una mano da terra e la posai sui suoi fianchi, carezzandoli, insicuro. Sentivo aumentare il fuoco che mi bruciava, ma la mente era ancora ben consapevole di cosa stava facendo e azzardai un gesto ancora più audace, dai fianchi alla coscia, poi la presi da dietro sollevandola un po' verso di me, che le stavo sopra, sostenuto dall'altro braccio, fino a fare aderire il suo corpo al mio. Potente. Un calore impressionante sembrò ustionarmi anche attraverso i tessuti che cui separavano.
Bella si aggrappò forte al collo e alla mia bocca. Quel momento sembrò non finire mai. Non volevo che finisse. Ma l'eccitazione cresceva, qualcosa dentro di me esultava e non potevo premettermelo. Sospirai, riportandola delicatamente a terra.
Premette la faccia sul mio petto, rossa in viso. Aveva capito.
Mi ci volle qualche minuto prima di potermi del tutto staccare da lei e rimettermi a sedere.
"Edward…", disse dopo molto silenzio. "Passerà molto tempo prima di poter tornare qui, vero?".
La radura. Vero. Mancava così poco che non avremmo più avuto modo di farlo e poi… poi saremmo partiti e dopodichè sarebbe stato ancora più difficile poterci tornare.
"Probabile..", risposi alzando le spalle.
"Bè, peccato… sono affezionata a questo posto. E' qualcosa che mi mancherà".
Mi voltai per guardarla bene in viso.
"Bella, amore, spero di non farti mai mancare niente. Spero, voglio che tu sia…felice con me..", dissi in preda ad una strana emozione.
Sorrise abbassando un po' gli occhi. "Quando dico che una cosa mi mancherà non è che un modo di dire…. Io voglio stare con te, dove.. non è importante.."
"E la tua casa? Non ti mancherà?".
"Dovunque tu sia. Quella sarà la mia casa".
Ebbi la sensazione dello scorrere di una lacrima lungo il viso, uscita dall'angolo dell'occhio. Invece era il suo dito.
Curioso. Era già una parte di me.

  
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