Damon's POV
“Si
può sapere dove ci stai portando?”
domandai a Klaus appoggiando la testa al finestrino e godendomi il sole
fiorentino, caldo e dal sapore di casa.
“Fidati Salvatore: ti piacerà”
“Non ci
giurerei…” “Sai, pensavo che
l’amore potesse vincere anche la magia
ma…” “Che cosa sta dicendo,
Damon?” domandò Elena allarmata.
Mi piacevano quei pochi, brevissimi
momenti nei quali diventava improvvisamente gelosa.
“Non lo so… blatera” dissi lanciando un
sorrisetto di sfida a Klaus.
“Oh, Elena, hai portato più di un abito
di ricambio?” “Sì,
perché?” “Penso che ci
servirà” sogghignò Klaus. Mi voltai
verso mio fratello mentre lo sfottevo dicendo: “Klaus si
vuole intrufolare
nella biancheria della tua ragazza!”.
Oh, riguardo Stefan e Elena stavano
diventando così dolci che forse, se non avessi distolto lo
sguardo entro pochi
secondi, mi sarebbe venuto il diabete.
In momenti come quello odiavo essere
solo e di certo non avevo intenzione di farlo con Klaus.
“Piccole avvertenze per l’uso: mia
sorella è un po’ suscettibile… potrebbe
arrabbiarsi se venisse a sapere che non
vi ricordate di lei e un controllo della mente che è durato
per tutti questi
secoli… beh è difficile da sciogliere. Vi
consiglierei di mettervi comodi e
farvi un pisolino perché, Damon e Stefan, adesso potete
ricordare” e tutto
divenne in meno di un secondo.
Un
prato verde e un cielo terso, la mia casa, mio padre, mio fratello.
Una
ragazza sdraiata accanto a me indica una nuvola a forma di cuore e mi
sorride.
E’
come sentirsi in Paradiso, il mio cuore aumenta gradualmente i battiti
e mi
sento di nuovo, inaspettatamente umano.
E
lei è bellissima… i boccoli scuri e gli occhi che
sembrano uno specchio di me
stesso, le labbra carnose piegate in un sorriso sereno.
“Damon?
Ti ricordi di me?” domanda poi sconvolta. “Mi puoi
vedere?!” lo scenario cambiò
in meno di un secondo e ci trovavamo nel mio letto, a Firenze.
“Chi
sei?” le chiedo circospetto.
“Ovvio…
non puoi ricordare” affermò poi triste. Si
alzò dal letto, completamente nuda e
si rannicchiò in un angolo buio della mia camera.
Un
sorriso, un paio di canini appuntiti, sangue… tanto sangue.
Ed è mio.
Un
Damon adolescente, insicuro e umano che passeggia con una ragazza dalla
bellezza eterea che ha gli stessi occhi di suo fratello.
Gli
occhi di suo fratello Klaus.
Poi
un Damon attraente e cresciuto che prende in braccio quella stessa
ragazza e la
fa volteggiare come un angelo nell’aria.
E
siamo felici, e ci sentiamo meno soli insieme.
“Ricordi qualcosa?” “Vagamente”
risposi
massaggiandomi le tempie doloranti. “Bene. Quando la vedrai
sarà tutto a posto…”
Elena mi prese per il braccio e trascinò me e Stefan in
disparte.
“Cos’è questa storia? Di chi vi dovreste
ricordare?” “Ricordi anche tu, vero
fratello?” domandai ignorando quella
pesantona di Elena. “Vagamente…”
“Concludiamo questa storia” dissi poi
accodandomi a Klaus nel cammino verso il cimitero.
“Prendiamoci per mano” disse Klaus
arrivati davanti ad un’enorme cripta sigillata.
“Stai scherzando, vero?” domandai.
“Dobbiamo
sfondare la porta” mi spiegò Stefan.
“Al mio tre” disse Klaus. “Uno,
due…”
ansimò per un attimo. “Tre!” con un
calcio triplo la porta venne via
facilmente.
“E adesso cosa si fa?” “Concentratevi su
questa tomba” ci spiegò l’Originario
indicando una lapide spoglia con del terriccio.
“E’ una tomba nel terreno”
“Esatto. Elena, prepara un accappatoio, dovrebbe
essere nel mio zaino insieme ad un cerotto per fermare il
sangue” “Quale
sangue?” “Il tuo… era implicito nel
patto” sbarrai gli occhi.
“Non se ne parla” sibilò Stefan.
“Fai
come ti dico o sarò costretto a soggiogarti… e
stavolta per sempre” “Provaci”
lo sfidò mio fratello. “No, Stefan! Va
bene…” disse rassegnata Elena.
“Benissimo! Ora prendiamoci per mano”
Klaus porse la sua mano destra a Stefan e la sinistra a me.
“Ripetete insieme lamia, excitas
vos de gravi somno”
chiusi gli occhi ed iniziai a recitarlo quasi fosse una filastrocca.
In latino significa O Vampiro, svegliati dal
tuo sonno profondo.
D’un tratto, una mano emerse dal
terriccio e sentii il raccapricciante urlo di Elena.
Le dita della mano si mossero e Klaus si
fiondò sulla tomba: “Forza, aiutatemi a scavare o
soffocherà?” io e mio
fratello ci guardammo e imitammo le mosse di Klaus mentre dalla terra
emergeva
una testa bruna.
“Francesca, mi senti?” urlò Klaus. Gli
rispose un colpo di tosse.
Era viva.
Francesca, quel nome… E poi quando vidi
il suo viso stravolto ricordai ogni cosa.
Le corse nel prato, i baci, la felicità,
il suo sorriso e il mio sorriso, i due anni di assenza, la scoperta
della sua
vera natura, il mio amore, il suo amore. Tutto.
“Damon!” esclamò. “Tu mi
vedi!” era
felice. Ero felice anche io.
Perché?
Perché
lei è Francesca, la stessa che è scomparsa dalle
mie braccia secoli fa ormai. Era
così strano
essere ancora attratto da lei dopo tutto quel tempo, volerla ancora
prendere
tra le braccia e sussurrarle parole dolci e baciarla dappertutto.
Amarla ancora.
“Su,
esci di qui” senza curarmi di nulla
e di nessuno strappai l’accappatoio dalle mani di Elena e vi
coprii dolcemente
Francesca che stava rabbrividendo.
“Tu sei Elena?” domandò poi
soffermandosi sulla ragazza dietro di me.
“Sì, sono io” gli occhi di Francesca
diventarono immediatamente neri.
“Ho sete” sussultò coprendosi la gola.
Elena sembrò indecisa sul da farsi. Poi
si avvicinò.
“Bevi” Klaus sembrava soddisfatto mentre
sua sorella beveva avidamente dal collo della doppleganger.
Si staccò dopo qualche secondo e pulì il
sangue sulle labbra con il dorso della mano.
“E’ ancora cosciente”
sentenziò poi
rivolta a Stefan.
“Stefan!” disse poi correndogli
incontro. “Eri tu… sei sempre stata tu per tutto
questo tempo a dirmi di
smettere, di non bere più il sangue umano” lei ci
sorrise, come in una lieta
visione: era troppo, troppo fantastica quella scena per essere vera.
“Il vostro angelo custode” sussurrò
avvicinandosi poi a Elena per fermare la sua perdita di sangue
costante.
Klaus era rimasto in disparte, quasi
imbarazzato.
“Niklaus” disse lei sorridente. “Sai che
ti ho già perdonato” lui tirò un
sospiro di sollievo e l’abbracciò stretta e mi
sembrò quasi commosso.
“Ora andiamo a casa… hai bisogno di un
abito come si deve e soprattutto… sai parlare
l’inglese?” “Ne so qualcosa” mi
fece l’occhiolino e mi prese per mano.
Io la guardai pieno d’affetto.
“Ti dispiace?” mi domandò.
“Come
potrebbe dispiacermi…” non riuscivo davvero a
trattenermi così mi avvicinai a
lei lentamente per essere sicuro che volesse ricambiare e la baciai.
E
finalmente, dopo un tempo
interminabile, ricordai cosa significano le parole casa,
affetto, amore.