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Autore: lames76    24/10/2011    3 recensioni
Questo racconto è nato quasi per caso, letteralmente fluito fuori dalle mie dita. Non saprei come classificarlo: il protagonista è un dio, con tutti i poteri del caso. Un dio alla greca o simile agli dei che si possono intepretare nei giochi per computer come Blacks & White. Questo dio, improvvisamente, scopre che non esiste solo il popolo che lo ha sempre adorato ma anche altre genti e decide di andare ad incontrarle. Spero vi piaccia. Ultima avvertenza, è arancione perchè, essendo un dio ha poche regole e, soprattutto una moralità tutta sua.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 – Un altro dio

I primi anni furono difficili.
I Kon e l’altro popolo unitosi a loro, i Lanon, non erano abituati al freddo. Inizialmente si salvarono grazie alle pellicce che gli vennero dalla grande quantità di selvaggina che abitava quelle isole. Poi si industriarono ed impararono a tessere abiti pesanti.
Nonostante potesse risparmiar loro il gelo decise di non farlo, era bene che si abituassero al nuovo clima. Naturalmente, quando il suo popolo lo supplicava lui rispondeva subito elargendo qualche piccolo miracolo. Per esempio, quando inizialmente attenuò la forza delle onde che si infrangeva sugli scogli in modo da dare il tempo di scaricare e smantellare le navi ed edificare il villaggio o quando curò una malattia mortale sconosciuta che si era sparsa tra la sua gente.
In meno di cinque anni erano pronti.
Lasciò nella nuova base poche genti e fece si che il resto proseguisse.
Fu così che sbarcarono finalmente sul continente vero e proprio, dove costruirono un altro grande villaggio ed organizzarono il suo culto.
Incontrarono anche, per la prima volta, degli uomini dalla pelle bianca ma dai capelli scuri.
Uomini che erano soggiogati dal potere di un dio malvagio.

Se AidiosKon fosse stato in forma umana la sua mascella sarebbe crollata al suolo.
Il primo dio che incontrava era un idiota.
Sollevò lo sguardo al cielo sbuffando sonoramente.
Peccato.
Quel dio aveva a disposizione un popolo forte e molto superstizioso, il meglio per insediarsi con un culto, ma lui aveva optato per creare dei vampiri ed usarli come suoi sacerdoti.
Che cosa idiota.
Oppure poteva esserci un motivo se l’aveva fatto.
Cercò di analizzare i pro della scelta: i vampiri sono più forti, dotati di poteri mentali, in grado di cambiare aspetto. Che altro? Ah si, se si cibano di sangue umano diventano pressoché immortali.
Tutte cose molto positive ma i contro erano troppo penalizzanti: niente contatto con il sole o bruciare, vulnerabilità alla vera fede, necessità di dormire durante il giorno.
No, non comprendeva la scelta.
Inviò le informazioni sui vampiri al suo Avatar dicendo di mandare i suoi sacerdoti migliori a sterminarli. Durante il giorno naturalmente.
Mentre questi agiva decise di andare a parlare con il suo avversario.

Erano cinque e si muovevano come fantasmi. Per loro era strano dover agire durante il giorno ma dopo un primo momento di smarrimento continuarono il loro lavoro senza problemi.
Erano le Ombre, un corpo scelto tra i sacerdoti di AidiosKon, silenziosi e letali. Due procedevano di avanguardia controllando che tutto fosse tranquillo mentre i tre che li seguivano portavano sulle schiene dei barilotti che li impacciavano leggermente ed il cui contenuto sciabordava lievemente ad ogni movimento.
Giunsero vicino ai bastioni del castello e rimasero in attesa, acquattati all’ombra delle piante sottostanti, così le guardie passarono sopra di loro senza vederli. Lanciarono i rampini e velocemente scalarono le mura giungendo in cima senza un rumore. Impiegarono pochi secondi a capire dove dovevano dirigersi.
Le Ombre erano state il primo corpo scelto ideato da AgathosKon quando si era insediato al potere ed aveva deciso di riplasmare il culto del loro dio in modo più efficiente. Loro erano quelli che agivano di soppiatto, ammantati e nascosti senza farsi sentire. Era un grande onore essere scelti per diventarne parte.
FaranLanon era doppiamente onorato visto che era stato il primo esponente del suo popolo a diventare un’Ombra. Ed era anche il comandante di quel drappello.
Quando il suo popolo, i Lanon, aveva incontrato quello dei Kon dopo che il loro dio-balena era scomparso, li avevano accolti con timore. Ma poi la fede verso AidiosKon era stata una rivelazione così come il fatto che fosse stato lui a liberarli dal terribile mostro, ora non lo ritenevano più un dio, che esigeva sacrifici umani in suo onore per essere calmato.
Intanto erano giunti nelle segrete senza farsi scorgere da nessuno.
I servitori umani erano devoti ed abili ma non quanto loro.
Nessuno lo era.
Si accorse all’ultimo di una trappola piazzata sull’ultimo scalino della scala di pietra che stavano scendendo e velocemente e silenziosamente la indicò ai suoi compagni.
Giunsero davanti alla cripta e vi entrarono senza paura.
Efficientemente svuotarono i contenuti dei barilotti sulle bare e poi vi diedero fuoco.
I vampiri sbucarono urlanti dai loro giacigli incendiati entro pochi momenti.
Le Ombre agirono con risolutezza e precisione, tagliando di netto le teste di quei mostri quando questi uscivano.
Pochi minuti dopo il castello era stato bonificato da ogni succhiasangue.

Sembrava di trovarsi nella sala del trono di un tetro castello. L’altro dio era in forma umana ed era abbigliato con indumenti sfarzosi neri, bianchi e rossi. Era adagiato su di un enorme trono ornato da ossa e teschi. AidiosKon decise di adeguarsi alla scena e prese una rappresentazione umana, il solito muscoloso uomo di colore vestito solo di perizoma che adoperava quando scendeva sul piano materiale e non aveva ancora un avatar. Non aveva né voglia, né tempo per immaginare qualcosa di diverso.
L’altro dio gli fece segno di avvicinarsi non riuscendo a nascondere la sorpresa/disgusto alla sua vista. Probabilmente neanche AidiosKon vi riuscì.
«Salve...», come doveva appellarsi a lui? Non ci aveva pensato.
«Collega», lo aiutò l’altro dio con indifferenza, «Tra noi ci chiamiamo così»
«Sei qui per porgere i tuoi omaggi a me, Vanarash, il dio dei vampiri?», chiese con fare snob.
Lui aggrottò la fronte, «A dire la verità ero qui per farti una domanda»
L’altro spostò una gamba, che prima aveva mollemente adagiata sopra uno dei braccioli del trono e si mise in una posizione più composta, dopodiché appoggiò il mento sul pugno chiuso.
«Perché vampiri?», AidiosKon non riuscì a non far risuonare la sua voce di un tono di scherno. Anzi non ci provò neppure.
L’altro sembrava troppo stupito per rispondere, come se il suo interlocutore gli avesse chiesto qualcosa di idiota.
«Va bene, te ne faccio un’altra più semplice», magari prendendola alla lontana sarebbe andata meglio, «Usi sempre questa rappresentazione per il luogo dove esisti?»
«Si mi piace molto», finalmente si degnò di rispondere l’altro.
«Ma cosa ti serve tutta questa... questa cosa?», sollevò le braccia indicando i muri, gli arazzi, tutta la sala.
«E’ bella!», il dio dei vampiri sembrava scocciato, «Perché com’è il luogo in cui esisti?»
«Ho una poltrona», rispose semplicemente AidiosKon.
Vanarash sollevò gli occhi al cielo con fare annoiato.
«Perché vampiri?», gli chiese lui a tradimento.
«Perché sono esseri affascinanti!», rispose finalmente l’altro con veemenza, «E poi la gente adora i vampiri...»
Effettivamente era vero, anche se lui si era sempre chiesto il perché.
«Ma sono pieni di difetti!», lo incalzò insoddisfatto.
«Anche gli umani, eppure tu li usi», ancora la risposta non lo soddisfece.
«Va bene riformulo: ma sono pieni di limitazioni!», era anche pronto ad elencarle se fosse stato necessario.
«Le limitazioni servono per far si che non diventino troppo potenti», la voce di Vanarash era insofferente, come se non capisse le domande dell’altro, «Per esempio, fai finta che invece di bruciare i vampiri al sole... che so... brillassero...», ghignò al pensiero, «A parte che perderebbero tutto il loro fascino spettrale ma poi come faremmo a tenerli a bada? Inventando qualche storia romantica con cui incantarli?»
«Vuoi dire che sei tu che hai deciso che i vampiri bruciano al sole e non brillano?», lo interruppe AidiosKon stupefatto. Forse era più potente di quanto avesse immaginato.
L’altro sbuffò sempre più stufo, «No, i vampiri sono così punto e basta, così come il sole è caldo e l’acqua è bagna...»
Stava per fare un’altra domanda ma si rese conto che sarebbe stata inutile.
Anche perché il suo interlocutore non avrebbe avuto modo di rispondere.
Mentre parlavano, infatti, la sala del trono aveva perso consistenza e stava svanendo a poco a poco. Anche il trono stava lentamente sparendo. Vanarash balzò in piedi un istante prima che scomparisse.
Si guardò attorno con fare impaurito.
«Come dicevo», intervenne AidiosKon, «I vampiri sono molto sopravvalutati e molto vulnerabili»
L’altra divinità iniziò a rimpicciolirsi.
Sembrava troppo sconvolta e spaventata per dire o fare nulla.
Come se non avesse mai preso in considerazione la cosa.
Chissà come ci si sentiva a perdere e morire.
Lui lo osservò con indifferenza finché non divenne grande come un granello di sabbia e poi ancora più piccolo.
Finché non smise di esistere.
La prima divinità che incontrava era un idiota e lui l’aveva vista morire.
Anzi.
La prima divinità che incontrava era un idiota e lui l’aveva eliminata.
Suonava decisamente meglio.

Tornò nel suo luogo, alla sua poltrona, ed osservò la sua gente.
Mentre discuteva con l’idiota si era insediata, aveva costruito case e villaggi ed il suo avatar aveva guidato lo sterminio dei vampiri. La popolazione che li adorava e che di riflesso adorava Vanarash, si era felicemente convertita man mano che i loro ex padroni venivano massacrati.
Sentì che AgathosKon chiedeva udienza, era successo poche volte prima e per questo rispose immediatamente.
Scese nella sua mente e sentì che cosa voleva riferirgli.
Aveva risparmiato una nidiata di vampiri, cinque, ancora giovani e che non conoscevano ancora l’altro dio.
Menti vergini da plasmare.
Ancora un ottimo lavoro da parte del suo prescelto.
Però si poneva il problema di come inserirli nella sua società, anzi, nella sua religione.
L’idea gli balenò in mente mentre ci pensava.
Avrebbe preso, come dicevano gli umani, due piccioni con una fava.
Disse al suo avatar di portare cinque donne tra le più belle, che non fossero Kon, alla cripta e poi ci avrebbe pensato lui.
Si staccò dalla sua mente ed attese accumulando potere.

Quando le fanciulle furono al cospetto delle bare lui fece allontanare tutti.
Usò il suo potere per creare degli oggetti, delle collane; poi distrusse i vampiri e spostò la loro essenza fondendola nei medaglioni.
Fu spossante ma il risultato fu sublime.
Donò i pendenti alle donne, nominandole sue sacerdotesse del sangue.
Grazie al potere di quei monili, potevano temporaneamente usare i poteri dei vampiri.
Che idiota che era stato Vanarash, non aveva usato nessuna inventiva.
Ora lui possedeva cinque vampiri senza le limitazioni dei vampiri.
Cinque sacerdotesse molto potenti al suo servizio.
Cinque esseri che avrebbero potuto tenere compagnia del suo avatar, che con il passare dei decenni stava sentendosi sempre più solo.
La grandezza di un dio si misurava soprattutto dalla sua intelligenza e la sua inventiva.



Note: Qui mi sono proprio divertito a prendere in giro tutti i grandi fans dei vampiri ed anche quelli di Twilights. Se lo siete non restateci male :-p
Il fatto è che non sono mai riuscito a trovare affascinanti i vampiri, tutto qui, li ho sempre trovati molto "noiosi" alla lunga. Badate bene però che ho apprezzato molto Dracula di Bran Stocker ed Intervista col Vampiro, solo che non ho mai invidiato i succhiasangue, anzi tutt'altro!
   
 
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