«Ho
bisogno di una pausa». Il mal di testa mi uccide da questa mattina, sono quasi
sicura di avere la febbre, domani ho compito di geometria e sono
talmente
bagnata e infreddolita da non sentirmi più le dita dei
piedi: peggio di così
proprio non può andare.
«Non
abbiamo girato nemmeno metà delle scene, Kristen»,
dice Catherine.
Alzo lo
sguardo su di lei e nel mentre sento una mano che mi stringe la spalla.
«Lasciala
andare, oggi con questo tempo è difficile per tutti.
Guardaci, siamo fradici»,
dice Robert indicandosi la testa. I suoi capelli sono un casino quasi
quanto i
miei, solo che lui interpreta la parte di un perfetto ed eterno
diciassettenne,
non può permetterselo.
«Dai
Cath, solo dieci minuti. Nel frattempo fai sistemare i capelli di
Robert,
sembra solo e soltanto Rob in questo momento», rispondo con
il sorriso
scappando di corsa verso la mia roulotte.
Starnutisco:
ottimo, davvero.
Prendo
un asciugamano dal bagno e tampono la faccia e i capelli, poi mi butto
di peso
sulla poltrona stringendomi le gambe al petto.
Chiudo gli occhi appoggiando il mento alle ginocchia.4
Ho bisogno
di un’aspirina. O di una dormita.
Oddio,
non mi ricordo nemmeno da quanto tempo non faccio un sonno tranquillo;
potrei
farmi un pisolino fino a quando non vengono a chiamarmi…
Toc toc!
Mi prendo
la testa fra le mani, esasperata. «Chi
è?».
«Kris,
sono io». Riconosco la voce affannata di Robert. Di sicuro ha
corso per
prendersi meno pioggia possibile.
Mi avvicino
alla porta, ma mi fermo con la mano sulla maniglia, sorridendo.
«Sto valutando
l’idea di lasciarti lì fuori».
«Stewart,
ho del cappuccino caldo con me, sei davvero sicura di volermi lasciare
qui
fuori?».
Cappuccino.
Cappuccino caldo!
Apro con
foga la porta, tanto da perdere l’equilibrio, ma Rob mi
afferra per un braccio
mentre scoppia a ridere. Scuote la testa, poi, scansandomi di lato e
chiudendo
la porta alle sue spalle, cammina dino a sedersi sulla mia poltrona e
con un
dito mi invita a raggiungerlo.
Cercando
di sguazzare il meno possibile dentro le mie Vans, mi siedo affianco a
lui su
una sedia, prendendo al volo il mio cappuccio caldo.
«Grazie».
«Non c’è
di che», sorride.
Ho un
debole per il suo sorriso, eccome.
Sorseggiamo
il nostro caffè in silenzio, poi lui parla.
«Allora, è successo qualcosa?».
Poso il
mio sguardo sul suo: è curioso, ma allo stesso tempo sembra
preoccupato per me.
Faccio
un gesto con la mano. «Sono solo stanca», rispondo.
Annuisce
e continua a bere il suo caffè.
«No,
in realtà è successo qualcosa», dico
dimenandomi sulla sedia. «Michael, il mio
ragazzo. Ieri mi ha fatto un discorso assurdo su quello che eravamo e
quello
che siamo diventati.
La verità
è che è geloso marcio».
«Alle
ragazze di solito piace quando il proprio ragazzo è
geloso».
«Sì,
ma no. lui è assillante, io…».
Seriamente, che cazzo dico? Alzo gli occhi su Robert.
«Io lo lascio prima che lui lasci me».
Rob mi
guarda per un secondo, poi alza le spalle. «Secondo me
è un idiota».
«Perché?».
«Perché
non sa cosa si perde».
Arrossisco,
abbassando lo sguardo. «Dovrei dire grazie?».
«Dì
quello che vuoi, questo è quello che penso».
«Perché?»,
chiedo guardandolo.
«Perché
cosa?».
«Perché
mi dici queste cose? Infine non mi conosci poi così
bene».
Sorride.
«Forse hai ragione, ma a me sembri una ragazza okay. E non
solo perché sei un’attrice
fantastica e di successo o perché sei bella, solo per come
sei».
«Io,
bella? Pattinson, per quale motivo che ci siano sempre gruppetti di
ragazzine qui
intorno? Quello bello sei tu, te lo posso assicurare».
Il suo
sorriso si allarga. Può sembrare strano, ma mi mette allo
stesso tempo allegria
e soggezione. Mi abbaglia, affascina. «Quindi, mi trovi
bello». Non è una
domanda, la sua.
Mormoro
un «Mh» mordendomi il labbro inferiore.
«Lo
prendo come un sì, Stewart», ridacchia.
«Ora però andiamo, altrimenti le
ragazzine urlanti non potranno vedermi. Vuoi togliere loro questo
sogno?».
«Tu,
un sogno?». Scoppio a ridere e alzo gli occhi al cielo
afferrando la mano che
mi porge.
Un sogno
forse no, ma quanto è bello…
Guardando
il profilo di Robert penso soltanto ad una cosa: devo vedere Michael;
devo
dirgli che è finita.