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Autore: effewrites    28/10/2011    10 recensioni
[COMPLETA!]
Dopo la disfatta di Crono, al Campo Mezzosangue sembra essere tornata la pace. Scott Walker ha quindici anni ed è un semidio, figlio di Apollo. Passa ogni estate al Campo, insieme ai suoi migliori amici Leighton e Alec. Fin'ora tutto sembra essere andato per il meglio, ma quando strane tenebre e agghiaccianti mostri iniziano ad attaccare, Chirone avverte i semidei che qualcosa di estremamente pericoloso si è risvegliato. E vuole vendetta.
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gli Dèi, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del Campo Mezzosangue'
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Incontriamo la cordiale dea della discordia.

 
Si potrebbe dire che in un certo senso avessi sperato che durante il viaggio la presenza della mia migliore amica avrebbe in un qualche modo neutralizzato quella di Riley.
Voglio dire, Leighton era la persona più allegra e solare e ottimista che conoscessi, no? Sarebbe stato più che legittimo aspettarsi un minimo di sostegno morale per sopravvivere ad un’intera giornata — e forse anche più, ma la sola idea mi terrorizzava — insieme a quella psicopatica figlia di Eris.
Il punto è che da quando ci eravamo lasciati il Campo Mezzosangue alle spalle, Leighton non aveva ancora spiccicato una singola parola.
Per tutta la durata del viaggio in macchina se n’era stata con le braccia incrociate al petto e le gambe accavallate, una smorfia rigida e astiosa in viso, perennemente rivolta verso il panorama che scorreva velocemente al di là del finestrino dell’auto.
Dopo i miei primi tre tentativi di intavolare una discussione avevo sospirato e avevo lanciato uno sguardo sconsolato ad Argo, che guidava in assoluto silenzio, e a Riley che, con i piedi sul cruscotto, canticchiava i motivetti delle canzoni che uscivano dall’autoradio.
Tra le sue note stonate e il rumore statico del vecchio aggeggio ridotto ormai a rottame, la mia testa iniziò a implorare pietà. Provai gentilmente a chiederle di fare a meno di improvvisare un concerto, e per tutta risposta lei mi mandò ancora più cortesemente al Tartaro.
Di lì a poco stavo già progettando una via di fuga — avevo seriamente preso in considerazione l’idea di sfondare la portiera dell’auto e di saltare giù — ma la salvezza arrivò in contemporanea alla voce di Argo che ci informava di essere giunti al capolinea.
 
Passare dal Campo Mezzosangue a New York era sempre stata un’esperienza da non sottovalutare.
Voglio dire, dopo un’estate passata in mezzo alla natura, tra alberi e ninfe e satiri e serate in cui si cantava attorno al fuoco mentre venivano arrostiti i marshmallows, la caotica Grande Mela sembrava far parte di tutta un’altra galassia.
Eppure non riuscii a non farmi scappare un sorrisetto, mentre attraversavo la strada con le mani nelle tasche dei jeans facendo attenzione a non essere messo sotto da un taxi impazzito che correva alla velocità della luce.
«Neanche tre giorni al campo, e già mi mancava quest’atmosfera» ridacchiai, mentre Leighton mi si stringeva accanto, quasi tremando.
«Ti mancava il poter essere investito da qualche pazzo esaltato?» bofonchiò.
Alzai gli occhi al cielo. Sapevo che Leighton abitava in una zona residenziale abbastanza lontana dal centro, e dalle sue parti tutto questo caos non esisteva se non in minima parte.
Riley, che stava camminando davanti a noi, si voltò per intimarci di allungare il passo. Sembrava elettrizzata e decisamente iperattiva, molto più del normale. Ricordai le parole di Chirone, e immaginai che quella ragazza stesse attraversando una bella crisi d’ansia di fronte alla prospettiva di incontrare sua madre.
«Almeno sai dove dobbiamo andare?» le domandai quando finalmente abbandonammo la strada principale e svoltammo lungo una via laterale più tranquilla. Stava scendendo la sera, e nutrivo ancora l’illusoria speranza di riuscire a sbrigare questa faccenda prima di doverci preoccupare di cercare un posto in cui avremmo passato la notte.
«No» rispose Riley, con un tono per niente preoccupato.
Sgranai gli occhi e cercai Leighton con lo sguardo. Lei si limitò a ricambiare la mia occhiata affranta e a stringersi nelle spalle, scuotendo la testa.
«Vuoi dire che stiamo vagando a vuoto per New York, cercando una dea che potrebbe essere ovunque e sotto mentite spoglie?»
«Cavolo, Scott! Non ti sfugge proprio niente!» commentò sarcastica Riley.
Decisi di non rivolgerle più la parola.
Continuai a seguirla, maledicendo lei e la strana apatia che sembrava essere scesa su Leighton da quando avevamo messo piede fuori dai confini del campo.
Superammo una coppia di fidanzatini che stavano guardando la vetrina di un negozio di abiti. Riley fece svolazzare i suoi lunghi capelli scuri e il ragazzo si voltò a guardarla con un interesse che non sfuggì alla sua fidanzata, la quale gli diede uno schiaffo sulla spalla e iniziò a inveirgli contro.
Riley sghignazzò soddisfatta. Mettere zizzania tra la gente doveva divertirla parecchio.
«Non riesco a credere di essermi lasciata trascinare da una tipa del genere in un viaggio senza senso come questo» disse Leighton.
Le rivolsi un sorrisetto. «Pensavo avessi perso la voce»
Lei arricciò le labbra. «È solo che non mi piace stare qui. Non mi piace Riley. E non mi piace il fatto di aver lasciato Alec da solo» arrossì appena, ma il particolare mi saltò all’occhio.
«Starà benone, vedrai. È solo per poco tempo»
«Non mi piace comunque. Ho una brutta sensazione addosso»
Tornai serio. «Che genere di brutta sensazione?»
Purtroppo per noi semidei, raramente ci capita di avere strane sensazioni senza un motivo ben preciso. Di solito siamo particolarmente recettivi agli avvenimenti anche futuri. Ecco, siamo molto intuitivi, è questo il termine giusto.
«Solo… brutta, Scott. Voglio sbrigare questa faccenda e tornare al campo il prima possibile» sospirò la mia amica, sfregandosi le braccia con le mani.
Assottigliai le labbra e le passai un braccio intorno alle spalle, cercando di confortarla.
«Spero solo che Riley sappia cosa sta facendo» mormorai, prima di andare a sbattere proprio contro la figlia di Eris.
Feci un passo indietro, aspettandomi una reazione furiosa da parte sua. Ma Riley rimase semplicemente imbambolata nel bel mezzo della strada, muta, con gli occhi sgranati.
«Cosa…?» mormorai, e cercai di individuare il punto esatto in cui si fosse fissato il suo sguardo.
In alto, nel cielo scuro della sera newyorkese, fluttuavano due Preghiere, gli spiriti che già una volta ci avevano attaccati al campo. Stavolta però non stavano cantando, si limitavano a librarsi tra i palazzi e scendere delicatamente di qualche metro, per poi risalire e girare in tondo.
«Ci sono troppi umani, non possiamo usare le armi» boccheggiò Leighton.
«Non credo ce ne sarà bisogno. Forse non ci hanno visto, magari possiamo allontanarci e basta»
«Fate silenzio!» ci ammonì Riley, con un tono autoritario che mai le avevo sentito prima d’ora. «Stanno cercando di parlare… credo»
Inarcai un sopracciglio. «Come sarebbe a dire?»
Sempre tenendo lo sguardo puntato verso l’alto, Riley azzardò qualche passo in avanti, verso le Preghiere. Non l’avesse mai fatto.
I due mostri si gettarono in picchiata verso di noi, con le ali nere spiegate e gli abiti grigi sbrindellati. Leighton cacciò un urlo e sfilò il suo coltellino svizzero dalla tasca del jeans. Con uno scatto, quello si trasformò in una spada.
Sperai che la Foschia non ci tradisse e che quei pochi mortali presenti alla scena ci ignorassero, o che quantomeno scambiassero la spada di Leighton per qualcosa di meno pericoloso e compromettente.
«No!» esclamò Riley prima che la figlia di Efesto potesse alzare la sua arma contro le Preghiere. «Non osare attaccarle!»
Le Preghiere continuarono la loro picchiata finché non si fermarono esattamente davanti a noi. I loro volti solcati da rughe profonde come ferite trasmettevano un’angoscia e un dolore inimmaginabili, ma per la prima volta da quando avevo scoperto la loro esistenza mi resi conto che quei mostri non avevano espressioni ostili. Erano solo immensamente tristi.
In quel momento realizzai inoltre come le persone che camminavano per la strada accanto a noi si stessero comportando in maniera assolutamente normale, come se nessun mostro somigliante a un uccellaccio troppo cresciuto unito a un fantasma raccapricciante stesse fluttuando a qualche centimetro da terra sul marciapiede.
Evidentemente la Foschia rendeva impossibile percepire la presenza delle Preghiere.
Be’, se fossi stato in loro sarei stato decisamente offeso; doveva essere strano e frustrante essere un mostro e non essere minimamente considerato dai mortali.
«Cosa vi turba?» mormorò Riley, guardando una delle due Preghiere dritta nelle orbite vuote.
Il mostro schiuse le labbra come per parlare, ma poi non le mosse più. Eppure una voce arrivò, seppur debole e distorta, alle nostre orecchie.
«L’Ingannevole figlia del Cronide, la Tremenda, come tremenda vuol erigere la sua vendetta»
La Preghieraaveva parlato in greco antico, ma ero comunque riuscito a capirla.
«Si riferisce ad Ate» mormorai, quasi senza rendermene conto. Nel momento in cui avevo tradotto la frase, mi era parso chiaro come il sole che fosse legata in qualche modo alla dea.
«Ate?» domandò Leighton. Annuii. Ne ero sicuro.
Evidentemente le Preghiere non gradirono il riferimento alla dea, perché lanciarono un acuto lamento di dolore e iniziarono ad agitare ferocemente le loro ali, come a scacciarci.
«Via da qui!» ci ordinarono, e non me lo feci ripetere due volte.
Afferrai Riley ancora imbambolata per un polso e iniziai a correre insieme a Leighton. Le Preghiere continuarono a volteggiare alle nostre spalle, frementi.
«Qui, da questa parte!» esclamò Riley, ritornata fortunatamente in sé. Svoltammo l’angolo del marciapiede, e continuammo a correre per un vicolo buio e deserto, finché non sbucammo in una strada più grande e illuminata.
Mi guardai le spalle, per controllare se fossimo stati seguiti, ma non c’era nessuno.
«Oh, perfetto! Ci mancavano giusto dei mostri schizzati a migliorare la situazione!» esclamò con rabbia Leighton mentre riprendeva fiato e metteva via la sua spada, facendola tornare un coltellino svizzero che infilò poi nella tasca dei pantaloni.
Mi appoggiai al muro di un palazzo, mentre Riley rimase con le mani piantate sui fianchi a guardarsi intorno.
«Ci siamo» disse ad un tratto. «Sento che mia madre è vicina»
Neanche il tempo di riprendere fiato. Sospirai.
«Ne sei sicura?»
«Assolutamente»
«Dovrei fidarmi dell’amica dei mostri? “Non osare attaccarle!”» biascicò Leighton imitandola.
Se fosse stata in un’altra occasione di certo Riley l’avrebbe quantomeno azzannata, ma ora la ragazza aveva tutta la sua attenzione rivolta verso una figura vestita con un tailleur molto elegante che stava venendo dritta verso di noi.
Era una giovane, più grande di tutti noi di sicuro, con i capelli scuri tenuti su in uno chignon e un paio di occhiali da segretaria poggiati sul naso piccolo e all’insù. Gli occhi color nocciola erano elegantemente truccati, così come lo erano le labbra.
«Voi dovete essere la signorina Riley e i suoi amici» disse cordialmente la ragazza quando ci ebbe raggiunti.
Sia io e Leighton che Riley facemmo una smorfia scettica alla parola “amici”, ma ci limitammo ad annuire silenziosamente.
«Molto bene. Il mio nome è Kendra, la Divina Eris vi sta aspettando»
 
Incontrare una divinità può essere una delle esperienze più strane e assurde di tutta la tua vita.
Me ne resi conto nel momento esatto in cui Kendra ci condusse ad un tavolo appartato e già apparecchiato di quello che sembrava essere un raffinato ristorante italiano, con tanto di candele e musica in filodiffusione.
Seduta su una delle quattro sedie vi era una donna sulla quarantina, assurdamente bella, dai capelli scuri e scarmigliati, che stava parlando al cellulare mentre tamburellava con una penna su un’agendina.
Indossava anche lei un tailleur grigio estremamente elegante che le fasciava il busto sottolineandone la figura. Aveva un viso ovale e pallido e due occhi scuri e penetranti. Era identica a Riley in tutto e per tutto.
«Perdonatela, la Divina Eris è molto occupata in questo periodo dell’anno, sia per quanto riguarda i suoi passatempi mortali che per i problemi dell’Olimpo» sussurrò Kendra, alzando una mano adorna di unghie perfettamente smaltate per evitare che disturbassimo la telefonata della dea.
Mi voltai verso di lei per domandarle cosa intendesse quando si riveriva ai “passatempi mortali”, ma quasi lanciai un grido di stupore quando mi trovai al fianco di una ragazza dai capelli lunghi, biondi e ricci, con un viso tondo e due occhi verde brillante, che mi rivolse uno sguardo curioso.
«Ma cos… chi…?»
«Kendra, mia cara! Fai pure accomodare i miei ospiti. Riley, tesoro, guarda come sei cresciuta!»
Eris aveva terminato la sua telefonata e si era alzata, invitandoci a prendere posto al tavolo con un sorriso smagliante. La somiglianza tra la dea e sua figlia mi lasciò tremendamente spiazzato.
Riley guardava sua madre con occhi brucianti di rispetto e ammirazione, e sembrava felice e realizzata come non mai.
«Mamma» mormorò, aprendosi in un sorriso sincero. «È passato tanto tempo»
«Non posso far altro che concordare, bambina mia. Scott, Leighton, vi ringrazio di avermi onorata con la vostra presenza. Accomodatevi, vi prego!» disse melliflua Eris. Le sue parole potevano essere dolci e cortesi, ma quando non erano rivolte a sua figlia sembravano anche fin troppo teatrali — ecco da chi aveva ereditato questo lato del suo carattere Riley.
Dopo aver preso posto intorno al tavolo illuminato dalla candela, Kendra — che ora aveva la pelle olivastra e tratti indiani — si chinò accanto alla dea.
«Devo quindi avvisare la signora Stewart dell’udienza di mercoledì?»
Eris sorrise, facendomi accapponare la pelle. «Sarebbe molto cortese da parte tua iniziare a chiamarla signorina Hart, Kendra. Quell’avvocato da quattro soldi non riuscirà a impedirmi di ridurre il signor Stewart sul lastrico»
«La signorina Hart ne sarà contenta. Le auguro una buona serata, Divina. Ragazzi, è stato un vero piacere!»
Seguii Kendra — corti capelli rossi e una spruzzata di lentiggini in viso — con la coda dell’occhio mentre faceva ticchettare i tacchi delle sue scarpe sul pavimento lasciandoci da soli con la dea della discordia.
«Una ragazza d’oro, Kendra. Figlia di mia sorella Apate, dea dell’inganno. È adorabile come riesca a cambiare aspetto così facilmente, non trovate?»
«Più che adorabile direi inquietante» mi lasciai scappare. Riley mi lanciò un’occhiataccia, ma Eris rise.
«Probabile. Di certo è un talento che risulta utile quando deve recitare la parte dell’adescatrice per fornirmi prove schiaccianti di tradimento da mostrare in tribunale durante le udienze. Alla giuria i mariti infedeli non piacciono affatto, sapete?»
«È un avvocato divorzista?» domandò Leighton, con un’espressione stranita in viso.
«Una specie»
D’accordo, la cosa in sé per sé era strana, ma non mi sconvolse più di tanto. La dea della discordia doveva divertirsi molto a infilarsi tra moglie e marito e ad alimentare le loro liti.
«Sarebbe questo il suo passatempo mortale, quindi?» domandai.
La dea mi scrutò con uno sguardo curioso e interessato. «Devi capire, mio caro figlio di Apollo, che anche noi divinità abbiamo bisogno di svagarci una volta ogni tanto. E i mortali sono il mio svago preferito. Così litigiosi, colmi di rabbia repressa, pronti ad azzannarsi a vicenda ad ogni minima occasione. Una goduria!»
Si avvicinò un cameriere, probabilmente per prendere le ordinazioni, ma con un gesto della mano Eris lo mandò via. Nel voltarsi però il cameriere andò a sbattere contro un grasso signore somigliante a un tricheco seduto qualche tavolo più in là, facendogli rovesciare addosso il bicchiere di vino che l’uomo stava per degustare. L’uomo-tricheco si fece rosso in viso per la rabbia e cominciò a litigare con il cameriere, sbraitando come un ossesso.
«Visto? Litigi. Perenni litigi» mormorò Eris con espressione angelica. «Ma questo non è il momento adatto per spargere zizzania in giro. Vi ho voluti al mio cospetto per situazioni molto più delicate»
Detto ciò schioccò le dita; l’uomo-tricheco tornò pacatamente al suo posto e riprese a mangiare in tutta tranquillità, come se nulla fosse successo, e il cameriere si allontanò.
«Divina Eris, di che situazioni parla?» le chiesi, aggrottando le sopracciglia e sporgendomi sul tavolo.
Anche Leighton e Riley si misero sull’attenti, interessate alla questione.
«Credo tu l’abbia già capito, Scott»
«C’entra per caso Ate?»
«Scott» esclamò Leighton, con i grandi occhi scuri ancora più grandi alla luce della candela. «È la seconda volta che nomini Ate stasera! Ti comporti come se sapessi di chi si tratta!»
«Io… non so chi sia» ammisi. «Ma l’ho sognata»
Con questa affermazione riuscii a solleticare l’interesse persino di Eris, che mi invitò a parlare del sogno.
Spiegai allora ogni cosa nei minimi dettagli — la stanza, le ombre, le catene, il messaggio per Zeus. Mentre raccontavo, rabbrividivo.
«Non mi dici nulla di cui già non fossi a conoscenza, Scott» disse la dea Eris con un sospiro. «O di cui comunque non sospettassi già da tempo. Una madre conosce sempre fin troppo bene i suoi figli»
Mi ritornò improvvisamente in mente l’immagine di mia madre, che quella mattina mi aveva detto una cosa del genere, ma appena riuscii a elaborare la frase pronunciata dalla dea sobbalzai sulla sedia.
«Sta dicendo che—»
«Che Ate è mia figlia, esattamente. Mia, e di Zeus»
Leighton si afflosciò sulla sedia a bocca aperta, mentre Riley divenne cinerea in viso. Eris non ci diede però il tempo di metabolizzare la scoperta che subito ricominciò a parlare e a spiegare ogni cosa.
«È conosciuta come la personificazione dell’Errore, della Tracotanza e della Dissennatezza, e viene sovente sovrapposta alla mia figura di dea della discordia. Mi ha tenuto il muso per secoli quando l’episodio della mela d’oro è stato attribuito per errore a me, quando in realtà è stata tutta opera sua»
L’orgoglio che traspariva dalla voce della dea mi mise a disagio.
«Ate ha vissuto per molto tempo sull’Olimpo, senza dare fastidio a nessuno. Voglio dire, qualche scaramuccia di troppo c’è sempre stata, lì su. Ad ogni modo, mia figlia si è lasciata trascinare da Era in una situazione che ha suscitato l’ira di Zeus.
«A quel tempo il vecchio Parafulmini aspettava un figlio da quella mortale, Alcmena, se non sbaglio, colei che avrebbe dato alla luce Ercole. Quella stregaccia di Era, gelosa marcia come di suo solito, chiese l’aiuto della mia bambina per vendicarsi. Ate fece in modo che la mente di suo padre fosse offuscata dalla superbia, e così Zeus si vantò con gli altri dèi che il suo prossimo discendente sarebbe stato tanto potente da dominare su chiunque altro.
«Era però fece in modo che Euristeo, un altro discendente di Zeus, nascesse prima di Ercole, il quale per anni fu costretto a servire il fratellastro. Quando Zeus lo scoprì si vendicò su Ate. La afferrò per i capelli e la scaraventò giù dall’Olimpo esiliandola, giurando che mai più sarebbe potuta tornare»
«Ma lo ha fatto. Ate è tornata» mormorai a mezza voce.
Eris annuì, e Leighton si lasciò sfuggire un gemito.
Riley sbatté le palpebre. «Mi state dicendo che la dea che minaccia di vendicarsi sugli dei dell’Olimpo è una mia sorellastra
Inarcai le sopracciglia. In effetti la follia sarebbe potuta essere un difetto di fabbrica, chi lo sa.
«Il punto è che Ate era estremamente debole, fino a qualche tempo fa. Il fatto che le Litai siano ricomparse è un chiaro segno dell’aumento del suo potere» disse Eris.
«Scott prima aveva collegato le Preghiere ad Ate» soggiunse Leighton, scrutandomi.
«Intuizione» mi giustificai.
«Le Preghiere vennero create da Zeus per in qualche modo riparare ai danni creati da Ate. Sono gli spiriti di coloro a cui Ate ha nuociuto quando erano ancora in vita. Si prendono cura di coloro che Ate minaccia, evitando che possa far del male ancora una volta. Ma se vengono respinte o attaccate, è lo stesso Zeus a scatenare la furia di mia figlia contro gli stolti che hanno offeso le Preghiere»
Riley sorrise sprezzante a Leighton. «A questo punto dovresti ringraziarmi. Ti ho evitato il tormento eterno, a quanto pare»
Leighton si mosse sulla sedia come se avesse voluto alzarsi e strangolare la figlia di Eris — cosa non molto intelligente dal momento che eravamo proprio al cospetto della dea — ma si contenne.
Eris diede un buffetto sulla guancia della figlia.
«Tra l’altro ho saputo che al campo si è verificato un episodio simile a quello di cui Ate si è resa artefice. Una fragola d’oro, se non sbaglio. Riley, mia cara, sono molto fiera di te! Un tocco di classe quello di far scegliere la più bella proprio da un figlio di Afrodite, sono colpita!»
Riley sorrise, ma era impallidita e di vedeva chiaramente quanto fosse turbata.
«Mamma… non ricordo molto di quella sera» rivelò. Era ancora sconvolgente come il suo tono di voce e il suo atteggiamento mutassero a seconda che si rivolgesse a sua madre o ad altri. In questo momento sembrava molto più piccola e indifesa di quanto non fosse in realtà.
«Io ero nella foresta e… qualcuno mi ha dato la fragola, e mi ha proposto di farla donare alla più bella. Non ho idea di chi sia stato. Ricordo solo le ombre» sussultò al ricordo.
Eris emise un verso che definii di comprensione, e diede dei colpetti sulla mano della figlia per rincuorarla.
«Che genere di ombre?» domandai, con un campanello che mi si accendeva nella testa.
Riley aggrottò le sopracciglia, ma mi rispose. «Ombre gelide»
«Le ombre controllate da Ate sembrano vapore ghiacciato» mormorai.
Non ci fu bisogno di tratte conclusioni ad alta voce; tutti noi avevamo capito chi si nascondesse dietro lo scherzetto della fragola d’oro.
«Ate deve avere qualcuno che l’aiuta» disse Eris. «Al momento non dovrebbe avere neanche un corpo ben definito. I secoli trascorsi nell’oscurità e nella solitudine, dimenticata da mortali e semidei, devono necessariamente averla indebolita»
Non era di certo una buona notizia. Nel mio sogno la dea aveva sì un corpo formato in alcune parti da ombre, ma era stata abbastanza potente da incatenarmi con esse.
«E ora immagino sappiate tutto ciò che dovevate sapere» sospirò la dea Eris, ravvivandosi i capelli arruffati e controllandosi il trucco perfetto con uno specchietto tirato fuori dalla borsa.
«Aspetti un attimo» esclamò Leighton. «Sta dicendo che ci ha chiamati a New York per questo?»
«Esattamente, mia cara»
Leighton boccheggiò. La spintonai delicatamente con il gomito, pregando che non decidesse di mettersi ad inveire contro una dea.
«Perché ha chiamato anche me?» domandò invece. «Insomma, posso capire Riley. Posso capire anche Scott, dal momento che è stato lui a sognare Ate, ma che senso aveva far venire qui anche me
Eris assunse un’espressione pensierosa, poi le sorrise e si alzò in piedi. Posò un bacio sui capelli di Riley, e dopo aver velocemente controllato il suo cellulare, ci informò che un taxi sarebbe venuto a prenderci a momenti per riportarci al Campo Mezzosangue.
Leighton aspettava ancora la sua risposta, e sembrava parecchio scossa.
«Non ti crucciare, mia cara» le disse Eris, poggiandole una mano sulla spalla. «Dopotutto, sono pur sempre la dea della discordia»
Con questa frase enigmatica si congedò, lasciandoci seduti al tavolo del ristorante, con il doppio delle domande irrisolte che avevamo al nostro arrivo.











L'angolo della Malcontenta: gosh! Non aggiorno da una vita, e chiedo perdono çç il punto è che la scuola mi sta risucchiando le energie (anche adesso aggiorno con il pensiero di ciò che dovrò studiare appena avrò cliccato invio al capitolo) e quel poco tempo libero che ho lo dedico alle mie amiche ._.
Avete comprato La battaglia del Labirinto?! *____________* Io sì, e l'ho adorato <3 Ho anche odiato Annabeth -.- la odio. Mi dispiace, ma è così T^T Solo nel primo libro mi piace <3

La prima parte di questo capitolo è stata un po' tosta, ma dalla comparsa di Kendra in poi mi sono divertita come una pazza a scriverlo :'D Kendra è figlia di Apate, sorella di Eris e dea del'Inganno -w- quindi è cugina di Riley òo 
Amo Eris. E' una versione più adulta di Riley, con la stessa teatralità. Eris adora i suoi figli, nella mia mente, e di conseguenza adora Riley. E adora anche Ate. Sappiatelo, perché è importante u.ù

L'arma di Leighton è un coltellino svizzero che, oltre ai soliti usi, può trasformarsi anche in una spada *u* lo voglio anche io çç 

Adesso si sa qualcosa di più su Ate. Ahhhh Ate. E tutta la parte finale tra Leighton e Eris, con l'ultima frase della dea, sappiate che avrà un senso più avanti *si sente figa perché già lo sa :'D*

Dal prossimo capitolo tornano Lena e Alec *________________* Oh, mi mancavano T______________T

Un bacio, 
Eff.

  
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