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Autore: lames76    02/11/2011    2 recensioni
Questo racconto è nato quasi per caso, letteralmente fluito fuori dalle mie dita. Non saprei come classificarlo: il protagonista è un dio, con tutti i poteri del caso. Un dio alla greca o simile agli dei che si possono intepretare nei giochi per computer come Blacks & White. Questo dio, improvvisamente, scopre che non esiste solo il popolo che lo ha sempre adorato ma anche altre genti e decide di andare ad incontrarle. Spero vi piaccia. Ultima avvertenza, è arancione perchè, essendo un dio ha poche regole e, soprattutto una moralità tutta sua.
Genere: Azione, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 7 – Non più solo


Tornò nel suo luogo e si sedette sul divano.
Vanarash aveva detto che “tra loro” si chiamavano colleghi.
Quindi significava che c’erano degli altri.
E se conoscevano Vanarash e non l’avevano ancora eliminato come aveva fatto lui, forse qualcuno avrebbe voluto vendetta.
Scacciò l’idea.
Non poteva pensare che qualcuno volesse vendicare un tale idiota.
Ma non si poteva mai dire.
Forse esistevano delle leggi che regolavano i comportamenti tra “colleghi”.
Tornò ad alzarsi, francamente non gli importava, lui era un dio e per questo al di sopra di ogni legge.
Però inviò la notizia che qualcuno avrebbe potuto attaccare al suo avatar ed alle sue cinque sacerdotesse del sangue.

Tutta la parte orientale del continente ora apparteneva a lui.
Il popolo dei Kon, dei Lanon e quello dei Kormy era unito e compatto come non mai. Lui era stato generoso ma non troppo, non voleva che le sue genti dipendessero troppo da lui ma non voleva neppure che lo dimenticassero.
Ma non accadeva.
AgathosKon e le cinque sacerdotesse governavano con fermezza ma con assoluta giustizia e questo portava la fede in lui a crescere sempre più.
Passò diverso tempo a conoscere le femmine delle due nuove culture. Era terribilmente interessante scoprire le differenze con quelle a cui era sempre stato abituato.
Passarono anni sul piano materiale ed un giorno fu convocato.
La convocazione gli giunse sottoforma di una lettera.
Semplicemente un giorno, quando andò per sedersi sulla sua poltrona era lì.
Naturalmente non era una vera lettera, semplicemente era una rappresentazione con tale forma: pergamena e sigillo di ceralacca rosso compresi.
Senza indugio la aprì, dentro erano vergate poche righe, una convocazione per lui presso un fantomatico “Consiglio degli Dei”.
Senza indugiò ci andò.

La rappresentazione che lo aspettava era abbastanza sobria.
Sembrava di essere sopra una nuvola, diverse sedie comode disposte a semicerchio ed una al centro.
Immediatamente comprese che quella centrale era destinata a lui.
Gli altri dei apparivano con sembianze umane così anche lui si adeguò.
Visto che “l’idiota” aveva assunto quella forma, AidiosKon aveva passato un po’ di tempo a pensare ad una propria rappresentazione umana diversa da quella solita, una rappresentazione meno anonima e più dettagliata. Così prese la forma di un umano dalla pelle color caffellatte, capelli neri, occhi verdi, vestito con abiti comodi coloro azzurro e blu.
Fece il suo ingresso camminando con passo deciso e dedicò qualche istante a studiare gli altri.
C’erano in tutto cinque sedie.
Sulla prima sedeva una bellissima donna dalla pelle candidamente rosea che portava i capelli biondo ramati sciolti sulle spalle e che indossava una tunica molto procace.
La seconda era vuota.
La terza era occupata da un omone enorme che indossava un’armatura metallica completa e portava una spada legata dietro la schiena.
La quarta era occupata da un vecchio dalla lunga barba bianca e dall’aria stranita che si appoggiava ad un nodoso bastone da passeggio.
L’ultimo era un uomo alto, slanciato, con orecchie a punta e che indossava abiti molto eleganti.
Lui si fermò in mezzo a loro.
«Buongiorno colleghi», esordì con voce sicura, «Mi chiamo AidiosKon»
«Sappiamo che sei il dio dei popoli dell’est», la voce dell’uomo alto con le orecchie a punta era musicale.
Lui annuì e si sedette sulla sedia centrale.
«Faccio gli onori di casa», proseguì lo spilungone, «Io sono Lallalar, dio degli elfi delle foreste dell’ovest»
“Elfi?”, pensò lui dubbioso, “Orecchie a punta, archi, natura, vita lunga, pochi figli, magia”, inviò quelle informazioni al suo avatar ed alle sacerdotesse.
«Sulla prima sedia è posta Elira, dea dell’amore e del piacere dei popoli centrali», la donna sorrise amabilmente.
“Dea del piacere? Voglio conoscerla meglio!”
«La terza sedia è di Wortok, dio della guerra dei popoli del nord»
“Pericoloso”
«La quarta è occupata da Geria, dio dei popoli del sud»
“Nessun appellativo altisonante, forse è il più pericoloso nonostante sembri un nonnetto artereosclerotico”
«La seconda sedia era per Vanarash... e proprio a proposito di lui che ti abbiamo convocato», terminò Lallalar tornando a sedersi.
Lui rimase in silenzio aspettando.
«Tra noi vigeva l’equilibrio», continuò il dio degli elfi con tono imperioso, «Ognuno regnava sul proprio popolo e ci incontravamo qui per chiarire le dispute e per parlare», fece una pausa ad effetto, sicuramente amava il suono della propria voce, «Ti abbiamo convocato perché vogliamo farti sapere che non tolleriamo la tua impudenza! Ci sono delle leggi precise che regolano le questioni tra dei e la più sacra è che non possiamo, né dobbiamo, batterci fra noi!»
AidiosKon si sollevò in piedi con calma.
«Colleghi», si schiarì la voce con un colpetto di tosse in un modo molto umano, «Non so se lo siate anche voi ma Vanarash era un completo idiota», Elira ridacchiò mentre Lallalar gli lanciò un’occhiata di fuoco, «Spero e credo che non sentirete la sua mancanza», ora stava guardando negli occhi la dea, «Anzi credo che voi siate in debito con me per avervi eliminato quella seccatura»
Il dio degli elfi balzò in piedi, «Come osi! Questo consiglio...»
«Oso quanto mi pare e piace, caro il mio orecchie-a-punta», lo interruppe lui spazientito, «Non sapevo neppure che esistessero altri come me prima di incontrare il vostro tanto rimpianto Vanarash», tornò a guardare la dea dedicandole un sorriso a cui lei rispose, «Ma, diciamocelo, dedicarsi solo ai vampiri e non curarsi di proteggerli... suvvia era un idiota e si è meritato di sparire...», spostò gli occhi su Lallalar, «...sarebbe un po’ come se uno si dedicasse solo agli elfi e.... ops...», si finse imbarazzato.
Prima che il dio spilungone potesse esplodere ed a giudicare dall’espressione vi era molto vicino, Geria si alzò in piedi intervenendo.
«Anche se il nostro ospite ha un modo molto irriverente e colorito di esprimersi non ha fatto altro che rimarcare le osservazioni che io ed Elira sostenevamo da tempo», la sua voce era tranquilla e leggermente incrinata dalla vecchiaia ma il luccichio dei suoi occhi fece capire ad AidiosKon che il suo interlocutore era molto arzillo.
«Ma ci sono delle regole!», esclamò Lallalar scandalizzato.
Anche la dea si alzò dal suo scranno, «Dai Lally...», dai lampi che passarono negli occhi dell’elfo non doveva piacergli molto essere chiamato così, «E’ uno straniero e non le conosceva»
«La legge non ammette ignoranza!», ora la sua voce suonava molto stridula.
«Gli dei sono al di sopra delle leggi», esclamò AidiosKon, «Ed ora scusatemi cari colleghi, il mio popolo mi reclama per il culto», fece un leggero inchino rivolto a Geria, dedicò un sorriso ad Elira poi fece dietro-front e se ne andò.

Quando apparve nel suo luogo si affrettò ad inviare informazioni al suo avatar. Doveva mandare subito le Ombre ad indagare nei territori del nord. Doveva anche mandare ambasciatori in quelli del sud e del centro, ambasciatori con ordine di cercare alleanze con quei popoli. Infine gli disse di spargere la voce secondo cui gli elfi esistevano ma erano soggiogati da un dio malvagio ed andavano liberati.
Dopodiché scrisse due missive, visto che a lui l’avevano contattato in quel modo forse era una consuetudine, una per Geria e l’altra per Elira chiedendo due incontri privati.



Note: Addirittura un Pantheon! Eh si, che dite degli altri dei? Vi sembrano macchiette? La cosa è voluta...
Una curiosità, il dio degli elfi doveva chiamarsi "Arcofalc" e per farvi capire perchè devo raccontarvi un pezzo del mio passato.
Quando andavo alle superiori organizzamo, con tutta la classe (o quasi) una gita nella casa di campagna di uno di noi.
Fu una settimana divertentissima ed indimenticabile.
Uno dei passatempi, fu organizzare una sorta di "battaglia" simil gioco di ruolo dal vivo.
Beh il ragazzo che era master di Advanced Dungeons & Dragons aveva trovato un arco giocattolo con tanto di marca "ARCOFALC" impressa sopra.
Quando è apparso in gioco ha esordito con la frase: "Io sono il prode arciere elfico, con il mio arco benedetto col suo nome dal dio degli elfi Arcofalc!"
Io e gli alti amici, che non ci aspettavamo un'uscita del genere, siamo morti dalle risate.
Quindi avrei voluto usare quel nome ma non volevo fare pubblicità occulta... anche se ora mi rendo conto che la ditta credo sia chiusa da tempo.
Arco e frecce Arcofalc
   
 
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