Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Whatadaph    02/11/2011    8 recensioni
Gellert Grindelwald ha diciott'anni e un sogno. Anzi, i suoi sogni sono due, e portano lo stesso cognome.
"Albus mi appartiene."
Gellert dovrà solo attendere la guarigione di Ariana, che arriverà di pari passo con la sua libertà.
"Poi sarò libero di amarli entrambi. È questo il Bene Superiore?"
Grindelwald non lo sa, così come non sa che proprio per il Bene Superiore presto crollerà tutto in mille pezzi.

Questo racconto partecipa al "Pairing Pazzi e Difficoltà - Un Contest a Pacchetti" indetto da Miki_TR.
Vincitore dell'Oscar per il Miglior Attore Protagonista (Gellert Grindelwand) al contest "Gli Oscar delle Fanfictions" indetto da MedusaNoir
III classificato al contest Truly Angst indetto da Gaea
Genere: Angst, Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Gellert Grindelwald | Coppie: Albus/Gellert
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Racconto scritto per il contest "Pairing Pazzi e Difficoltà - Un Contest a Pacchetti" indetto da Miki_TR.
Vincitore dell'Oscar per il Miglior Attore Protagonista (Gellert Grindelwand) al contest "Gli Oscar delle Fanfictions" indetto da MedusaNoir.

Ringrazio con tutto il mio cuore Zuzallove, la mia magnifica beta.

Titolo: Eternamente nostri
Personaggi: Albus Dumbledore, Ariana Dumbledore, Gellert Grindelwand
Avvertimenti: Slash, Threesome
Summary: Gellert,
Credo che non manchi molto alla REALIZZAZIONE. Lo sento, capisci? Percepisco il POTERE che come un’entità indissolubile si avvicina a noi. Ci pensi, Gellert? Io. Te. Ariana. I Doni.
NdA
: Nelle lettere che si scambiano Albus e Gellert, ho inserito di tanto in tanto delle parole in caratteri maiuscoli. Ciò dovrebbe essere una ripresa della missiva che compare in Harry Potter e i Doni della Morte, nella quale comparivano effettivamente parole scritte in caratteri maiuscoli. Ad ispirare questo racconto sono stati Beethoven e le lettere scritte da Jack Kerouac a Sebastian Sempas.



“Oggi, ieri, che straziante nostalgia di te. Di te. Tu, mia vita, mio tutto, ti auguro ogni bene. Oh, non smettere di amarmi (...). Eternamente tuo, eternamente mia, eternamente nostri”.

Lettera di Ludwig van Beethoven all’Amata Immortale, 7 luglio 1812


Godric’s Hollow, 1899.

La casa è cupa e nella stanza tutto tace. L’unico suono è costituito dal ritmico battere delle gocce di pioggia sugli spessi vetri delle finestre, accompagnato di tanto in tanto dal sinistro scricchiolio degli infissi scheggiati.
Il giovane uomo – chioma bionda e ricciuta, i tratti del volto nitidi e raffinati – osserva con attenzione la ragazza dall’aria dolce e un poco assente, con lo sguardo perso nel vuoto.
“Credo di aver finalmente compreso la natura del tuo problema, Ariana”.
È Gellert a rompere il silenzio, anche se il suo è poco più che un sussurro roco, pronunciato in tono soave.
“Dentro di te,” prosegue. “È tutto chiaro. Tutto giusto. Solo, non riesci a farlo uscire come dovrebbe. C’è qualcosa che non va con l’uscita, non so se mi spiego.”
Ariana accenna un sorrisino vacuo, annuendo appena.

***

Gellert,
Forse ho trovato qualcosa, finalmente. Sono riuscito a ricostruire l’albero genealogico dei Peverell, e la mia conclusione è che il Mantello dell’Invisibilità potrebbe essere in mano a qualche erede dei Black o dei Potter, ultimi discendenti ancora in vita di Ignotus.
Ho avuto qualche difficoltà con le indagini, non potendo muovermi da Godric’s Hollow, ma fortunatamente ci ha pensato il mio vecchio amico Elphias a spedirmi gli annuari del Ministero. Ovviamente, ho trovato una scusa valida e più che credibile per giustificare la mia richiesta.

Albus

Albus,
Ho sempre pensato che questo Elphias ti facesse il filo.
Ad ogni modo, credo sia la Stecca della Morte il Dono cui dovremmo dedicarci maggiormente. Dopotutto, è il più utile fra di essi per raggiungere il potere. Ricorda che molti (sciocchi) potrebbero opporsi.
Potrebbero non comprendere che tutto è lecito al fine di raggiungere IL BENE SUPERIORE.

Gellert

***

Ariana, mia dolce amica,
So perfettamente che non è la prima lettera vergata di mio pugno che ricevi, l’ennesima che non potrai leggere. Che riporrai in quella graziosa scatolina color turchese, sulla mensola del caminetto.
Probabilmente, è meglio così.
Io e Albus stiamo facendo qualcosa di grande, sai? Noi terremo in pugno il mondo intero, Ariana, e tu potrai essere finalmente LIBERA.
Vorrei vederti correre per i prati, mio tesoro.
Vorrei vederti ridere.
Vorrei che tu riuscissi a guarire.

Gellert


Ariana srotola la pergamena in fretta, entusiasta della lettera di Gellert.
Si rende poi conto, una volta ancora, di non saper attribuire alcun significato a quei segni acuminati, vergati in inchiostro scarlatto sulla giallastra pergamena. Sconsolata, ripiega il foglio con cura, prima di riporlo nella piccola scatola turchese dipinta a delicati fiorellini, che tiene in bella vista sulla mensola del caminetto.
Gellert le piace, sa come renderla serena. Le ricorda un poco Abe, poiché la guarda con premura e le parla in modo gentile. Albus è molto buono con Ariana, ma a volte è brusco, quasi scostante. Lei si rende conto di essere per lui un peso, ma non se ne cruccia: sa che il fratello le vuole bene, è fiduciosa che mai la abbandonerà.
Anche a lui piace Gellert: stanno spesso fra loro a confabulare, e Albus lo guarda con occhi di luce, una scintilla danzante in quelle iridi azzurre.
Ariana è felice, sapendo che così, perlomeno, ha qualcosa in comune con lui.

***

Gellert,
Credo che non manchi molto alla REALIZZAZIONE. Lo sento, capisci? Percepisco il POTERE che come un’entità indissolubile si avvicina a noi. Ci pensi, Gellert? Io. Te. Ariana. I Doni. Manca poco, talmente poco che tremo al pensiero e poi... non lo so. Strano a dirsi, eh? La MIA mano che attraverso la MIA penna scrive NON LO SO!
Devo aver bevuto un brandy di troppo, Gellert. Ma cosa fare quando è sera, Ariana dorme e tu sei nella casa accanto alla mia, ma non puoi raggiungermi per via dell’influenza... Gellert! Sei un grande mago, come puoi lasciarti soggiogare dall’INFLUENZA?! E’ frustrante, capisci? Ti mando questa con Ignotus¹, nel frattempo mi bevo un altro brandy.

Albus

Albus,
Ti prego, smetti immediatamente di bere. Non hai idea di quanto tu ti stia rendendo ridicolo, in questo stato. È un po’ inquietante, a dire il vero, sono talmente abituato a conoscerti come un brillantissimo genio che vederti così patetico, brillo e matto da legare fa un poco impressione. Per quanto riguarda l’influenza, se credi che mi sottoporrò a bere Pozione Pepata come un qualunque marmocchio col moccio al naso, sbagli di grosso. Ho l’emicrania, la sinusite, brividi ovunque e zia Bathilda è a dir poco ossessionante.
Posa quella bottiglia!

Gellert

Gellert,
Ti stai autocommiserando. Non me ne importa proprio niente dell’influenza, vieni qui ORA.
(Ho posato la bottiglia).

Albus

***

Gellert sbuffa e leva gli occhi al cielo, prima di ruotare su se stesso e Materializzarsi nella casa accanto, portando con sé le cinque o sei coperte di lana in cui è avvolto. Al suo improvviso apparire nel salotto di casa Dumbledore, un giovanotto seduto davanti al caminetto acceso - capelli rossicci, occhi azzurri e intelligenti – sobbalza appena, voltandosi verso di lui. Albus è scarmigliato e decisamente alticcio, i suoi abiti sono spiegazzati, la sua aria stanca e trascurata. Tuttavia, sembra non accorgersene, mentre, troppo impigrito dai fumi dell’alcool per alzarsi in piedi, rivolge un lieve sorriso di benvenuto al nuovo arrivato.
Gellert si avvicina e si siede accanto ad Albus sul divano. Si rannicchia contro il bracciolo, stringendosi al petto le coperte e tirando su col naso.
“Che strano...”
Gellert volge il capo verso l’amico, che lo sta scrutando fra le palpebre socchiuse, quasi volesse sondargli l’animo. Guarda Albus con espressione interrogativa, ma quello pare essersi di nuovo smarrito fra i propri pensieri.
“Albus,” pronuncia, richiamando la sua attenzione. “Che cosa è strano?”
“Mmh?”
Albus sembra non comprendere.
“Prima. Hai detto che strano.
“Come?” lo guarda con espressione vacua. “Ah, sì. Già. L’ho detto”. Sorride.
“Sì, l’hai detto!” ripete Gellert, esasperato.
Il giovane Dumbledore dà in una risata convulsa, isterica e priva di senso alcuno, mentre lui gli fa disperatamente cenno di tacere, timoroso che Ariana possa essere disturbata dal suo sonno.
Tu sei strano,” riprende Albus. “Strano in questo modo... rannicchiato, con le coperte strette addosso. Sembri quasi innocente...”
Gellert scuote la testa, sbuffando.
“Mi hai fatto venire fin qua con l’influenza solamente per dirmi che sono strano?”

***

Nel cuore della notte, Gellert si sveglia in un sussulto, bruciante di febbre. Gli occorrono alcuni istanti per comprendere dove si trovi, per riconoscere quel bracciolo foderato di velluto contro il quale è poggiato. Volta piano la testa, scorgendo Albus, profondamente addormentato, dall’altro lato del divano. Sui capelli rossicci baluginano i riflessi ramati delle ultime braci, sempre più fioche, che ancora ardono nel camino. Le sue sopracciglia sono appena corrucciate, e sotto le palpebre Gellert può scorgere un lieve fremito.
Il suo sonno non deve essere dei più sereni, riflette. Sembra teso.
Continua ad osservare Albus, può udirlo mugugnare qualcosa di incomprensibile, sbuffare. Nel delirio della febbre, a Gellert viene voglia di ridere, e lo fa: scoppia in un risolino insulso, sciocco.
Solamente Gellert può trovare buffo Albus. Solamente Gellert può ridere di lui.
Albus è suo. Questo il giovane Grindelwand riesce a percepirlo chiaramente, mentre è scosso al contempo da brividi e vampate, senza capire granché di ciò che lo circonda.
Io ho la febbre alta, Albus è ubriaco e Ariana probabilmente non sarà mai in grado di controllare la propria magia. Che situazione folle.
Fuori dalla finestra, un tuono rimbomba: l’acqua comincia a scrosciare contro i vetri.
Dall’altra stanza, Gellert ode sbattere un’imposta. Si guarda intorno, cercando la bacchetta magica. Dopo qualche minuto, finalmente la trova: la sottile stecca di legno spunta da sotto il braccio di Albus, il quale evidentemente deve averlo poggiato pesantemente sopra di essa nel sonno. Gellert non vuole svegliarlo, perciò si alza a fatica per andare a serrare la persiana. L’ impressione che ha è uno sbattere violento della propria testa, di qua e di là, per qualche istante, mentre la stanza comincia a vorticare e l’istinto gli suggerisce di tornare immediatamente sul divano. Con calma, tenta tuttavia di muovere qualche passo esitante, avendo cura di prestare una certa cautela affinché il capo non gli dolga più del necessario. Procede lentamente, ma l’imposta continua a sbattere con insistenza. Così Gellert manda al diavolo tutto, e barcollando si affretta instabile verso la stanza adiacente, dove si precipita presso la finestra e blocca l’imposta sul proprio gancio. Soltanto dopo che lo sbattere continuo si è chetato, e l’unica voce rimasta è quella della pioggia, il ragazzo si accorge di trovarsi nella camera di Ariana, e scorge la figura di lei, profondamente addormentata, fra le spesse coperte. La fanciulla dà le spalle al punto in cui lui si trova, e Gellert distingue la linea morbida della sua schiena, la dolce curva del fianco. Vorrebbe fare qualche passo. Sfiorarle con la punta delle dita le scapole appena sporgenti, posare le labbra sulla dodicesima vertebra. Carezzare appena quel volto innocente, inconsapevole.
Gellert vorrebbe tanto che Ariana potesse guarire, perché allora lui sarebbe libero di amarla.

***

Gellert,
Come va l’influenza?
Qui continua a piovere. Senza dubbio pioverà anche lì, considerando che la mia casa dista neanche quindici iarde dalla tua. Guarda la fortuna, amico mio, guarda le coincidenze! Sarò egoista, forse, ma se non ti avessero espulso da Durmstrang, non saresti venuto ad abitare presso Bathilda, e noi due non ci saremmo mai incontrati. Se io avessi accettato la proposta di Aberforth di lasciare Ariana a lui, sarei andato in viaggio con il caro Elphias e noi due NON CI SAREMMO MAI INCONTRATI.
Non sarebbe stato triste?

Albus

Albus,
Grazie a Merlino ci siamo incontrati, perciò basta chiacchiere inutili. Perché non mandi invece un gufo al tuo CARISSIMO amico Elphias, chiedendogli se può per caso rintracciare la Bacchetta di Sambuco al posto tuo? In fondo, sareste PARTITI INSIEME per un viaggio. Come potrebbe mai rifiutare?
L’influenza va sempre peggio.

Gellert

Gellert,
Sei geloso?

Albus

Albus,
Naturalmente NO. Perché mai dovrei esserlo?

Gellert

Gellert,
Se non lo sai tu come posso saperlo io? Ti stai vittimizzando, mio caro, ne sei cosciente?

Albus

Ma perché devi essere sempre così INSOPPORTABILMENTE serafico?
Per la cronaca: no, non sono geloso. E neanche mi sto vittimizzando.

Gellert

***

Fuori dalla finestra il cielo è sereno, azzurro e limpido.
Albus si accarezza distrattamente il pizzetto ben curato, prima di alzarsi dallo scrittoio in un rapido scatto, dirigendosi a lunghi passi verso la fornita libreria sita dall’altro lato della stanza. Gellert segue i suoi movimenti con la placida attenzione di un pigro, elegante gatto, studiando il modo in cui i capelli ramati – trattenuti in una coda da un sobrio laccio verde scuro – sobbalzano lievemente sulle spalle dell’amico. Quando si arresta, le ciocche scivolano nuovamente fra le scapole, su quella schiena che Gellert trova torbidamente attraente, in qualche oscuro modo. Non può fare a meno di paragonare la splendida e scattante figura maschile che ha di fronte con le delicate morbidezze della proibita schiena di Ariana, di cui solo qualche settimana prima ha potuto scorgere la sagoma da sotto la coperta.
A quel punto, a Grindelwald d’improvviso sembra che la sedia sia divenuta insopportabilmente scomoda, e pensa bene di alzarsi, raggiungendo l’altro di fronte ai lignei scaffali poggiati alla parete.
La schiena di Albus adesso è vicina. Il dorso, al disotto della camicia, è magro e ben disegnato, le spalle larghe e dritte.
Incitato da chissà qualche istinto che sceglie di non chetare, Gellert solleva la mano e la poggia senza esitare fra le scapole dell’amico, perché sente il bisogno di farlo. Percepisce Albus irrigidirsi appena sotto le proprie dita, bloccarsi nell’atto di estrarre un volume dalla libreria. Il giovane Dumbledore si volta piano, senza dar segno di volerlo allontanare, e Gellert accompagna il suo movimento piegando il braccio, attento a non spostare la mano di un millimetro. Gli occhi azzurri e penetranti di Albus, fissi nei suoi, portano dipinta una curiosa espressione: ferma, appena timorosa, serissima. A Grindelwad sembra che stiano sondando la sua anima, osservando ogni sua sfaccettatura, studiando di lui ogni aspetto brillante, ogni torbido antro oscuro. Senza mutar di sguardo, Albus si china appena verso di lui, e poggia le labbra sulle sue con decisione e goffa irruenza.
Gellert si accorge di non aver atteso altro. Non sposta la mano dalla schiena di Dumbledore, ma affonda l’altra sulla sua nuca, scompigliando la coda di capelli rossicci, mentre entrambi perdono l’equilibrio e rovinano a terra, incapaci di staccarsi.
Albus mi appartiene.
Gellert dovrà solo attendere la guarigione di Ariana, che arriverà di pari passo con la sua libertà.
Poi sarò libero di amarli entrambi. È questo il Bene Superiore?
Grindelwald non lo sa, così come non sa che proprio per il Bene Superiore presto crollerà tutto in mille pezzi.

 

 

Stop and stare!

You start to wonder why you’re ‘here’ not there

And you’d give anything to get what’s fair

But fair ain’t what you really need

Oh, can you see what I see...²


***

Nurmengard, 1984.

Gellert non ha più nulla, se non quel pezzo di parete. È un muro di dure pietre grigie, fra le quali di tanto in tanto fa capolino qualche grosso ragno nero, oppure uno filo di gelido vento del Nord. Ormai ne conosce a memoria ogni curva, graffio, macchia.
In tutti quegli anni di prigionia probabilmente ha perso il senno.
In principio, aveva tentato di combattere l’oblio. Faceva ricorso ad ogni metodo possibile per non impazzire: ripeteva a memoria ogni canto o poesia che gli riuscisse di tenere a mente, ripercorreva come ossessionato la sequenza precisa di sfumature dei capelli rossicci di Albus, dei boccoli biondi di Ariana.
Pian piano ha cominciato ad arrendersi. Adesso lascia che la follia lo invada con lentezza, che si faccia gradualmente strada in lui, impadronendosi irrefrenabile del suo discernimento, di ogni barlume di raziocinio superstite. Ha perso il conto delle ore, dei giorni, dei mesi. Degli anni.
Il tempo scorre confusamente, e Grindelwald lo lascia avanzare, sprofondato nella beata incoscienza che è divenuta la sua salvezza.
Tuttavia, di tanto in tanto la sua mente si schiarisce, la nebbia si dirada. Gellert ricomincia a vedere.
Vede Albus. Albus giovane. Albus che ride, Albus che lo bacia, Albus senza vestiti.
Albus anziano, dalla barba argentea, che lo guarda con serietà e gli punta contro la bacchetta.
Vede anche Ariana. Può osservare il suo quieto e vacuo sorriso. La guarda interporsi fra Albus, Aberforth e lui stesso, ricevere un getto di luce in pieno petto, accasciarsi a terra. Morta. Perduta. Nulla ha più senso.

***

Gellert osserva Albus.
Gli sta puntando la bacchetta dritta contro il petto, l’espressione che porta impressa sul volto è seria e triste. Lui è tranquillo, dopotutto. Non ha dubbi su chi vincerà il duello: Albus ha sempre avuto più talento.
Ma, in fondo, che importanza ha?
“Dimmi chi di noi è stato, Gellert. Dimmi chi è stato a... colpirla. Colpire Ariana.”
I due uomini si scrutano vicendevolmente, e per un istante ritrovano l’uno negli occhi dell’altro lo stesso sguardo.
Grindelwald sospira.
“La verità, Albus? Non lo so. Ma, credimi, ne porteremo per sempre la cicatrice”.




¹Ignotus è il nome con il quale Albus ha chiamato il proprio gufo.
²Stop and stare, degli One Republic.


Vincitore dell'Oscar per il Miglior Attore Protagonista (Gellert Grindelwand) al contest

Giudizio di MedusaNoir <3

Il Gellert Grindelwald di Daphne S è diverso dall’idea di Gellert che ho da un po’ di tempo e molto simile a quella che avevo mesi fa. Mi ha colpita vederlo influenzato, così… vulnerabile. Il modo in cui Gellert ama Ariana è disperato e mi ha particolarmente colpita: Albus, sappiamo, voleva un mondo dove la sorella sarebbe potuta uscire di casa, ma Gellert? Gellert che pensa la stessa cosa, che la vuole libera? Che vuole essere libero di amarla. Non ci sono parole, è un personaggio costruito alla perfezione.



   
 
Leggi le 8 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Whatadaph