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Autore: Kat Logan    02/11/2011    14 recensioni
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
“E ci ameremo e spereremo e moriremo senza secondi fini.”
Genere: Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Personaggi: Haruka/Heles, Michiru/Milena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Yakuza'
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WARNING:  Anche questo capitolo contiene termini volgari, violenza e forse vi farà arrabbiare.Detto ciò, sedetevi comodi, prendete un pacchetto di patatine a attenti a non strozzarvi.
Vi aspettano 9 pagine di assurdità.
Buona lettura, a chi si avventura!

 
 
 
La pioggia si era fatta torrenziale impedendo una visuale nitida della strada ad Haruka, che cercava per quanto possibile, di mantenere una velocità sostenuta.
Il cielo plumbeo e il forte temporale sembravano aver mandato in tilt la fitta rete stradale di Tokyo, intasate da vetture e mezzi pubblici che avanzavano a passo d’uomo.
“Anche quel giorno aveva cominciato a piovere forte…” disse Michiru all’improvviso, con lo sguardo chiaro perso al di là del finestrino.
“Quando ti ho rapita...” Disse con un leggero sorriso, “già”.
Posò la mano sul cambio accarezzandolo piano per poi scalare in prima e fermarsi a causa della coda.
“Mi dispiace di averti fatta entrare in questo casino…”
Suonano strane queste parole.
“Se tornassi indietro…”
Cosa faresti Haruka? Se potessi riavvolgere il tempo, rifaresti tutto quanto?
La frase morì all’istante, senza proseguire.
Haruka non aveva una risposta, perché una risposta a tutta quella situazione non poteva esserci.
Poteva dire che non l’avrebbe rifatto, ma in qualche modo avrebbe mentito.
Se non avesse eseguito gli ordini non ci sarebbe stata Michiru nella sua vita e lei, non avrebbe trovato la forza di reagire.
Non sarebbe tornata a vivere, perché di fatto quella ragazza, con solo la forza della sua gentilezza e del suo modo di essere aveva distrutto il muro che non permetteva ad Haruka di vedere il mondo, la vita vera, un’alternativa.
Senza di lei, sarei ancora prigioniera di me stessa e del mondo della Yakuza.
La mano di Michiru si posò sulla sua, il suo tocco leggero la fece fremere proprio come era successo qualche ora prima, sotto quelle lenzuola, che non avevano mai conosciuto l’amore sino a quel momento.
“Non posso pensare di tornare indietro”. Disse con voce flebile la bionda, guardandola negli occhi.
“Lo so”. Michiru capiva perfettamente.
“Tornerai ad Osaka, quando tutto sarà finito?”
Lo sguardo blu virò bruscamente altrove.
La testa di capelli acqua marina si lasciò andare sul sedile, mentre un profondo sospiro attraversò la cassa toracica della ragazza per poi abbandonarla.
“Ho la mia vita là…” sorrise leggermente, guardando due giovani divertiti da qualcosa, sul sedile posteriore della macchina bianca a fianco a loro. “Ho i miei ragazzi. Il mio lavoro…”
“Non ti mancano mai Ami e tuo padre?” chiese la bionda, mentre la sua testa poneva incessantemente un altro tipo di domanda.
Non ti mancherò io?
“A volte si”, la mano di Michiru lasciò quella dell’altra per ravvivarsi i capelli spettinati dalla corsa.
“Ma ad Osaka c’è il mare”.
 A quelle parole l’immagine delle onde che s’increspavano l’una contro l’altra e lo scroscio dell’acqua che accompagnava le melodie suonate da Michiru le invasero la mente.
“Non so come spiegarlo…ma il mare riesce a portare via ogni mia preoccupazione, ogni mio pensiero”. Liberò un sospiro. “Mi fa sentire a casa, non sono mai sola!”
Riuscirà a portare via anche me da i tuoi pensieri, Michiru?
 
“Qualcosa non va!” Michiru fece per aprire la portiera della Ferrari.
“Cosa fai?” Haruka la prese per il polso tirandola a sé.
“Vado…” il suo battito accelerò a quella stretta.
Ecco che divento sorda e non altro vedo che lei…
“Vado…solo a vedere qual è il problema, non ci stiamo muovendo…forse c’è stato un incidente, torno subito”.
Lo prometti?
Gli occhi cobalto sembravano supplicarla di non andare.
“Giuro, non scappo!”
“Ok…” la voce roca di Haruka acconsentì lasciandola scendere dall’auto.
 
Michiru avanzò.
La gente nervosa aveva cominciato a suonare i clacson come se la cosa potesse sbloccare quel muro di mezzi che impediva a tutti di tornare a circolare.
Corse sotto la pioggia nel traffico fermo per capire quale fosse il problema.
Piccole gocce fredde scivolarono sui suoi vestiti e la pelle, andando ad adornarle come perle i capelli lunghi ondulati.
“Oh…”
Alcuni vigili erano giunti sul posto per dirigere la circolazione.
“Il semaforo si è spento…”
Forse un blackout.
 
 
*
 
 Daisuke si scagliò gridando contro Akira che lo aveva disarmato un’istante prima.
“Non mi occorre una pistola per farti fuori ragazzetto!”
“E’ la scusa che usi tutte le volte che come uno stupido ti fai volar via dalle mani una revolver?” Lo derise il moro, mentre la mano dell’uomo premeva sul suo volto come ad allontanarlo.
L’Oyabun salì sulla vettura mettendosi al volante, incurante del suo scagnozzo e smanioso di concludere i suoi affari.
Per lui solo il denaro e il potere erano ciò che contava, al resto poteva benissimo voltare le spalle e passarci sopra.
“Guarda tuo padre!” disse Akira spingendo Daisuke contro la sua Infiniti G coupé argentata, assestandogli un pugno che gli fece voltare il viso in direzione del boss.
“Guarda l’uomo per cui hai sacrificato tutto…se ne sta andando!”
L’espressione di Daisuke mutò in incredulità.
“Io…sono il suo successore!” ripeté a sé stesso, sottovoce.
“Sei solo carne da macello, non gli servi. A lui importa del suo stupido denaro. Ti sta lasciando qui!”.
Akira sorrise compiaciuto, “ti sta lasciando nelle mie mani a morire!”
L’auto fece manovra, il finestrino si abbassò appena, giusto perché la voce del guidatore fosse udibile ai due.
“Mentre voi vi azzuffate e compromettete la wa, di questo posto come avete sempre fatto, io vado a prendere ciò che mi spetta…”
“Ma…” Daisuke provò a divincolarsi per protestare e Akira lo colpì con un pugno allo stomaco che lo fece piegare su se stesso gemendo di dolore.
“Mio caro Daisuke…che leader saresti, se non riesci ad occuparti di un cane come Akira?”
Il ragazzo non si fece toccare da quella provocazione, aveva ben altro a cui pensare e voleva fare in fretta.
Sarò anche un cane, ma un cane con delle persone a cui tengo e per cui combatterò fino alla fine.
“Signore, lo ucciderò!” ringhiò lo Yakuza ancora devoto al suo capo.
“Ho fatto un giuramento, intendo rispettarlo. Farò tutto per voi, padre!”
“Risulti ridicolo Daisuke!” Akira non si risparmiò un altro colpo, “Sei spazzatura quanto me per lui!”
Il motore dell’auto ruggì.
L’Oyabun rise di gusto, compiaciuto dal suo essere superiore.
“Vado dalla tua amica…so dov’è. So sempre dove siete!”
Gli occhi di ghiaccio si sgranarono appena, ma non lasciarono trapelare la loro preoccupazione.
“E dopo che mi sarò occupato di lei, farò visita alla tua bella ragazza…”
Il respiro di Akira si mozzò all’istante, Daisuke ne approfittò dell’ attimo di distrazione del moro, per placcarlo e buttarlo a terra sotto il suo peso.
“Non ci provare!” aveva la forza solo di gridare in quel momento mentre il suo corpo sembrava rifiutarsi di reagire in qualsiasi modo.
“Lo farò, mio caro!”
Dovete star lontani da Minako!
Daisuke raggiunse con una mano la pistola che era scivolata a terra nello scontro precedente.
“Ti ucciderò, lo giuro!” gridò in preda a una sorta d’isterismo all’Oyabun.
“No, prima ti ammazzerò io…” gli sussurrò quello sopra di lui, mentre un ghigno sadico gli compariva in volto puntandogli contro l’arma.
La macchina sgasò uscendo dal parcheggio sotterraneo e abbandonando i due avversari là sotto.
Le dita di Daisuke sfiorarono il grilletto.
Akira chiuse gli occhi stringendo le palpebre. Per un momento pensò di farla finita, di porre fine a quell’esistenza e a quelle continue torture.
Potrei stare per l’eternità senza di lei, però? Senza la sua risata?
La canna fredda della pistola si puntò sulla sua fronte.
Senza la sua voce?
Il suo corpo sembrò farsi pesante, stanco anche lui di combattere per rimanere in piedi, sottoposto ogni volta a risse e corse per salvarsi la pelle.
Senza il suo amore?
Le sue iridi tornarono a vedere la luce, a fissare lo sguardo che pareva iniettato di sangue di Daisuke, pronto a farlo fuori senza alcuna indecisione. Era il ritratto di un diavolo, di chi aveva perso la sua umanità.
“Sayonara, Akira!”
Il moro sorrise.
Riuscì a percepire la pressione del dito sul grilletto e il ruotare del tamburo contenente i proiettili.
Un click a vuoto, senza un conseguente sparo lasciò di sasso Daisuke.
“Ma cosa?”
“Idiota”, il sorriso di Akira si fece ancora più largo.
“Volevi ammazzarmi con la mia pistola…”
“Una vale l’altra!”
“Certo…peccato che sia scarica!”
Il ragazzo sembrò recuperare tutte le sue forze e concentrarle in una ginocchiata al linguine di Daisuke, togliendoselo di dosso.
“Ho finito le munizioni mentre tentavo di colpirvi prima, così l’ho buttata a terra e poi ti ho disarmato!” gli spiegò dandogli un calcio allo stomaco.
“Se mi farò ammazzare non sarà con la mia pistola e tantomeno, da te!”
Un grido disumano rimbombò nel garage.
Akira stava pestando violentemente le dita dello yakuza steso sull’asfalto umido che cercava di trascinarsi lontano da lui.
“Ehi, non ho ancora finito…non è educato parlare sopra agli altri o gridare come una gallina!”
“Bastardo!” sibilò, prima di urlare ancora una volta dal dolore che l’altro gli provocò all’istante.
“Mi pare di avere sentito un crack…ti ho rotto un dito?”
“Maledetto…figlio di…”
“Ehi, non offendere la mamma!” il volto di Akira si fece serio.
Si piegò recuperando l’arma dell’altro, rigirandosela tra le mani.
“Non la tieni molto bene, questa bambina eh?!”
Daisuke tentò di alzarsi, ma un calcio dell’altro lo fece ripiombare al suolo.
“Almeno è carica, è ancora utile insomma…”
“Ma che caz - ”
“sshtt, ehi…” Akira si chinò e lo colpì con il cane della pistola, “non essere scurrile, hai una certa età sai? Non ti si addicono le parolacce, quelle sono riservate al vocabolario di Haruka!”
L’uomo anche se malconcio sembrò trovare qualcosa di divertente in quella frase perché cominciò a ridere, suscitando una certa irritazione nel ragazzo.
“Si è scopata anche te quella lesbica?”
I tratti del moro s’indurirono. I suoi occhi divennero il ritratto dell’Antartide, perdendo ogni sfumatura di calore tramutandosi in due sottili fessure. Lame gelide.
“Ti ho detto di non essere maleducato!” lo riprese serio per poi tirarlo per i capelli brizzolati costringendolo così ad alzare il volto verso di lui.
“Smettila di ridere, non lo trovo divertente…”
“Sembri diventato un sadico lo sai?”
Akira rimase un istante in silenzio osservando per l’ultima volta la faccia tumefatta di quello che aveva reso la vita ancora più ardua di quanto già non fosse alla sua amica.
“Non sei l’unico stronzo qui dentro, sai?!”
“Non sembra una tua frase…”
“Infatti non lo è!” lo interruppe l’altro, “è quello che avrebbe detto Haruka…”
Un verso schifato rantolò fuori dalla bocca dell’uomo.
“Di, Sayonara a questo mondo, Daisuke!”
Furono le ultime parole che l’uomo sentì, prima che un proiettile lo trapassasse mettendo fine alla sua squallida vita.
 
 
 
 
*
 
“Un’altra volta ferme, non ci credo!” Haruka cominciò a tamburellare le dita sul volante visibilmente nervosa.
Era riuscita a guidare senza rimanere imbottigliata per cinque minuti scarsi, per poi ritrovarsi nuovamente bloccata dietro ad un camion.
“Dove stiamo andando?” chiese Michiru.
“Ti riporto dalla tua famiglia…sperando che Akira si sia occupato di quei due piantagrane…”
Michiru sembrò turbata. “Riuscirai a farcela?”
La bionda fece spallucce, in quel momento le importava poco del suo destino.
Tutto ciò che riusciva a desiderare era riportare al sicuro Michiru.
“Fammi una promessa…” prese fiato la ragazza sfiorandole una guancia con le dita fredde.
Haruka annuì piano con un cenno impercettibile del capo.
“Promettimi che farai tutto il possibile…e anche l’impossibile, per sopravvivere!”
“D’accordo…”
La bionda le sorrise per poi spostare la sua attenzione sullo specchietto retrovisore.
“Merda!”
“Che c’è?”
“E’ qui!”
“Chi?”
“L’Oyabun!” la voce di Haruka si fece concitata “ci ha già beccate, questo traffico ci ha rallentato troppo!!”
Michiru si divincolò dalla cintura di sicurezza per voltarsi e guardare dietro di sé.
“O cavolo…” si lasciò sfuggire sottovoce vedendo la vettura dell’uomo subito dopo quella che seguiva la loro ferrari.
“Dobbiamo filarcela!” Le mani esperte della bionda fecero girare velocemente il volante.
“Do…dove pensi di andare?” chiese Michiru capendo che non era possibile superare la fila di macchine che avevano davanti a loro.
“Oltre lo spartitraffico. Allaccia la cintura!”
“Ce l’ho già, allacciata! Ma…”
“Michiru, non contestare, per favore!!”
 
I pneumatici sembrarono girare a vuoto per un momento sull’asfalto bagnato. Stridettero, per poi partire ad una velocità spropositata oltre lo spartitraffico che venne buttato giù malamente dalla bionda, che non aveva intenzione di rimanere un secondo di più dove si trovava.
“Dimmi, dove hai preso la patente? Perché ce l’hai vero?”
La Ferrari s’insidiò nella corsia prendendo a correre contro mano seguita dall’auto scura dell’ Oyabun.
Haruka non rispose, concentrata sulla guida.
“Attenta!!” gridò Michiru coprendosi gli occhi.
“Lo vedo! Lo vedo!”
“Faremo un frontale, me lo sento!”
“Hai un’idea migliore?!”
“Si, guidare nel senso giusto!”
La bionda ridacchiò guardandola con la coda dell’occhio.
“E ora perché ridi?”
“Sei carina quando ti spaventi!”
“Haruka!!”
La lancetta schizzò oltre i centotrenta, la macchina schivò un utilitaria rossa guidata da un uomo anziano che rischiò il collasso nel vedersi arrivare a tutta velocità un auto contro.
“Dove cavolo sei Akira? Stai bene?”
Michiru sentì Haruka sibilare quelle parole e la vide assumere un’espressione sofferente.
L’auto dietro di loro si avvicinò ancora di più.
La bionda poté intravedere il riso dell’uomo che si pregustava la sua vittoria.
“Dobbiamo tornare nell’altra corsia Haruka, così ci ammazzeremo prima che lo faccia lui!”
“D’accordo”.
Accelerò di nuovo, guardando alla sue destra.
Il traffico sembrava essere tornato a scorrere normalmente nonostante la pioggia non fosse cessata.
“Tieniti forte!”
Michiru deglutì ubbidendo all’istante.
“Ora finiremo in centro…” precisò Haruka compiendo la stessa azione fatta per uscire dal traffico poco prima.
“Questi spartitraffico si piegano come carta!” disse non appena la macchina si riassestò sull’asfalto, facendo inchiodare una vettura sulla loro strada.
L’altra si portò una mano al petto riprendendo a respirare dopo una breve apnea da tensione.
“Quel vecchio se la cava al volante, non l’avrei mai detto! Di solito non guida mai…cavolo abbiamo noi la macchina più distrutta della sua…”
“Certo Haruka!” il tono di Michiru si fece appena più stridulo “noi sfondiamo le cose! Lui passa dai nostri varchi! E’ ovvio che la nostra macchina sia messa peggio!”
“Ohi, ohi, respira Michi!”
“Non dirmi di respirare!!”
“Cosa devo fare augurarti di soffocare? Tra poco vai in iperventilazione se non ti dai una calmata!”
Michiru sospirò puntando gli occhi al cielo “Ti ringrazio per la preoccupazione, ma in questo contesto è un po’…complesso rimanere tranquilla!”
Gli alti palazzi moderni della città sfrecciarono sotto gli occhi della ragazza come all’alba di quell’inseguimento con la polizia.
Guardò le insegne luminose e i grandi cartelloni pubblicitari cercando di non pensare, che quella sarebbe potuta essere la loro ultima corsa.
Doveva scacciare la paura dalla sua mente, doveva scacciarla dalle sue viscere che si stavano contorcendo dal terrore che le causava quella situazione.
Per un istante invidiò Haruka, sembrava sempre essere calma e senza preoccupazioni nel momento del pericolo.
Forse ci è abituata?
La luce dell’imbrunire, anche se pallida per il temporale, illuminò il viso della giovane al volante.
E’ bellissima. Vorrei poterla guardare per sempre…
Michiru le posò una mano sulla spalla, aveva bisogno di un contatto con lei, la sentì irrigidirsi appena, colta alla sprovvista da quel gesto per poi ammansirsi subito dopo come un gattino in cerca di carezze.
Le passò la mano tra i fili di grano che le ricoprivano la testa e si accorse di trovare così la sua calma.
Quella che doveva rappresentare un pericolo per lei, ormai era il suo prezioso talismano contro la paura e le preoccupazioni, era diventata come il mare.
Infondo anche qui vicino c’è l’oceano.
Socchiuse gli occhi, riuscendo ad estraniarsi dalla situazione; e il rombo del motore divenne per un momento il canto dei gabbiani che era solita ascoltare ad Osaka.
Sospirò.
Le immagini di lei bambina e suo padre sulla spiaggia a giocare durante la calura estiva s’impossessarono della sua mente.
Caro padre, come mi guarderesti se lo sapessi? Avresti ancora occhi per me? Mi riserveresti una delle tue carezze gentili se fossi a conoscenza del fatto che amo uno scarto della società, come lo chiameresti tu?
Eppure è così. La tua bambina è perdutamente innamorata del suo rapitore.
 
La vettura sbandò appena colpita da quella dell’Oyabun.
Michiru si ritrovò catapultata  nuovamente nell’incubo, nella realtà.
“Attenta Haruka! C’è l’area pedonale li!”
Il semaforo scattò sul rosso dando ai pedoni il permesso di procedere sulle strisce nel centro della città.
“Non posso fermarmi, Michi!”
“Ma…”
“Si sposteranno vedrai!”
Haruka prese a suonare il clacson insistentemente passando in mezzo alla folla di persona che riuscì ad uscire indenne dal possibile scontro con la Ferrari, mentre Michiru si coprì gli occhi per non guardare la scena.
“Ok, tutto bene…”
“Tutto bene?”
“Si!” la rassicurò l’altra “non ho messo sotto nessuno, puoi aprire gli occhi!”
“Svolta! Svolta a sinistra!” le ordinò Michiru prendendole all’ultimo il volante.
La bionda rimase interdetta.
“Andiamo sull’altra strada, li non c’è il rischio di investire qualcuno!”
Haruka sorrise. “Sempre a pensare agli altri! E’ anche questo che mi piace di te!”
Michiru si sentì avvampare.
“Non l’abbiamo ancora seminato!” ringhiò la bionda, sterzando violentemente.
Spinse il piede sull’acceleratore, decisa ad attraversare l’incrocio che l’aspettava davanti a sé.
Il semaforo da verde scintillante passò a rosso accesso.
Lo sguardo cobalto sembrò voler sfidare il destino, non si abbassò, si puntò oltre l’incrocio ancora libero quando un furgone bianco, spuntò alla sua destra colpendo la sua fiancata.
L’impatto fu inevitabile.
L’auto si schiantò contro un altro veicolo capottandosi più volte in mezzo alla strada.
Dall’impatto non ne uscì indenne nemmeno l’Oyabun, che senza riuscire a frenare si scontrò allo stesso modo, andando a finire rovinosamente contro il muro poco distante da dove si trovavano intrappolate Haruka e Michiru.
Una nuvola di fumo si alzò dal suolo bagnato, avvolgendo l’auto sportiva gialla scintillante.
Michiru emise un mugolio soffocato.
Haruka aprì gli occhi ritrovandosi appesa a testa in giù, bloccata tra il sedile e l’airbag gonfio.
La testa sembrò volerle scoppiare da un momento all’altro, si portò una mano sulla fronte dolorante per poi voltare il capo verso il muro.
Un colpo di tosse.
E’ ancora vivo!
“Michiru…”
Nessuna risposta.
“Michiru!” la chiamò più forte, scuotendola appena per una spalla.
“Si?”
“Principessa devi sbrigarti ok?”
“Cosa?” l’altra aveva una nota confusa nella voce.
“Devi andare via di qui, stai bene no?”
“Si…” deglutì “credo di si…”
“Ok perfetto!” disse frettolosa l’altra accarezzandole il capo.
“Tu stai bene?” Lo sguardo azzurro puntandosi su di lei, sembrò riprendere lucidità di colpo.
“Nulla di rotto direi!” Haruka si sforzò di sorridere.
“Adesso ti libero dalla cintura, va bene?”
“Si, ma…”
“Non protestare Michiru ti prego…”
“D’accordo!” Acconsentì l’altra.
“Al mio tre te la slaccio, stai attenta a non farti male e occhio ai vetri…”
Michiru inspirò profondamente.
Per qualche motivo il terrore la stava attanagliando.
“Uno…”
Andrà bene Michiru.
“Due…”
Sta bene anche lei, è tutto sotto controllo.
“Tre!”
La cintura si arricciò su se stessa liberandola all’istante.
“Ok, esci di qui!” La voce di Haruka sembrava essere appena più serena.
“Brava principessa, esci da questo buco, così!” La incitò sottovoce.
“Ora arrivo a tirarti fuori!” la voce cristallina di Michiru e i suoi passi che calpestavano le pozzanghere sembrarono echeggiare sotto la pioggia.
Una fitta di dolore fece emettere un rantolo alla bionda.
La gamba…non riesco a muoverla…
“Eccomi!” Michiru si sdraiò sull’asfalto grondando.
“Ora ti aiuto ad uscire…”
“N…no!”
“Come?! Che dici Haruka?”
Un rumore proveniente dalla macchina dell’Oyabun la fece rabbrividire.
Sta cercando di uscire il bastardo. E ci riuscirà.
“Ascoltami!”
La sua mano afferrò il braccio di Michiru.
“Michiru…”
“Dimmi…”
“Michiru, scappa! Va via! Ora!”
La ragazza scattò in piedi come un fuso a quell’ordine.
“Non importa dove, vai anche in centrale! è qui vicino! Ma corri!”
“Io non…”
“Si puoi!”
Un tuono illuminò il cielo ormai scuro.
“Ti ho fatto una promessa, puoi fidarti!” le sorrise Haruka con i capelli bagnati e facendole un cenno con la mano.
L’altra guardò l’incrocio, cercò di orientarsi.
Vide il furgone completamente distrutto dall’altro lato della strada.
Nessuno ha ancora chiamato i soccorsi.
“Sbrigati!”
Le gambe di Michiru ubbidirono all’impulso del cervello prendendo a correre.
Non voleva andarsene ed abbandonarla li, ma qualcosa di più forte e la voce di Haruka l’avevano fatta scattare.
 
 
*
 
Rei abbandonò un bacio sulle labbra di Setsuna.
“Sicura che non vuoi venire a riposarti un po’?”
La donna le accarezzò i capelli con un gesto lento, gustandoselo.
“Sicura…”
“Aino è in cella e Ami non verrà qui prima di domani mattina…”
“Avrò tempo di dormire con te e riposarmi quanto questa storia sarà finita. Manca poco, me lo sento!”
“Si e dopo avrai un altro caso a rubarti il sonno!” la prese in giro Rei avanzando con le stampelle verso la porta.
“Fatti accompagnare per andare a casa, il tempo è pessimo e così starò anche più tranquilla!” disse Setsuna.
“Non preoccuparti. Il taxi mi aspetta fuori!”
“D’accordo…buona notte allora!”
“Notte, Sets!”
L’ispettore rimase sulla soglia fino a che l’altra non scomparve dalla sua visuale.
Si avviò con calma alla macchinetta per le bevande decisa ad ingerire un’altra dose di caffè forte, per affrontare la notte in centrale.
Un tuono rimbombò e le luci si spensero per un’istante per poi tornare ad accendersi nuovamente.
Un calo di tensione.
L’odore di caffè invase la stanza.
Setsuna prese il bicchiere fumante tra le mani dirigendosi verso il suo ufficio.
“Che tempo da lupi!” Esclamò soffermandosi a guardare fuori dalla finestra la strada in procinto di allagarsi.
Avanzò nel corridoio, una luce era accesa nella stanza in cui si trovava la cella. La guardia di turno era alla scrivania intenta a leggersi un giornale, mentre la testa bionda di Minako giaceva sulla branda beatamente addormentata.
O ha un bel sangue freddo o ha la coscienza pulita la ragazza…
 
 
*
 
 
I passi di Michiru erano spariti in lontananza con i rumori del traffico.
Haruka si sganciò dalla cintura rimanendo incastrata all’interno dell’abitacolo.
La gamba non dava cenno di voler collaborare.
“Dannazione!”
Cercò di evitare i vetri rotti sparsi ovunque per non ferirsi ulteriormente, quando la portiera dell’auto dell’Oyabun si spalancò improvvisamente, rivelandole alla vista l’uomo traballante.
Il completo bianco era macchiato solo in un punto da qualche piccolo schizzo rosso, probabilmente appartenente alla ferita di poco conto che si era procurato sul viso.
“Ten’ō, dove è finita la tua amichetta?”
“Lontano da te!” sorrise soddisfatta lei.
“E’ inutile che fai quell’espressione, credi che non la ritroverò?”
“Magari creperai prima, sarebbe ora, sai?”
“Ma guardati…” l’uomo la osservò con un’espressione di superiorità in volto, “Che pena che mi fai…”
Haruka cercò distrattamente la sua arma, ma senza successo.
“Intrappolata in una delle tue bellissime macchine da corsa che non riesci a muoverti…”
Le luci del semaforo che cambiarono colore nella strada deserta illuminarono il volto dell’Oyabun.
“Pensavo che non potessi arrivare ad essere una perdente come tuo padre!”
A quelle parole la bionda sputò disgustata verso l’uomo.
“Non era un perdente!”
“Oh, lo era eccome. Per anni ti ho cresciuta come se fossi mia figlia e sai…ero orgoglioso di te!”
Haruka si divincolò, riuscendo a trascinarsi con metà del busto fuori dal finestrino.
“Ma poi, hai mandato tutto all’aria. Il tuo ultimo compito era piuttosto semplice e ti avrebbe permesso di prendere il mio posto, tra tutti quanti! I sentimenti sono per i deboli!”
“Puoi dire quello che ti pare…”
“E’ inutile che fai la menefreghista, sai che posso toglierti ogni cosa, dagli amici alla vita!”
A quelle parole il pensiero tornò ad Akira.
Una smorfia dipinse il suo volto facendo sorridere l’Oyabun.
“Spero proprio che quel buon annulla di Daisuke abbia fatto fuori il tuo amichetto!”
“Vi farò fuori uno ad uno se così fosse!” Haruka sembrò ruggire, strisciando sotto la pioggia.
Una fitta di dolore alla gamba la bloccò.
Così non va!
“Ti piacerebbe…” la sfidò quello. In piedi davanti a lei, puntando nella sua direzione un’arma dalla canna argentea e scintillante, che nella sua mente prese la forma di una lama affilata.
Perdonami Akira se non ho potuto fare nulla per te e Minako.
Il rumore di un auto che inchiodava a poca distanza da li.
Le sirene di un ambulanza che si avvicinavano.
La pioggia.
Lo sguardo penetrante e pieno di disgusto dell’assassino di suo padre.
Perdonami Michiru se non ho mantenuto la mia promessa.
“Muori, Ten’ō!”
Scusa papà!
Haruka chiuse gli occhi.
Non voleva che l’ultimo ricordo della sua vita, fosse l’uomo che l’aveva tormentata fin da bambina.
Si morse il labbro, chinando il capo, prendendo coscienza della sua fine.
Penso di amarti, Michiru.
E l’ultima cosa che udì, fu uno sparo.
 
 
 
 
 
Note dell’autrice:
 
Non ci credo, ce l’ho fatta!!!!! Si, lo so. Sono un infame ad avere terminato così il capitolo, ma…sono nove pagine di delirio! Credo possano essere sufficienti cavolo!
Non avevo pensato di mettere la “lotta” tra Akira e Daisuke per esteso e invece così è stato! Quindi, per colpa sua non ho messo qui il prologo, nemmeno questa volta.
Per forza di cose lo inserirò nel prossimo capitolo.
Non sono molto soddisfatta dell’inseguimento, ma spero comunque che il capitolo sia di vostro gradimento.
Alla prossima!
 
Kat

   
 
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