A fine capitolo la scheda°
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Capitolo
C'è chi perde la strada
Calò il silenzio e caddero le sacre spoglie del Cavaliere, lì dove sino a poco tempo prima fischiava inesorabile un vento avvezzo e si manifestava uno scontro acceso.
“Hai
visto? Alla fine anche il Leone s'è piegato alla ferocia*
del
vento.” Gli disse, glielo dichiarò apertamente.
Come
se Aiolia potesse ascoltarlo, come se quelle parole dettate al vento
-lui
che di vento ne era portatore- potessero
infondergli il coraggio che ora gli mancava...
...Come
se quella frase, per assurdo, potesse biasimare il crimine che
realmente aveva commesso. Compiuto
per Atropo! Compiuto a opera della grande legge
che era il
Destino, la quale intransigente non tollerava coloro che ne deviavano
il percorso stabilito! Seppur
questo significava sacrificare vite umane, il cui unico sbaglio era
quello di protrarsi contro un Fato avverso, contro un Destino che gli
avrebbe reciso un compagno, un amico, un fratello...
Un
Destino che troppe volte era stato stretto all'umanità
intera.
Jonah
chiuse gli occhi cerulei del Saint, prostrandosi in avanti col busto
e calciandogli lontano l'elmo*. La
quinta fiamma proprio in quel momento venne meno al suo lucente
chiarore celestiale. Come fosse il rintocco di una campana che suonava
a
morte... per l'ennesima volta.
Il
Cavaliere delle Moire si voltò giusto in tempo per
osservarlo
un ultimo istante, sulla soglia della quinta casa, poi rizzò
il capo e continuò la scalinata. Aspettando
così la sua morte, sapendo in cuor suo che l'amore fraterno*
avrebbe abbattuto persino la sorte. Aveva
perso così un amico, per un grande legame fraterno, se lo
ricordava...
E
già lo sentiva, l'urlo di vendetta che gli si abbatteva
contro, l'urlo straziante del cosmo di Aiolos.
“Jeff, mi dispiace,
davvero...” Un ragazzino dagli indomabili
capelli color dell'argento e un tipico completo inglese così
si rivolse al suo migliore amico. S'inginocchiò
dinanzi ad una tomba in cui per iscritto vi era riportata la morte
della sorella di Jeffrey. Uno
strano vento circolava attorno a quei due bimbi, avvolgendoli in un
dolce calore.
“Oh Jonahtan, il Destino è così
crudele...”
“Non
potevi farci nulla Jeffrey, era un male incurabile.” Gli
poggiò
una mano sulla spalla, continuando a contemplare quelle incisioni
così finemente ricamate e che decantavano le lodi di una
giovane fanciulla.
“Sì
Jonah, lo stesso che ho anche io.”
E
difatti, due anni dopo, egli era morto; lasciando i tanti averi che
possedeva ad un cugino lontano dell'Irlanda del Nord. La sua candida
bara
era stata sistemata accanto a quella di Cherylin.
Ma
Jonah lo sapeva, sapeva che quella malattia non era stata l'unica
causa che l'aveva portato alla morte, bensì la voglia di
riabbracciare presto sua sorella e dunque di lasciarsi andare.
Se
li ricordava bene quei due: la timida ragazza dai bei boccoli biondi
e quel vispo ragazzino dai capelli del medesimo colore. In quel caso
il Destino avrebbe aspettato una decina d'anni, prima di
recidergli definitivamente la vita. Però Jeff era
impaziente,
non desiderava restare da solo con quell'immenso patrimonio. L'amore
fraterno aveva battuto persino quel fato che, giocondo e immorale,
gli avrebbe lasciato qualche anno in più di sofferenza.
Quel
lontano giorno Jonah sancì un patto col Destino, quello
stesso
giorno perse il suo compagno di giochi.
I passi incerti
sotto il cielo grigio d'Atene furono le ultime
gesta del Cavaliere del Destino implacabile, ma anche le prime gesta
del ragazzo che un tempo fu. Mille
domande gli annebbiavano la mente, lasciando così alle
spalle
l'insistente vociferìo della Dea Atropo e le sue frequenti
richieste di uccidere al più presto i traditori del Fato.
Era
sempre stato un ragazzo di attenta furbizia e di grande perseveranza
Jonah, quel suo accento inglese alle volte gli aveva donato un tono
austero e fiero, pieno di superbia e altezzosità.
Ma
egli era come il vento: vento che infastidisce e che ti ruba le
giornate di quiete, però che allo stesso tempo ti regala
refrigerio durante il caldo estivo nei giorni afosi.
Egli
era il vento: imprevedibile, variabile, volubile, alle volte
immutabile. Jonah
donava sicurezza al gruppo, poiché credeva fermamente nella
causa del Destino e da sempre agiva in prima linea. Quando
aveva saputo della missione affidatagli dalle Dee del Destino era
stato il primo a giurare nuovamente la sua eterna fedeltà.
Quando
in Sicilia aveva incontrato Marie non si era fatto certo scrupoli, ed
anzi l'aveva sbeffeggiata della sua inutilità e del fatto
che
lei era viva solo grazie all'intervento di Capricorn...
Eppure,
ora, percorrendo le scale come ci si incamminava verso un patibolo,
non poteva che ripensare a quanto l'esser sicuri di sé fosse
in realtà un immenso errore che non aveva mai contemplato.
Marie
di Pyxis, quella ragazza dallo spirito forte e dal viso mascherato,
-così come voleva la regola del Santuario d'Atena-
aveva suscitato in lui solo sdegno e pena: perché uccidere
una
pusillanime come quella, si era chiesto. Perché affidare a
lui
un tale incarico!? Ora
se ne vergognava terribilmente.
Accennò
un sorriso: Pyxis non era ancora morta. O i suoi compagni erano dei
completi imbecilli, oppure c'era davvero qualcosa in più in
ogni cavaliere d'Atena.
Shura
di Capricorn ad esempio, il maestro di quel cavaliere d'Argento,
aveva donato la vita per salvare Shiryu del Dragone, poi
ancora una
volta sempre per giusta causa d'Atena. L'avrebbe voluto incontrare,
pensò, però molto probabilmente non sarebbe mai
arrivato alla decima casa. Si sarebbe fermato prima.
Forse
per sua decisione, forse invece perché non sarebbe
sopravvissuto.
“Oh
Atena, Nobile Dea della Giustizia, ascoltami. È Jonah che vi
parla, guerriero dell'implacabile vento!- Pregò il cavaliere
cercando di trovare con la mente il tredicesimo tempio e il gran
cosmo che la Dea disponeva come barriera. -È una disfatta!
Ho
ucciso un vostro cavaliere dal benevolo animo e dal gran cuore, ah
quale sorte mi spetti non m'importa! Ma ora, a cuore aperto mi
domando: Perché tutto ciò? Io... io solo ora
comprendo
quanto i miei occhi siano stati pieni d'ombre... io, io sicuro del
mio temibile intento!” Urlò agitando le mani con
frenesia.
Poi
abbassò il tono, mentre chiudeva gli occhi per lasciar
fluire
lentamente l'aria nei polmoni: “E solo ora... Atena... solo
ora
mi rendo conto, guardando gli occhi di un uomo che muore,
quanto sia sbagliata la nostra battaglia! Che non porta una legge di
ordine, ma crea scompiglio...” Spalancò gli
occhi, poi la bocca, disponendo le braccia verso l'esterno con
fare
esasperato e disperato al tempo stesso.
L'armatura
scarlatta di cui tanto si faceva vanto si sciolse come sangue davanti
ai suoi occhi, colando e inspiegabilmente non impregnandogli l'abito.
Non
apparteneva più al sacro vincolo a cui lui stesso aveva
giurato, non apparteneva più a niente. O
così
sperava. Le
gambe gli cedettero, cascò sul trentatreesimo scalino a peso
morto. Invocando a voce bassa e contratta il perdono di tutti coloro
che aveva ucciso nel nome di quella Legge così meschina.
Perché
aprire gli occhi proprio a quel momento? Forse era stato il
mite
cosmo di Atena che gli aveva sancito incertezze e gli aveva immesso
dubbi e verità impreviste?
Magari,
invece, era solo stato il guardare con quale ardore Aiolia del Leone
si era battuto per un ideale che gli aveva innescato il pensiero e la
vera strada da seguire.
...Forse
ora aveva perso davvero la retta via, la sua almeno...
“Atropo
è la sola che vuole questa ingiusta guerra non capisci?
Perché
cavaliere ti ostini a farmi cedere il passo? Non lo
farò.- Gli aveva dichiarato come un ruggito il Cavaliere di
Leo. -Atena
è
buona e misericordiosa, ha riportato in vita coloro che si erano
sacrificati per lei! Ti è questo d'intralcio?
Perché
condannare un così grande gesto d'amore? Può il
destino
essere così infantile da voler recidere la vita di cavalieri
giusti e votati al bene?”
Ricordava
le parole di Aiolia, quelle che gli avevano fatto nascere da
lì
in poi il dubbio nel cuore.
Può
il destino... essere un male? Il Fato non dovrebbe essere qualcosa di
assolutamente neutro? E allora perché ora era
irrimediabilmente a favore della morte e non della vita?
“Ti
dirò Jonah, quando partii per la Sicilia, Atena si
raccomandò
bene di avvisarmi che non era il volere delle Dee del Destino a
manovrare questa insulsa e violenta rappresaglia... ma Atropo! Colei
che è più vicina all'Ade... e che dunque ha preso
la
risurrezione dei Cavalieri d'Oro come affronto personale, come un
torto subito... ti sembra questo il Destino?”
No,
questo non poteva essere il Destino in cui tanto ci si affidava.
Il
dubbio gli aveva lacerato il cuore. Tuttavia aveva dovuto ucciderlo
per poi costatare con i suoi occhi che quello non era e non poteva
essere, il Fato. Poiché la provvidenza era imparziale e
obiettiva, quindi non avrebbe mai permesso la morte a chi non
spettava. Questo però l'aveva compreso solo dopo l'ultimo
alito di vita del giovane Leone.
Tutt'un
tratto il suo corpo s'irrigidì, d'incanto, come avesse
ricevuto una coltellata in pieno addome. Un lampo di luce che nessun
altro poteva vedere gli perforò le membra insinuandosi sino
all'anima: “Hai smarrito la via, traditore, ma servi al
compimento del mio volere! Dunque ridestati: Cavaliere del Destino
Implacabile.- Gli disse una voce, la quale gli penetrò la
mente in modo assai violento. -Ucciderai Aiolos di Sagittarius, Shura di
Capricorn, mi porterai la testa del detentore dell'undicesima casa,
ed infine reciderai la vita del dodicesimo cavaliere che a me, con le
loro insulse vite, han recato offesa.” Atropo
si reincarnò col suo ingannevole spirito e il suo potente
cosmo nel cuore del guerriero. Lasciò
le sorelle e l'anziano corpo in cui risiedeva solo per non far
nascere e continuare altri indugi e dubbi in quel guerriero
sprovveduto.
Jonah
non percepiva più i suoi sensi, non recepiva più
nulla... se non quel comando. Che
a un cavaliere non fosse permesso il dono del pensiero e della
ragione, ma solo la strenua lotta per ordine dei suoi superiori?
Un vero guerriero non può o non deve avere dubbi capendo di essere in torto?
✾
Il
Sacerdote chinò il capo: anche Aiolia era perito in
battaglia,
il suo cosmo dileguatosi dal suo corpo ormai senza vita. Fin
dentro le mura della Tredicesima e ultima casa si poteva percepire il
triste cosmo che emetteva il suo caro fratello: Triste e cupo, colmo
di un sentimento molto vicino al rancore*, ma allo stesso tempo
bellicoso più di prima. Poi,
pochi istanti dopo, la supplica agonizzante di uno dei nemici
riempì
la sala e le sue urla le menti delle due più importanti
cariche del Santuario.
Atena
a quelle angosciose suppliche, che erano continuate anche dopo che
Atropo aveva preso possesso del corpo del ragazzo, era divenuta -se
si poteva- ancor più convinta di quanto insulsa e miserabile
fosse quella battaglia. Di quanto potesse essere abbietta Atropo da
trasgredire persino la legge di cui era a capo. Così,
in religioso silenzio, continuò la sua difficoltosa quanto
grave ricerca della fievole ragione nascosta in Lachesi e Cloto: le
due sorelle che tessevano insieme ad Atropo l'intrigato manto della
vita. Lo
scettro di Nike in mano, con polso fermo e presa stretta. Il capo
leggermente inclinato all'indietro e gli occhi chiusi in totale
abbandono dei sensi. Pregava
Atena, pregava affinché entrambi gli schieramenti non si
uccidessero a vicenda e vite umane non fossero sprecate per una
divergenza fra divinità. Gli umani, da sempre, al centro fra
le
dispute divine.
Richiamò
a sé le due anime mitologiche del Destino e nell'arduo
intento
le stanche membra di Saori cadettero sul freddo pavimento del
tredicesimo tempio come morte: in stallo fra la realtà e il
brivido del limbo.
Una
sorta di contatto etereo e impalpabile fra la grande Dea della
Sapienza e le prime due Dee dell'umana sorte, quest'ultime poi le
prime a prendere parola:
“Atena!
Atena sei accorsa! Atropo, nostra sorella, non ha indugi neppure di
fronte alla morte dei nostri cavalieri...”
“Lei
ci ha ingannato!”
“Ciò che hai fatto rinnega la
nostra legge! Pensavamo, ignobili, che Atropo avesse il giusto dalla
sua parte, ma...”
“E
lo aveva, Cloto, ricordalo... !- Le comunicò Lachesi, per
poi
rivolgersi verso Atena. -Ma non è questo il Destino a cui
noi
diamo sostegno. Non è questo il Fato che nostra sorella
dovrebbe seguire. Non era questa la strada, ricolma di sangue, che ci
aveva indicato... colma di sangue dei nostri cavalieri, colma di
terrore e senza un libero arbitrio. Con Jonah, nostro amato
guerriero, lei ha sancito il distacco dal nostro pensiero... dalla
nostra legge.”
Ah,
la Dea della Sapienza sapeva bene quanto sciocche e futili potessero
essere i motivi che spingevano gli Dei a sacrificare i propri
Guerrieri solo per pretendere una marcante Vittoria. Quasi si
vergognava di questa ripugnante Viltà.
Ma
sapeva anche, che di regola, le tre Divinità del Destino
erano
corrette e propense verso il giusto equilibrio. Atropo, forse
accecata dal suo stesso potere e sentitasi oltraggiata dal gesto di
Atena però aveva smarrito questo ideale. Sospirò,
poi prese parola con un tono tanto determinato quanto pacato:
“Cloto,
Lachesi... permettetemi di esporre il mio pensiero...”
Dialogò
a lungo, senza mai arrendersi e cercando di tenere alto il nome dei
suoi cavalieri. Nike l'accompagnava senza mai lasciarla, seppur fosse
incorporeo sia lei che il posto in cui si trovavano.
“...Voi
potete dar la vita e condurla fino alla morte secondo un ordine
prestabilito dal tribunale
indetto da Eaco e, sebbene voi l'abbiate presa come mia pecca o
presunzione il riportare in vita uomini già ritenuti morti,
anche Atropo si sarebbe dovuta attenere a questa prassi.
Poiché
i miei cavalieri non erano ancora stati scritti*. Erano periti nello
scontro, ma non
secondo il Destino. Periti in una battaglia che non sarebbe dovuta
accadere. Non dovevano morire... non secondo il vostro
ordine.”
Cloto
tacque, così fece anche sua sorella: era vero. Loro
governavano il Destino, ne erano le signore indiscusse, eppure la
macchia dell'imprevedibilità mai si sarebbe del tutto
estinta
dal cammino che loro stesse perseguivano.
Il
Fato era giocondo, però più volte gli umani con
la loro
ostinazione, la loro ambizione e il loro grande orgoglio avevano
sconvolto piani, percorso e lottato contro le loro stesse
avversità. Poi
entrambe, forse pensando ai loro cavalieri, forse pensando alla
rovina della loro sorella, si dichiararono fuori.
Poiché
il Destino, almeno questo gli era concesso, ancora una volta sarebbe
stato al di sopra di qualunque parte.
“Atena.-
Confessò Lachesi un attimo prima che quest'ultima si
congedasse. -Ora comprendo quale volontà ti abbia animato.
Quale spirito e quale coraggio ti abbia spinto a tal punto da
metterti in gioco in prima persona. Gli esseri umani... sono davvero
ineguagliabili. Imperfetti, ma ineguagliabili.”
Travolgenti,
incontrollabili... pieni di quelle emozioni che permettono loro di fare
imprese straordinarie e imprevedibili.
E Atena sorrise,
prima di scomparire.
Lady
Saori riaprì gli occhi, ridestandosi:
“Atena...” Provò a chiamarla con
esitazione il Gran Sacerdote
aiutandola
a rialzarsi. La mano destra ancora ferma ad impugnare lo scettro.
Lo
sguardo invece rivolto verso le dodici case dello Zodiaco. Quelle
case luogo di scontri perenni, a cui ora stavano sopraggiungendo i
Bronze Saints.
Lei credeva nei valorosi Cavalieri d'Oro. Lei credeva nei suoi cavalieri.
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*ferocia: bè, in teoria un aggettivo simile è molto usato per descrivere una forte bestia come il Leone, ragion per cui ho usato questo termine come a dire che la “ferocia” del vento ha surclassato quella di un Leone. Ma ognuno può interpretare come vuole.
*l'elmo: avete presente L'Iliade? Ricordate Patroclo -tra l'altro il mio preferito nell'opera-, ecco.
*fraterno: ovviamente si riferisce al fatto che, avendo ucciso Aiolia, Aiolos oltre ad adempiere al suo dovere traboccherà di rabbia e di risentimento e Jonah ne è consapevole (che dunque non la passerà liscia, anche perché il fatto era che Aiolia non era da uccidere, poiché egli non era nelle mire del Fato.), proprio perché in passato, ricordandolo, sapeva quanto l'amore fraterno era indissolubile e impiegabile anche di fronte al Destino, ossia l'ideale in cui più credeva.
*rancore: sì, forse ve ne sarete già accorti in qualche capitolo, ma tendo sempre a dare una piccola sfaccettatura a(l fratello di Aiolia) Aiolos. Che sarà pure l'impeccabile cavaliere d'Oro per eccellenza, ma secondo me è anche parecchio umano. Dunque prova un “sentimento vicino al rancore”. Non è OOC per me, se per voi lo è a tal punto...avvertitemi ;)
*scritti:
(importante) mmh,
c'è la nota
“what if?” apposta.
Però vorrei spiegare. A
quanto ricordo quando si è
morti
nell'Ade viene scritto il nome sul registro del tribunale. -Tipo, ricordo vagamente di Seiya CHE
essendo vivo quando entra all'Inferno non era scritto-. Dunque mia licenza poetica è
il
fatto che in TEORIA la battaglia alle 12 case NON era prevista. Non
era come la guerra contro Hades dunque prevista ogni tot. di anni.
Bensì siccome il destino è variabile questo non
lo si
poteva prevedere. L'ambizione di Arles ha fatto accadere la strage. L'ambizione di un UOMO e del suo triste passato.
C'è una
specie di “paletto” a cui Athena si appella:
Aphrodite,
DeathMask e 'compagnia morta'... è morta in una battaglia che
NON doveva esistere. A cui la mano del destino non c'era. Non erano
ancora stati scritti sul libro perché era stato qualcosa
d'improvviso e non di certo voluto dal Fato.
…
CHE CONTORTO RAGIONAMENTO; il
Destino è FATTO di contraddizioni viventi. Aiut-..!
Dio,
Dio che parto per fare questo capitolo O____O''
Non ci crederete
MA da settimane il primo pezzo era finito, mentre quello fra Atena e
le Moire, mio Dio...!
ps:
Ergo, spero bene d'aver fatto comprendere lo stato d'animo di Jonah
(che io personalmente amo u.u ...mi capita che mi
affezioni a tizi di cui scrivo/disegno) diciamo che all'inizio l'ho
descritto piuttosto antipatico, ma qui ci si può fare
un'idea
“completa” di come sia il carattere di Jonah
(Jonahtan,
ah sì questo sarebbe il nome completo... è carino
no?
Nel senso, fa tanto English School DD:). Dunque, spero si comprenda
il PENTIMENTO, che è quello alla base di tutto il capitolo,
e
il fatto che un uomo di intelligenza comunque le sue idee nella vita
le cambia. Si sa, solo chi non cambia mai idea -soprattutto se non
confrontata con gli altri e comunque in torto- è uno
stupido.
Ovviamente bisogna un po' intercalarsi nel personaggio altrimenti
credo che si cali un po' sul ridicolo. Pensate comunque alle parole
che gli disse Aiolia, eh beh, tutti qualche domandina e
scrupolo poi se lo fanno così.
SCHEDA:
CAVALIERE DEL DESTINO IMPLACABILE:
Nome:
Jonahtan. Sceglie il nome Jonah appena divenuto cavaliere.
Anni:
24
Nazionalità:
Inglese
Luogo
d'Addestramento:
?
Colore
occhi:
viola/ametista
Colore
Capelli:
argentati
Carattere:
determinato, all'apparenza superbo e altezzoso. Di gran intelligenza,
gran pensatore.
Attacchi:
Detentore del Vento. Relentless Whirlwind: letteralmente= mulinello
d'aria/turbine implacabile. Vari attacchi tipici da chi ha in dono il
vento.
Armatura:
Rossa
Scarlatta. Poiché egli è uno dei sette Cavalieri
devoti
alle Moire, il sangue è il giuramento con cui legano il
proprio Destino.
Un
elmo color del papavero -più chiaro-.