Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: adamantina    10/11/2011    1 recensioni
Sono passati tre anni da quando Vanessa, Damien, Lily, Charlotte, Blake, Arthur e Jonathan si sono separati con l’intenzione di tornare alla loro vita normale. Ma cosa significa normale per chi è dotato di poteri che potrebbero cambiare il mondo? Blake non si è arreso e continua a lottare. Ma anche chi ha da tempo rinunciato a combattere per un mondo più giusto dovrà tornare in campo quando le persone a lui più care saranno minacciate …
«Non puoi biasimarci per averne voluto restare fuori, Blake. Quello che tu stai facendo è fingere di essere ancora al Queen Victoria’s, e ti rifiuti di andare avanti con la tua vita. […]»
«Stavo cercando di impedire un omicidio!»
«Sei un idealista» taglio corto, incrociando le braccia. «Ammettilo, lo sei sempre stato. E credo che il tuo vero scopo sia riportare Lily sulla retta via. Ammettilo, ancora ci speri […].»
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Queen Victoria's College'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

~FORGIVENESS~

 

[Lily]

 

Seduta accanto a Vahel, che sta guidando da circa tre ore, mi volto per lanciare uno sguardo ai sedili posteriori. Sul primo, subito dietro di me, sono stretti Jonathan -con un’aria vagamente sperduta-, Vanessa –che, diamine, è incinta- e Blake. Su quello al fondo un Arthur e una Charlotte piuttosto preoccupati tengono d’occhio Damien, che sembra stare sempre peggio.
Ci stiamo dirigendo verso il Queen Victoria’s College, naturalmente, e la cosa non sembra tranquillizzare nessuno di loro. Mi chiedo come mai.
Ho notato che Vahel non ha fatto nulla per togliere loro il bracciale al Pentothal –specialmente ad Arthur, che potrebbe sparire in un istante e vanificare tutti i suoi sforzi.
Ora, dicendo così sembra che ci sia lui dietro questa idea dello show televisivo. Ma non è affatto così. L’effetto di quella bravata, al cento percento ideata e promossa dal presidente degli Stati Uniti, è stato l’opposto di quello che Vahel cercava. Adesso il nostro anonimato è compromesso per sempre, dopo essere andati in onda in tutto il mondo: non ci sarà più così facile organizzare nel buio un attentato contro la sua persona. Probabilmente era anche a questo che mirava il presidente sponsorizzando Noah Brown.
E allora cosa ci fanno gli altri qui, e perché Vahel mi ha ordinato di salvarli? E, ancora di più, a cosa gli servono loro se tutti i loro poteri sono ormai scritti nei miei geni?
La prima risposta è semplice: non ne ho idea. I suoi piani sono ignoti persino a me, la sua più fidata collaboratrice.
La seconda è poco piacevole. La verità è che non va tutto a meraviglia come abbiamo lasciato intendere a tutti, compreso Arthur quando è venuto da noi. I cinque poteri che Vahel mi ha impiantato hanno perso efficacia con il passare di questi tre anni. Più li usavo, più si consumavano, per così dire. Le visioni di Damien, del tutto involontarie, sono state le prime ad andarsene, dopo appena un paio di mesi, per fortuna –perché averle nella mente ventiquattro ore al giorno era una vera e propria tortura. A seguire se n’è andato il QI di Charlotte, quindi l’invisibilità di Vanessa. La capacità di trasformarmi si è affievolita sempre di più, fino a sparire qualche mese fa. Stasera ho dato il massimo con i poteri di Blake, e li ho esauriti del tutto.
È stato questo che ha impedito a Vahel di pianificare un attacco al presidente. Abbiamo dovuto testare i limiti dei poteri, e non siamo mai stati abbastanza certi della loro efficacia –che mutava da un momento all’altro- da andare al sodo. Per non parlare dei tentativi di Blake di fermarci –piuttosto patetici, a dire il vero.
Insomma, il mio potere è intatto, ma tutto il resto si è dimostrato inefficace. E questo vuole anche dire che ormai Vahel ha rinunciato alla tecnica di impianto dei poteri. A quella tradizionale, almeno.
Perché il prelievo che Vahel ha effettuato su Arthur poche settimane fa era diverso. Ha consultato dei colleghi, ha studiato manuali su manuali, mi ha annoiata a morte con decine di lezioni sul tema, e alla fine ha deciso di sperimentare in pratica quello che aveva teorizzato. Invece del sangue, il nuovo prelievo si effettua sul midollo osseo, ricco di materiale genetico, e l’impianto nella nuova cavia –per chiamarla così- avviene allo stesso modo. Per questo motivo è stato necessario tanto tempo per prelevare i poteri di Arthur.
Questo però richiede una quasi totale compatibilità del gruppo sanguigno dei due soggetti –insomma, vanifica il sogno di impiantare sulla stessa persona tutti i diversi tipi di superpoteri.
Infatti è per questo che la fiala dei poteri di Arthur –quella vera, non quella avvelenata, ovviamente- è ancora al sicuro nelle mani di Vahel e non già impiantata dentro di me: io e Art abbiamo due gruppi sanguigni differenti.
Onestamente, non so cosa stia pianificando adesso Vahel. Da una parte, sembra tornato all’idea originaria di impiegare direttamente tutti noi –anche se non so come convincerà gli altri a partecipare. Dall’altra, è ancora preso dall’idea dell’impianto, e forse sta cercando una scappatoia per i problemi che ha incontrato.
Chissà.
Io, per il momento, me ne tiro fuori e osservo dall’esterno lo scorrere degli eventi.
Guardare gli altri mi fa provare una certa dose di rimpianto e nostalgia –se avessi reagito con più diplomazia, tre anni fa, adesso forse sarei insieme a loro. Ma continuo a ritenerli inesorabilmente e ingiustificabilmente colpevoli di avermi esclusa solo per aver tradito Arthur –cosa che, forse, oggi rifarei.
O forse no, medito, osservando attraverso lo specchietto retrovisore la delicatezza con cui parla sottovoce a Damien, gli occhi colmi di preoccupazione.
In ogni caso, è troppo tardi per un ripensamento. Tre anni troppo tardi, per la precisione.
 
Quando arriviamo è ormai sera. Ci siamo fermati sulla strada per mangiare e adesso tutto ciò che voglio è andare a dormire. Quello a cui non avevo pensato è che la mia camera è di nuovo occupata da altre due ragazze.
Guardo in silenzio Vanessa e Charlotte che si mettono d’accordo per fare la doccia e riaprono l’armadio per ritrovare gli abiti lasciati qui quando siamo scappate. Percepisco la loro vaga tensione: fingono di ignorarmi ma sono consapevoli della mia presenza.
Lascio che occupino il bagno per prime e quando finalmente riesco a entrare nella doccia è passata un’ora. Mi asciugo i capelli, mi cambio ed esco, aspettandomi di trovare le ragazze addormentate. Invece non sono in camera.
Scendo verso la sala comune, e li trovo tutti lì. Per un istante prendo in considerazione l’ipotesi di restare qua e spiare la conversazione –ma questo non contribuirebbe a riabilitarmi ai loro occhi.
Quindi adesso è questo che voglio fare? Riabilitarmi?
Il mio orgoglio fatica ad accettarlo, ma lo soffoco e scendo le scale.
«Non possiamo più aspettare» sta dicendo Arthur, serio. «Non sei d’accordo, Charlotte? Dobbiamo farlo adesso.»
Qualcuno si volta al mio ingresso, ma per nessuno sembra essere un problema. Evidentemente non stanno discutendo di evasione o qualunque altra cosa che temono potrei riferire a Vahel. Continuano a parlare mentre mi siedo in silenzio su una delle poltroncine.
«Lo so» replica lei, l’aria desolata. «Ma hai visto la mia mano. Non riesco neanche a piegare le dita, e si tratta della destra. Non posso operare nessuno così.»
«E allora cosa proponi di fare?» ringhia Arthur, acido. «Aspettare e guardare Damien che-»
Non termina la frase, ma è più che evidente cosa intendeva dire.
Conosco Damien, e mi aspetterei una battuta ironica a questo punto, o qualche commento sul fatto che parlano di lui come se non ci fosse. Ma lui, acciambellato sul divano con gli occhi socchiusi, non apre bocca.
«Non lo so!» geme Charlotte. «A meno che … non sia qualcun altro a farlo.»
«E chi? Vahel?»
Vedo che Charlotte sta perdendo la pazienza per il tono sarcastico di Arthur, ma resiste stoicamente.
«Jonathan» dice.
Quest’ultimo, finora intento a contemplare il muro, sussulta e alza gli occhi.
«Che cosa? Perché io?»
«Perché stai studiando per diventare veterinario, ed è la cosa più simile ad un medico che abbiamo.»
«No. Non se ne parla, Charlie. Primo, sono solo al terzo anno. Secondo, c’è una differenza tra operare un furetto e una persona vera.»
«Ti guiderò lungo tutta l’operazione. Ti dirò esattamente cosa fare e quando potrò ti darò una mano.»
«Non posso farlo. Assolutamente no.»
«L’alternativa è lasciare che Damien muoia.»
Cade il silenzio. Charlotte ha pronunciato davvero quella parola.
Damien alza la testa e incontra lo sguardo spaventato di Jonathan.
«Vorrei che ci fosse un altro modo» mormora Charlotte. «Ma non c’è, e … a meno che per te sia davvero impossibile, ti prego, Jon, fallo. Damien ha messo a rischio tutto per andare a New York a salvarti. Lui non te lo rinfaccerebbe mai, ma … »
«Ho paura di sbagliare» replica Jonathan, senza distogliere lo sguardo da quello di Damien, tormentandosi le dita delle mani.
«Cos’abbiamo da perdere?» chiede piano Damien, parlando per la prima volta, a fatica. «Morirò comunque, se non ci provi.»
Guardando Jonathan vedo che ha ancora impressa a fuoco nel cuore la morte del fratello. Immagino quanto debba essere difficile per lui accettare una cosa del genere –e ancora di più, quanto rifiutarla.
«Va bene» sussurra. «Lo farò.»
«Bene.» Charlotte abbandona in fretta l’espressione drammatica per adottare quella consueta, pratica e razionale. «Quello che bisogna fare è un trapianto di midollo osseo da Arthur a Damien.»
«Sono compatibili?» chiedo, stupita.
Tutti si voltano verso di me, sorpresi, come se si fossero dimenticati della mia presenza.
«Sì» risponde Charlotte. «Sorprendentemente. Ho fatto gli esami a Baltimora e la compatibilità è quasi del novantacinque per cento.»
Annuisco. La coincidenza –sempre che lo sia, perché Vahel sta facendo delle scoperte interessanti su come funzionano i nostri organismi- è straordinaria.
«Abbiamo bisogno di una sala operatoria sterile» enuncia. «E di strumenti adeguati. Anestetici, prima di tutto.»
«Non so quello che ha Vahel di preciso. Dovreste chiedere a lui. Per operare Arthur la prima volta l’ha portato nella clinica di un medico che conosce.»
«Forse è un’opzione» commenta speranzoso Jonathan.
«No.» A parlare è stato Vahel, entrato in questo momento –ma, conoscendolo, stava probabilmente ascoltando la conversazione da un po’. «Temo che il medico in questione abbia avuto un … mm … tragico incidente poco dopo l’operazione. Si era dimostrato molto curioso nei confronti dell’esperimento.»
La cosa non mi fa né caldo né freddo –non è certo la prima volta che capita- ma sembra fare piuttosto impressione sugli altri.
«Abbiamo bisogno di fare questa operazione. Se ci lasciasse teletrasportare a Baltimora per un paio di giorni … » propone Charlotte, accennando al bracciale al Pentothal ancora stretto ai loro polsi.
«Temo che non sia praticabile» replica Vahel con un sorriso freddo e ironico. «Tra pochi giorni dobbiamo partire e non vorrei mai che qualcuno di noi perdesse la strada
«Per andare dove?»
«A trovare un mio caro amico. Nessun rischio per voi, certo –ma qualunque cosa vogliate fare, dovete farla prima.»
«Perché siamo qui, allora?»
«Affari personali da sbrigare.»
«Questo significa che non possiamo aspettare che il Pentothal termini il suo effetto» mormora Charlotte.
«Potete utilizzare il laboratorio, se vi serve» dice Vahel. «Temo di non avere medicinali al momento, ma ho qualche strumento di base che potrebbe esservi utile. È nel mio interesse che tutti voi siate vivi e in salute.»
Come no, penso con una vena ironica.
«D’accordo» taglia corto Charlie. «Dobbiamo provare.»
 
Poco meno di mezz’ora dopo siamo giù in laboratorio, io, Jonathan, Arthur, Damien e Charlotte.
Mi sono offerta come aiutante per il semplice fatto che non volevo restare con le mani in mano al piano di sopra insieme ai due piccioncini, Blake e Vanessa.
«Per prima cosa» comincia Charlotte, palesemente fingendo che non le faccia effetto ritrovarsi nel luogo che, quando vivevamo qua, era il nostro spauracchio  «Devo poter sterilizzare il laboratorio. Ma non so se … forse, se cerco tra quello che ha qui, troverò anche qualcosa da usare come anestetico. Nel frattempo … forse è meglio che tu vada a stenderti un po’, Damien.»
«Lo accompagno io» mi offro, e usciamo insieme.
Saliamo di nuovo le scale ed entriamo nella camera dei ragazzi, dopo aver oltrepassato Blake e Vanessa che, impegnati, non ci notano nemmeno. Non che mi importi. Insomma, Blake non era il mio ragazzo. Non proprio. E non è che solo perché mi chiamava Lily-belle dovrei essere gelosa di Vanessa. Tanto più che, adesso, lei aspetta un bambino da lui. Non posso certo competere con questo, e neanche lo voglio.
Giusto?
«Chi se lo aspettava, eh?» commenta Damien, l’aria esausta, raggiungendo il proprio letto.
«Cosa?»
«Questo. Essere di nuovo qui, tutti insieme.»
«Come nel peggiore degli incubi» confermo.
Lui sorride appena.
«Non è proprio quello che intendevo.»
Chiude gli occhi e resta in silenzio. Sento il suo respiro difficoltoso e ogni volta fa più male.
«Non ti capita mai di pensare che hai sbagliato tutto?» sussurro dopo un po’, senza neanche sapere se è sveglio, incoraggiata dalla penombra che rende tutto quasi innaturale.
«Cosa intendi?» domanda Damien, la voce debole.
«Se non avessi perdonato Arthur per averti lasciato al Queen Victoria’s, anni fa, adesso non saresti in queste condizioni.»
«Mi sono pentito di tante cose» replica lui, senza esitare «Ma mai di questo.»
Sospiro.
«Sarei dovuta tornare?» chiedo.
«Io penso che siamo stati noi a sbagliare. Abbiamo giudicato troppo in fretta. Art ti aveva fatto del male.»
Nessuno dei due ha bisogno di aggiungere altro, e basta uno sguardo per capire che le cose tra noi hanno cominciato a tornare come prima.
È un inizio.

 

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: adamantina